Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Gennaio 2001 - Volume IV - numero 1
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Gennaio 2001 - Volume IV - numero 1
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Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
Per le
infezioni da Bartonella henselae è accaduto quanto è
successo con altri agenti infettivi, parvovirus, HHV6 e 7: dopo
l'acquisizione di tecniche virologiche o sierologiche specifiche, il
volto della malattia è completamente cambiato, tanto che il
quadro clinico classico, sul quale era in precedenza basata la
diagnosi, è presente in effetti relativamente poco di
frequente.
Il prof.
Maggiore con i suoi collaboratori della Clinica Pediatrica di Pisa,
hanno riportato la loro diretta esperienza con la Bartonella henselae
(Massei F et al, Eur J Pediatr 2000, 159:416-9), basata su 20
casi. L'interessamento linfoghiandolare classico è risultato
presente solo in 6/20, e la stessa incidenza è stat riportata
per la sindrome mononucleosi simile, nella quale, accanto all'adenite
sono presenti segni e sintomi diversi, che fanno somigliare la
malattia alla mononucleosi infettiva. In 3 pazienti era presente
eritema nodoso, in 2 febbre di origine sconosciuta, in uno osteite,
in uno encefalite e in uno cellulite.
La
sensibilità del pediatra, una volta di più, è
messa a dura prova, ma una buona anamnesi e un buon esame obiettivo,
insieme a un ragionevole uso delle prove di laboratorio potranno
aiutarci nello svoltolare il gomitolo della diagnosi.
La
tolleranza immunologica è stabilita nel timo per mezzo della
selezione dei linfociti T e in periferia attraverso meccanismi di
controllo dell'attivazione linfocitaria. Sembra perciò
verosimile che alterazioni di questi meccanismi possano avere un
ruolo nella genesi delle malattie autoimmuni.
Una
conferma di questa ipotesi è data da due malattie
caratterizzate da defettiva tolleranza timica, la malattia di Omenn
(immunodeficienza combinata grave) e la APECED (sindrome
polighiandolare autoimmune), che si associano effettivamente a
multiple malattie autoimmuni (anche in assenza di HLA di rischio).
D'altra
parte, anche uno scarso controllo dell'attivazione linfocitaria
periferica, come si osserva nei difetti di apoptosi (ad esempio da
mutazione della molecola FAS), si può associare a malattie
autoimmni multiple.
Oggi si
aggiunge a questi esempi un'altra sindrome, caratterizzata sia da un
difetto nella tolleranza timica che da un mancato controllo
dell'attivazione linfocitaria in periferia.
La
sindrome, già descritta dal punto di vista clinico in diverse
casistiche, esordisce nelle prime settimane di vita ed è
caratterizzata da grave enteropatia, eritrodermia
desquamativa-essudativa, diabete connatale o infantile precoce,
tiroidite, anemia emolitica. Il laboratorio si caratterizza per
l'ipereosinofilia, l'iper IgE, l'elevata percentuale già dalle
prime settimane di linfociti attivati del tipo "memoria".
La
sindrome ha una modalità di trasmissione recessiva legata al
cromosoma X, con espressione del fenotipo pertanto solo nei soggetti
maschi.
Oggi
sappiamo che questa sindrome (denominata IPEX o XLAAD o XLAID) è
dovuta ad una mutazione del gene FOXP3//JM2 sul cromosoma X,
analogamente a quanto avviene nel modello animale dei topi scurfy
("forforosi", a descrivere la tipica desquamazione
cutanea).
In
conclsione, abbiamo un'altra diagnosi genetica possibile da pensare
di fronte a malattie autoimmuni ad esordio precoce, un modello
animale da studiare per curare meglio i pazienti affetti, un nuovo
esempio per comprendere i meccanismi generali dell'autoimmunità,
(Nat Genet 2001;27:18-20, Nat Genet 2001;27:20-22, J Clin Invest
2000:106:R75-R81, J Clin Invest 2001;107:155-157).
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