Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Settembre 2004 - Volume VII - numero 8
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di Terapia
Il
rituximab nella cura dei pazienti con artrite reumatoide
Nei
fascicoli elettronici di Medico e Bambino di giugno e luglio 2003 è
stato fatto il punto sui più moderni trattamenti dell'artrite
cronica giovanile e dell'artrite reumatoide
dell'adulto.
Contemporaneamente è comparsa una pubblicazione (Edwards JCW, Szczepansli L, Szechinski J et al. Efficacy of B-cell-targeted therapy with rituximab in patients with rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2004, 350:2572-81) riguardante l'uso del rituximab da solo o in associazione con ciclofosfamide o con metotrexato nella cura di soggetti adulti con artrite reumatoide. Il rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20; il CD20 è un antigene di superficie delle cellule B che viene espresso soltanto nelle cellule pre-B e nelle cellule B mature. Non si trova sulle cellule staminali ed è perduto prima del passaggio da cellule B a plasmacellule. Quindi il rituximab causa un impoverimento selettivo e transitorio della sottopopolazione di cellule B CD20 positive.
Che le cellule B giochino un ruolo critico nell'artrite reumatoide è sostenuto da molti.
I 161 pazienti arruolati hanno tutti più di 21 anni (media 54 anni) e presentano una malattia reumatoide attiva, nonostante molti tentativi di trattamento: essi appartengono a 11 centri Australiani, Canadesi, Israeliani ed Europei).
Essi sono stati suddivisi in 4 bracci:
Contemporaneamente è comparsa una pubblicazione (Edwards JCW, Szczepansli L, Szechinski J et al. Efficacy of B-cell-targeted therapy with rituximab in patients with rheumatoid arthritis. N Engl J Med 2004, 350:2572-81) riguardante l'uso del rituximab da solo o in associazione con ciclofosfamide o con metotrexato nella cura di soggetti adulti con artrite reumatoide. Il rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20; il CD20 è un antigene di superficie delle cellule B che viene espresso soltanto nelle cellule pre-B e nelle cellule B mature. Non si trova sulle cellule staminali ed è perduto prima del passaggio da cellule B a plasmacellule. Quindi il rituximab causa un impoverimento selettivo e transitorio della sottopopolazione di cellule B CD20 positive.
Che le cellule B giochino un ruolo critico nell'artrite reumatoide è sostenuto da molti.
I 161 pazienti arruolati hanno tutti più di 21 anni (media 54 anni) e presentano una malattia reumatoide attiva, nonostante molti tentativi di trattamento: essi appartengono a 11 centri Australiani, Canadesi, Israeliani ed Europei).
Essi sono stati suddivisi in 4 bracci:
- Metotrexato per bocca: ≥ 10 mg per settimana
- Rituximab: 1000 mg al giorno 1 e al giorno 15
- Rituximab + ciclofosfamide: 750 mg al giorno 3 e al giorno 17
- Riruximab + metotrexato.
Una
valutazione, secondi criteri EULAR è stata fatta alle 24 e
alle 48 settimane.
Nei pazienti con artrite reumatoide attiva nonostante il trattamento con metotrexato, la somministrazione di due infusioni di rutiximab, da sole o in combinazione con la ciclofosfamide o con la prosecuzione del metotrexato, fornisce un significativo miglioramento dei sintomi della malattia sia alla 24° che alla 48° settimana.
La maggioranza degli eventi avversi (infezioni) comparve alla prima somministrazione di rutiximab. La concentrazione di immunoglobuline nel sangue periferico rimase nelle quantità normali durante e dopo il trattamento.
E' presto per dire se questo tipo di trattamento potrà essere usato nella cura dell'artrite cronica giovanile del bambino e dell'adolescente; il rischio pro-infettivo è evidente ed è necessaria una sua valutazione esatta.
La ricerca è stata sostenuta dalla Azienda Roche e uno degli autori lavora presso la stessa Azienda.
Nei pazienti con artrite reumatoide attiva nonostante il trattamento con metotrexato, la somministrazione di due infusioni di rutiximab, da sole o in combinazione con la ciclofosfamide o con la prosecuzione del metotrexato, fornisce un significativo miglioramento dei sintomi della malattia sia alla 24° che alla 48° settimana.
La maggioranza degli eventi avversi (infezioni) comparve alla prima somministrazione di rutiximab. La concentrazione di immunoglobuline nel sangue periferico rimase nelle quantità normali durante e dopo il trattamento.
E' presto per dire se questo tipo di trattamento potrà essere usato nella cura dell'artrite cronica giovanile del bambino e dell'adolescente; il rischio pro-infettivo è evidente ed è necessaria una sua valutazione esatta.
La ricerca è stata sostenuta dalla Azienda Roche e uno degli autori lavora presso la stessa Azienda.
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