Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Aprile 1999 - Volume II - numero 4
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- Qual'è il migliore intervallo di tempo tra una gravidanza e l'altra?
Epidemia di epatite A, dovuta all'ingestione di fragole congelate
Virus come causa di otite media acuta
Effetti della vaccinazione sequenziale IPV/OPV in USA
Sensibilità dello stafilococco alla vancomicina&url=https://www.medicoebambino.com/index.php_&hashtags=Medico e Bambino,Pagine Elettroniche' target='_blank'>Condividi su Twitter
- Qual'è il migliore intervallo di tempo tra una gravidanza e l'altra?
Epidemia di epatite A, dovuta all'ingestione di fragole congelate
Virus come causa di otite media acuta
Effetti della vaccinazione sequenziale IPV/OPV in USA
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Aprile 1999 - Volume II - numero 4
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
In
aumento il carcinoma del fegato in USA
Il numero
dei casi di carcinoma del fegato è aumentato in USA negli
ultimi anni, passando dall'1,4/100.000 degli anni 1976-80 al
2,4/100.000 del periodo 1991-1995. Parallelamente la letalità
è aumentata del 46% (NEJM 340, 745-50 e 798-9, 1999).
E' questa una patologia strettamente collegata al virus
dell'epatite B e C, e all'alcolismo. Perché la
vaccinazione contro l'epatite B, così diffusa in USA, non ha
influenzato l'andamento della malattia ? Perché l'età
alla quale si manifesta in USA il carcinoma, pure essendosi abbassata
negli ultimi venti anni, è ancora spostata verso l'età
adulta e la vecchiaia (il picco è fra i 70 e i 75 anni, mentre
i primi casi iniziano a comparire oltre i 30 anni. E' quindi troppo
presto per vedere i benefici della vaccinazione che cominceranno a
comparire fra qualche lustro. In una recente pubblicazione
(NEJM 336, 1855-9, 1997, Pagine gialle), riguardante
una popolazione (Taiwan) con un'elevatissima incidenza di
positività per l'HBV e un'alta copertura vaccinale, è
già stata messa in evidenza una riduzione dei casi di
infezioni croniche (dal 10 a meno dell'1%) e di carcinoma del
fegato nei bambini dei primi 15 anni di vita.
Polluzione
e sintomi respiratori nel bambino
E'
indubbio che negli ultimi anni abbiamo assistito a un incremento
progressivo della patologia atopica, soprattutto a carico delle vie
aeree. Dell'importanza dei linfociti T helper 2 nella genesi
dell'atopia è stato discusso più volte sulle Pagine
gialle (Medico e Bambino, Febbraio 1999: Nascita e
sviluppo dell'atopia); l'altra ragione che viene spesso sollevata
per spiegare questo aumento è la polluzione ambientale, sempre
più elevata da un anno all'altro. Nel passato sono stati
condotti numerosi studi epidemiologici che non sempre hanno
documentato che a un aumento della polluzione facesse riscontro un
parallelo incremento della prevalenza dei sintomi respiratori nei
bambini con malattie delle vie aeree (progetto PEACE, pubblicato inEur Respir Rev 8, 125-30, 1998). Un recente lavoro
(Lancet 353, 859-60 e 874-8, 1999) ritorna sull'argomento,
ricercando quale effetto abbia la polluzione ambientale (fumo nero,
SO2 ed NO2) in bambini con iperresponsività bronchiale (BHR) e
relativamente alta concentrazione sierica di IgE totale (> 60
kU/L). I dati sono stati raccolti nel corso di 3 inverni in aree
urbane ed extraurbane dell'Olanda, in 459 bambini, con un'età
media di poco superiore ai 9 anni: per ciascuno di questi bambini
veniva tenuto giornalmente un diario e in ogni bambino, per due volte
al giorno, durante tutti i giorni dei 3 inversi veniva stabilito il
picco di flusso. Di questi il 26% aveva BHR e un relativamente alto
livello di IgE nel siero, il 36% non aveva BHR e livelli di IgE
uguali o < a 60 kU/L, mentre il 23% aveva > livelli di IgE e
non BHR. Nel gruppo con BHR e > IgE la prevalenza di sintomi delle
vie aeree inferiori aumento fra il 32 e il 139% per ogni aumento di
100m/m3 di sostanze sospese in particelle, e fra il 16 e il 131% per
ogni aumento di 40 m/m3 di fumo nero, SO2 ed NO2. Il picco di flusso,
che veniva saggiato al mattino e alla sera tutti i giorni, diminuì
di oltre il 10% nel gruppo sottoposto a maggiore polluzione. La
conclusione dell'ampio studio è che soltanto chi aveva
iperresponsività bronchiale o elevati livelli di IgE era
suscettibile a mostrare gli effetti dell'aumentata polluzione aerea
ambientale. Fra i bambini che avevano un solo fattore di rischio,
soltanto quelli che avevano elevate concentrazioni di IgE sembravano
essere suscettibili.
