Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Aprile 2001 - Volume IV - numero 4
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Aprile 2001 - Volume IV - numero 4
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
La
disposizione del Ministero della Sanità di comunicare tutte le
paralisi flaccide riscontrate nei bambini, per poter distinguere
quelle dovute al virus polio dalle altre, è da giudicare
quanto mai opportuna; purtroppo non tutti i reparti ospedalieri e le
cliniche si attengono a questa disposizione. Si tratta di distinguere
i casi di vera polio (da virus selvaggio o da virus tipo Sabin del
vaccino) da tutte le altre condizioni. Oggi sappiamo che alcuni
enterovirus (tipo 71) e alcuni virus coxsackie (A7, A9) possono dare
paralisi flaccide, anche in forma epidemica. A questi va aggiunto il
coxsackie A24 che ha determinato una piccola epidemia (21 casi) di
paralisi flaccida a Timor, nell'arco di 7 mesi (Chaves SS et al.,
Lancet 2001, 357:605-6).
Al
momento attuale esistono pochi dati riguardanti gli effetti dei
"telefonini" sulla salute dell'uomo. Per ricercare questi
rapporti sono stati studiati, fra il 1994 e il 1998, 469 donne e
uomini con tumore primitivo del cervello e 422 soggetti controllo
senza tumore (Muscat JE et al, JAMA 2000, 284:3001-7). I dati
raccolti suggeriscono che l'uso dei telefoni cellulari non si associa
con un aumentato rischio di cancro del cervello; gli autori tuttavia
ritengono che siano necessari ulteriori studi per più lunghi
periodi di tempo, per poter considerare anche i tumori a crescita
lenta.
Sebbene
l'asma sia fortemente associata a fenomeni d'ipersensibilità
immediata agli allergeni domestici, molti studi hanno suggerito che
un gatto in casa può ridurre il rischio di asma. Di grande
interesse, con l'aumentare delle conoscenze sui rapporti Th1/Th2,
risultano le ricerche sulla risposta immune al gatto e agli allergeni
dell'acaro nei bambini in diverse situazioni cliniche.Sono stati
studiati a questo scopo 226 bambini in età fra i 12 e i 14
anni, alcuni dei quali (47 soggetti) avevano sintomi di asma e di
iperreattività bronchiale (Platts-Mills T et al, Lancet
2001, 357:752-6). Con l'aumento dell'esposizione agli acari è
stato notato un aumento della prevalenza della sensibilizzazione; al
contrario le più alte esposizioni al gatto si sono associate a
una diminuzione della sensibilizzazione. E' stato inoltre osservato
che l'esposizione agli allergeni del gatto produce un risposta
anticorpale della classe IgG e della sottoclasse IgG4, che non si
accompagna a sensibilizzazione o a rischio di asma. Questa modificata
risposta delle cellule Th2 deve essere considerata come una forma di
tolleranza e può essere ritenuta come l'obiettivo
dell'immunoterapia. Viene concluso che gli animali nella propria casa
possono diminuire il rischio di asma.
L'infestazione
dei pidocchi della testa è divenuta negli ultimi anni una
delle situazioni più frequenti nella pratica pediatrica. La
permetrina viene considerato il farmaco di scelta per trattare la
pediculosi, tuttavia la resistenza a questa sostanza si riscontra
sempre più di frequente. Con essa si spiegano le frequenti
ricadute alle quali siamo soliti assistere. Sono quindi attese da
tutti nuove strategie: fra le tante proposte, l'associazione di
permetrina crema all'1% con cotrimossazolo per bocca sembra molto
promettente (Hipolito RB et al - Pediatrics 2001, 107:p.e.30).
Un centinaio di bambini vengono divisi in 3 gruppi, uno trattato con
sola permetrina (due applicazioni per 10 minuti a distanza di una
settimana l'una dall'altra), uno con solo cotrimossazolo (10
mg/kg/die in due dosi al giorno per 10 giorni) e il terzo con i due
farmaci insieme: a distanza di due settimane i successi sono stati
rispettivamente del 79,5%, del 83% e del 95%. Viene concluso che
l'associazione di permetrina + cotrimossazolo rappresenta oggi il
trattamento più efficace contro i pidocchi della testa;
tuttavia nel timore degli effetti collaterali del cotrimossazolo, gli
autori consigliano di usarla solo quando gli altri trattamenti
abbiano fallito e quando si supponga una resistenza dei pidocchi.
