Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Dicembre 2023 - Volume XXVI - numero 10

M&B Pagine Elettroniche

Ricerca

Trattare la bronchiolite con nCPAP nelle Pediatrie per “proteggere” le Terapie Intensive pediatriche?

Melodie O. Aricò1, Diana Wrona1,2, Giovanni Lavezzo1,2, Marcello Stella3, Enrico Valletta1

1UO di Pediatria, Ospedale “G.B. Morgagni - L. Pierantoni”, Forlì, AUSL della Romagna
2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Bologna
3UO di Pediatria e TIN-TIP, Ospedale “G. Bufalini”, Cesena, AUSL della Romagna

Indirizzo per corrispondenza: melodieolivialoredanarosa.arico@auslromagna.it

Treating bronchiolitis with nCPAP in paediatric wards to "protect" paediatric intensive care units?

Key words: Bronchiolitis, Heated and Humidified High Flow O2 (HFNC), Paediatric intensive care unit, nCPAP

Abstract
Respiratory support with oxygen (O2) is the recognized mainstay of treatment in acute bronchiolitis. The methods of administration include - in addition to low flow O2 delivery - also heated and humidified high flow O2 (HFNC) and CPAP, according to an increasing stratifi-cation of severity and respiratory effort. In most cases the transition from HFNC to CPAP requires the transfer of the child to an intensive care unit (PICU). The particular epidemic trend of bronchiolitis in the post-pandemic years and the concrete risk of care overload for PICUs led to consider the use of nCPAP in the general paediatric ward as an alternative to the transfer to intensive care, aiming to reduce the pressure on the PICU and the consequent discomfort and psychological load for children and their families. The paper describes this ap-proach, which allowed about 80% of transfers to PICU for bronchiolitis to be avoided, and discusses some clinical issues and possible organizational developments.

Riassunto

Il supporto respiratorio con ossigeno (O2) rappresenta il cardine riconosciuto del trattamento della bronchiolite acuta. Le modalità di somministrazione includono oggi - oltre all’O2 a basso flusso - anche l’impiego dell’O2 riscaldato e umidificato ad alto flusso (HFNC) e della ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) secondo un crescente criterio di gravità e di impegno respiratorio. Il passaggio dalla HFNC alla CPAP richiede, nella maggioranza dei casi, il trasferimento del bambino in un reparto di Terapia Intensiva pediatrica (TIP). Il particolare andamento epidemico della bronchiolite negli anni post-pandemia e il concreto rischio di sovraccarico assistenziale per le TIP, ci ha indotto a considerare l’utilizzo della CPAP nasale (nCPAP) nel reparto di Pediatria generale come alternativa al trasferimento in Terapia Intensiva, con l’obiettivo di ridurre la pressione sull’area intensiva pediatrica e il conseguente disagio e carico psicologico per i bambini e le loro famiglie. Descriviamo la nostra esperienza preliminare - che ci ha consentito di evitare circa l’80% dei trasferimenti in TIP per bronchiolite - discutendone gli aspetti clinici e di possibile sviluppo organizzativo.

