Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Dicembre 2006 - Volume IX - numero 10

M&B Pagine Elettroniche

Seminari degli specializzandi

Il bambino con il batticuore
Zemira Cannioto
Clinica Pediatrica, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste
Indirizzo per corrispondenza: zemira79@hotmail.com

Introduzione
Le aritmie nel bambino possono presentarsi come disordine primitivo in un soggetto per altri versi sano oppure possono insorgere secondariamente ad una sottostante patologia cardiaca o sistemica in atto.
Il riconoscimento ed il trattamento dei diversi disordini del ritmo cardiaco è materia certamente delicata e merita di essere affrontata con il (provvidenziale) supporto dello specialista cardiologo. E' fondamentale, comunque, per il pediatra disporre di alcune nozioni “elementari” in materia di aritmie nel bambino; nozioni mirate soprattutto all'identificazione del potenziale bambino con il batticuore, al riconoscimento delle principali alterazioni del ritmo e al trattamento in acuzie di alcune di esse.

L'abc dell'e.c.g.
ovvero alcune brevi note per renderlo meno oscuro.
Come è noto, il principale strumento diagnostico in materia di aritmie è rappresentato, certamente, dall' Elettrocardiogramma, strumento ahimè tanto “nobile” quanto criptico.
La fine decodifica di tale “misteriosa traccia grafica” necessita indubbiamente della supervisione dello specialista cardiologo che saprà identificare nello specifico (in qualche caso non con poche difficoltà) le diverse alterazioni del ritmo.
Alcune grossolane alterazioni, però, possono essere colte anche da un occhio certamente meno esperto. Come dire: poche idee ma chiare.

Fig. 1: Tracciato ECG di base con evidenza delle singole onde ed intervalli.


Nell'ordine le principali caratteristiche da identificare in un tracciato ECG sono:
  1. FREQUENZA
  2. RITMO
  3. ASSE CARDIACO
  4. IPERTROFIA
  5. INFARTO
In materia di aritmie il capitolo, certamente, più delicato è quello del ritmo e ad esso verrà necessariamente dedicato maggior spazio, ma procediamo con ordine…

I punti di osservazione del cuore ovvero le derivazioni
Sostanzialmente dobbiamo ricordare che l'attività elettrica del cuore viene registrata in superficie da 12 elettrodi che vanno a definire le 6 derivazioni toraciche (V1-V6) e le 6 derivazioni degli arti (I-II-III. aVR, aVL, aVF).


Fig. 2: Le 12 derivazioni di un tracciato ECG.


1. FREQUENZA
In condizioni normali il nodo del seno (SA) agisce da pacemaker e regola la frequenza cardiaca entro un range solitamente compreso tra 60-100/ min. Sappiamo che fisiologicamente nei bambini la frequenza cardiaca si attesta su valori più elevati che nell'adulto.

Età
Frequenza cardiaca
<2
110-160
2-5
95-140
6-12
80-120
>12
60-100
Tab.1: Valori di normalità di frequenza cardiaca nelle varie età.

Quando il SA impone un ritmo cardiaco inferiore o superiore alle frequenze fisiologiche per età si parla rispettivamente di bradicardia o tachicardia sinusale.
Se viene meno l'attività di pacemaker del SA, altre zone del cuore (pacemaker ectopici) possono vicariare la funzione del SA imponendo, però, una frequenza differente a seconda della loro collocazione:
  • Focolaio ectopico atriale: 60-80/min
  • Focolaio ectopico giunzionale: 40-60/min
  • Focolaio ectopico ventricolare: 20-40/min

Una tecnica molto rapida per identificare “grossolanamente” la frequenza in un tracciato ECG consiste nel localizzare una onda R che cade a livello di una linea marcata in neretto e successivamente attribuire agli spazi che la separano dalla successiva onda R, demarcati sempre dalle linee in neretto (distanti 5 mm), la seguente sequenza di frequenze: 300 – 150 – 100 – 75 – 60 – 50.

Fig. 3: Sequenza numerica di valutazione rapida della frequenza cardiaca.


2. RITMO
Tale valutazione si dimostra cruciale nell'identificazione delle aritmie cardiache e non può prescindere da un breve richiamo alle normali vie della conduzione elettrica cardiaca.

Nodo SA

Depolarizzazione atriale attraverso il Tratto internodale Anteriore, Medio, Posteriore e fascio interatriale di Bachmann

Nodo AV (quando l'impulso atriale raggiunge il nodo AV si genera una pausa identificata dall'isoelettrica “vera” situata tra l'onda P ed il complesso QRS)

Fascio di His

Branche dx. e sx.

Fibre del Purkinje Depolarizzazione ventricolare.

Fig.4: Sistema di conduzione cardiaco.

Il complesso QRS è prodotto dalla sola depolarizzazione ventricolare, il passaggio dell'impulso elettrico attraverso il nodo AV, il fascio di His e le branche dx. e sx. non viene registrato dall'ECG.

Le principali anomalie del ritmo cardiaco possono essere “smascherate” verificando i seguenti elementi:
  • Regolare distanza tra uno stesso tipo di onde (P e QRS).
  • Presenza dell'onda P prima di ogni QRS e sua morfologia.
L'assenza dell'onda P indica la sussistenza di un pacemaker ectopico localizzato distalmente rispetto al distretto atriale. La morfologia variabile dell'onda P indica, invece, la scarica di impulsi provenienti da focolai atriali diversi (pacemaker migrante); l'attivazione rapida continua e disorganizzata di questi multipli focolai atriali genera la Fibrillazione atriale.
  • Presenza del complesso QRS dopo ogni onda P e sua morfologia.
L'assenza del QRS dopo un'onda P indica uno stimolo non condotto a livello ventricolare. La morfologia anomala del complesso QRS identifica un impulso di depolarizzazione ventricolare originato a livello di un focolaio ectopico ventricolare che non segue l'abituale sistema di conduzione ventricolare (fascio di His, branche dx e sx…) decorrendo in modo rallentato. Si genera in questo caso un PVC (Premature Ventricular Contraction) caratterizzato da un complesso QRS più alto e profondo (slargato) in conseguenza di una depolarizzazione ventricolare (dx e sx) che si realizza in modo non contemporaneo.

Fig. 5: PVC - il secondo complesso QRS si presenta slargato e più profondo rispetto al precedente.
Peraltro, l'assenza dell'onda P prima del PVC suggerisce l'evidenza di una extrasistole ventricolare (vedi oltre).

