Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Maggio 2007 - Volume X - numero 5

M&B Pagine Elettroniche

Contributi Originali - Casi contributivi


Un caso di eritrofagocitosi secondaria a leishmaniosi nell'entroterra friulano
Federico Minen, Chiara Oretti, Federico Marchetti, Giulio Zanazzo*, Massimo Maschio, Daniela Lizzi**, Alessandro Ventura
Clinica Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
*Unità Operativa di Emato-Oncologia, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
**Struttura complessa di Pediatria, A.O. Santa Maria degli Angeli, Pordenone
Indirizzo per corrispondenza: mailto: federicominen@gmail.com


A case of secondary hemophagocytic Lymphohistiocytosis associated with leishmaniasis in a non endemic area of Italy

Key words
Hemophagocytic lymphohistiocytosis, Leishmaniasis, Northern Italy

Summary
The present report describes the case of a 2-year-old girl that lives in Northern Italy suffering from a one month lasting fever, pallor and hepatosplenomegaly. Serum testing showed pancytopenia, high levels of immunoglobulins, hypertriglyceridemia and hyperferritinemia. Secondary hemophagocytic lymphohistiocytosis was suspected on the basis of case history (a holiday in Southern Italy few months before, which is an endemic area for leishmaniasis, unlike the region where the child lives) and on clinical and laboratory findings. Bone marrow examination revealed active hemophagocytosis with intra and extracellular parasites. High levels of antibody title for leishmaniasis confirmed the final diagnosis of hemophagocytic syndrome associated with visceral leishmania.


S. è una bambina di 2 anni e mezzo residente in Friuli-Venezia Giulia che giunge alla nostra osservazione per una storia clinica caratterizzata da febbre intermittente con brivido (3 picchi quotidiani, temperatura massima 40° C) ed epatosplenomegalia, esordita circa un mese prima. Era stata iniziata terapia antibiotica empirica (ceftriaxone e azitromicina) senza efficacia. Gli esami di laboratorio all'esordio avevano dimostrato una citopenia (globuli bianchi 5550/µl, di cui neutrofili 28%, linfociti 64%; Hb 10.3 g/dl, piastrine 64000/µl) con aumento degli indici di flogosi (PCR 6 mg/dl). Nel sospetto di una leucemia era stato eseguito un aspirato midollare, risultato negativo. Nell'ipotesi di un'artrite idiopatica sistemica era stato iniziato trattamento con prednisone (al dosaggio di 2 mg/kg) e indometacina, con immediato sfebbramento. Tuttavia, dopo circa 10 giorni di benessere, è ricomparsa la febbre (in corso di terapia) con le stesse caratteristiche.
Veniva quindi ricoverata nel nostro reparto. La piccola era pallida e presentava un'importante epatosplenomegalia (milza e fegato a 6-7 cm dall'arcata costale); ancora febbrile (1 picco/die a 39° C). Gli esami all'ingresso suggerivano la possibilità di un quadro di eritrofagocitosi (globuli bianchi 4200/µl, di cui neutrofili 700/µl, linfociti 3200/µl; Hb: 9,1 g/dl, piastrine 59000/µl, ferritina 1787µg/l, trigliceridi 213 mg/dl, IgG 1812 mg/dl, IgM 1326 mg/dl, PCR 6 mg/dl, VES 75 mm/h); l'ipergammaglobulinemia (importante) associata alla splenomegalia ci faceva considerare l'ipotesi di una leishmaniosi. A conferma della nostra ipotesi diagnostica abbiamo eseguito l'esame del midollo osseo, che evidenziava nel citoplasma dei macrofagi e a livello extracellulare figure compatibili con leishmanie; vi era inoltre riscontro di alcuni elementi monocitici (macrofagi) in atteggiamento di eritrofagocitosi (Figura 1).

