Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2012 - Volume XV - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Quando
si dice...ha una testa un po’ grande...!
1Scuola
di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara;
2Clinica Pediatrica, Arcispedale Sant’Anna, Ferrara
Emma
(nome di fantasia) giunge alla nostra attenzione all’età
di 2 anni per una valutazione neurologica dopo il secondo
episodio di convulsioni febbrili. Da subito ci colpisce la sua
testa “un po’ grande” (cc > 97° con
lunghezza e peso adeguati all’età) ma Emma non è
sempre stata così. I genitori ci riferiscono che l’aumento
della sua circonferenza cranica è iniziato dal 6°
mese. L’EEG che eseguiamo documenta focus epilettogeno al
vertice. I genitori rifiutano la nostra proposta di eseguire una
RMN dell’encefalo come approfondimento diagnostico.
Dopo
2 anni ritorna alla nostra attenzione per comparsa di crisi
epilettica tonico-clonico generalizzata in benessere. Durante la
visita si evidenziano ipotonia e deficit di forza e motricità
a destra, mentre i riflessi osteotendinei sono nella norma così
come le pupille. Ripetiamo l’EEG che evidenzia focus
epilettogeno in sede occipitale e concordiamo con i genitori RMN.
Ma
Emma si ammala, ha febbre e flogosi delle prime vie respiratorie,
nel corso della quale si ripresenta una crisi generalizzata a
prevalenza destra con emiparesi postcritica che si risolve in
poche ore. Per il ripetersi delle crisi decidiamo di iniziare
terapia con VPA.
Eseguiamo
finalmente la tanto attesa RMN che mostra: “idrocefalo
tetraventricolare di grado severo e cisti liquorale retro e
sottovermiana compatibile con tasca di Blake persistente. Non
segni di ipertensione endocranica” (Figura
1 e Figura 2). Dopo aver
escluso cause infettive (in particolare la ricerca di CMV DNA è
negativa) e aver eseguito l’esame del fundus oculi che
rileva papille pallide a limiti netti (con potenziali evocati
visivi nella norma), confermiamo la diagnosi malformativa.
![]() ![]() Alla
valutazione neuropsichiatrica non si documenta ritardo cognitivo,
mentre viene descritta una condizione di fragilità
emozionale. Emma viene quindi sottoposta a intervento di
terzoventricolostomia per via endoscopica. Il decorso
postoperatorio è stato regolare, in assenza di deficit
neurologici. Dopo 4 mesi dall’intervento le dimensioni del
terzo ventricolo appaiono lievemente ridotte e si evidenzia una
minima riduzione di volume anche dei ventricoli laterali (Figura
3).
![]() La
cisti da persistenza di tasca di Blake (BPC) fa parte delle
malformazioni della fossa cranica posteriore (FCP) insieme alla
cisti aracnoidea, alla cisti retro cerebellare e al Dandi-Walker
complex (DWC). Mentre la cisti aracnoidea deriva da un difetto
della membrana aracnoide, le altre malformazioni della fossa
cranica posteriore appartengono al DWC che fa parte di un
continuum di malformazioni comprendenti la forma classica di DW,
la sua variante e la Megacisterna Magna (MCM). Alcuni Autori
iniziarono successivamente a considerare in questa
classificazione “la persistenza della tasca di Blake”
come un’entità separata, differente dalla MCM, con
cui viene spesso confusa1. Embriologicamente, la formazione della
plica coroidea (da cui originerà il plesso coroideo)
divide il tetto del romboencefalo in due parti: l’Area
membranosa anteriore (AMA) e posteriore (PMA). La PMA
estroflettendosi forma un’espansione digitiforme detta
tasca di Blake che dovrebbe scomparire successivamente lasciando
un pertugio considerato il precursore del forame di Magendie che
mette in comunicazione il IV ventricolo con la cisterna magna
insieme al forame di Luschka. Da un difetto della PMA origina
anche la MCM2. La persistenza della tasca di Blake si
caratterizza per la presenza di idrocefalo tetraventricolare con
libera comunicazione del 4° ventricolo che spesso può
venire interpretata come una MCM.
L’eziopatogenesi,
probabilmente, è simile quella della MCM, ma in questo
caso non c’è sufficiente comunicazione con lo spazio
sub aracnoideo; quindi questa malformazione è
costantemente associata ad idrocefalo1.
Clinicamente
la BPC può generare un ampio spettro di sintomi e segni
che vanno da forme asintomatiche a gravi forme di idrocefalo3,4.
In
conclusione la cisti della tasca di Blake è frequentemente
menzionata nello spettro delle cisti della fossa cranica
posteriore ma la sua storia naturale, le manifestazioni cliniche,
le caratteristiche neuro radiologiche, il trattamento ottimale e
l’outcome restano relativamente poco conosciute. Di
conseguenza spesso può essere sottodiagnosticata.
Attualmente
Emma ha 6 anni, prosegue il follow-up presso il nostro
ambulatorio di neurologia mostrando ottime condizioni generali,
buono sviluppo psicomotorio e cognitivo. Prosegue terapia
anticomiziale con buona risposta clinica.
Questo
caso è indimenticabile…
Bibliografia
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