Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Gennaio 2006 - Volume IX - numero 1

M&B Pagine Elettroniche

Protocolli di diagnosi e terapia

Strategie preventive della trasmissione verticale dell'infezione da HIV: la realtà dei paesi con risorse limitate
Marco Rabusin, Jenny Bua
Unità Operativa di Onco-Ematologia, IRCSS “Burlo Garofolo”, Trieste
Indirizzo per corrispondenza:rabusin@burlo.trieste.it
Preventive strategies of mother-to-child hiv transmission in resources-constrained settings

Summary
Most HIV-infected children acquire the infection through mother-to-child transmission (MTCT) of HIV, especially in resource-constrained settings. In those settings, antiretroviral (ARV) therapies administered around the time of delivery and labour to the mother and to the newborn have been proven to be effectice in reducing vertical transmission. The therapeutical scheme should vary according to the availability of HIV counselling, the moment when maternal HIV infection is diagnosed, the access to health care and the availability of ARV. The role of elective caeserean section is still debated given its costs, risks and safety in those settings. Breastfeeding should not be discontinued and should be preferred to “mixed feeding”. To date evidence on vaginal disinfection and vitamin A supplementation denies their protective role in reducing MTCT, however, given their lost costs, their feasibility and their potential role in reducing maternal and infantile mortality, further studies are warranted.
Keywords:mother-to-child HIV transmission, preventive strategies, antiretroviral therapies, resources-constrained settings

INTRODUZIONE
Mentre l'infezione da HIV in età pediatrica diventa sempre meno frequente nei paesi industrializzati grazie alle strategie di prevenzione della trasmissione verticale, il problema appare in costante crescita nei paesi a risorse limitate. Nel 2003 si stima che 700.000 bambini hanno contratto il virus dell'HIV e di questi il 90 % vivono in Africa. In contrasto, nello stesso anno sono meno di 1000 i bambini che si sono infettati per via verticale in Europa e Nord-America. (1)
Il rischio di contrarre l'infezione dalla madre oscilla, in assenza di strategie preventive, tra il 20 ed il 40% mentre si può ridurre al di sotto del 2% attraverso l'utilizzo della profilassi/terapia con la somministrazione di farmaci antiretrovirali alla madre durante la gravidanza ed al neonato nelle prime settimane di vita, l'utilizzo del taglio cesareo elettivo e l'astensione completa dall'allattamento al seno (2-4).
Le strategie preventive utilizzate nei paesi del Nord del mondo non sono però sempre applicabili ai paesi con risorse limitate. Infatti le realtà dei paesi in via di sviluppo dell'Africa sub-sahariana e dell'Asia sono spesso caratterizzate da inadeguato accesso alle cure pre-natali, con nascite frequentemente non gestite da operatori sanitari, in cui il ricorso al taglio cesareo rappresenta una rarità e dove tutti i neonati sono allattati al seno almeno fino al sesto mese di vita e spesso oltre il primo anno di vita. Spesso, quindi, l'utilizzo del taglio cesareo non è proponibile nè sicuro, così come l'astensione dall'allattamento materno su larga scala appare poco praticabile e scarsamente accettata. Pertanto in queste realtà gli sforzi per prevenire la trasmissione verticale del virus si sono concentrati sull'utilizzo di farmaci antiretrovirali (ARV) somministrati in prossimità del parto e durante il travaglio. Si stima infatti che il 50% delle infezioni vengano contratte durante il travaglio o attraverso il passaggio nel canale del parto, dipendendo il resto dall'allattamento al seno ed in misura minore da infezioni contratte in utero durante il terzo trimestre di gravidanza.