Corticosteroidi
nella nefropatia da IgA
La
nefropatia da IgA, rara nel bambino, è una malattia
progressiva per la quale ancora non è stata trovata una
terapia efficace. Un gruppo di ricercatori italiani (Lecco, Cagliari
e Milano) riportano le loro esperienze nel trattamento di 86 casi
consecutivi di nefropatia da IgA, osservati nel corso di 9 anni, di
cui la metà trattati con corticosteroidi (metilprednisolone EV
alla dose di 1g al giorno per 3 giorni consecutivi ai mesi 1,3 e 5,
in associazione a prednisone per bocca alla dose di 0,5 mg/kg a
giorni alterni per 6 mesi) e l'altra metà lasciati senza
nessuna terapia, per la durata di 6 mesi (Lancet 353, 860-2 e
883-7, 1999). Viene dimostrato che il trattamento con corticosteroidi
protegge dal progressivo aggravamento della funzione renale senza che
si manifestino effetti collaterali spiacevoli.
Effetti
della tonsillectomia e dell'adenoidectomia
L'apnea
ostruttiva nel sonno (AOS), per la riduzione dell'apporto di ossigeno
ai polmoni che comporta, può essere causa di scarso
accrescimento, anche di grado elevato, nei bambini. L'AOS è
relativamente frequente nei bambini obesi che hanno tonsille e/o
adenoidi ingrandite: la difficoltà che questi bambini
presentano nel mantenere lo stato di sonno e i frequenti intervalli
di veglia notturna, sono i responsabili dell'ipersonnolenza e della
scarsa attitudine al movimento, che questi bambini presentano di
giorno. Di sicuro questa ridotta spesa di energia contribuisce
all'insorgenza e al mantenimento dell'obesità. Per vedere gli
effetti della tonsillectomia e/o adenoidectomia, 45 bambini di età
fra 2,4 e 4,9 anni, di cui 25 avevano un peso normale, 3 erano
sovrappeso, 7 erano obesi e 10 fortemente obesi, sono stati seguiti
per molti anni (Arch Pediatr Adolesc Med 153, 33-7, 1999).
Dopo l'intervento, 31 bambini (69%), di cui 10 dei 17 che erano
obesi o molto obesi, presentarono un evidente guadagno in peso con
conseguente aumento dell'indice di massa corporea (Peso in kg, diviso
il quadrato dell'Altezza in metri). I risultati sono in contrasto con
i presupposti teorici iniziali, secondo i quali la disostruzione
respiratoria avrebbe comportato una maggior spesa di energia e quindi
e avrebbe contribuito a ridurre l'obesità. Viene concluso che,
accanto al trattamento dell'AOS, è necessario intraprendere il
trattamento dell'obesità.
Qual'è
il migliore intervallo di tempo tra una gravidanza e l'altra?
Un breve
intervallo di tempo fra una gravidanza e la successiva è stato
associato con una maggiore incidenza di patologia perinatale.
Tuttavia non era chiaro se questo maggiore rischio era un elemento
indipendente o se l'associazione dipendeva da un effetto confondente
di altri fattori, come l'età della madre, lo stato
socioeconomico e la storia riproduttiva. Per rispondere a questa
domanda è stato condotto uno studio in Utah su 175.205 nascite
singole da donne multipare (NEJM 340, 589-94 e 643-4, 1999).
Dall'esame di questa ampia casistica è risultato che il
miglior intervallo fra due gravidanze, per la prevenzione della
patologia perinatale, è di 18-23 mesi. Per i neonati concepiti
dopo un intervallo da meno di 6 a più di 120 mesi, il rischio
è quasi raddoppiato.
Epidemia
di epatite A, dovuta all'ingestione di fragole congelate
I dati di
sorveglianza in USA hanno permesso di stabilire che epidemie di
origine alimentare avvengono in meno del 5% dei casi riportati di
epatite A. Per lo più si tratta di cibi non cotti o altrimenti
di cibi cotti, ma successivamente venuti in contatto con alimenti
infetti. Fra i cibi non cotti o freschi vanno annoverati i crostacei,
la lattuga, le fragole e i lamponi congelati. Ma va ricordato che in
un 40% dei casi non si riesce a identificare la causa dell'infezione.