  • Intervallo P-R.
Un intervallo maggiore di 0.2 sec. (ovvero 5 mm.) indica la presenza di un blocco AV di vario grado.
  • Ampiezza QRS.
Un QRS di durata superiore a 0.12 sec. (ovvero 3 mm.) indica la presenza di un blocco di branca. Per localizzarne la sede andranno valutate le derivazioni toracice dx. (V1 e V2) e sx. (V5 e V6) alla ricerca di un QRS con doppia onda positiva R-R' che identifica la mancanza di depolarizzazione sincrona tra i due ventricoli. La camera corrispondente alla branca “bloccata” si depolarizza in ritardo poiché l'impulso verrà condotto solamente attraverso il miocardio controlaterale.

Fig. 6: Blocco di branca Dx; l'aspetto R-R' si identifica nelle derivazioni di dx.

Fig. 7: Blocco di branca Sx; l'aspetto R-R' si identifica nelle derivazioni di sx.


3. ASSE
L'asse cardiaco corrisponde alla direzione della depolarizzazione; sommando tutti i singoli vettori parziali della depolarizzazione ventricolare si ottiene il “vettore medio del QRS” che rappresenta la direzione globale della depolarizzazione ventricolare che, in condizioni normali, decorre verso il basso e a sx.

Immaginiamo di dividere un cerchio in 4 quadranti: l'asse cardiaco
normalmente cade nell'arco di circonferenza compreso tra 0° e 90°.

Per valutare la direzione dell'asse cardiaco a partire dal tracciato ECG vanno considerate le derivazioni I e aVF. Considerando le due semicirconferenze in verticale, la metà dx. è identificata da un QRS positivo in I derivazione (depolarizzazione verso l'elettrodo ovvero verso il braccio sx.); per contro un QRS negativo in I derivazione (vettore di depolarizzazione che si allontana dall'elettrodo) identifica la metà sx. del cerchio.
Riproponendo lo stesso ragionamento alle semicirconferenze in orizzontale avremo che la metà inferiore è descritta da un QRS positivo in aVF, mentre la metà superiore è rappresentata da un QRS negativo nella stessa derivazione.
In sostanza valutando la direzione del QRS (positivo o negativo) in I derivazione ed in aVF ed interpolando i due dati è possibile identificare il quadrante entro cui ricade il vettore medio del QRS ovvero l'asse cardiaco.
Tale dato ci consente di identificare le seguenti condizioni:




I der.;aVF



I der. + ; aVF -



I der. - ; aVF +



I der. + ; aVF +

Dopo aver collocato il vettore medio del QRS in uno dei quadranti sarà importante andare a valutare la derivazione in cui il QRS è più isoelettrico (uguaglianza tra componenti positive e negative delle onde) in modo da poter localizzare con precisione l'asse cardiaco: esso si troverà, infatti, a circa 90° dall'orientamento della deviazione più isoelettrica.
La posizione media dell'asse cardiaco sul piano orizzontale si valuta considerando le derivazioni toraciche (V1-V6), ricordando che in condizioni normali esso è diretto posteriormente a causa della posizione prevalentemente posteriore del ventricolo sx. L'asse di rotazione si colloca, anche in questo caso, a 90° rispetto alla derivazione toracica in cui il QRS appare isoelettrico.
In condizioni normali l'isoelettricità del QRS si localizza in V3-V4 (“zona di transizione”) generando, così, il fenomeno della progressione del QRS : negativo in V1 e V2, isoelettrico in V3 e V4, positivo in V5 e V6.

Fig. 8: la progressione del QRS.

Quando, invece, il QRS isoelettrico si colloca in V1-V2 si genera una rotazione a dx. ovvero in senso antiorario; in questo caso il vettore medio del QRS (perpendicolare alla derivazione isoelettrica) si trova ruotato verso l'avanti ed identifica una condizione di ipertrofia ventricolare. Al contrario, un QRS isoelettrico in V5-V6 è caratteristico di una rotazione a sx. ovvero in senso orario corrispettiva di una rotazione all'indietro dell'asse cardiaco che si verifica in condizioni di infarto.


4. IPERTROFIA
L'ipertrofia atriale si identifica valutando la presenza di un'onda P difasica (sia positiva che negativa) in V1 che rappresenta il migliore “punto di osservazione” della contrazione atriale.
Quando prevale la componente iniziale (positiva) dell'onda P difasica si tratta di una ipertrofia atriale dx. (ipertensione polmonare, stenosi valvola tricuspide o polmonare…); quando, invece, la porzione terminale, negativa, di un'onda P difasica appare ampia e slargata si tratta di una ipertrofia atriale sx. (stenosi mitralica).
Peraltro, una ipertrofia atriale va sempre sospettata in presenza di un'onda P che supera i 2.5 mm di altezza in qualunque derivazione anche se non difasica.
In condizioni normali la componente di depolarizzazione del ventricolo sx. prevale rispetto al dx., quindi, in V1 l'onda negativa S (ventricolo sx.) si dimostra più profonda dell'onda positiva R (ventricolo dx).
L'ipertrofia ventricolare dx. è caratterizzata, invece, da un'aumentata espressione della componente di depolarizzazione del ventricolo dx. che determina la comparsa nel tracciato ECG di un'onda R in V1 di alto voltaggio (rispetto all'onda S).
L'ipertrofia ventricolare dx. fa aumentare l'entità dei vettori diretti verso dx. per cui spesso si realizza una deviazione assiale dx. (QRS negativo in I derivazione) e una rotazione del vettore verso dx. (QRS isoelettrico in V1-V2).
Nell'ipertrofia ventricolare sx. si realizza un' iperespressione delle normali componenti vettoriali di depolarizzazione. In particolare, nelle derivazioni toraciche si evidenzia un aumento di voltaggio dell'onda S in V1 e dell'onda R in V5-V6. In dettaglio, si parla di ipetrofia ventricolare sx. quando la somma dell'altezza di queste due onde supera i 35 mm: Indice di Sokolow – Lion.
L'aumento delle componenti vettoriali dirette verso sx. provoca, inoltre, una deviazione assiale sx. (QRS positivo in I derivazione e negativo in aVF) e una rotazione del vettore verso sx. (QRS isoelettrico in V5-V6).