Utilizzo dei farmaci antiretrovirali
L'utilizzo di ARV in profilassi in prossimità del parto può ridurre il rischio della trasmissione verticale di HIV circa del 50 % in una popolazione che allatta al seno dopo parto spontaneo con follow-up esteso a 18 mesi di vita (5-6); se la profilassi è estesa alle ultime 4 settimane di gravidanza l'efficacia preventiva sale al 63 % (7).
I farmaci antiretrovirali più studiati comprendono tra gli inibitori nucleosidici della transcriptasi inversa la zidovudina (ZDV) e la lamivudina (3TC) e nel gruppo degli inibitori non nucloesidici della transcriptasi inversa la nevirapina (NVP); sono farmaci che possono essere somministrati 2 volte al dì o in mono-somministrazione, disponibili anche in formulazione pediatrica.
Un efficacia a breve termine, determinata dallo stato infettivo del bambino a 6-8 settimane di vita è stata dimostrata per i seguenti regimi di profilassi con farmaci ARV:
1. ZDV in monoterapia (8,9,10,11)
2. ZDV associata a 3TC (7,12,13)
3. NVP in singola dose alla madre ed al neonato (6, 12,14)
4. ZDV associata a NVP in singola dose a madre e neonato (15,16,17)
5. ZDV + 3TC + NVP in singola dose a madre e neonato (18)
I dati disponibili dai trials citati suggeriscono che i regimi contenenti una combinazione di farmaci risultino più efficaci dei regimi monoterapici nel prevenire la trasmissione verticale e questo risultato è ulteriormente migliorato quando la profilassi viene avviata nell'ultimo mese di gravidanza. Va sottolineato peraltro che la comparazione diretta di questi studi appare difficoltosa, poiché il tasso di trasmissione del virus è influenzato da caratteristiche materne e neonatali e dalle modalità del parto e poiché la metodologia di valutazione dell'efficacia di un intervento varia tra i differenti studi (19-20).
Nei pazienti allattati al seno, che rappresentano l'assoluta maggioranza nei paesi a risorse limitate, l'efficacia della profilassi con farmaci ARV sul rischio di trasmissione verticale a lungo termine è ridotta dal rischio di trasmissione post-natale attraverso il latte materno che appare inoltre direttamente proporzionale alla durata dell'allattamento (21). Tre studi hanno valutato l'efficacia a lungo termine di una profilassi ARV in una popolazione che allattava. Nel primo, che utilizzava la ZVD in monoterapia, la riduzione della trasmissione verticale scendeva dal 38 % a 6 mesi al 26 % a 24 mesi (22) mentre risultati migliori erano ottenuti con l'utilizzo della NVP in monoterapia con 47 % di efficacia a 14 settimane e 41 % a 18 mesi (5). Il terzo studio valutava l'efficacia a 18 mesi di una combinazione di ZDV e 3TC somministrate con 3 differenti modalità e solo il regime comprendente una profilassi pre, intra e post-partum dimostrava un beneficio persistente seppur ridotto a lungo termine (7).

