Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Novembre 2007 - Volume X - numero 9
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Crostosità
ricorrente Ostinata Herpes Negativa
UO
di Pediatria, OC Umberto I, Mestre
La
prima impressione che A. dava era quella di una ragazzina stufa:
essere ricoverata di sabato infatti non era proprio il massimo
per chi, compiuti da poco i 16 anni, avrebbe preferito passare il
pomeriggio in piazza con gli amici, a chiacchierare o a caccia di
regali di Natale… Ma il dolore proprio non se ne voleva andare…
Da 4
giorni infatti A. aveva mal di pancia: un dolore crampiforme, a
pugnalata, più intenso in epigastrio e ai quadranti
addominali di destra e, come se non bastasse, da poche ore erano
sopraggiunte la febbre e delle fastidiosissime vescicole a
livello genitale. In realtà il problema delle vescicole
non era affatto nuovo: già nel luglio del 2002 le era
stato asportato il piccolo labbro di sinistra proprio per la
comparsa di lesioni attribuite a posteriori a infezione genitale
da HSV2 e le stesse vescicole si erano ripresentate altre 2
volte, nel 2004 e nel 2005, e in queste
occasioni
era stato il medico di base di A. a suggerire il trattamento con
antivirali sistemici e topici, con beneficio. Di motivi per
essere stufa quindi Alessia ne aveva, senza contare che nei 3
giorni precedenti questo ricovero era già venuta 2 volte
in P.S. e, nel sospetto di appendicopatia o dolore di origine
ginecologica, era stata sottoposta a numerose visite e
accertamenti vari. Eccone un'epicrisi…
Il
chirurgo, visitandola la prima volta, aveva escluso che potesse
trattarsi di appendicite: l'addome era sì dolente in
fossa ilaca destra ma complessivamente trattabile e senza segni
di acuzie e, poiché anche per il ginecologo il quadro era
risultato negativo sia dal punto di vista clinico che ecografico,
A. era stata inviata a domicilio senza una diagnosi conclusiva.
Il dolore però persisteva e, data la comparsa di febbre e
vescicole genitali - per cui aveva spontaneamente cominciato la
già nota terapia antivirale - la ragazza si era
ripresentata in ospedale. Anche questa volta però pareva
non si riuscisse a venirne a capo e A. passava da un consulente
all'altro…infatti…
Le
caratteristiche dell'addome erano sostanzialmente invariate –
trattabile e dolente in fossa iliaca destra -, gli esami del
sangue parlavano chiaro -non leucocitosi e PCR mossa (9.05
mg/dl)- e l'addome in bianco non mostrava segni di perforazione
o occlusione. Che fare? Il chirurgo consigliava una rivalutazione
ginecologica… Di nuovo il ginecologo non individuava elementi
di patologia, se non quello che definiva un chiaro quadro di
herpes genitale a livello vulvare, per cui consigliava di
continuare la terapia antivirale in atto.
Il
dolore…la febbre…l'herpes genitale…la situazione si
complicava e, soprattutto, si faceva sempre più pesante
per A. e sua mamma che, esasperata, accetta più volentieri
della figlia la proposta di ricovero in Pediatria, con la
speranza che si arrivi a una diagnosi. Eccoci dunque ai primi
accertamenti: lo stick urine è negativo, la PCR in calo
rispetto a 3 giorni prima, la clinica invariata. Il chirurgo
pediatra all'ecografia segnala un'ansa ileale lievemente
ispessita e un quadro di adenomesenterite in FID, senza segni di
appendicite acuta o versamento peritoneale. L'impressione è
che si tratti di coliche addominali e, richieste la ricerca degli
antigeni fecali per Adeno e Rotavirus e la coprocoltura, il
weekend si conclude senza novità. Il lunedì mattina
il caso di A. viene discusso collegialmente e il medico di
reparto, appassionato di dermatologia, decide di chiedere le
sierologie per VZV e HSV per confermare la diagnosi di herpes
vulvare; vorrebbe anche vedere con i suoi occhi esperti le
famigerate vescicole ma la ragazza ha il ciclo mestruale in atto
e rifiuta la visita, così si vede costretto a rimandare...
Nel frattempo la storia di A. viene approfondita ed emerge che la
ragazza, che non ha avuto rapporti sessuali fino a ora, ha
presentato complessivamente 4 episodi di febbre associata a
lesioni genitali: durante il primo la febbre ha preceduto di un
giorno i sintomi vulvari mentre durante il secondo ed il terzo
febbre e lesioni genitali si sono manifestate contemporaneamente
e, durante il quarto, sono state precedute da 4 giorni di dolore
addominale. Veniamo anche a sapere che A. soffre con una certa
frequenza di crampi addominali associati a scariche liquide e di
aftosi buccale.