5. INFARTO
Non si tratta, certamente, di una evenienza di comune riscontro in età pediatrica. In relazione ai quadri di aritmia dobbiamo, però, ricordare che alcune condizioni predisponenti l'insorgenza di anomalie del ritmo possono, talora, rappresentare un fattore di rischio anche per l'insorgenza di lesioni ischemiche-infartuali. Tra queste ricordiamo le cardiomiopatie (ipertrofica e dilatativa, in particolare), i disordini metabolici, le miocarditi e le anomalie cardiache congenite.
Le alterazioni ECG che si possono evidenziare identificano le condizioni di Ischemia, Lesione ed Infarto.
L' ISCHEMIA si caratterizza per la comparsa di onde T invertire (rispetto alla direzione media del QRS) nelle derivazioni toraciche V1-V6.
La LESIONE identifica la fase acuta di un infarto e si caratterizza per la comparsa di uno livellamento del tratto ST che tende, poi, a tornare alla linea di base. Tale alterazione si realizza, pertanto, in condizioni di un infarto recente (associazione con onda Q) oppure in presenza di un infarto di piccola entità (“infarto non Q”). Il sopraslivellamento del tratto ST indica una condizione di infarto dell'intero spessore della parete ventricolare, mentre il sottoslivellamento si realizza in occasione di un infarto sub-endocardico.
Lo slivellamento del tratto ST non si realizza, però, esclusivamente in presenza di infarto. Vanno ricordate, pertanto, alcune condizioni in termini di diagnostica differenziale:

Sopraslivellamento ST:
INFARTO A TUTTO SPESSORE (tratto ST convesso)
PERICARDITE (tratto ST piatto o concavo)
Sottoslivellamento ST:
INFARTO SUB-ENDOCARDICO (depressione piatta)
EFFETTO DIGITALE (depressione concava)

L'INFARTO vero e proprio si riconosce dalla presenza di onde Q patologiche (ovvero ampie almeno 1 mm oppure alte almeno 1/3 rispetto all'intero complesso QRS) nelle varie derivazioni ad eccezione di aVR. Nelle derivazioni sx (I, II, V5 e V6) sono normalmente presenti delle piccole onde Q espressione del vettore di depolarizzazione settale.
La specifica localizzazione delle onde Q consente l'identificazione dell'area infartuata ( ma tale competenza va certamente oltre la volontà di voler richiamare alcune nozioni di base dell'interpretazione ECG …).


IL “VOLTO” CLINICO DELLE ARITMIE
L'espressione clinica delle aritmie dipende fondamentalmente dagli effetti che l'aritmia stessa produce sulla gittata cardiaca, dalla presenza di una sottostante patologia cardiaca e dall'età del bambino.
Come spesso accade nel corteo sintomatologico possiamo distinguere segni e sintomi aspecifici (e quindi, spesso, subdoli) quali l'astenia, la riduzione dell'appetito, la suzione inefficace, il dolore toracico… ed altre manifestazioni, invece, più specifiche quali il cardiopalmo, la sincope, l'arresto e l'insufficienza cardiaca.
Spesso, però, anche di fronte a quelli che possono essere considerati segni e sintomi di specifico indirizzo cardiologico ci troviamo a fare i conti con una aspecificità eziologica “imbarazzante”. Basti pensare, ad esempio, che sia le tachiaritmie che le bradiaritmie severe possono manifestarsi con un quadro clinico molto simile; ne deriva che la diagnosi eziologica specifica non può prescindere, nella maggior parte dei casi, da una documentazione ECG in corso di evento acuto.
Un simile ragionamento vale anche per la sincope (improvvisa perdita di coscienza con caduta a terra). Sappiamo che tale evento può sottendere cause organiche di natura neurologica, respiratoria e cardiaca. In riferimento alle cause cardiache, inoltre, va detto che essa può associarsi sia a condizioni di assoluta benignità (riflesso vago-vagale) che a eventi aritmici brevi ma potenzialmente letali. In particolare, tra questi andranno valutate con attenzione le seguenti ipotesi: patologie cardiache congenite, cardiomiopatie, sindrome di Wolf-Parkinson-White, blocchi AV e la sindrome del QT lungo.

LA CLINICA DELLE BRADICARDIE
Nella popolazione pediatrica è difficile osservare un quadro clinico chiaramente correlabile alla bradicardia.
Nei neonati e nei lattanti questa è spesso associata ad un evento ipossico e/o alle apnee. Nei bambini più grandicelli la bradicardia può rappresentare un segno indiretto di anoressia nervosa o manifestarsi secondariamente ad alterazioni del SNC (ipertensione cerebrale).
Una delle principali bradiaritmie è certamente rappresentata dal blocco AV di vario grado. I pazienti con blocco AV di primo e secondo grado (si veda più avanti) si mantengono sostanzialmente asintomatici fin tanto che sussiste un margine di aumento della frequenza di contrazione ventricolare (sostenuta e dalla scarica fisiologica del nodo del seno oppure dall'instaurarsi di pace-maker ectopici) in condizioni di esercizio fisico o di stress di varia natura. Nei pazienti con blocco AV completo le manifestazioni cliniche più comuni sono date dal rallentamento-arresto di crescita e dallo sviluppo di insufficienza cardiaca congestizia (edema polmonare iperteso) nei bambini più piccoli mentre, nel bambino più grandicello le principali manifestazioni cliniche sono rappresentate dall'intolleranza allo sforzo e dalla sincope.

E DELLE TACHIARITMIE.
L'espressione clinica delle tachiaritmie dipende da diversi fattori quali l'età del bambino, la frequenza di scarica, la durata e la ripetitività degli episodi e dalla presenza/assenza di patologie cardiache sottostanti.
E' importante ricordare come una tachiaritmia persistente ma non sostenuta tendenzialmente può mantenersi asintomatica fino all'istaurasi di un quadro di scompenso cardiaco congestizio (a distanza di mesi o anni); le tachiaritmie parossistiche sostenute, invece, tendono a manifestarsi precocemente con alterazioni emodinamiche ad insorgenza acuta.
Nel feto un quadro di tachiaritmia parossistica sostenuta si associa spesso all'evidenza di idrope fetale o insufficienza cardiaca congestizia acuta.
Nei lattanti e nei neonati le tachiaritmie decorrono in modo sostanzialmente asintomatico fino all'evidenza di una compromissione emodinamica.
Nel bambino più grandicello sintomi di sospetto sono: il cardiopalmo, il dolore toracico, il pallore, la dispnea e la nausea.
Tali manifestazioni cliniche spesso si evidenziano in presenza di condizioni slatentizzanti quali la febbre, l'esercizio fisico e le condizioni di stress in genere.


COSA PUO' NASCONDERSI DIETRO UN'ARITMIA?
Sostanzialmente tutte le aritmie riconoscibili nel bambino possono realizzarsi primitivamente in un soggetto, quindi, per altri versi sano. A loro volta, poi, tali aritmie possono divenire esse stesse causa di una disfunzione cardiaca secondaria.
Più spesso, però, le aritmie tendono a manifestarsi secondariamente alla presenza di condizioni predisponenti quali patologie cardiache o sistemiche. Per tale motivo, di fronte ad una aritmia di recente insorgenza è sempre opportuno procedere ad una valutazione delle condizioni potenzialmente sottostanti.

