Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Ottobre 2015 - Volume XVIII - numero 8
M&B Pagine Elettroniche
I Poster degli specializzandi
Tre intossicazioni
Scuola di Specializzazione in Pediatria, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Università di Trieste 
Indirizzo
per corrispondenza:
asilepan@yahoo.it
A. ha 3 anni e ha ingerito accidentalmente 15 compresse da 50 mcg di levotiroxina della madre (750 mcg, 58 mcg/kg). Lo conosciamo a distanza di 24 ore, quando già era stato fatto tutto: lavanda gastrica, carbone attivo e intubazione per asportare qualche residuo in ipofaringe. Gli esami hanno mostrato un progressivo aumento degli ormoni tiroidei con soppressione del TSH. In tutto ciò però il bambino è sempre stato asintomatico, con parametri stabili ed ECG negativo. Studiando, scopriamo che l’ingestione accidentale di levotiroxina è frequente in età pediatrica e la letteratura è tranquillizzante. Anche a dosaggi superiori, l’80% dei casi rimane asintomatico (in assenza di altre patologie) e dopo 3-5 giorni gli ormoni tiroidei cominciano a calare (normalizzandosi tra il 10° e il 12° giorno): in assenza di sintomi non c’è indicazione a fare proprio nulla.  
M. invece ha 13 anni e arriva in Pronto Soccorso (PS) sorretta da padre e nonna, perché non si sente molto stabile: ha assunto un'intera confezione di compresse di metoprololo del nonno (2 g la dose totale). Ha un'importante ipotensione ortostatica ma i parametri in posizione supina sono buoni (PA 90/50 mmHg, FC 50 bpm), a eccezione di qualche picco ipotensivo fino a 70/30. Sentiamo il Centro antiveleni (CAV) ma già lo immaginiamo: con questi dosaggi il rischio di tossicità cardiaca è elevato e quindi bisogna fare “tutto”. Cardio-monitor, bolo di soluzione fisiologica, lavanda gastrica e carbone attivo... e a portata di mano il farmaco salva-vita: il glucagone. Leggiamo anche che in qualche caso è stato necessario eseguire il pacing cardiaco: quindi la prepariamo con un accesso centrale congruo (giugulare interna) e la trasferiamo in un Centro in cui siano attrezzati a eseguire questa manovra. M. adesso sta bene, ma il suo era un vero tentamen, per cui è seguita dal Servizio di Neuropsichiatria.
 
J. ha quasi 18 anni e arriva in PS, all'alba. Al triage dice di aver assunto una decina di compresse di sertralina (antidepressivo che assumeva già da qualche mese). La blocchiamo subito, le mettiamo il cardio-monitor, facciamo l’ECG e chiamiamo il CAV... ma non serve: noi non la stavamo ascoltando ma era da un po' che la ragazza tentava di dirci che ormai era successo 3 giorni prima e che in realtà lei era venuta in PS perché le faceva male un braccio... Lasciamo perdere la sertralina e andiamo a vedere: l'avambraccio sinistro è tumefatto, caldo e rosso e c’è anche una febbricola. Ha una cellulite. E ce l'ha perché da qualche giorno si fa delle “infiltrazioni” sottocute con colla vinilica e trielina. Le diamo l'antibiotico e chiamiamo il neuropsichiatra perché J. sta chiedendo aiuto, e questa è l'unica cosa che possiamo fare per lei.
Tre intossicazioni, tutte diverse tra loro: la prima in cui non si deve fare niente; la seconda in cui fare tutto e farlo in urgenza è obbligatorio; la terza in cui l'unica cosa da fare è chiamare il neuropsichiatra. Spesso l’intossicazione nell’adolescente ci deve far pensare a un disagio psicologico sottostante, che diventa il vero problema a cui rivolgere l’attenzione una volta risolta l’acuzie; invece nel bambino più piccolo si può trattare di un’ingestione del tutto accidentale di qualcosa che non dovrebbe essere lasciato a portata di mano.
			M. invece ha 13 anni e arriva in Pronto Soccorso (PS) sorretta da padre e nonna, perché non si sente molto stabile: ha assunto un'intera confezione di compresse di metoprololo del nonno (2 g la dose totale). Ha un'importante ipotensione ortostatica ma i parametri in posizione supina sono buoni (PA 90/50 mmHg, FC 50 bpm), a eccezione di qualche picco ipotensivo fino a 70/30. Sentiamo il Centro antiveleni (CAV) ma già lo immaginiamo: con questi dosaggi il rischio di tossicità cardiaca è elevato e quindi bisogna fare “tutto”. Cardio-monitor, bolo di soluzione fisiologica, lavanda gastrica e carbone attivo... e a portata di mano il farmaco salva-vita: il glucagone. Leggiamo anche che in qualche caso è stato necessario eseguire il pacing cardiaco: quindi la prepariamo con un accesso centrale congruo (giugulare interna) e la trasferiamo in un Centro in cui siano attrezzati a eseguire questa manovra. M. adesso sta bene, ma il suo era un vero tentamen, per cui è seguita dal Servizio di Neuropsichiatria.
J. ha quasi 18 anni e arriva in PS, all'alba. Al triage dice di aver assunto una decina di compresse di sertralina (antidepressivo che assumeva già da qualche mese). La blocchiamo subito, le mettiamo il cardio-monitor, facciamo l’ECG e chiamiamo il CAV... ma non serve: noi non la stavamo ascoltando ma era da un po' che la ragazza tentava di dirci che ormai era successo 3 giorni prima e che in realtà lei era venuta in PS perché le faceva male un braccio... Lasciamo perdere la sertralina e andiamo a vedere: l'avambraccio sinistro è tumefatto, caldo e rosso e c’è anche una febbricola. Ha una cellulite. E ce l'ha perché da qualche giorno si fa delle “infiltrazioni” sottocute con colla vinilica e trielina. Le diamo l'antibiotico e chiamiamo il neuropsichiatra perché J. sta chiedendo aiuto, e questa è l'unica cosa che possiamo fare per lei.
Tre intossicazioni, tutte diverse tra loro: la prima in cui non si deve fare niente; la seconda in cui fare tutto e farlo in urgenza è obbligatorio; la terza in cui l'unica cosa da fare è chiamare il neuropsichiatra. Spesso l’intossicazione nell’adolescente ci deve far pensare a un disagio psicologico sottostante, che diventa il vero problema a cui rivolgere l’attenzione una volta risolta l’acuzie; invece nel bambino più piccolo si può trattare di un’ingestione del tutto accidentale di qualcosa che non dovrebbe essere lasciato a portata di mano.
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