Introduzione

Nella bronchiolite la misurazione e il monitoraggio dei livelli ematici della saturazione dell’ossigeno (SatO2) costituiscono importanti elementi di valutazione della gravità dell’impegno respiratorio, dell’opportunità del ricovero ospedaliero, così come del progressivo incremento o decremento del supporto ventilatorio durante il decorso della malattia.
Le più recenti linee guida internazionali non sono univocamente concordi sul livello di SatO2 al di sotto del quale è opportuno avviare una supplementazione di O2 . Il range va da SatO2 < 90% a < 95%, anche se la maggior parte delle raccomandazioni europee e australasiatiche, nonché il recente aggiornamento delle linee guida italiane, suggeriscono una supplementazione di O2 per SatO2 < 92% in aria ambiente1-8. Una SatO2 persistentemente inferiore al 92% deve essere inoltre considerata un criterio di allerta che, insieme alla frequenza e all’impegno respiratorio, alla ridotta capacità di alimentarsi e idratarsi, e alla presenza di comorbilità rilevanti (prematurità, patologia polmonare cronica, cardiopatia emodinamicamente significativa, immunodeficit, malattia neuromuscolare, fibrosi cistica e sindrome di Down) può sottendere una bronchiolite di grado severo e consigliare, quindi, il ricovero in ospedale1.
L’approccio iniziale alla somministrazione di O2 avviene, generalmente, con cannule nasali a basso flusso fino ad un massimo di 2-3 l/min o con maschera facciale fino a 15 l/min. Nel caso la risposta non fosse soddisfacente e la SatO2 non si stabilizzasse > 92%, ha progressivamente guadagnato consenso l’indicazione all’impiego dell’O2 ad alto flusso riscaldato e umidificato (high flow nasal cannula, HFNC)9-15. La HFNC consente un’ottimizzazione dell’umidificazione e del riscaldamento dei gas, il wash-out dello spazio morto respiratorio, una moderata pressione positiva (stimata tra 2 e 6 cmH2O) nelle vie aeree e una riduzione delle resistenze nelle stesse9. L’utilizzo degli alti flussi, per quanto diffuso, non è ancora sostenuto da una letteratura univoca in termini di indicazioni, evidenza di superiorità rispetto ad altre modalità di supplementazione di O2 e protocolli di svezzamento16. Si può ragionevolmente sostenere che sia efficace nella ottimizzazione della supplementazione di ossigeno e in una certa misura nel supporto in caso di distress respiratorio9. L’efficacia della HFNC sembra comunque inferiore a quella della ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) rispetto alla possibilità di evitare l’intubazione16.
Il decorso della bronchiolite in ospedale richiede frequenti rivalutazioni della situazione clinica generale e delle condizioni respiratorie in particolare, ed è indicazione prevalente che nei casi di risposta non adeguata entro poche ore dall’inizio della HFNC, sia opportuno considerare l’intensificazione del supporto ventilatorio non invasivo con impiego della CPAP1,4,7.
Il passaggio dalla HFNC alla CPAP rappresenta un incremento dell’impegno terapeutico e richiede nella maggioranza dei casi il trasferimento del bambino in un reparto di Terapia Intensiva neonatale (TIN) o pediatrica per facilitarne l’adeguato monitoraggio clinico9,17. Recenti casistiche italiane riportano che il 5-25% dei bambini con bronchiolite possono richiedere il ricovero in TIP per ricevere un supporto respiratorio. Il costo di un ricovero per bronchiolite in TIP risulta essere oltre il 60% più elevato della degenza in un reparto di pediatria18-21. Nei periodi epidemici di bronchiolite il carico assistenziale per le TIP può essere molto impegnativo e, d’altra parte, sono ancora relativamente poco numerose le esperienze di impiego della CPAP nei reparti di Pediatria generale22-26.
Negli anni 2021-2023 il particolare (per numerosità e intensità) andamento delle epidemie autunno-invernali di bronchiolite ci ha indotto ad avviare l’impiego della CPAP nasale (nCPAP) nel nostro reparto di Pediatria come alternativa al trasferimento in TIP, con l’obiettivo di ridurre la pressione - che si era preannunciata potenzialmente rilevante - sull’area intensiva pediatrica e il conseguente disagio e carico psicologico per i bambini e le loro famiglie27. Descriviamo qui la nostra esperienza preliminare discutendone gli aspetti clinici e di possibile sviluppo organizzativo.

Pazienti e metodi

Sono stati considerati i pazienti di età inferiore a 12 mesi ricoverati dal 1 ottobre 2021 al 31 marzo 2023 presso il reparto di Pediatria per bronchiolite, che sono stati trattati con CPAP. La diagnosi di bronchiolite è stata posta su base clinica in bambini accolti in Pronto Soccorso (PS) con sintomi respiratori compatibili: rinite, wheezing, distress respiratorio di grado variabile, reperti auscultatori di crepitii e sibili in più campi polmonari.
I criteri considerati per il ricovero sono stati i seguenti: bronchiolite moderata-grave, saturazione persistentemente inferiore al 92%, distress respiratorio moderato, episodi di apnea, difficoltà di alimentazione e fattori sociali (distanza del domicilio dall’ospedale, affidabilità dei caregiver), presenza di fattori di rischio (patologia polmonare cronica, cardiopatia congenita emodinamicamente significativa, età inferiore a 3 mesi, prematurità, disturbi neuromuscolari, immunodeficit, altre comorbilità significative). La valutazione della gravità della bronchiolite è stata fatta in accordo con quanto indicato dalla letteratura (Tabella I).


Stratificazione di gravità della bronchiolite
Lieve Moderata Grave
Frequenza respiratoria Normale o lievemente aumentata Aumentata Marcatamente aumentata per età (< 2 mesi: > 60 apm) (2-12 mesi: > 50 apm)
Impegno respiratorio Lievi rientramenti intercostali Rientramento al giugulo, alitamento delle pinne nasali, moderati rientramenti intercostali Rientramenti intercostali marcati, alitamento delle pinne nasali, gemito
Saturazione O2 in aria ambiente SatO2 > 95% SatO2 tra 90 e 95% SatO2 < 90%
Alimentazione Normale o solo lievemente ridotta Alimentazione ridotta al 50-75% Alimentazione ridotta a meno del 50% o impossibilità ad alimentarsi
Apnee Assenti Brevi episodi Frequenti
Tabella I. Da voce bibliograica 1, modificata