La resistenza virale agli ARV somministrati può comparire più facilmente dopo una profilassi di breve durata che utilizzi una monoterapia o un regime a 2 farmaci e può divenire un potenziale limite all'utilizzo successivo degli stessi sia nella donna che nel bambino qualora contragga l'infezione. Il rischio di sviluppare resistenza è direttamente proporzionale alla carica virale nel plasma, aumenta in presenza di bassi livelli di CD4 ed è correlata al genotipo virale. Non disponiamo ancora di dati conclusivi sull'argomento ma la letteratura indica che tra i farmaci consigliati nei paesi a risorse limitate la NVP utilizzata in monodose presenti il maggior rischio di sviluppare resistenza virale. In particolare ceppi virali resistenti sono stati identificati, a 6-8 settimane dal parto, nel 25 % delle donne che avevano ricevuto una singola dose di NVP nello studio HIVNET 012 (23) e nel 35 % dei neonati sottoposti allo stesso regime preventivo e che avevano comunque contratto l'infezione (24). Sebbene non vi siano evidenze conclusive, la risposta ad una successiva terapia antiretrovirale con la stessa NVP e con altri inibitori non nucleosidici in questi pazienti risulta meno efficace in particolare se avviata molto precocemente dopo il parto (25). Studi sono in corso per valutare se, in relazione al rischio di sviluppare resistenze della NVP correlato alla sua lunga emivita (fino a 3 settimane dalla sospensione), l'associazione di un inibitore nucleosidico come la ZDV o il 3TC dopo la sospensione della NVP possa ridurre la percentuale di ceppo virali resistenti (26).
La scelta del regime di ARV più appropriato, in relazione a tutte le considerazioni fatte in precedenza ed all'estrema variabilità socio-economica e sanitaria dei paesi a risorse limitate, non può prescindere da alcuni aspetti pratici fondamentali:
  • la disponibilità del test per HIV e di attività di counselling
  • la proporzione di donne che sono a conoscenza dello stato di sieropositività nelle varie fasi della gravidanza ed il timing della diagnos
  • la proporzione di donne che hanno accesso alle cure prenatalil
  • la fase di gravidanza in cui avviene la prima visita prenatale, la frequenza e la qualità delle cure
  • la proporzione di nascite in presidi sanitari
  • l'accesso precoce a cure sanitarie dopo il parto se a domicilio
  • la disponibilità, l'accettabilità e la semplicità di somministrazione degli ARV
  • l'efficacia e la sicurezza dei diversi schemi terapeutici anche in relazione alla possibilità di compromettere opzioni terapeutiche future.
Le linee-guida del WHO prodotte ed elaborate nel 2004 (27) prevedono diverse raccomandazioni terapeutiche di efficacia provata per diverse situazioni cliniche, di cui riportiamo le quattro situazioni cliniche più frequenti in Tabella I.
In linee generali, bisogna sottolineare come il regime di profilassi con un'unica somministrazione di nevirapina alla madre ed al neonato rimanga la scelta più “cost-effective” nella realtà dei paesi a risorse limitate, visto il suo basso costo e la possibilità di una mono-somministrazione (27). Tuttavia, tale regime, come discusso sopra, è stato criticato per la possibile insorgenza di resistenze (23-25), critica sicuramente controbilanciata dalla semplicità e facilità di implementazione di tale regime nei paesi a risorese limitate.

Strategie non farmacologiche
Taglio cesareo
Il taglio cesareo elettivo (prima dell'avvio del travaglio e a membrane integre) è una delle strategie preventive messe in atto in paesi industrializzati capace di abbattere il rischio di trasmissione del 50-87% (28, 29). Questi dati derivano sia da una metanalisi di 15 studi prospettici di coorte (28) che da uno studio randomizzato multicentrico (29). Il ruolo del taglio cesareo in paesi con risorse limitate è però ancora dibattuto. Infatti mentre nei paesi industrializzati la morbidità e mortalità legata al taglio cesareo è molto bassa, nei paesi con risorse limitate la situazione può essere ben diversa, rappresentando una procedura raramente attuabile (30) e/o sicura. In questi paesi il taglio cesareo non è quindi indicata come strategia preventiva della trasmissione verticale, in attesa di appropriati studi che ne valutino l'effetto benefico aggiuntivo ai regimi di terapia antiretrovirale “short-term” e che ne permettano una chiara valutazione costi/benefici (31).