CAUSE CARDIACHE:
  • Cardiopatie congenite
Si associano solitamente a blocchi AV e tachiaritmie ventricolari.
  • Pregresso intervento cardiochirurgico
Le aritmie insorgono secondariamente alla lesione iatrogena di strutture anatomo-funzionali oppure rappresentano la naturale evoluzione della stessa malattia di base. Possono, pertanto, realizzarsi sia rapidamente (early onset) che a distanza di tempo dall'intervento stesso (late onset).
  • Cardiomiopatie
Soprattutto le forme dilatative ed ipertrofiche.
  • Anomalie valvolari
Soprattutto le condizioni a cui consegue una dilatazione/stiramento atriale (steno-insufficienza delle AV).
  • Tumori cardiaci
In particolare il Rabdomioma si associa a tachicardia sovra e sottoventricolare ed, occasionalmente, alla sindrome di Wolf-Parkinson-White.

CAUSE SISTEMICHE:
  • Malattie neuromuscolari
In particolare la Distrofia Miotonica, la Distrofia Muscolare di Duchenne e di Emery – Dreifuss.
  • Malattie d'accumulo
Glicogenosi e malattia di Fabry, in primis.
  • Lupus materno
Può essere causa di blocco AV congenito.
  • Infezioni
Tra queste ricordiamo le miocarditi, le endocarditi batteriche, la febbre reumatica ed il morbo di Lyme.
  • Disionemie
Sia l'iper che l'ipokaliemia è critica, in questo senso.
  • Disordini metabolici
Ipotermia ed ischemia cardiaca.
  • Farmaci
Digossina, agonisti adrenergici, farmaci anti-aritmici, farmaci induttori della sd.del QT lungo (vedi oltre).


LE PRINCIPALI ARITMIE DEL BAMBINO
Le aritmie nel bambino non differiscono nella sostanza dai quadri dell'adulto fatto salvo per la diversa incidenza che possono avere i vari disturbi aritmici nelle diverse età. In particolare, in età pediatrica una delle condizioni più frequenti è rappresentata dalla tachicardia sopraventricolare mentre condizioni quali il flutter, la fibrillazione atriale e il blocco AV di II e III grado rappresentano condizioni del tutto eccezionali.
Esistono svariate classificazioni delle aritmie a seconda della modalità di distinzione considerata: alterazioni ECG, caratteristiche cliniche, meccanismi di insorgenza…
Considerando i meccanismi funzionali ed elettrofisiologici che stanno alla base dell'insorgenza delle varie aritmie possiamo, ad esempio, classificare i vari quadri nel seguente modo:

  1. Disfunzioni del nodo del seno
  2. Extrasistoli
  3. Aritmie da conduzione anomala
  4. Blocchi AV
  5. Tachicardie con QRS normale (sopraventricolari)
  6. Tachicardie con QRS largo
  7. Sindromi da pre-eccitazione

Sul piano terapeutico e prognostico sarà importante valutare sia la gravità in sé del quadro aritmico, in termini di ripercussione immediata sull'efficienza di pompa, che la potenzialità di evoluzione della stessa aritmia verso forme assai critiche quali la fibrillazione ventricolare.


LE DISFUNZIONI DEL NODO DEL SENO
Nel complesso di queste aritmie ricorrono molte condizioni fisiologiche o parafisiologiche quali l'aritmia sinusale e la bradicardia sinusale. Accanto a queste, però, non vanno trascurate condizioni di gran lunga più compromettenti come la Malattia del nodo del seno (Sick Sinus Syndrome).

Aritmia sinusale: identifica la fisiologica variabilità della frequenza cardiaca in relazione alle fasi del respiro (↑ frequenza in inspirio e ↓ frequenza in espirio). Talvolta, quando la frequenza di scarica del SA diviene troppo bassa può generarsi un battito di fuga a partire da un pacemaker ectopico AV. L'aritmia sinusale risulta, di solito, soppressa in corso di esercizio fisico.

Bradicardia sinusale: si caratterizza per un ritmo sinusale normale a frequenza < 90/min nei neonati e < 60/min nei bambini più grandi. Tale condizioni si riscontra fisiologicamente negli atleti ed è comune anche nei neonati di basso peso nei quali spesso si associa ad un ritmo di fuga giunzionale. Sul piano patologico può instaurarsi secondariamente ad una condizione di ipotiroidismo franco con mixedema.
In condizioni di esercizio fisico i pazienti con bradicardia sinusale sono, comunque, in grado di elevare la frequenza cardiaca oltre i 100/min al contrario di quello che accade in presenza di un blocco AV di I grado (d.d.).

Fig. 9: Ritmo sinusale con frequenza < 50/min.

Malattia del nodo del seno (Sick Sinus Syndrome): si realizza a causa di alterazioni a carico del nodo SA e/o del sistema di conduzione atriale. Può instaurarsi anche in assenza di patologie cardiache sottostanti anche se, più spesso, rappresenta l'esito di un pregresso intervento di cardiochirurgia (soprattutto lo switch atriale per la trasposizione delle grandi arterie).
Può decorrere in maniera del tutto asintomatica o presentarsi con vertigini, lipotimia e sincope a seguito di una gittata cardiaca deficitaria in condizioni di bradicardia spinta con un ritmo di fuga giunzionale inadeguato. Per contro, possono alternarsi condizioni di tachicardia sopraventricolare (focus ectopici atriali/giunzionali che prendono il sopravvento scaricando a frequenza elevata) dando luogo alla cosiddetta sindrome di bradicardia-tachicardia che può manifestarsi clinicamente con intolleranza allo sforzo e cardiopalmo. Soprattutto in quest'ultima condizione la terapia dei pazienti sintomatici deve essere massimamente individualizzata e tendenzialmente si avvale della disposizione di un pacemaker ventricolare in associazione alla terapia antiaritmica.

Fig. 10: Alternanza di bradicardia (< 50/min) e tachicardia (>150/min) in paziente di due
anni con precedente intervento cardiochirurgico per trasposizione delle grandi arterie.


EXTRASISTOLI
Si tratta di depolarizzazioni indotte dalla scarica di un focolaio ectopico localizzato a livello atriale, giunzionale o ventricolare. Complessivamente, quando si presentano in forma isolata, sono eventi del tutto benigni e più frequenti nel bambino piccolo.
Extrasistoli sopraventricolari: esse possono essere seguite da un QRS normale o aberrante (prolungato) oppure l'impulso può risultare bloccato a livello del nodo AV determinando l'assenza del successivo QRS (pausa apparente).
Nei neonati le extrasistoli atriali sono piuttosto frequenti e tendono a regredire entro le prime settimane di vita senza, peraltro, rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di aritmie sintomatiche.
Nei bambini più grandicelli le extrasistoli sopraventricolari frequenti possono anticipare lo sviluppo di una disfunzione del nodo del seno (vedi sick sinus syndrome) soprattutto a seguito di interventi cardiochirurgici oppure in associazione con cardiomiopatie.