Figura 1. Istiocita in atteggiamento di eritrofagocitosi con leishmanie al suo interno

Approfondendo l'anamnesi, i genitori negavano viaggi in aree tropicali ma riferivano di aver trascorso alcune settimane con la piccola in Costiera Amalfitana durante il periodo estivo (circa 5 mesi prima). Abbiamo eseguito il titolo anticorpale per leishmania, che è risultato >1:160 confermando quindi la diagnosi di eritrofagocitosi secondaria a leishmaniosi.
Si è deciso di iniziare il trattamento con Ambisone per via endovenosa (3 mg/kg/die), mantenendo lo steroide, via via a scalare (da 25 mg a 12,5 mg e poi a 7,5 mg) sino a sospensione.
Il quadro clinico è andato rapidamente migliorando, con sfebbramento in 48 ore e progressivo benessere generale (in regressione anche l'epatosplenomegalia). Il trattamento con Anfotericina B liposomiale è stato effettuato per 5 giorni, con due dosi aggiuntive al 14° e 21° giorno.
A conferma del miglioramento sono stati eseguiti un aspirato midollare e alcuni esami bioumorali a un mese dalla dimissione, che risultavano del tutto negativi.

CONTRIBUTO
Il termine leishmaniosi indica un gruppo eterogeneo di malattie ad ampia distribuzione, tropicale, subtropicale e mediterranea, causate dall'infezione di un protozoo appartenente al genere Leishmania. La leishmaniosi comprende forme cliniche a interessamento esclusivamente cutaneo, forme muco-cutanee e forme con grave disseminazione viscerale talvolta fatale.

EPIDEMIOLOGIA
Si stima che la leishmaniosi colpisca 10-50 milioni di persone nelle regioni endemiche tropicali e subtropicali di tutti i continenti, tranne Australia e Antartide1 (Figura 2) L'incidenza annuale è in costante aumento, con 1,5-2 milioni di nuovi casi/anno, di cui 1-1,5 milioni casi di leishmaniosi cutanea, e 500.000 casi di leishmaniosi viscerale2.
In Italia ufficialmente sono stati diagnosticati 700 casi di leishmaniosi tra il 1994 ed il 1999 (ma molto probabilmente quelli reali sono di più), di cui 150 in pazienti HIV positivi. La maggior parte dei soggetti colpiti vive in aree endemiche del centro-sud3. Durante l'anno 2000 sono stati registrati 143 casi di Leishmaniosi viscerale umana, di cui 83 casi in Campania4; in questa regione l'incidenza della malattia è così elevata da giustificare la creazione di un centro di riferimento pediatrico (255 casi diagnosticati e trattati dal 1990 al marzo 2004). Alcuni autori considerano addirittura che il “macrofocus” di Napoli e Caserta sia probabilmente il responsabile del maggior numero dei casi di Leishmaniosi infantile nell'Europa del sud5.
Le numerose segnalazioni degli ultimi anni di casi di leishmaniosi canina provenienti da aree tradizionalmente ritenute indenni (anche dell'Italia settentrionale) debbono portare alla conclusione che non esistono zone, comunemente abitate, che possano essere considerate completamente sicure. Infatti, se fino al 1989 il Nord Italia era considerato praticamente indenne dalla leishmaniosi canina, oggi abbiamo dei focolai accertati in Veneto, Emilia Romagna e Piemonte e altri probabili in Trentino e Lombardia6. In Piemonte sono state individuate 3 differenti aree in cui la leishmaniosi canina è endemica (Torino, Ivrea, Casale), con una sieroprevalenza che va dal 3,9% al 5,8%. È stato identificato anche un possibile focus instabile in Valle D'Aosta: in quest'area montuosa non erano mai stati segnalati flebotomi in precedenti stazioni di cattura.
In base ad analogie climatiche e caratteristiche ambientali si può anche prevedere che la diffusione della malattia si estenderà nel prossimo futuro ad altre zone dell'Europa centrale7.

