Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Febbraio 2006 - Volume IX - numero 2

M&B Pagine Elettroniche

Pediatria per l'ospedale

ß-talassemia
(Parte seconda)
G. Bartolozzi
Membro della commissione nazionale vaccini
Indirizzo per corrispondenza:bartolozzi@unifi.it

Ipercoagulabilità
Fenomeni tromboembolici, sia venosi che arteriosi, non sono rari nei pazienti con talassemia, particolarmente in pazienti splenectomizzati per talassemia intermedia (Rund D, Rachmilewitz E. _-talassemia. N Engl J Med 2005, 353:1135-46). Sono state descritte alterazioni nei livelli dei fattori della coagulazione e dei loro inibitori, per cui è stato descritto uno stato cronico d'ipercoagulabilità.
Le alterazioni della membrana dei globuli rossi contribuiscono senza alcun dubbio alla ipercoagulabilità. Inoltre sia i globuli rossi che le piastrine dei pazienti con talassemia contengono alti livelli di radicali liberi e bassi livelli di glutatione all'interno delle cellule: queste situazioni sono collegate con la continua esposizione a insulti ossidativi.
Tuttavia sono richiesti ancora molti studi prima di decidere che possa essere utile una terapia profilattica anticoagulante o antipiastrinica o ambedue, in pazienti con talassemia a particolare rischio, come la gravidanza e il periodo postoperatorio.

Trapianto di cellule staminali ematopoietiche
Sebbene il trapianto di cellule staminali ematopoietiche sia il solo metodo curativo per la talassemia, esso è limitato dall'alto costo e dalla difficoltà a trovare donatori HLA-compatibili.
Pazienti a basso rischio, chiamati da Lucarelli di classe 1 e di classe 2, hanno presentato eccellenti risultati dopo il trapianto di midollo osseo. I pazienti di classe 3 (con diffusi danni epatici e con evidente carico di ferro) hanno dimostrato invece scarsi risultati perché soggetti al rigetto del trapianto (30% dei casi). Un nuovo regime di preparazione (con idrossiurea, azatioprima, fludarabine, busulfan e ciclofosfamide) ha sostanzialmente migliorato i risultati anche nei pazienti di classe 3, che abbiano meno di 17 anni. La sopravvivenza di questi pazienti è del 93% e la percentuale di rigetto dell'8%.
Per la difficoltà di distruggere il midollo osseo endogeno del talassemico, viene considerata essenziale la somministrazione di regimi di completa mieloablazione prima del trapianto.
Un aumento del pool dei donatori disponibili per il trapianto di midollo osseo è indispensabile per la ricerca di donatori non consanguinei. L'uso di sangue del cordone ombelicale di consanguinei e di non consanguinei ha aumentato ulteriormente il pool dei donatori. Tuttavia va ricordato che i trapianti da sangue del cordone sono spesso inefficaci nel trattamento delle talassemie per il gran numero di cellule da trapiantare, necessarie per ottenere una notevole ematopoiesi e prevenire il rigetto del trapianto.
In conclusione, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche da donatori consanguinei o non consanguinei rappresenta una sicura alternativa per pazienti a basso rischio. Se il trapianto ha successo, le trasfusioni e la terapia chelante non sono più necessarie. C'è inoltre un basso rischio di complicazioni, come la morte, l'insufficienza del trapianto o il rigetto e la malattia contro l'ospite. D'altra parte l'insufficienza a crescere, le endocrinopatie, come la disfunzione gonadica, possono ancora essere presenti. Tutti questi fattori, oltre alla disponibilità di cure di sostegno adeguate solo in alcune parti del mondo, vanno presi in considerazione prima di decidere che a un determinato paziente debba essere consigliato un trapianto di midollo.