Disinfezione del canale del parto e profilassi della corioamnionite
In condizioni di non allattamento al seno, la maggior parte dei nuovi nati si infetta durante il passaggio attraverso il canale vaginale durante il parto. Per tale motivo, il taglio cesareo a membrane integre si è dimostrato essere un efficace strategia preventiva. Come discusso sopra, nei paesi con risorse limitate tuttavia tale strategia, non è ancora applicabile. E' stata quindi proposta come alternativa a basso costo la disinfezione del canale vaginale con la clorexidina durante il parto (32). La clorexidina è infatti un potente disinfettante della mucose capace anche di neutralizzare HIV (33). Una recente revisione sistematica della Cochrane (34) delle evidenze in letteratura ha identificato un unico trial clinico randomizzato eseguito in Kenya che ha valutato l'efficacia della disinfezione con clorexidina rispetto al non utilizzo di alcuna disinfezione (35), giudicato peraltro di scarsa qualità dagli autori. I risultati del trial non hanno mostrato alcun beneficio della disinfezione vaginale nel ridurre la trasmissione di HIV (OR 0.93, 95%CI 0.63-1.38). Non incluso nella revisione sistematica della Cochrane, il clinical trial non randomizzato di Taha TE et al (36) condotto in Malawi ha mostrato un possibile effetto della disinfezione del canale vaginale nel ridurre la mortalità sia neonatale che materna ma non la trasmissione verticale di HIV. (36). Anche questo trial mostra però limitazioni importanti. Da qui, la necessità di ulteriori trials clinici randomizzati e di elevata qualità per la valutazione dell'efficacia della disinfezione del canale vaginale (anche sulla mortalità materno-infantile) che rimane pertanto non consigliabile.

Fra i fattori di rischio imputati nell'aumentare il rischio di trasmissione verticale di HIV è stata inoltre identificata anche la corioamnionite sub-clinica (37). Era stato quindi proposto che un breve trattamento antibiotico empirico per prevenirla, somministrato alla madre durante la 20a-24a settimana di gestazione e durante il parto, potesse costituire un intervento poco dispendioso ed efficace nel ridurre la trasmissione nei paesi poveri ed a tale proposito era stato avviato un trial di fase III in Malawi. Questo trial è stato però interrotto perché analisi ad interim hanno dimostrato una non efficacia dell'intervento (http://www.clinicaltrials.gov/ct/search?term=chorioamnionitis%2C+hiv).

Allattamento al seno
Diversi studi osservazionali ed una recente metanalisi di 9 trials non controllati condotti in paesi con risorse limitate e con alta sieroprevalenza da HIV mostrano un aumento del rischio della trasmissione di HIV attraverso l'allattamento al seno (38, 39). Questi dati sono stati anche confermati da un unico trial clinico randomizzato controllato (RCT) svoltosi in Kenia dove il 44% delle infezioni postatali da HIV erano attribuibili all'allattamento (40). Questo stesso lavoro ha però anche mostrato come sia la mortalità che la morbilità dei lattanti in entrambe i bracci di studio (allattati al seno o allattati con formula) non differisse (rispettivamente il 24% e il 20%), ponendo dubbi circa l'applicabilità dell'allattamento artificiale in paesi con limitate risorse economiche. Questo dato mette in luce i possibili svantaggi legati all'allattamento artificiale. L'allattamento artificiale infatti potrebbe costituire una fonte diretta di infezioni vista la scarsa disponibilità di acqua potabile nei paesi poveri. Inoltre si è dimostrato come il latte materno riduca considerevolmente la mortalità infantile sia da infezioni respiratorie che gastrointestinali (41). Diversi poi sono i fattori che potrebbero svolgere un ruolo nel modulare il rischio di trasmissione attraverso il latte materno, quali la carica virale sia nel latte che nel plasma materno, la presenza o meno di mastite, l'associazione di altri alimenti all'allattamento al seno e che necessitano di approfondimenti. Su alcuni di questi fattori iniziano ad esserci degli studi. La metanalisi del gruppo di studio per l'Allattamento al seno e la Trasmissione di HIV dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (41) ha dimostrato come il rischi di trasmissione virale aumenti con l'aumentare della carica virale materna. Alcuni studi mostrano inoltre come l'introduzione precoce di acqua o succhi o altri alimenti (il cosiddetto “mixed feeling”) sia responsabile di una trasmissione dell'infezione maggiore rispetto all'allattamento al seno esclusivo (42-44). Questo potrebbe dipendere dal fatto che le pratiche di “mixed feeling” introducono alimenti contaminati che predispongono più facilmente ad infezioni gastrointestinali e che facilitano pertanto il passaggio attraverso le mucose intestinali del virus HIV.
Dalle evidenze a noi disponibili fin oggi sembra quindi che l'allattamento al seno non possa essere una strategia di prevenzione applicabile ai paesi più poveri dove il latte in formula non può costituire una valida e sicura alternativa. Al contrario finora le evidenze suggeriscono di preferire l'allattamento esclusivo rispetto al “mixed feeding”.