Ovviamente l'informazione delle famiglie e l'applicazione di
strategie opportune nelle scuole, sono utilissimi corollari al
trattamento della pediculosi.
Il
bacillo di Calmette-Guérin è un forte induttore della
risposta Th1: per questo è stato supposto che potesse ridurre
il rischio delle malattie atopiche Th2-dipendenti. Per ricercare il
decorso naturale delle risposte delle immunoglobuline specifiche E
(IgE) e delle malattie atopiche è stata condotta una ricerca
in 774 bambini vaccinati e non vaccinati con BCG (Gruber C et al -
Pediatrics 2001, 107: p.e. 36). I soggetti in studio sono stati
esaminati a 3, 6, 12, 18, 24, 36, 48, 60, 72 e 84 mesi di età.
Nessuna differenza statisticamente significativa è stata
riscontrata per le IgE totali; la proporzione di bambini senza segni
clinici di atopia fu più alta inizialmente nel gruppo trattato
con BCG, ma le differenze diminuirono con il tempo. Questi risultati
non confermano l'ipotesi che la vaccinazione con BCG nella prima
infanzia si associ a una successiva evidente riduzione del rischio di
sensibilizzazione atopica o di allergia. E' stato anche notato che la
reattività cutanea al PPD non è disturbata nei soggetti
con atopia.
Da
qualche anno è stato sollevato il sospetto che l'infezione da
Mycoplasma pneumoniae (MP) possa associarsi a un'elevata risposta Th2
con conseguente innalzamento delle IgE. Usando un lavaggio
bronco-alveolare mediante un broncoscopio flessibile sono stati
determinati i livelli di interleuchina-2 (IL-2), d'interferon g e di
IL-4 nel liquido di lavaggio in 14 bambini della Corea del sud, con
polmonite da micoplasma (Koh YY et al - Pediatrics 2001,
107:p.e.39). I risultati ottenuti sono stati confrontati con
quelli raccolti in 18 bambini con polmonite pneumococcica e in 8
senza infezioni delle vie aeree. I livelli di IL-2, IL-4 e interferon
g sono risultati significativamente più alti nei bambini con
infezioni polmonari da MP. I dati raccolti suggeriscono una risposta
predominante in citochine Th2, che suggerisce una condizione
favorevole per la produzione di IgE. La pubblicazione, pur di un
certo interesse, è da criticare da un punto di vista etico e
desta meraviglia che sia stata accettata per la pubblicazione dai
revisori del Pediatrics (Vedi "Una linea etico-deontologica per
la sperimentazione nel bambino" Riv Ital Pediatr 2000, 26,
861-3).
E' stato
da tempo ritenuto che nei soggetti con colite ulcerosa (CU) di rado
risulti nell'anamnesi un intervento di appendicectomia. Questo
rilievo suggerisce due possibilità: o un effetto protettivo
dell'appendicectomia o che appendicite e colite ulcerosa siano
risposte infiammatorie alternative. Per rispondere a questo dilemma è
stato condotto uno studio su 212.963 pazienti svedesi,
appendicectomizzati prima dell'età di 50 anni, confrontati con
un numero altrettanto elevato di controlli (Andersson RE et al, N
Engl J Med 2001, 344:808-14). E' risultato che i pazienti che
erano stati sottoposti ad appendicectomia per appendicite o per
linfoadenite mesenterica hanno un basso rischio di colite ulcerosa; i
pazienti invece che erano stati sottoposti ad appendicectomia per
dolori addominali non specifici hanno presentato lo stesso rischio di
CU dei controlli. Di grande interesse il rilievo che il rischio di CU
risultava più basso solo quanto i pazienti erano stati operati
in età inferiore ai 20 anni. Questi rilievi suggeriscono che
la condizione infiammatoria che precede l'appendicectomia è in
relazione inversa con lo sviluppo successivo di CU, mentre
l'appendicectomia stessa non avrebbe un'influenza diretta.
Per
verificare l'efficacia del vaccino contro la varicella (ceppo Oka) è
stato condotto uno studio caso-controllo (Vazquez M et al., N Engl
J Med 2001, 344:955-60). Fra il marzo 1997 e il novembre 2000
vennero raccolti dati su 330 casi potenziali, di cui 243 erano
bambini che avevano una prova positiva (PCR) per il VVZ. Dei 56
bambini vaccinati, l'86% ebbe una malattia lieve, mentre soltanto il
48% dei 187 bambini non vaccinati ebbe una varicella lieve (P<0,001).