Fig. 11: Extrasistoli atriali – si noti come il II ed il VI battito
appaiono prematuri con onde P di morfologia diversa.

Extrasistoli ventricolari: sono caratterizzate dalla presenza di un QRS anomalo (PVC) e prematuro non preceduto da un'onda P. Tendenzialmente sono sempre seguite da una pausa compensatoria (intervallo R-R-R identico ai cicli precedenti) salvo che l'impulso prematuro ventricolare non venga condotto in modo retrogrado lungo il nodo AV “resettando” in nodo SA: in questo caso (lo stesso può accadere anche nelle extrasistoli sopraventricolari condotte in modo retrogrado) l'extrasistole ventricolare sarà seguita da una pausa non compenatoria.
Spesso tendono ad acquisire una ritmicità (“aritmia ritmica”) stabilendo un rapporto di 1:1 o 2:1 con i battiti normali; si parla in questo caso di bigeminismo o trigeminismo.

Fig. 12: Bigeminismo – si noti l'alternanza “ritmica” di complessi
prematuri ventricolari (PVC) con battiti normali in un rapporto 1:1.

Le extrasistoli ventricolari isolate (< 6 PVC in un minuto) sono anch'esse discretamente frequenti nel neonato sano e tendono a scomparire entro l'adolescenza.
Le extrasistoli ventricolari “patologiche” si associano, invece, ad una sottostante patologia cardiaca e spesso indicano che la portata cardiaca coronarica è inadeguata (ischemia).
Nel soggetto adolescente ricordiamo il quadro delle extrasistoli ventricolari benigne che tendono a manifestarsi a frequenze cardiache basse e a scomparire in corso di esercizio fisico.
In sostanza, di fronte ad un paziente con evidenza di extrasistoli ventricolari andrà, per prima cosa, valutata la natura benigna o meno (potenzialità di degenerare in aritmia severa) del quadro. Indizi di sospetto sono:
  • 2 o più extrasistoli ventricolari in una striscia ECG;
  • origine multifocale (PVC di aspetto polimorfo);
  • persistenza in corso di esercizio fisico;
  • fenomeno R su T (il PVC cade in coincidenza con un'onda T; in questa fase i ventricoli sono particolarmente vulnerabili e da ciò potrebbe scatenarsi una fibrillazione ventricolare);
  • presenza di sottostanti patologie cardiache.
Sul piano terapeutico in acuto si dimostra utile l'infusione di lidocaina in bolo (1 mg/kg) seguita da un'infusione continua. Nei casi refrattari o in pazienti con evidenza di compromissione emodinamica la terapia di scelta è rappresentata dall'amiodarone (5 mg/kg in 20-60 minuti).


TACHICADIE CON QRS NORMALI – TACHICARDIE SOPRAVENTRICOLARI
Rappresentano le forme più comuni di tachicardia evidenziabili in età pediatrica.
Si distinguono tre principali meccanismi di insorgenza:
  • tachicardia da rientro attraverso una via accessoria
  • tachicardia da rientro in assenza di una via accessoria
  • tachicardia ectopica o autonomica
Le forme da rientro sono complessivamente le più rappresentate in età pediatrica e il nodo AV costituisce una porzione determinante del circuito di rientro. Possono realizzarsi in assenza di patologie cardiache sottostanti anche se le forme ectopiche sottendono più frequentemente una condizione di cardiomiopatia o si sviluppano secondariamente ad un intervento per cardiopatia congenita.
Come suggerito dalla nomenclatura stessa, queste forme di tachicardia sono caratterizzate da un QRS di durata e morfologia normale; ad eccezione, però, delle forme da rientro con conduzione anterograda lungo la via accessoria (e retrograda attraverso il nodo AV o una seconda via accessoria) in cui si dimostra un QRS prolungato ma con morfologia sostanzialmente conservata (!! d.d con tachicardie ventricolari!!).

Si presentano, solitamente, con episodi accessuali - tachicardia sopraventricolare parossistica - con frequenze di 180-300/min, caratterizzati da un esordio ed una cessazione acuta spesso “triggerati” da un battito prematuro o da un battito di fuga giunzionale secondario ad una pausa sinusale; tali eventi si realizzano più comunemente in presenza di un fatto infettivo concomitante e tendono a presentarsi a riposo.

Fig 13: Tachicardia sopraventricolare con frequenza di 200/min.

Nei bambini piccoli il quadro può risultare misconosciuto (per impossibilità di riferire una sensazione di cardiopalmo o di dolore precordiale) e manifestarsi con un quadro di scompenso cardiaco (secondario alla lunga persistenza della tachicardia con esito di compromissione emodinamica importante). Il bambino, in questo caso, si dimostrerà pallido, agitato ed irritabile, tachipnoico, spesso con evidenza di epatomegalia.
In termini diagnostici sarà importante distinguere una tachicardia sopraventricolare parossistica dalla tachicardia sinusale (TS).

Fig. 14: Tachicardia sinusale con frequenza di 150/min

Quest'ultima è la tachicardia di più frequente riscontro in età pediatrica ed è provocata generalmente da un'attività intensa come il pianto e l'esercizio fisico, da stress come l'ansia, la paura o la febbre. Altre cause comuni sono il dolore, l'ipossia, l'ipovolemia, la sepsi e l'anemia. In questo caso il tracciato ECG dimostra un andamento sinusale in cui ogni complesso QRS appare preceduto da un'onda P facilmente identificabile; la frequenza cardiaca è elevata ma di solito inferiore ai 220/min. con evidenza di modeste oscillazioni. La tachicardia sinusale regredisce, solitamente, quando cessa lo stress qualunque ne sia la causa e quindi la terapia deve essere diretta verso la causa scatenante: un antidolorifico, un antipiretico, la somministrazione di fluidi o una trasfusione di emazie concentrate.
Nella diagnostica differenziale tra le due condizioni i seguenti elementi depongono per un quadro di tachicardia sopraventricolare parossistica:
  • Presenza di cardiopatia
  • Preesistente sindrome di Wolf-Parkinson-White
  • Pregressi episodi di TPSV
  • FC > 220/min nel primo anno di vita o > 180/min oltre il primo anno di vita
  • Onde P spesso difficilmente identificabili
  • Mancanza di variabilità fra battito e battito (di solito presente nella TS)
  • Insorgenza e interruzione improvvise (nella TS la FC rallenta o aumenta gradualmente)