Figura 2. Distribuzione mondiale della Leishmaniosi

EZIOLOGIA
Le leishmanie sono membri della famiglia delle Tripanosomatidee.
Il ciclo biologico del parassita (Figura 3) è relativamente semplice: le femmine dei flebotomi vettori (ematofaghe) pungono l'ospite (serbatoio, di solito un cane); con la puntura del flebotomo si forma un lago emo-linfatico nel derma dell'ospite, ed il flebotomo si infetta per assunzione delle cellule del sistema reticolo-endoteliale parassitate. All'interno del flebotomo gli amastigoti aflagellati si attivano a promastigoti e si moltiplicano nell'intestino medio dell'insetto acquisendo il potere infettante; i promastigoti risalgono poi il canale digerente del flebotomo fino alle parti buccali dove si concentrano e vengono iniettati in un nuovo ospite, all'interno del quale i promastigoti vengono fagocitati dai macrofagi e si trasformano in amastigoti. Gli amastigoti si moltiplicano per divisione binaria anche all'interno dei primi macrofagi infettati fino a distruzione di questi: i parassiti che si liberano vengono poi fagocitati da altre cellule e così via. I macrofagi fungono da cavallo di Troia e trasportano i parassiti in altre sedi dell'organismo infettato, in vari organi e tessuti del SRI8. Nelle forme antroponotiche (non presenti in Italia), l'unico ospite recettivo è l'uomo, per cui l'insetto trasmette il parassita da un uomo all'altro.

Figura 3. Ciclo biologico della Leishmania Infantum

I flebotomi sono delle piccole zanzare di 2-4 mm di colore giallo sabbia (“sand-flies”, Figura 4), con ali e corpo rivestiti di peli; a differenza delle comuni zanzare il loro volo è del tutto silenzioso (di qui il nome di “pappatacio”), le loro punture non dolorose e sono attratti da luci deboli. Le femmine ematofaghe di tali insetti pungono gli ospiti nelle ore serali-notturne nel periodo compreso tra fine maggio-inizi di giugno, fino a metà ottobre, con temperatura superiore ai 18 C°, in assenza di vento. Nei Paesi a clima temperato sono particolarmente favorevoli ai flebotomi vettori le colline retro-litorali specie se alte fra i 200 ed i 600 m slm. In questa fascia climatico-altitudinale si adattano bene anche alle periferie urbane.
In Italia sono quattro le specie di flebotomi capaci di trasmettere L. infantum: Phlebotomus perniciosus (il più diffuso e dotato della maggiore capacità vettoriale), Ph. perfiliewi, Ph. ariasi e Ph. neglectus. I primi due sono abbondantemente diffusi in Campania nel versante Vesuviano che si affaccia sul golfo di Napoli, nell'area Flegrea, in tutta la penisola Sorrentina e Amalfitana, in gran parte delle province di Salerno e di Caserta e nelle isole di Procida, Capri e Ischia.

Figura 4. Flebotomo (dal sito www.anaaweb.org/leishmania.html)

LE MANIFESTAZIONI CLINICHE
In genere l'infezione è subclinica e asintomatica; gli individui colpiti da leishmaniosi viscerale sono bambini al di sotto dei 2 anni di età (nei quali il sistema immunitario è ancora immaturo), soggetti immunodepressi (HIV positivi, organo-trapiantati) o che comunque presentano condizioni predisponenti. L'immunità è acquisita nel tempo dalla popolazione delle aree endemiche.
Le varie forme di Leishmaniosi si presentano con le seguenti caratteristiche:

Leishmaniosi cutanea localizzata (LCL, bottone d'Oriente): i bambini sono i più colpiti. Si presenta con una o poche lesioni papulari, nodulari, a placca o ulcerative in zone di cute esposta (volto, estremità). Le lesioni iniziano come una piccola papula rossa nella zona di inoculo che si estende fino a 1-3 cm per poi ulcerarsi dopo alcune settimane, con un margine indurito ed eritematoso, al cui centro si forma una crosta (Figura 5). Le lesioni causate da L. Major cronicizzano e tendono poi a guarire in alcuni mesi lasciando una cicatrice depressa, mentre quelle da L. Mexicana sono destruenti. Quest'ultima forma è molto rara in Italia.