Per
capire meglio l'origine dei sintomi, risaliamo al referto
relativo all'interevento del 2002 di asportazione del piccolo
labbro sinistro, che però non aggiunge niente di nuovo
alle nostre ricerche: alla valutazione microscopica il quadro
morfologico è compatibile con un non meglio precisato
“processo flogistico acuto necrotizzante”, senza ulteriori
descrizioni o chiarimenti diagnostici. A complicare il tutto,
scardinando l'ipotesi formulata dal consulente ginecologo,
contribuisce l'esito delle sierologie virali: IgM e IgG per HSV
sono assenti!! E l'herpes genitale allora? HSV ovviamente non
può essere e, a detta del pediatra dermatologo, non è
nemmeno possibile che si tratti di herpes zoster recidivante,
perché l'andamento clinico e la storia proprio non ci
stanno (è un quadro caratteristico nei soggetti
immunodepressi e A. non lo è..). Viene ripetuta
un'ecografia addominale che conferma il quadro già noto:
numerosi linfonodi loco-regionaliì e un'ansa ileale
ispessita, non ascessi, non versamenti…
Ricapitolando:
febbre, sintomi vulvari, storia di dolore addominale con scariche
liquide, afte orali…si programma una colonscopia e si ricercano
ANA, ASCA e ANCA, nel sospetto che si tratti di una malattia
infiammatoria cronica intestinale. La fortuna però ci
volta le spalle perché, per intolleranza della paziente
nonostante la sedazione, l'esame endoscopico viene eseguito
solo fino alla flessura splenica e poi interrotto e, per il
tratto esplorato, la mucosa, le austre e il disegno vascolare
sottomucoso sono conservati. Niente Crohn dunque? Il sospetto
però rimane… Una seconda valutazione ginecologica,
eseguita dallo stesso medico che aveva fatto la seconda
consulenza in P.S., conferma la presenza di lesioni escoriative a
livello di entrambe le piccole labbra per cui viene consigliata
l'esecuzione di tamponi vaginali e l'ipotesi diagnostica,
nonostante la ribadita assenza di anticorpi contro HSV, rimane
quella di un'infezione genitale di origine erpetica! Però
questo herpes fantasma, che non lascia traccia immunologia, non
ci convince per niente e ad avvalorare il nostro sospetto c'è
anche la letteratura: vengono descritti
rari
casi di malattia di Crohn “metastatica”, che si manifesta
subdolamente, coinvolgendo in fase iniziale sedi anatomiche non
caratteristiche come i genitali esterni. Nonostante le difficoltà
incontrate nel sostenere la nostra tesi riusciamo a convincere le
mamma di A., sempre più perplessa e irritata nel ricevere
pareri così discordanti, circa la necessità di
ripetere la colonscopia, questa volta fino in fondo.
E se
la fortuna premia gli audaci, chi non risica non rosica, chi la
dura la vince (…e chi più ne ha più ne metta!),
l'esito del secondo esame endoscopico non lascia scampo: “…la
mucosa dell'ileo terminale si presenta con aspetto a
ciottolato, con qualche erosione anche ampia; isolata afta al
retto; non altre lesioni delle mucose esplorate. Diagnosi e
conclusioni: morbo di Crohn di retto e ileo terminale”
(confermato a posteriori dall'esame istologico dei frammenti di
mucosa biopsiati durante l'indagine).
A.
eseguirà la stadiazione di malattia: il clisma opaco del
tenue evidenzierà “…diffuse irregolarità del
rilievo mucoso dell'ileo terminale estese per circa 10 cm.
riferibili alla già nota MICI…” mentre l'EGDS
risulterà nei limiti di norma. Verrà dunque presa
in carico dai colleghi gastroenterologi per il prosieguo delle
cure.
Perché
questo caso per noi è stato indimenticabile?
1. ci
ha ricordato l'importanza del ragionamento diagnostico
autonomo, svincolato dal legame a ipotesi formulate in
precedenza;
2. ci
ha confermato come non sia opportuno (mai) iterare terapie
telefonicamente senza controllare di volta in volta la situazione
clinica del paziente
3. ci
ha messi a confronto con la necessità di un aggiornamento
costante con la letteratura (le localizzazioni vulvari del morbo
di Crohn ne caratterizzano le rare forme definite “metastatiche”)
4. ha
ribadito l'importanza del considerare ogni storia, ogni
paziente come un'esperienza clinica unica.
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