Sul piano terapeutico vanno distinti gli interventi mirati alla risoluzione dell'attacco acuto rispetto alla prevenzione delle ricorrenze.
Di fronte ad un paziente clinicamente stabile, è opportuno procedere in prima battuta con delle manovre di stimolazione vagale quali il “diving reflex” che si realizza applicando del ghiaccio per 15-20” sul viso del bambino (!! ostruzione delle vie aeree), il massaggio di un seno carotideo o l'esecuzione di un Valsalva (nel bambino collaborante).
La compressione dei bulbi oculari è, invece, potenzialmente pericolosa ed è pertanto controindicata in età pediatrica.
Se la stimolazione vagale non è sufficiente a ristabilire un ritmo sinusale bisogna procedere con l'impiego di ausili farmacologici ed in primo luogo ricorrendo all'adenosina. Si tratta di un farmaco a breve emivita in grado di indurre un blocco farmacologico a livello dei nodi SA e AV. Va somministrata in bolo e.v. rapido (con successivo lavaggio con 2.5-5 cc SF) alla dose iniziale di 0.1 mg/kg che può essere poi aumentata a 0.2 mg/kg. L'efficacia del farmaco si dimostra con un brusco rallentamento della FC, talora con l'evidenza di una breve fase di asistolia, seguita da una rapida ripresa della normale attività cardiaca.

Di fronte ad un bambino con grave compromissione cardio-circolatoria o con evidenza di un improvviso aggravamento della sintomatologia clinica è indicato il ricorso alla cardioversione sincronizzata (0.5 – 1 J/Kg).
Una volta ottenuta la stabilizzazione del paziente andrà valutata (in collaborazione con lo specialista cardiologo) l'opportunità di instaurare una terapia di profilassi delle recidive. Tale valutazione dovrà tenere conto dell'età del paziente, della frequenza e durata degli episodi, della severità dei sintomi e della presenza o meno di patologie cardiache o sistemiche sottostanti.
A questo proposito va ricordato che la possibilità di recidive si dimostra direttamente proporzionale all'età di insorgenza del primo episodio. Nei bambini con esordio entro i 3-4 mesi di vita il tasso di recidive è praticamente nullo mentre nei casi ad esordio tardivo la percentuale di recidive può elevarsi anche fino al 60%.
La profilassi può essere ottenuta attraverso la somministrazione di farmaci anti-aritmici oppure mediante l'ablazione con radiofrequenze della via accessoria (quest'ultima procedura si riserva ai pazienti più grandi).


Flutter e Fibrillazione atriale: si tratta di aritmie di difficile riscontro in età pediatrica. Prevalentemente si realizzano in presenza di patologie cardiache o sistemiche sottostanti ad eccezione del neonato in cui, seppur raramente, è possibile registrare un evento di flutter atriale “primitivo”. In particolare, si tratta di aritmie che accompagnano quadri di cardiopatie congenite, interventi cardiochirurgici o più spesso condizioni di marcato stiramento atriale (stenosi mitralica post-reumatica, insufficienza mitralica e/o tricuspidale).
Il flutter atriale si origina a partire da un unico focolaio ectopico atriale (onde P , o meglio onde di flutter, con identica morfologia) che scarica alla frequenza di 250-300/min. Tale frequenza di impulsi non può essere trasmessa attraverso il nodo AV in un rapporto di 1:1, ne deriva la compresenza inevitabile di un certo grado di blocco AV tale per cui solo occasionalmente una depolarizzazione atriale sarà seguita da un complesso QRS (di morfologia normale).

Fig. 15: Flutter atriale, si noti come non tutte le onde P, peraltro
di morfologia sovrapponibile, siano seguite da un QRS.

La fibrillazione atriale, invece, è sostenuta dalla scarica di numerosi focolai ectopici atriali (linea di base irregolare senza evidenza di vere e proprie onde P) che si attivano a frequenze molto elevate (350-450/min) generando un ritmo atriale disordinato e completamente irregolare seguito da una risposta ventricolare irregolare.
In assenza di cardiopatie sottostanti, l'insorgenza di una fibrillazione atriale in un bambino precedentemente sano può essere sostenuta da un quadro di tireotossicosi, di embolia polmonare o di pericardite (condizioni da verificare!). Infine, va valutata con attenzione l'anamnesi familiare di questi pazienti poiché esistono quadri di fibrillazione atriale su base genetica.

Fig 16: Fibrillazione atriale; non si identificano delle vere onde P ma piuttosto
una linea di base irregolare intervallata da occasionali QRS.


SINDROMI DA PRE-ECCITAZIONE
Si tratta di una classe di aritmie in cui lo stimolo atriale viene condotto, in parte o completamente, ai ventricoli in modo prematuro attraverso una via alternativa rispetto al nodo AV; la forma più comune è rappresentata dalla Sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW).
Essa è legata all'esistenza di un fascio anomalo di conduzione, detto Fascio di Kent, che cortocircuita la normale conduzione AV anticipando la depolarizzazione ventricolare; tale fascio è in grado di condurre sia in modo retrogrado che anterogrado. I soggetti portatori di tale condizione possono, pertanto, sviluppare crisi di tachicardia parossistica attraverso due sistemi:
  1. RIENTRO: la depolarizzazione ventricolare può immediatamente stimolare in modo retrogrado gli atri ed il nodo AV generando un rientro circolare;
  2. CONDUZIONE RAPIDA: tachicardie sopraventricolari possono essere condotte attraverso il fascio di Kent ai ventricoli con un rapporto di 1:1. In questo modo una fibrillazione atriale può degenerare in un quadro di fibrillazione ventricolare giustificando un piccolo ma reale rischio di morte improvvisa in questi pazienti (1-2/1000 pz/anno).
La sindrome di WPW si riscontra, più spesso, in assenza di patologie cardiache sottostanti ma può generarsi anche in associazione a cardiopatie congenite, cardiomiopatie e sclerosi tuberosa.
Le tipiche manifestazioni ECG si osservano in assenza di tachicardia. Esse sono rappresentate dall'evidenza di un accorciamento dell'intervallo P-R e conseguente prolungamento del QRS successivo. L'isoelettrica P-R risulta sostituita da una “morbida” deflessione concava identificata come onda delta. Tali alterazioni ECG derivano dalla fusione della depolarizzazione ventricolare anomala e precoce (condotta attraverso il fascio di Kent) con quella normalmente condotta attraverso il nodo AV.

