Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2007 - Volume X - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Ma
non è una anafilassi
Clinica
Pediatrica, IRRCS “Burlo Garofolo”, Trieste
La
storia di Sofia che ho visto a 6 mesi di età, mentre ero
specializzanda di turno presso il Servizio Allergologico del
Burlo, comincia a 1 mese di vita con la comparsa di crosta
lattea, lieve eczema al volto (D.A.) e coliche, per cui la mamma
viene messa a dieta priva di latte e derivati (ma mangia il
parmigiano!), con riferito miglioramento della sintomatologia.
A 4
mesi, per le difficoltà della mamma a darle tutti i pasti
al seno, le viene somministrato un primo biberon di latte
formulato. Dopo 2 ore dal pasto improvvisamente la bambina vomita
ripetutamente, è lamentosa con pianto inconsolabile tanto
che la mamma si spaventa e la porta al Pronto Soccorso dove viene
sospettata una infezione gastrointestinale.
Dopo
10 giorni i genitori fanno un secondo tentativo, con la comparsa
anche in questo caso sempre dopo 2 ore di vomito ripetuto, ma
questa volta con maggiore gravità tanto che la bambina
appare pallida, collassata, iporeattiva. Un amico pediatra subito
accorso sospetta una reazione allergica e somministra alla
bambina un cortisonico per os. Né in questa, né nel
precedente episodio la bambina ha presentato alcuna lesione
cutanea di orticaria o angioedema, non ci sono stati disturbi
respiratori o altri sintomi di tipo anafilattico.
La
dieta viene ripresa con latte materno esclusivo e alla mamma
viene mantenuta l'imposizione di non bere latte vaccino. La
bambina ci viene mandata per confermare il sospetto di allergia
al latte vaccino. Nel frattempo ha anche iniziato lo svezzamento
senza problemi con l'assunzione di una pappa salata
(mais/tapioca, brodo di verdura, olio di oliva, omogenizzato di
carne e frutta).
Sicura
di trovarlo positivo faccio il prick test con il latte intero e
le tre proteine maggiori del latte, ma con esito negativo.
Incredula riprovo con un prick by prick con il latte di bottiglia
e sempre con risultato negativo.
E
allora cos'è?
Commento
Andando
a cercare nella letteratura questo caso rientra nelle forme
definite come “sindrome enterocolitica” indotta da proteine
alimentari. I casi descritti sono perlopiù bambini nel
primo anno di vita e gli alimenti principalmente in causa, oltre
al latte vaccino, sono la soia ed i cereali in generale, dal
frumento all'avena.
Si
tratta di una allergia alimentare non IgE mediata, quindi con
Prick e RAST giustamente negativi e molto più rara di
quella reaginica di tipo I° “che vediamo ogni giorno”.
Diversamente dalle forme IgE-mediate, in cui i sintomi compaiono
immediatamente o pochi minuti dopo aver assunto il latte, questi
casi sono caratterizzati dalla comparsa del vomito dopo circa due
ore dalla assunzione dell'alimento in causa. Al vomito può
accompagnarsi diarrea (+/- sangue), possibile letargia e
ipotensione (nel 15% dei casi), ed è stato descritto un
aumento periferico dei polimorfonucleati. A volte la
sintomatologia non viene direttamente associata all'assunzione
dell'alimento sia per l'intervallo lungo tra assunzione
dell'alimento e la sintomatologia (da 1 a 3 ore) sia per la
mancanza di associate lesioni cutanee di orticaria o angioedema,
come pure l'assenza di sintomi respiratori di tipo allergico ed
è così non infrequente che vengano interpretati,
come è successo nel nostro caso, come fatti infettivi
gastrointestinali. L'ipotesi di allergia alimentare
quando
anche sospettata viene poi spesso abbandonata per la negatività
del prick e delle IgE specifiche. Di fatto questa è una
allergia “particolare”, che va quindi “non dimenticata”
(per me resterà indimenticabile). Si tratta di una
reazione con patogenesi non ancora chiara, anche se sembrano
coinvolti i linfociti T e il TNF-α. La diagnosi, una volta
conosciuta la condizione, è puramente clinica e spesso non
è necessario un test di scatenamento. Questo si rende
invece utile per definire l'acquisita tolleranza che, di norma,
avviene verso i tre anni di età anche se con percentuali
meno elevate rispetto a quelle dell'allergia IgE mediata. Il
test di provocazione deve essere fatto in ambiente protetto,
organizzato ad affrontare l'ipotensione e lo shock, e con
schemi diversi da quelli adottati comunemente nell'allergia IgE
mediata.
In
questi casi non si procede con dosi ravvicinate e
progressivamente crescenti, ma con una somministrazione in dose
singola. In letteratura si consigliano 100-150 ml di latte,
oppure dosi inferiori in rapporto alla quantità che
anamnesticamente ha causato la reazione.
Perché
indimenticabile? Primo perché è stato il primo che
mi è capitato di vedere (niente di speciale direte voi per
una specializzando, ma so che non sono facili da incontrare e che
anche al Centro di Allergologica del Burlo contano sulle dita di
una mano i casi osservati). Secondo perché
tutto
avrei pensato meno di vedere il prick ostinatamente negativo.
Terzo perché cercando in letteratura non ho trovato nulla
sotto la voce “anaphylaxis”, mentre per caso ho rilevato che
questa patologia viene descritta con il termine “enterocolite
allergica” che, devo dire, avendo ascoltato bene la storia e
compreso quanta è stata la paura vissuta dalla mamma
durante quegli episodi, mi sembra proprio una definizione
sbagliata e fuorviante.
Se
fosse per me la chiamerei più realisticamente: anafilassi
alimentare non IgE mediata.
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