Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Dicembre 2007 - Volume X - numero 10
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Lo
strano vomito di Matteo
pediatra
di famiglia, Salice Salentino (Lecce)
Ogni diagnosi deve avere una spiegazione fisiopatologica; quando questa manca è la diagnosi che deve essere messa in dubbio. Non credo che qualcuno possa smentire questa affermazione, ma nella routine quotidiana non è sempre ben tenuta presente. Matteo
ha cominciato ad avere qualche problema al terzo mese di vita:
terzogenito nato a termine allattato al seno, cresce per fortuna
vigorosamente. Dico “per fortuna” perché la mamma, che
conosco da dieci anni per gli altri due figli, ha la “fissa”
del mangiare. Quando Matteo vomita per la prima volta, è
quindi sollecita a portarlo al controllo. “Non si è
trattato del solito rigurgito, non ci avrei fatto caso” si
affretta a precisare, ben sapendo che io avrei cercato di
minimizzare il problema del rigurgito.
Matteo
sta bene, sorride roseo e tranquillo; si lascia visitare e pesare
(ha preso altri 400 g in 10 giorni), non riscontro assolutamente
nulla di patologico, ha il solito appetito, evacua normalmente,
bagna il panno come al solito; concludo con la rassicurazione che
si è trattato di un episodio isolato o che, chissà,
forse sta incubando qualche virus regalatogli dai fratelli
raffreddati: aspettiamo qualche giorno per vedere l'evoluzione
del problema! Non ci vediamo per una settimana, credo che il
problema sia risolto, invece la mamma torna a dirmi che ogni paio
di giorni Matteo ha di nuovo vomitato: è un vomito
alimentare preceduto da un po' di fastidio ma che si risolve
come se nulla fosse stato; solo una volta Matteo è stato
“pallido e abbattuto per un paio di minuti”; l'alvo è
sempre regolare, come la diuresi.
Ancora
una volta non riscontro nulla di obiettivo: l'addome è
trattabile, cuore, torace, genitali normali, condizioni generali
ottime piuttosto che buone. La mamma però insiste per fare
gli esami: forse non dovrei farlo, visto che non ho le idee
chiare, ma richiedo un emocromo (perfetto) Ves (5) e una
ecografia dell'addome (in verità suggerita dalla mamma
stessa che evidentemente era stata imbeccata, forse giustamente,
da un altro consulente). Il referto della ecografia parla di
“dilatazione dello stomaco con spasmo del piloro” e riporta
la diagnosi di “Pilorospasmo” con la prescrizione di Peridon
per 15 giorni.
Mentre
cerco inutilmente sul Nelson cosa sia il pilorospasmo Matteo
pensa bene di vomitare di nuovo per metterci finalmente sulla
buona strada; si tratta infatti di un vomito più
indicativo, essendo un vomito giallo, evidentemente biliare; “è
proprio uguale a quello che ha fatto ieri durante la ecografia”
dice la nonna, “pensavo che fosse dovuto allo stress del
prelievo e dell'esame!” Cerco di spiegare alla mamma che se
anche esistesse una malattia da pilorospasmo non potrebbe causare
un vomito biliare per strette ragioni anatomiche e consiglio,
invece di procedere con la terapia indicata, di rivolgerci al
reparto di chirurgia pediatrica più vicino per
accertamenti.
Matteo
sta però di nuovo rapidamente meglio; tra me che
evidentemente brancolo alla ricerca di una diagnosi (che era
ormai lì bene in evidenza se si fosse saputo guardare
bene) e il consulente-ecografista che invece forniva una
spiegazione anche se contestata, ha scelto di seguire
quest'ultimo. L'ultimo atto della storia di Matteo lo ho
conosciuto per telefono la settimana successiva: la mamma mi
chiamava dalla chirurgia per dire che Matteo era da poco uscito
dalla sala operatoria dove era stato operato in urgenza per una
occlusione intestinale conseguente alla torsione definitiva di un
volvolo che evidentemente in precedenza aveva avuto delle
torsioni intermittenti: probabilmente la ecografia aveva visto
giusto per quanto riguardava la dilatazione gastrica; bisognava
solo saper mettere nel giusto ordine gli indizi successivi e
“rassicurare” la mamma con quella che doveva essere
presentata come una diagnosi di probabilità, anche se poi
probabilmente non sarebbe cambiato nulla nella evoluzione del
problema. |
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