Di recente è stata descritta in USA un'epidemia di dimensioni
ridotte, in confronto a quelle che colpiscono il nostro Paese (213
casi contro le migliaia di casi, verificatesi in provincia di Caserta
anni fa e più di recente in Puglia), dovuta al consumo di
fragole congelate (NEJM 340, 595-602 e 644-5, 1999). Lo studio
degli isolamenti fecali ha permesso di dimostrare che tutti i virus
isolati appartenevano allo stesso ceppo. Le ricerche hanno dimostrato
che le fragole sono state contaminate prima di essere distribuite. E'
molto probabile che l'origine della infettività derivi dalla
contaminazione fecale, avvenuta durante l'irrigazione, la raccolta,
la selezione, la spedizione o la preparazione finale. Il virus
infatti rimane infettivo per lunghi periodi di tempo, in numerose
condizioni ambientali favorevoli, fra le quali in primo luogo il
congelamento. Poiché il tempo intercorso fra la raccolta dei
frutti e l'inizio dell'epidemia è stato di circa un anno, è
risultato impossibile identificare con precisione la fonte della
contaminazione. Il dottor RS Koff, nel suo commento, rompe una lancia
a favore della vaccinazione globale contro l'epatite A, al posto
dell'attuale strategia che consiglia la vaccinazione solo nelle
categorie a rischio: egli ritiene che con una vaccinazione routinaria
nell'infanzia assisteremmo a una fortissima riduzione dell'incidenza
dell'infezione da HAV nell'arco di una sola decade. La mancata
applicazione di un tale programma viene considerata nel commento come
la perdita di una favorevole opportunità.
Virus
come causa di otite media acuta
Per
tanti anni è stato ritenuto che l'otite media acuta,
l'infezione più comune dei bambini, fosse dovuta soltanto ai
batteri. Oggi vi sono prove sicure che testimoniano che i virus
respiratori hanno un ruolo essenziale nell'eziologia e nella
patogenesi della malattia: molto probabilmente esiste una stretta
interrelazione fra virus e batteri nell'otite media acuta. Fra i
vari virus che sono risultati in gioco in questa malattia non era
ancora ben conosciuto quale fosse il più importante, come
frequenza e come gravità. Già si sapeva che il virus
influenzale si riscontra con una certa frequenza, tanto è vero
che la vaccinazione contro l'influenza riduce l'incidenza
dell'otite media nei lattanti e nei bambini, ma non possiamo
pensare che il virus influenzale sia la causa di tutti i casi di
otite media virale, che insorgono così spesso durante un
intero anno.
Un'estesa
ricerca è stata fatta per determinare la percentuale
d'invasione dell'orecchio medio da parte dei comuni virus
respiratori, in occasione di malattie delle vie aeree superiori
(NEJM 340, 260-4 e 312-3, 1999).
A
questo scopo è stato studiato, mediante timpanocentesi (una
manovra che viene eseguita frequentemente in USA ed eccezionalmente
nel nostro Paese) il liquido presente nell'orecchio medio in 456
bambini, da 2 mesi a 7 anni, affetti da otite media; insieme è
stata eseguita la sierologia, mediante campioni di sangue prelevati
durante la fase acuta e durante la convalescenza. Nel 41% dei casi
studiati (186 su 456 bambini) fu documentata un'infezione virale
delle vie aeree superiori: il virus respiratorio sinciziale (VRS) fu
il virus più spesso isolato dall'orecchio medio (fu isolato
48 volte dall'orecchio medio su 65 bambini infettati con questo
virus), seguito dal virus parainfluenzale (15 isolamenti
dall'orecchio su 29 bambini infettati) e dal virus influenzale (10
isolamenti dall'orecchio su 24 infezioni); eccezionali furono gli
isolamenti dall'orecchio medio degli enterovirus e degli
adenovirus, nonostante che questi agenti fossero causa di un buon
numero d'infezioni delle vie aeree superiori. I rinovirus non sono
stati ricercati, ma hanno probabilmente una frequenza simile a quella
del VRS: Spesso insieme ai virus sono stati isolati anche batteri,
come lo pneumococco e l'emofilo.
Viene
concluso che il VRS (agente che determina la maggioranza dei casi di
bronchiolite e di molte infezioni delle altre vie aree superiori) è
il virus che più spesso invade l'orecchio medio durante
l'otite media acuta. Un vaccino che fosse efficace contro questo
virus ridurrebbe l'incidenza delle infezioni delle vie aeree
superiori e inferiori, e dell'otite media nei bambini.
Nella
discussione viene affermato che trovare un virus nel liquido
dell'orecchio medio non significa necessariamente che esso sia in
gioco nell'otite: gli autori distinguono infatti virus che possono
entrare nell'orecchio medio passivamente dalle secrezioni nasali,
mentre altri invadono attivamente l'orecchio medio e contribuiscono
al processo infiammatorio della mucosa che lo tappezza. Tuttavia
viene giustamente affermato che se i virus fossero sempre innocenti
spettatori, senza avere un ruolo attivo, essi si dovrebbero ritrovare
nel liquido dell'orecchio medio con uguale percentuale nelle
differenti infezioni virali, il che, come risulta da quanto sopra
riportato, in effetti non è.