Supplementazione di vitamina A
La vitamina A è coinvolta nella regolazione e promozione della crescita e differenziazione di diverse cellule e nel mantenimento dell'integrità delle cellule epiteliali sia dei tratti digestivi che respiratori. Questa vitamina è inoltre fondamentale per la formazione dei fotopigmenti della retina e per le funzioni riproduttive. Già dagli anni 20 (45) e più recentemente (46,47) è stato inoltre visto che la vitamina A svolgerebbe attività immunoregolatrici.
Studi osservazionali in Africa Sub-sahariana hanno mostrato come la deficienza di vitamina A sia associata ad un aumentato rischio di trasmissione verticale di HIV (48). Queste osservazioni assieme al basso costo di interventi atti alla sua supplementazione hanno quindi scaturito una serie di studi randomizzati e controllati per valutare l'effettiva efficacia di questo intervento nel ridurre la trasmissione di HIV. Da una recente metanalisi della Cochrane (49) però il potenziale ruolo benefico della vitamina A sembrerebbe essere smentito. Infatti la supplementazione materna di vitamina A non ridurrebbe nè la trasmissione verticale di HIV (OR 1.09 (95% CI 0.81-1.45)) né il rischio di nascite di neonati morti né pretermine né di basso peso. Sebbene questi dati non siano favorevoli, ulteriori conferme sono necessarie, considerato il basso costo, la relativa facilità di implementazione in paesi poveri e il possibile effetto benefico sulla mortalità materno-infantile della supplementazione della vitamina A (50).

CONCLUSIONI
Nel giugno del 2001, 189 paesi membri delle Nazioni Unite si sono riuniti in sessione straordinaria affrontando il problema della pandemia HIV/AIDS elaborando ed adottando una dichiarazione d'intenti che si poneva l'obiettivo di ridurre la proporzione di neonati infetti da HIV del 20% entro il 2005 e del 50% nel 2010. Per giungere a questo ambizioso obiettivo vi è la necessità di aumentare l'accesso ai programmi integrati di prevenzione della trasmissione verticale dell'HIV nell'infanzia che attualmente risultano ancora scarsamente implementati su larga scala nei paesi a risorse limitate. Questi programmi, accanto alla prevenzione della trasmissione verticale dell'HIV, tema del nostro lavoro, devono comprendere anche la prevenzione primaria dell'infezione da HIV nelle donne ed i loro partners, la possibilità di evitare gravidanze indesiderate nelle donne sieropositive ed, in ultima analisi, la disponibilità di farmaci, assistenza e supporto per tutto il nucleo familiare che ha contratto l'infezione da HIV.
Colmare il divario tra Nord e Sud del mondo su questo tema rappresenta una grande sfida di salute pubblica e richiede un'unica globale collaborazione tra governi, operatori sanitari, compagnie farmaceutiche ed organizzazioni non governative.

