Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Dicembre 2006 - Volume IX - numero 10
M&B Pagine Elettroniche
Occhio all'evidenza... Tanti anni fa
Come
venne smascherato il bluff della terapia con sali d'oro nella
tubercolosi
UO
di Pediatria Ospedale San Giacomo Castelfranco Veneto (TV)
Indirizzo
per corrispondenza: dradzik@tiscali.it
Prima
dell'avvento della streptomicina, nessun tipo di trattamento
utilizzato contro la tubercolosi era stato valutato in modo
appropriato. Gli investigatori del Medical Research Council,
descrissero efficacemente questa situazione nell'introduzione al
rapporto sul loro studio randomizzato sulla streptomicina, pubblicato
nel 1948: “ la storia dei trial di chemioterapia per la tubercolosi
sono zeppi di errori…. e l'esagerato clamore riservato
all'impiego dei sali d'oro, che è continuato per più
di 15 anni, ne è un esempio eclatante”. Gli Autori così
continuano: “ e pensare che l'unico lavoro controllato sul
trattamento con l'oro che siamo riusciti a trovare in letteratura
riportava dei risultati negativi”. Lo studio cui facevano
riferimento era stato pubblicato 17 anni prima da Amberson, MacMahon
e Pinner(1) ed è considerato una pietra miliare nella storia
degli studi controllati.
Ma come
si arrivò a utilizzare l'oro contro la tubercolosi?
Background
Sebbene
dai tempi di Koch in avanti numerosi tentativi per cercare di
arrestare la progressione della malattia tubercolare erano stati
condotti con una varietà di preparazioni a base di sali
d'oro, questo tipo di intervento venne riconosciuto ed accettato
come terapia solo nel 1925. In quell'anno Holger Mollgaard di
Copenhagen aveva infatti presentato i risultati da lui conseguiti
negli studi sugli animali con la sanocrisina, un tiosolfato doppio
di oro e sodio, grazie ai quali era stato candidato per il premio
Nobel. I successi decantati furono considerati tali da
giustificare l'uso di questo preparato nella pratica clinica:
altri due scienziati, Secher e Faber, per nulla scoraggiati dai
numerosi effetti tossici che venivano via via segnalati, si
espressero subito maniera entusiastica nei confronti dell'uso di
tale prodotto e si prodigarono per diffonderlo. Anche i medici
danesi iniziarono ad utilizzarlo su larga scala, ma allarmati
dalle violente reazioni avverse, ne ridussero il dosaggio: il loro
esempio venne seguito dai medici inglesi.
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Risultati
incoraggianti venivano continuamente riportati, anche se tutti i
lavori documentavano anche una significativa proporzione di
fallimenti e di effetti tossici importanti.
Il trial
eseguito da Amberson, McMahon e Pinner nel 1931(1) fu il primo
eseguito con metodologia corretta, perché prevedeva la
presenza di un gruppo di controllo. Fu così ben realizzato che
rappresentò la condanna a morte immediata per la terapia con i
sali d'oro: questo studio americano provocò una rapida
perdita di interessi per questo tipo di trattamento, che venne così
abbandonato completamente, seppur in quel momento non esistessero
valide alternative.
Lo
studio di Amberson (Figura a lato) e collaboratori occupò
ben 34 pagine dell'American Review of Tubercolosis; gli autori
fornirono un dettagliato resoconto del disegno del loro studio e
dell'analisi statistica adottata: per evitare qualsiasi bias gli
investigatori decisero di dividere i 24 pazienti arruolati in due
gruppi accoppiati, assegnando loro, in modo casuale, con il lancio
di una moneta, il trattamento attivo rappresentato dalla
sanocrosina o quello di controllo. Inoltre per ridurre i possibili
bias osservazionali, tennero nascosta la lista di trattamento,
anche se il tentativo di rendere lo studio “cieco” non ebbe in
realtà successo, perché tutti i pazienti ai quali
era stato somministrata la sanocrisina soffrirono di reazioni
avverse sistemiche (uno di loro morì di necrosi epatica).
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Amberson , McMahon e Pinner furono anche in grado di seguire nel tempo ben 19 pazienti su 24, per un periodo compreso fra 16 mesi e 3 anni, dopo l'ultima dose di sanocrosina, non riscontrando alcun beneficio effettivo sulla malattia. Queste le loro conclusioni: “A causa della sicura mancanza di benefici, associata alla notevole frequenza di reazioni dannose, spesso irreversibili, soprattutto a carico dei reni, l'uso della sanocrisina, non è più giustificabile”. Nello stesso numero dell'American Review of Tubercolosis venne pubblicato un report meno dettagliato, di 9 pagine, nel quale BL Brock del sanatorio di Waverly Hills nel Kentucky riportava risultati differenti da lui ottenuti con la sanacrosina(2). Brock sosteneva che “il farmaco aveva un effetto clinico ben visibile sulla tubercolosi essudativa nei pazienti bianchi”, ma “un effetto molto limitato sulla progressione della malattia nei pazienti negri”. |
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Queste
conclusioni si basavano sull'osservazione personale di 46 soggetti,
tutti trattati con sanacrosina, con diversi regimi di trattamento.
Alcuni pazienti di questo trial(2) andarono incontro a reazioni
avverse legate al trattamento: purtroppo la maggior parte dei
soggetti arruolati non ricevettero un adeguato follow-up, né
era stato previsto un gruppo di controllo. Anche per questi errori
metodologici i risultati ottenuti da Brock vennero totalmente
ignorati.
Per chi
desidera continuare il viaggio nella storia della medicina si
consiglia la navigazione nel sito web: www.jameslindlibrary.org.
Bibliografia
- Amberson JB, McMahon BT, Pinner M. A clinical trial of sanocrysin in pulmonary tubercolosis. American Review of Tubercolosis 1931;24:401-35.
- Brock BL. The sanacrosyn treatment of pulmonary tubercolosis in the white and negro races. American Review of Tubercolosis 1931;24.436-445.
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