Figura 5. Leishmaniosi cutanea localizzata

Leishmaniosi cutanea disseminata (LCD): rara, causata da L. Mexicana e L. Aethiopica. Si manifesta con ampie macule non ulceranti, papule, noduli, o placche che possono coinvolgere ampie zone cutanee. La disseminazione a partire dalla sede d'inoculo impiega diversi anni.
Dal punto di vista laboratoristico, non vi sono alterazioni di rilievo nelle forme cutanee localizzata e disseminata.
Leishmaniosi mucosale (LM, espundia): rara, risulta dalle metastasi ematogene che dalle localizzazioni cutanee raggiungono la mucosa nasale o orofaringea. Si sviluppa a distanza di anni dalla risoluzione della lesione primaria. Si presenta con congestione nasale, rinorrea, epistassi ricorrente; le forme interessanti l'orofaringe e la laringe sono rare, ma nelle fasi avanzate può portare alla distruzione di tessuti molli, cartilagine ed osso, con notevoli deformità del naso e della bocca e restringimento della trachea (Figura 6).

Figura 6. Erosione dei tessuti molli nella Leishmaniosi mucosale

Leishmaniosi viscerale (LV, Kala–Azar): forma sistemica di malattia causata dalla disseminazione del parassita intracellulare attraverso il sistema reticoloendoteliale. Interessa tipicamente bambini di età inferiore ai 5 anni nel bacino del Mediterraneo (L. Infantum) e nelle Americhe (L. Chagasi), bambini più grandi e giovani adulti in Africa e Asia (L. Donovani). A seguito dell'inoculazione si può avere un'infezione asintomatica o pauciasintomatica (malessere, diarrea) che si risolve spontaneamente o può evolvere in malattia sistemica.
La forma sistemica ha una lunga incubazione, in media 4-6 mesi, e l'esordio è caratterizzato da una febbricola accompagnata da una progressiva anemia. La milza si ingrossa rapidamente (Figura 7) e le analisi di laboratorio rivelano una pancitopenia, una ipergammaglobulinemia e a volte un aumento delle transaminasi. Il sospetto di una leucemia, con cui la malattia può essere confusa soprattutto nei bambini, porta spesso alla diagnosi occasionale di leishmaniosi dall'analisi dei campioni di midollo osseo. Sovrainfezioni batteriche sono comuni nello stadio avanzato di malattia e possono essere mortali (mortalità del 90% nei pazienti non trattati).
In uno studio retrospettivo italiano9 sono stati analizzati 111 casi di LV: febbre e splenomegalia erano presenti nel 100% dei casi, l'epatomegalia nel 90,1%, trombocitopenia ed anemia nel 70,1% mentre la leucopenia nel 42,3% dei casi. Nei pazienti immunocompromessi la sintomatologia preponderante interessa il tratto gastro-intestinale senza la tipica epatosplenomegalia.
Sono stati segnalati in letteratura dei casi in cui vi è un aumento degli autoanticorpi, verosimilmente da un attivazione policlonale dei linfociti B (suggerito dagli alti livelli di IgG). Studi clinici hanno dimostrato un aumento della proliferazione dei linfociti T CD4+ nei topi, con rilascio di IL-4, determinando una proliferazione policlonale dei linfociti B10,11.

Figura 7. Epatosplenomegalia importante tipica del Kala-Azar

In alcuni casi (come il nostro) il quadro si presenta con una eritrofagocitosi secondaria a leishmaniosi12,13, che si caratterizza per una proliferazione incontrollata non maligna di macrofagi e linfociti T attivati, secondaria ad aumentata produzione citochinica.
La linfoistocitosi emofagocitica si classifica in primaria e secondaria; la variante secondaria può essere associata a infezioni virali, batteriche, fungine o parassitarie (come la leishmania del nostro caso), neoplasie, alimentazione parenterale, malattie infiammatorie croniche (come l'artrite reumatoide)14. I criteri utilizzati per la diagnosi di linfoistiocitosi emofagocitica sono presenti nell'HLH-200415 (prospective international treatment study for hemophagocytic lymphohistiocytosis, HLH) e vengono riportati in Tabella 1: almeno 5 degli 8 criteri devono essere soddisfatti, a meno che non sia presente una storia familiare o una diagnosi molecolare compatibile con linfoistiocitosi emofagocitica.
CRITERI CLINICI
CRITERI DI LABORATORIO
CRITERI ISTOPATOLOGICI
1- Febbre (> 38.5° C da almeno 7 giorni)
2- Splenomegalia (> 3 cm oltre il margine costale)
3- Citopenia (Hb < 9.0g/dl, PLT <100x109/l, neutrofili <1.0x109/l)
4- Ipertrigliceridemia (valori a digiuno >180 mg/dl) e/o ipofibrinogenemia (<150 mg/dl)
5- Iperferritinemia
6- Attività cellule NK bassa/assente
7- Elevati livelli di recettore solubile per IL-2
8- Emofagocitosi nel midollo osseo, milza e linfonodi, senza evidenza di malignità