E'
probabile che ogni infezione virale del naso-faringe determini
un'infiammazione anche nella tuba di Eustachio e disturbi la
funzione di clearance esercitata dalla mucosa, facilitando la
crescita di batteri nell'orecchio medio.
La
presenza di virus nell'orecchio medio non ha ovviamente importanza
solo per l'eziologia e la patogenesi dell'otite media, ma essi
hanno anche influenza sull'evoluzione della malattia. La presenza
di virus infatti viene considerata un fattore aggravante sia
dell'evoluzione clinica che batteriologica dell'otite media. I
meccanismi con i quali i virus aumentano e prolungano l'infiammazione
dell'orecchio medio non è ancora chiara, ma recenti studi
hanno dimostrato che la concentrazione di alcuni mediatori della
flogosi è più alta nel liquido dell'orecchio medio,
quando esso contiene batteri e virus, in confronto a batteri soltanto
(J Infect Dis 169, 1265-70, 1995). Non vengono precisati, ma
di sicuro esistono, stretti rapporti fra infezione virale
dell'orecchio medio e otite media con versamento, una situazione
così frequente nel bambino.
Fortunatamente
sono già in allestimento vaccini contro il VRS: in particolare
sono allo studio due vaccini, di cui una in fase 1 e uno in fase 2,
impiegati in bambini in età superiore ai 12 mesi.
Questo
studio ha ripercussioni sul trattamento dell'otite in pediatria
pratica? Probabilmente no, perché è impossibile
stabilire clinicamente se ci si trovi di fronte a un paziente con
otite media acuta da virus o da batteri, per essere in grado di
decidere se conviene o meno trattare con antibiotici un'otite media
acuta. Tuttavia ricerche del genere permettono, al momento attuale,
di avere una maggiore comprensione per quanti decidono, almeno in un
primo momento, di non trattare con farmaci antibatterici tutti i
bambini con otite.
Effetti
della vaccinazione sequenziale IPV/OPV in USA
Nel
gennaio 1997 l'ACIP raccomandò l'adozione della schedula: 2
dosi di vaccino antipolio inattivato (2° e 4° mese), seguite
da due dosi di vaccino antipolio attenuato per bocca (12-18 mesi e
4-6 anni). Sono passati due anni da allora: cosa è successo in
USA in questo periodo di tempo? Per prima cosa è stato
osservato che il passaggio da 4 dosi di vaccino tipo Sabin per bocca
a due dosi di vaccino tipo Salk per via intramuscolare + due dosi per
bocca non ha portato a una diminuzione dei livelli di copertura
vaccinale (MMWR 47, 1017-9, 1998). In questo periodo il numero
delle polio paralitiche post-vaccinazione è nettamente
diminuito (fino al 1996 erano 8-10 casi per anno in USA), ma se ne
sono osservati ugualmente 4 casi, in corrispondenza della
somministrazione della prima o della seconda dose di OPV, in soggetti
che seguivano ancora lo schema con 4 dosi di OPV: in 3 casi si
trattava di bambini, che avevano ricevuto direttamente il vaccino
Sabin, e in un caso di un adulto che era stato in contatto con un
bambino vaccinato con OPV. Viene suggerito ancora il vantaggio di
passare alla somministrazione sequenziale, ma viene anche ricordato
il l'OPV rimane il vaccino di scelta per le campagne di vaccinazione
di massa, allo scopo di controllare un'epidemia di polio da virus
selvaggio. Albania "docet".
Sensibilità
dello stafilococco alla vancomicina
Contro lo
stafiloccco multi-resistente, microbiologi e clinici si sono rivolti
negli ultimi decenni alla vancomicina. Ma nel corso del 1997 sono
stati identificati casi d'infezione da stafilococco
glicopeptidi-resistente (vancomicina e teicoplanina). Per ora si
tratta di una resistenza media, compresa fra 8 e 16 m/mL, ma
ciononostante ambedue i pazienti sono deceduti (NEJM 340,
493-501 e 556-7, 1999). I casi sono solo due, gli Stati Uniti sono
molto lontani e la resistenza è per ora solo di tipo
intermedio; tuttavia l'emergenza di ceppi resistenti ai
glicopeptidi sottolinea una volta di più la necessità
di un uso oculato degli antibiotici, se non vogliamo che in un breve
giro di tempo perdiamo una delle armi più efficaci, oggi a
nostra disposizione, contro gli agenti infettivi.
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