Fig. 17: Tipico aspetto ECG della WPW con accorciamento
dell'intervallo PR, ampliamento del QRS e evidenza dell'onda delta.

Sul piano terapeutico va ricordata che in presenza di una Sindrome di WPW non vanno utilizzati farmaci quali la digossina o i Ca antagonisti perché potrebbero favorire la stimolazione anterograda attraverso il fascio di conduzione anomalo. Il farmaco di prima scelta (nella terapia di mantenimento) in tali pazienti è, pertanto, il propanololo.


TACHICARDIE VENTRICOLARI – a complessi QRS larghi –
Le tachicardie ventricolari rappresentano un'evenienza rara in età pediatrica che va posta in diagnosi differenziale con la tachicardia sopraventricolare con conduzione intraventricolare aberrante (forme da rientro con conduzione anterograda lungo la via accessoria).
Di fatto, comunque, una tachicardia con QRS larghi va considerata di origine ventricolare fino a prova contraria. Le principali caratteristiche ECG sono:
  1. QRS prolungato;
  2. Dissociazione tra onde P e QRS in corso di tachicardia (con frequenza atriale inferiore).

Fig 18: Tachicardia ventricolare - a QRS larghi

Purtroppo, le cose non sono sempre così facili; infatti, è possibile che nei bambini con tachicardia ventricolare in atto una o entrambe le sopraccitate caratteristiche non siano evidenti.
In presenza di una cardiopatia congenita, ad esempio, il QRS può apparire di base allungato in corso di ritmo sinusale, in questo caso la tachicardia ventricolare determinerà una modificazione nella morfologia del QRS piuttosto che nella sua durata (si impone il confronto con ECG in benessere).
La dissociazione tra ritmo atriale e ventricolare, inoltre, può venire meno in quelle condizioni in cui permane la capacità di conduzione retrograda ad alta frequenza lungo il sistema di conduzione specializzato tale per cui, in condizioni di tachicardia ventricolare si instaura comunque un rapporto di frequenza atrio-ventricolare di 1:1.
Le tachicardie ventricolari possono essere associate a quadri quali le miocarditi, la displasia aritmogena del ventricolo dx, l'origine anomala delle coronarie, il prolasso della valvola mitrale, i tumori cardiaci, le cardiomiopatie, la sindrome del QT lungo, la sindrome di WPW oppure manifestarsi come esito (anche a lunga distanza) di chirurgia intraventricolare.
Anche le disionemie (potassio e calcio in primis), l'ipossia e la tossicità da farmaci possono rappresentarne delle cause scatenanti come è altresì possibile che tali aritmie si sviluppino in assenza di condizioni patologie sottostanti.
Sul piano terapeutico, nei pazienti con grave instabilità emodinamica deve essere preferito un intervento di cardioversione elettrica sincronizzata o di defibrillazione se il polso è assente.
Se il paziente è emodinamicamente stabile il trattamento può essere procrastinato per permettere una valutazione diagnostica più approfondita da parte di uno specialista .
Nel caso fosse disponibile un accesso vascolare si potrà considerare la somministrazione di amiodarone (5 mg/kg ev in 20-60 minuti) o in alternativa di lidocaina (1 mg/Kg ev bolo) o procainamide (15 mg/kg ev in 30-60 minuti). L'amiodarone e la procainamide possono causare ipotensione, soprattutto se infusi per via endovenosa e sono controindicati in pazienti con sindrome del QT lungo.
La fibrillazione ventricolare è certamente la tachicardia ventricolare più temuta poiché è sostenuta dalla depolarizzazione caotica e contemporanea di molteplici foci ectopici ventricolari determinando una sistole assolutamente inefficace. Se non rapidamente corretta conduce alla morte per arresto cardiaco. L'intervento terapeutico deve essere, pertanto, tempestivo e si avvale esclusivamente della defibrillazione elettrica; nell'attesa è fondamentale praticare il massaggio cardiaco esterno e un supporto di ventilazione artificiale. Qualora la defibrillazione si dimostrasse inefficace o il quadro tendesse a recidivare, si potrà procedere mediante infusione di amiodarone ripetendo, successivamente, la defibrillazione.
Le aritmie che più spesso possono degenerare in una fibrillazione ventricolare sono la sindrome del QT lungo ed il WPW.

Fig. 19: Fibrillazione ventricolare con caratteristico andamento caotico e totalmente irregolare.



LE BRADICARDIE
La bradicardia sintomatica nel paziente pediatrico è più spesso da ricondurre a condizioni di ipossia o di grave instabilità emodinamica, piuttosto che ad una origine primitivamente cardiaca. Ipossiemia, acidosi, ipotermia, ipotensione, ed ipoglicemia possono deprimere il normale funzionamento del nodo del seno e rallentare la conduzione elettrica.
Un danno delle vie elettriche di conduzione e del nodo AV può rappresentare, talvolta, l'esito di pregressi interventi cardiochirurgici o di ablazione con radiofrequenze. Una disfunzione AV transitoria può rappresentare un evento comune a seguito di interventi cardiochirurgici secondariamente ad una condizione di edema ed emorragia posta in prossimità del sistema di conduzione AV o infranodale. Quando, però, la disfunzione AV permane oltre la 14^ giornata post-operatoria, essa identifica più spesso una condizione permanente riconducibile ad infiltrazione fibrotica o a lesione irreversibile del sistema di conduzione.
Altre cause di bradiaritmie includono le stimolazioni vagali (intubazione, aspirazione di muco) o alcuni disturbi del sistema nervoso centrale, come l'ipertensione endocranica o la compressione del tronco cerebrale.
In particolare i blocchi AV di vario grado possono manifestarsi in corso di patologie quali la distrofia muscolare, la distrofia miotonica, le cardiomiopatie e alcuni quadri infettivi (febbre reumatica, difterite, rickettsiosi, malattia di Lyme, endocarditi batteriche e miocarditi virali).

Fig 20: Blocco AV di I grado: si caratterizza per un prolungamento
fisso dell'intervallo PR con trasmissione AV di tipo 1:1.


Blocco AV di II grado: ne distinguiamo due forme.


Fig 21: Mobitz I (Wenckebach) si caratterizza per un progressivo prolungamento dell'intervallo
PR fino a quando un impulso atriale risulta non condotto (onda P senza successivo QRS)
per poi riprendere il ciclo da capo.

Fig 22: Mobitz II, invece, si osserva l'occasionale interruzione di conduzione AV tale per cui una o più
onde P risultano non seguite dal rispettivo QRS (vedi frecce) in assenza di un precedente prolungamento
del tratto PR. Tale interruzione di conduzione AV può manifestarsi in forma regolare
(rapporto fisso tra cicli normali e cicli senza QRS) oppure irregolare.