Terapie sperimentali
Aumentando la sintesi dell'emoglobina fetale attenueremo la gravità della _-talassemia (5-azacitidina, idrossiurea, vari derivati del barbiturato).
Il ruolo della idrossiurea nel trattamento della talassemia rimane ancora incerto. Una possibile spiegazione dei diversi effetti dell'idrossiurea nella drepanocitosi in confronto alla talassemia, è che la maggior parte dei pazienti con talassemia sono trasfusione-dipendenti. Le frequenti trasfusioni deprimono o sopprimono l'eritropoiesi endogena, particolarmente di quelle cellule che rispondono all'idrossiura.
Anche l'eritropietina ricombinante si è dimostrata utile nell'aumentare l'eritropiesi in corso di talassemia, senza aumentare tuttavia l'emoglobina fetale. L'effetto appare essere dose-dipendente e viene osservato soprattutto in pazienti con _-talassemia intermedia, che sono stati sottoposti a splenectomia.
Poiché i radicali liberi giocano un ruolo importante nella fisiopatologia delle talassemia, gli agenti antiossidanti possono risultate efficaci, come il trattamento orale con la vitamina E e i flavinoidi delle piante: tuttavia questi trattamenti, teoricamente validi, non hanno mostrato di migliorare l'anemia nei pazienti con talassemia.
Più recenti sono i tentativi di terapia genica, diretti verso il gene della _-globina. I maggiori problemi sono stati trovati nella ricerca del vettore: l'introduzione di vettori lentivirus ha costituito una reale avanzata nella ricerca, poiché questi virus non richiedono la divisione cellulare per entrare nelle cellule eucariote e possono stabilirsi nel DNA per lunghi periodi di tempo.
Tutti questi tentativi terapeutici sono purtroppo ancora a livello puramente sperimentale.

Progressi nella diagnosi prenatale
La reazione polimerasica a catena (PCR) viene usata da più di 10 anni per evidenziare le mutazioni puntiformi o le delezioni in campioni di villi coriali, nel primo trimestre di gravidanza. D'altra parte, poiché l'interruzione volontaria di gravidanza è inaccettabile per alcune persone (anche quando il feto sia colpito), sono state sviluppate delle metodiche per porre la diagnosi prima dell'impianto.
La diagnosi genetica reimpianto interessa la fertilizzazione in vitro e lo studio successivo di una o due cellule embrionali, al terzo giorno, quando è stato raggiunto lo stadio di blastomero. Su queste cellule viene usata la PCR per dimostrare le mutazioni della talassemia in modo da usare per l'impianto i blastomeri che risultino non colpiti. La diagnosi genetica reimpianto richiede un elevato grado di esperienza, per cui in mani poco esperte possono verificarsi errori di diagnosi.
Recentemente la diagnosi genetica reimpianto è stata estesa alla tipizzazione HLA su biopsie, prelevate dall'embrione, per scegliere un embrione che non sia affetto da talassemia e che possa servire come donatore di cellule staminali per un fratello affetto, appartenente alla stessa famiglia. Recenti descrizioni hanno confermato che tutto questo è possibile. Gravi problemi etici tuttavia sono stati sollevati. Sebbene internazionalmente sia stata considerato etico non impiantare un embrione che abbia una grave malattia genetica, in alcuni paesi questa scelta è impossibile da fare ed è proibito scegliere un embrione sulla base del suo futuro ruolo come potenziale donatore di cellule staminali. Il nostro Paese è fra questi, secondo la recente legge sulla fecondazione artificiale.
Sono in studio tecniche non invasive, che usano il sangue materno per isolare cellule fetali o DNA fetale per l'analisi. Queste tecniche sono già disponibili ma non sono state ancora perfezionate.

Trattamento nei paesi in via si sviluppo
Nei paesi sviluppati (Stati Uniti ed Europa) ci sono circa 10.000 pazienti con talassemia allo stato omozigote: d'altra parte il numero di nuovi casi si sta progressivamente riducendo per effetto della prevenzione. In questi paesi sono disponibili d'altra parte cure mediche di alta qualità con un'aspettativa di vita molto lunga e con una relativamente buona qualità di vita.
Al contrario il trattamento della talassemia è completamente differente nei paesi meno sviluppati, nei quali la malattia è molto più frequente. Trasfusioni sicure (con l'uso di filtri e con le prove per l'identificazione dei virus) e chelazione non sono ovunque disponibili. Di conseguenza la maggior parte dei pazienti con talassemia nelle nazioni sotto sviluppate muore nell'infanzie e nell'adolescenza. In questi paesi debbono essere approntati programmi di cura e inoltre debbono essere preparati protocolli per la prevenzione della talassemia.

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G. Bartolozzi. ß-talassemia (Parte seconda). Medico e Bambino pagine elettroniche 2006;9(2) https://www.medicoebambino.com/_beta_talassemia_cellule_trapianto_diagnosi_staminali_genetica