Contro la malattia moderatamente grave o grave il vaccino fu efficace
nel 97% dei casi, mentre considerando tutti i casi di varicella il
vaccino è risultato prevenire la malattia nell'85%. Viene
concluso che il vaccino contro la varicella è altamente
efficace, quando usato nella pratica clinica, anche se la malattia in
forma lieve avviene in circa il 2% dei vaccinati ogni anno.
L'antigene
di superficie del virus dell'epatite B (HBsAg) si suddivide in 4
principali sottotipi (adw, ayw, adr e ayr). I sottotipi adw e ayw
sono predominanti in Europa e nel Nord America. La lamivudina è
un farmaco efficace nel trattamento dell'epatite cronica da virus B,
verso il quale tuttavia si può sviluppare resistenza. Per
stabilire se l'induzione della resistenza fosse collegata al
sottotipo, è stata condotta una ricerca in 26 pazienti con
epatite cronica da virus B (13 di sottotipo adw e 13 di sottotipo
ayw), sottoposti al trattamento con lamivudina (Zoellner B et al,
Lancet 2001, 357:934-5). La resistenza alla lamivudina si
sviluppò in 7 pazienti con il sottotipo adw e in un solo
paziente con ayw (p=0,03). Gli autori pensano che il sottotipo adw
dell'HBV si associ a un alto rischio di resistenza alla lamivudina; i
portatori del sottotipo ayw hanno invece un rischio ridotto di
sviluppare resistenza e hanno quindi una risposta migliore al
trattamento con lamivudina. Questo più basso rischio può
essere collegato a svantaggi del sottotipo ayw nei confronti della
resistenza alla lamivudina. Per i pazienti con sottotipo adw deve
essere preso in considerazione un tipo diverso di trattamento (per
esempio lamivudina + un altro antivirale). Ne consegue che la ricerca
del sottotipo dell'HBV deve essere inserita per i pazienti con
epatite B cronica, per i quali si intenda procedere a un trattamento
antivirale.
I
ceppi europei di pneumococco sono gli stessi di quelli presenti in
USA ? ovvero il vaccino USA va bene per l'Europa ?
La
disponibilità di un vaccino coniugato contro lo Streptococcus
pneumoniae è risultata molto utile nella prevenzione delle
malattie del bambino, legate allo pneumococco. Pochi sierogruppi
dello pneumococco (su più di 90) sono responsabili della
malattia pneumococcica invasiva. Il vaccino anti-pneumococcico
eptavalente, oggi disponibile, è stato preparato verso i 7
sierotipi più spesso presenti nelle forme invasive in USA; ma
i ceppi prevalenti nelle forme invasive in Europa sono gli stessi
presenti in USA ?. Da uno studio approfondito in proposito è
risultato che mentre il vaccino eptavalente copre l'85-90% dei
sierogruppi presenti in USA, esso copre livelli più bassi in
Europa (68-81%). La maggior parte di queste differenze regionali è
attribuibile ai differenti contributi dei sierogruppi 1 e 5: presi
insieme questi sierogruppi comprendono meno del 2,5% di tutti i
sierogruppi in USA, contro più del 13% in alcuni Paesi
dell'Europa. Le differenze possono essere legate a fattori vari, come
le condizioni di vita, lo stato socio-economico e la genetica. Gli
autori dello scritto, tutti appartenenti all'Azienda che prepara il
vaccino (Hausdorff WP et al., Lancet 2001, 357:950-2),
riportato sul Lancet, sotto la denominazione di Hypotesis, sostengono
che questa differenza è attribuibile alle differenze esistenti
nei diversi Paesi, circa l'esecuzione delle emoculture per cui
nell'Europa occidentale le malattie invasive da pneumococco, sono
sotto-diagnosticate e sotto-riportate. Essi ritengono inoltre che i
sierogruppi che danno malattia invasiva nelle due regioni avrebbero
una frequenza simile: ne consegue che la distribuzione relativa dei
vari sierogruppi, espressi in percentuale risente, secondo gli
autori, della distribuzione della presentazione clinica della
malattia pneumococcica in studi specifici di popolazione. Sarà
interessante osservare cosa ne pensano i microbiologi clinici
europei.
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