Tabella 1. Criteri diagnostici per l'eritrofagocitosi.

LA TERAPIA
Nei Paesi occidentali il farmaco d'elezione è l'Amfotericina B liposomiale16-18: si tratta di una preparazione liposomiale di amfotericina B, che permette che il farmaco venga “immagazzinato” a livello del sistema reticolo-endoteliale, rendendo più specifica la terapia. E' l'unico farmaco approvato dalla US Food and Drug Administration per il trattamento della LV nei pazienti immunocompetenti.
L'Amfotericina B nella sua preparazione non liposomiale è molto più economica e viene quindi maggiormente utilizzata nei paesi in via di sviluppo, ma possiede maggiori effetti collaterali tra cui rigor e nefrotossicità19. Lo schema terapeutico è inoltre più lungo rispetto alla preparazione liposomiale.
Lo Stibogluconato sodico, composto antimoniale organico pentavalente, è il farmaco di scelta nei paesi africani e del sudamerica, utilizzato topicamente nella forma cutanea localizzata o per via sistemica nelle altre forme. Generalmente ben tollerato se assunto per via sistemica, risulta tuttavia potenzialmente tossico su cuore, pancreas e fegato. Nell'ultimo periodo sono comparse molte resistenze a questo farmaco soprattutto in India una delle nazioni dove la malattia è più frequente.
La Miltefosine fa parte della classe dei lisofosfolipidi alchilici (ALPs). E' la molecola più recente, importante perché è il primo farmaco utilizzabile per os in questa patologia. Dagli studi di Sundar et al19,20, si evidenzia che la Miltefosine è un farmaco sicuro nei bambini di età superiore ai 2 anni, la cui efficacia per os è paragonabile all'amfotericina B ev. (farmaco finora di scelta per la leishmaniosi in paesi ad elevata resistenza allo stibogluconato di sodio), ma con minori effetti collaterali: sono presenti a volte vomito e diarrea lievi, moderato rialzo degli enzimi epatici senza sintomatologia. Lo schema terapeutico per ciascuno di questi farmaci è riportato in Tabella 2.

FARMACO
POSOLOGIA
Amfotericina B liposomiale
3 mg/kg e.v. per 5 giorni, con due ulteriori somministrazioni il 14° e 21° giorno (dose totale: 21 mg/kg)16*
Amfotericina B
0.25-1 mg/kg/die e.v. in infusione lenta a giorni alterni per un periodo di 30-40 giorni
Stibogluconato di Sodio
20 mg/kg/die (massimo 850 mg) per 28 giorni i.m. o e.v.
Miltefosine
2,5 mg/kg/die per 28 giorni frazionato in 3 dosi dopo i pasti
Tabella 2. Posologia dei farmaci utilizzati nella Leishmaniosi

*Lo studio di Di Martino et al17 ed altri successivi 18 dimostrano che un ciclo ancora più breve di trattamento (sei infusioni al dosaggio di 3 mg/kg dal 1° al 5° giorno con ulteriore dose al 10° giorno, per un totale di 18 mg/kg) è altrettanto sicuro ed efficace nella terapia della LV nel bacino del Mediterraneo.

Bibliografia

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F. Minen, C. Oretti, F. Marchetti, G. Zanazzo, M. Maschio, D. Lizzi, A. Ventura. Un caso di eritrofagocitosi secondaria a leishmaniosi nell'entroterra friulano. Medico e Bambino pagine elettroniche 2007;10(5) https://www.medicoebambino.com/_leishmaniosi_forme_macrofagi_malattia_linfociti