Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Settembre 2025 - Volume XXVIII - numero 7
M&B Pagine Elettroniche
I Poster degli specializzandi
Evoluzione singolare di un rash cutaneo
Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili (DINOGMI), IRCCS Istituto “Giannina Gaslini”, Università di Genova
Indirizzo per corrispondenza: camilla.stagi@gmail.com
Lattante di tre mesi nato SGA (< 3 °centile) da gravidanza normodecorsa, giunge in Pronto Soccorso per febbre, irritabilità e comparsa da qualche giorno di rash, dapprima a palmi delle mani e piante dei piedi (“a calza”), poi anche al tronco e agli arti. All’esame obiettivo presenza di rash maculare eritematoso con elementi ampi e confluenti, prevalentemente distali ma diffusi anche al tronco, collo e volto (Figura).
 
	Gli esami ematochimici mostrano un rialzo degli indici di flogosi e un’emocoltura positiva per cocchi Gram positivi, per cui il paziente viene ricoverato e si avvia terapia antibiotica endovenosa con ampicillina e cefotaxime. La cura è poi sospesa a fronte di un peggioramento del rash cutaneo al volto. Vista la persistenza della sintomatologia, associata all’insorgenza di cheilite, iperemia congiuntivale, edema e desquamazione delle estremità, si esegue un ecocardiogramma nel sospetto di malattia di Kawasaki.
L’esame risulta nella norma; assente il coinvolgimento coronarico. Sotto indicazione immunologica, il paziente avvia terapia con immunoglobuline ev (IVIg) e antinfiammatoria con ibuprofene. Tali trattamenti determinano un lieve miglioramento delle condizioni cliniche, fino a un nuovo peggioramento due giorni più tardi con febbre e rash infiltrato al volto, perineo e polpacci ed eritematoso su tronco e arti; viene quindi avviata terapia steroidea, seconda dose di IVIg e terapia antiaggregante, con progressivo miglioramento delle condizioni cliniche. La consulenza dermatologica obiettiva placche eritematose e infiltrate con croste giallastre, ben delimitate, localizzate in regione peri-orifiziale al volto (occhi, naso, bocca) e guance, con alcune lesioni anche agli arti superiori e inferiori. Alla dermatoscopia emorragie a scheggia su tutte e 20 le unghie. L’aspetto peri-orifiziale e verniciato, associato ad alterazioni ungueali (onicolisi distale) pone il sospetto per una dermatite carenziale e in particolare il quadro suggerisce verosimilmente una acrodermatite enteropatica.
Discussione
Questa condizione deriva generalmente da un difetto nel gene SLC39A4, che codifica per una proteina essenziale nel trasporto dello zinco a livello intestinale, comportando una ridotta capacità di assorbire il minerale fondamentale per sintesi proteica, divisione cellulare e funzionamento del sistema immunitario. 
Accanto alla forma classica congenita esistono anche forme carenziali acquisite, dovute a un’alimentazione parenterale prolungata senza integrazione di zinco, a disturbi del comportamento alimentare, interventi chirurgici dell’apparato digerente, malassorbimento intestinale, malattie croniche (malattia di Crohn, fibrosi cistica ecc.) o ancora disordini metabolici, come l’aciduria organica o la sindrome dell’intestino corto. Esiste inoltre una forma neonatale transitoria, che si osserva tipicamente nei neonati prematuri o nati con peso molto basso, come nel caso del nostro paziente. 
I sintomi cutanei sono tra le caratteristiche più evidenti dell’acrodermatite enteropatica. Le persone affette sviluppano eruzioni cutanee eritematose e squamose, particolarmente evidenti intorno agli orifizi di bocca, naso e ano, oltre che nelle aree soggette a frizione, come mani e piedi.
La carenza di zinco può anche causare fragilità, crescita anormale delle unghie e alopecia. Si possono inoltre associare sintomi gastrointestinali, quali diarrea e addominalgia, che peggiorano ulteriormente l’assorbimento dei nutrienti. 
Lo zinco è fondamentale per il normale funzionamento del sistema immunitario e la sua carenza può portare a una maggiore suscettibilità alle infezioni, nonché influenzare negativamente anche crescita e sviluppo.
La diagnosi si basa su anamnesi, storia clinica e dosaggio della zinchemia. Il prelievo per il dosaggio dei livelli plasmatici di zinco deve avvenire al mattino, in considerazione della sua variazione giornaliera, e bisogna sempre valutare contestualmente anche l’albuminemia, dal momento che bassi livelli di albumina contribuiscono all’instaurarsi del suo deficit. Inoltre, bassi valori di fosfatasi alcalina possono suggerire la diagnosi perché questa è un enzima zinco-dipendente. 
Il nostro paziente presentava ipoalbuminemia e zinchemia di 64 µg/dl (vn 68 - 107). Si ricorda che il livello di zinco nel sangue non è da considerarsi diagnostico, poiché fino a un terzo dei soggetti affetti può avere valori nella norma. 
Il trattamento consiste nella supplementazione orale di zinco (2-3 mg/kg/die), che ne corregge i livelli e migliora quindi la sintomatologia.
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