TABELLA I. FARMACI RETROVIRALI INDICATI NELLA PREVENZIONE DELLA TRASMISSIONE VERTICALE DA HIV IN DIVERSE SITUAZIONI CLINICHE (modificato da ref. 27)
A) Donna sieropositiva in gravidanza con indicazione clinica o immunologica* alla terapia ARV
  • Allamadre ZDV+3TC+NVP ; la terapia dovrebbe essere avviata prima possibile durante la gravidanza, non vi e', per questi farmaci indicazione alla sospensione nel primo trimestre per potenziale embriotossicita'
  • Alneonato ZDV dalla nascita per 7 gg o dose singola di NVP o NVP in singola dose + ZDV per 7 gg
B) Donna sieropositiva in gravidanza senza indicazione clinica o immunologica di terapia ARV; le strategie sono elencate in ordine di efficacia
  • Alla madre ZDV dalla 28 settimana da proseguire durante il travaglio associata a singola dose di NVP all'inizio del travaglio
  • Al neonato NVP in singola dose + ZDV per 1 settimana
  • Alla madre ZDV dalla 28 settimana da proseguire in travaglio
  • Al neonato ZDV per 1 settimana
  • Alla madre ZDV+3TC dalla 36 settimana da proseguire in travaglio e per una settimana dopo il parto
  • Al neonato ZDV+3TC per 7 gg
  • Alla madre ed al neonato singola dose di NVP rispettivamente allÕinizio del travaglio ed alla nascita
C) donna in gravidanza con stato sierologico non noto all'inizio del travaglio o con diagnosi di infezione in prossimita' del parto senza precedente terapia ARV. In questo caso, se si e' in tempo offrire test e counselling ed avviare profilassi intrapartum in caso di positivitˆ; se questo non e' possibile durante il travaglio offrire comunque il test dopo il parto. I regimi consigliati sono in ordine di preferenza:
  • nellamadre e nel neonato singola dose di NVP
  • nellamadre ZDV +3TC durante il travaglio + 3TC per 7 gg dopo il parto
  • nelneonato ZDV +3TC per una settimana
D) neonato nato da madre HIV che non ha ricevuto alcuna terapia ARV in gravidanza e/o durante il travaglio
  • NVP in singola dose a poche ore dal parto + ZDV per 7 gg; se la profilassi e' avviata a piu' di 48 ore dalla nascita e' inefficace
* per indicazione clinica ed immunologica alla terapia ARV si intende secondo le linee guida del WHO, in caso di disponibilita' della conta assoluta dei CD4: stadio IV indipendentemente dalla conta dei CD4, stadio III se CD4 < 350, stadio I e II se CD4 < 200 ; in caso di conta CD4 non disponibile: stadio III e IV o stadio II con conta linfocitaria < 1200
MESSAGGI CHIAVE:
• In paesi con limitate risorse le strategie preventive della trasmissione verticale di HIV si basano specialmente su terapie antiretrovirali in prossimità del parto somministrate alla madre ed al neonato
• Lo schema delle terapie/profilassi con antiretrovirali variano a seconda di diversi fattori quali la disponibilità del test per HIV e di attività di counselling, il momento in cui l'infezione è diagnosticata nella madre, l'accesso alle strutture sanitarie e la disponibilità dei farmaci nel singolo paese
• La terapia antiretrovirale che risulta essere meno costosa e più facilmente applicabile in paesi poveri si basa sulla somministrazione di nevirapina in singola dose al neonato e alla madre durante il parto
• Il ruolo del taglio cesareo è ancora dibattuto rappresentando una procedura raramente attuabile, dati i suoi costi, e/o sicura
• Dalle evidenze a noi disponibili fin ora, l'allattamento al seno esclusivo dovrebbe essere proseguito nei paesi più poveri e dovrebbe essere preferito al “mixed feeding”.
• La disinfezione del canale del parto e la supplementazione di vitamina A non sembrerebbero aver effetto nel ridurre la trasmissione ma ulteriori conferme sono necessarie, considerato il loro basso costo, la relativa facilità di implementazione e il possibile effetto benefico sulla mortalità materno-infantile.

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M. Rabusin, J. Bua. Strategie preventive della trasmissione verticale dell'infezione da HIV: la realtà dei paesi con risorse limitate. Medico e Bambino pagine elettroniche 2006;9(1) https://www.medicoebambino.com/_HIV_trasmissione_verticale_NVP_ZDV_parto_seno_allattamento_ARV_neonato