Blocco AV di III grado: identifica una condizione di blocco AV completo in cui, cioè, nessun impulso atriale risulta condotto ai ventricoli la cui depolarizzazione si origina, pertanto, a partire dalla scarica di un pacemaker ectopico distale.

Fig 23: Blocco AV completo; le depolarizzazioni atriale e ventricolare si sviluppano in
modo completamente autonomo senza un rapporto fisso tra onde P e QRS.

Il blocco AV completo riconosce due ordini di cause:
  1. Acquisite
Esito di interventi cardiochirugici o di ablazione con radiofrequenze
  1. Congenite
Circa il 70-80% dei casi di blocco AV completo congenito è riconducibile ad un danno immunomediato occorso al sistema di conduzione del feto in corso di gravidanza e sostenuto dalle IgG materne (anti-Ro e anti-La) in soggetti, per altro spesso asintomatici, affetti da LES o meno frequentemente da AIG, Sindrome di Sjogren o Dermatomiosite.
L'incidenza complessiva delle forme congenite è di 1: 20-25.000 nati vivi.

Sul piano clinico possono mantenersi a lungo asintomatici, specie se in assenza di condizioni patologiche sottostanti e dare segno di sé solo in condizioni in cui la gittata cardiaca diviene insufficiente rispetto alle esigenze dell'organismo (aumentata richiesta o diminuita disponibilità); le condizioni di diminuita disponibilità si realizzano più frequentemente nei bambini più piccoli (età < 6 mesi) nei quali la gittata cardiaca è maggiormente dipendente dalla frequenza cardiaca.
Clinicamente, pertanto, possono esordire con un quadro di sincope (sindrome di Morgagni-Adam-Stokes) oppure con segni e sintomi riferibili ad una instabilità emodinamica quali: ipotensione, ritardo nel riempimento capillare, acidosi, cianosi, obnubilazione del sensorio, agitazione, ipossiemia.
Poiché si è detto che nell'età pediatrica una condizione di bradiaritmia importante è spesso da ricondurre ad una condizione di ipossiemia, inizialmente si deve assicurare la pervietà delle vie aeree e la ventilazione con somministrazione di O2 al 100%.
Il trattamento farmacologico delle bradiaritmie sintomatiche si avvale soprattutto della somministrazione di atropina ed adrenalina.
L'atropina è il farmaco di scelta iniziale solo nelle bradicardie causate da aumento del tono vagale (ad esempio durante intubazione o aspirazione delle vie aeree) o da blocco cardiaco documentato. Essa va somministrata alla dose di 0.02 mg/kg (dose minima di 0.1 mg; dose massima di 0.5 mg nel bambino >1 aa. e di 1 mg nell'adolescente). La dose può essere ripetuta dopo 5 minuti fino ad una dose massima di 1 mg nel bambino > 1aa. e di 2 mg nell'adolescente. Se non si ottiene un miglioramento immediato con la somministrazione di atropina, bisognerà considerare il ricorso all'adrenalina, che resta comunque il farmaco più efficace per trattare la bradicardia associata a ipotensione. Adrenalina: 0,01 mg/Kg (max. 0,3-05 mg) ripetibile fino a tre volte ogni 15-20 min.
Se la bradicardia persiste anche dopo adeguata ossigenazione, ventilazione e risponde in modo transitorio all'adrenalina o atropina ed al trattamento di eventuali cause scatenanti (es. ipotermia, ipovolemia) potrà essere utile procedere con l'infusione continua di adrenalina (0,1-1µg /Kg/min.) o dopamina (si inizia con 2-5µg/Kg/min. fino a 10-20 µg/Kg/min.).
Nei pazienti fortemente sintomatici (vedi sincope di Morgagni-Adam-Stokes) va certamente considerata l'opportunità di procedere all'impianto di un pacemaker cardiaco.


SINDROME DEL QT LUNGO (QTs)
Si tratta di una condizione caratterizzata da un allungamento dell'intervallo QT associata ad una aumentata suscettibilità di insorgenza di una aritmia ventricolare maligna nota con il nome di Torsione di Punta causa di eventi sincopatici, di morte improvvisa e presumibilmente associata a quadri di SIDS.
Una durata dell'intervallo QT > 0.47 sec. (circa 12 mm) è fortemente indicativa di QTs. Altre alterazioni ECG suggestive della sindrome sono:
  • bradicardia;
  • blocchi AV;
  • morfologia anomala dell'onda T.
Sul piano eziologico tale sindrome riconosce forme congenite e forme acquisite. Le forme congenite sono riconducibili a cinque loci genetici ad oggi identificati (11p15.5, 7q35, 3p21, 4q25-27, 21q22) che codificano per proteine che concorrono alla formazione di canali ionici. Tali forme genetiche si caratterizzano per una ampia variabilità fenotipica e, spesso, per fenomeni di penetranza incompleta.
Le forme acquisite, invece, sono riconducibili a disioniemie (ipokaliemia ed ipomagnesemia) e all'azione di farmaci quali antiaritmici, antidepressivi triciclici, eritromicina, ketoconazolo, chinidina

Fig 24: Sindrome del QT lungo acquisita con evidenza di allungamento
dell'intervallo QT e possibile sviluppo di aritmia maligna.

La torsione di punta è, di fatto, una tachicardia ventricolare (200-250/min) sostenuta dalla scarica rapida di un focolaio ectopico ventricolare (che prende il sopravvento) che genera dei complessi QRS si ampiezza variabile con andamento crescente-decrescente. Tale variabilità genera l'aspetto di una rotazione del QRS attorno all'isoelettrica da cui il nome di torsione di punta.
Spesso si realizzano brevi scariche di tachicardia autolimitanti responsabili di un quadro di sincope; quando l'episodio si prolunga tende irrimediabilmente ad evolvere verso un quadro di fibrillazione ventricolare con possibile decesso per arresto cardiaco.

Fig. 25: Torsione di punta

La terapia dell'episodio acuto si avvale, fondamentalmente, della defibrillazione elettrica (risultati variabili si ottengono anche con l'infusione in bolo ev. di o lidocaina).
Il trattamento a lungo termine, invece, si effettua ricorrendo alla somministrazione continua di β-bloccanti, propanololo in primis. Nei pazienti refrattari è perentorio il ricorso all'applicazione di defibrillatori impiantabili.

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Z. Cannioto. Il bambino e il batticuore. Medico e Bambino pagine elettroniche 2006;9(10) https://www.medicoebambino.com/_qrs_ventricolare_atriale_tachicardia_aritmie_ecg_cardiaco_sindrome