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Medico e Bambino

LA FORMAZIONE DELLO SPECIALIZZANDO IN PEDIATRIA PRESSO GLI AMBULATORI DEI PEDIATRI DI FAMIGLIA

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domenica, 3 Ottobre 2010, ore 19:37
Ho letto con molta attenzione e interesse l'articolo di Gianluca Tornese, pubblicato nel Focus di giugno 2010 (Medico e Bambino 2010;29:371-8).
Vorrei esprimere alcune mie considerazioni sul contenuto essendo uno dei pediatri che ha fatto da "tutor" a uno dei colleghi specializzandi della Clinica Pediatrica di Trieste.
Voglio subito dire che ho trovato questa esperienza, davvero interessante, stimolante, sicuramente da ripetere, e da estendere come progetto anche in altre realtà Regionali. L'insegnamento della Pediatria di Famiglia, secondo il mio modesto parere, dovrebbe essere materia d'insegnamento obbligatoria durante il corso di specializzazione, da abbinare, come qui è stato fatto, alla frequenza "sul campo" presso lo studio di un pediatra di famiglia. Ritengo che l'area delle cure primarie sia una parte importantissima nel "care" del bambino, e non esagero se affermo che la Pediatria di Famiglia è un fiore all'occhiello del nostro tanto vituperato SSN, che non ha analogo riscontro in nessun Paese europeo.
Ed infatti, come si evince dalla lettura dell'articolo, tutti i colleghi hanno definito la loro esperienza proficua, necessaria, importante per il loro cammino di formazione. Per quanto riguarda la segnalazione, da parte degli Specializzandi (40% del campione), di differenze nelle gestione terapeutica, e in particolare nell'uso spesso non giustificato degli antibiotici e degli steroidi inalatori, si deve tenere in considerazione il diverso setting di cura tra noi Pdf e l'ospedale. Per quanto mi riguarda, voglio prendere questa segnalazione, anche se effettuata in forma anonima, come uno stimolo a rivedere criticamente alcuni dei miei comportamenti quotidiani. È pur vero che adesso il pediatra di famiglia ha a sua disposizione diversi strumenti di self-help che lo aiutano nella gestione delle patologie acute: dosaggio PCR, stick urine, tampone faringeo ecc., e che hanno portato a uso più giudizioso e mirato della terapia antibiotica. Pur tuttavia, ricordo che i dati epidemiologici raccolti nel progetto ARNO 2006 segnalavano che la prescrizione di beclometasone era al secondo posto tra i farmaci più prescritti, come principio attivo, dopo l'amoxicillina - clavulanato.
Per quanto riguarda la metodologia dello studio, come correttamente sottolinea nello studio il dottor Tornese, sarebbe stata necessaria una griglia di valutazione reciproca del periodo di tutoraggio svolto, ipotesi che si prenderà magari in considerazione nelle esperienze successive. Se proprio devo fare l'avvocato del diavolo, avrei dei dubbi sulla generalizzabilità dei risultati visto che: da una parte vi erano gli specializzandi di Trieste che hanno eseguito un periodo di "affiancamento" presso uno studio di un PdF.... e dall'altra parte ci sarebbero voluti altri specializzandi di altre realtà territoriali... magari i risultati sarebbero stati differenti.
Avere come confronto specializzandi che hanno svolto un periodo di sostituti del PdF, porta a un bias di selezione nel disegno dello studio, inficiandone i risultati finali. Ma mi rendo conto che, sicuramente, era questo l'unico modo per portare a termine lo studio in tempi ragionevoli. Il dato che mi stupisce è che ben il 71% degli specializzandi, hanno scritto che non vorrebbero fare il PDF da "grandi". Comprensibilmente pensano che la loro futura attività ospedaliera sarà sempre paragonabile a quella di una grande realtà universitaria, con molto personale, mezzi diagnostici adeguati, attività formativa, Journal club continui. Invece a molti specializzandi potrebbe capitare di trovare lavoro in piccoli ospedali di provincia, dove spesso i colleghi hanno risorse e personale ridotti, sono costretti a turni massacranti, dove la formazione continua difficile da effettuare. Dalla lettura della discussione finale dell'articolo deduco inoltre, che negli anni a venire, oltre a esserci, per errate politiche sanitarie, una notevole riduzione del numero assoluto dei pediatri, si assisterà alla quasi scomparsa della Pediatria di Famiglia, non più appetibile come possibilità di lavoro. A questo punto, comincio a sentirmi come un Panda in via di estinzione.. oltre quella biologica (ahimè...) anche come figura professionale... una specie protetta che andrebbe segnalata al più presto al WWF!

Giovanni Simeone
Pediatra di famiglia, Mesagne (Brindisi)
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