La somministrazione di O2 a basso flusso è avvenuta con O2 umidificato in nasocannule o maschera in pazienti con saturazione persistentemente < 92%. Contestualmente è stato avviato il monitoraggio saturimetrico. I criteri di fallimento sono stati: la necessità di FiO2 uguali o superiori al 50% per mantenere saturazioni ≥ 92%, il mancato miglioramento o il peggioramento del distress respiratorio e dei parametri vitali.
La HFNC è stata utilizzata nei pazienti che presentavano distress respiratorio moderato e/o acidosi respiratoria (pH < 7.35, pCO2 > 45 mmHg) su emogasanalisi da capillare arterializzato. È stata utilizzata l’apparecchiatura AirvO2 (Fisher and Paykel Healthcare), avviando contestualmente il monitoraggio cardio-saturimetrico in continuo. Il flusso iniziale è stato fissato in 2 l/kg/min con FiO2 30% e successiva titolazione della FiO2 per mantenere livelli di SatO2 tra 92% e 97%. Sono stati considerati criteri di fallimento: il mancato miglioramento di frequenza respiratoria (FR), frequenza cardiaca (FC) e distress respiratorio nelle prime 6 ore di avvio della HFNC e la comparsa di segni clinici di rischio per esaurimento respiratorio (iporeattività, irritabilità, bradipnea).
I criteri di avvio del trattamento con nCPAP sono stati:

  • il fallimento del supporto con O2 a basso flusso (la necessità di FiO2 uguali o superiori al 50% per mantenere saturazioni ≥92%, il mancato miglioramento o il peggioramento del distress respiratorio e dei parametri vitali)
  • il fallimento del supporto con O2 ad alto flusso (il mancato miglioramento di FR, FC e distress respiratorio nelle prime 6 ore di avvio della HFNC)
  • la comparsa di segni clinici di rischio per esaurimento respiratorio
  • il distress respiratorio grave con acidosi respiratoria.

I dispositivi utilizzati sono stati: nCPAP Fabian Therapy evolution SW 4.0 (Acutronic) con interfaccia nasale e Infant Flow SiPAP (Vyair), sempre con monitoraggio cardio-saturimetrico in continuo. La pressione iniziale impostata è stata di 5 mBar, incrementata poi fino a 6,5-7 mBar con FiO2 iniziale al 30% titolata per SatO2 tra 92% e 97%22. Sono stati considerati indicazione al trasferimento in TIP, il mancato miglioramento clinico (riduzione di FC e FR e migliore dinamica respiratoria), un fabbisogno di O2 pari al 60% con pressione di 7,5-8 mBar e la comparsa di apnee. Al momento dell’avvio della nCPAP è stato incoraggiato l’attacco al seno materno a scopo consolatorio non nutritivo; è stato poi consentito il contatto diretto con il caregiver (generalmente la mamma che teneva in braccio il bambino) per migliorare l’adattamento.
Il personale medico e infermieristico ha ricevuto una formazione specifica e ha partecipato a periodiche sessioni di aggiornamento sull’uso delle apparecchiature e sul monitoraggio dei pazienti. E’ anche stato previsto che il rapporto infermiere-paziente, abitualmente di 1 a 6, potesse essere portato a 1 a 4 nei momenti di maggiore necessità assistenziale.
La comunicazione con la TIP di riferimento, distante circa 20 km, si è mantenuta costante in vista del possibile peggioramento delle condizioni respiratorie dei pazienti e quindi della necessità di trasferimento. Si è altresì provveduto a garantire in reparto il necessario supporto rianimatorio nell’eventualità di eventi acuti potenzialmente verificabili (pneumotorace, insufficienza respiratoria acuta con necessità di intubazione).

Risultati

Sono stati retrospettivamente raccolti i dati clinici di 14 bambini con bronchiolite trattati con nCPAP negli anni 2021-22 (n=2) e 2022-23 (n=12). Una sintesi dei dati è riportata nella Tabella II.



Tabella II. Dati clinici relativi ai 14 pazienti con bronchiolite trattati con nCPAP

Quattro pazienti avevano un’età ≤ 1 mese e 13 su 14 risultavano positivi per virus respiratorio sinciziale (VRS). Tre bambini (21%) presentavano fattori di rischio per una possibile evoluzione severa della bronchiolite (2 prematurità, 1 cardiopatia congenita). All’ingresso (T0), la pCO2 da capillare arterializzato risultava > 50 mmHg in 6 (43%) e la SatO2 < 92% in 5 (36%) pazienti. Tutti presentavano distress respiratorio e in 13 (93%) l’alimentazione era compromessa. L’O2 a basso flusso è stato fornito come primo supporto respiratorio in 5 bambini; HFNC e nCPAPsono stati utilizzati come primo supporto rispettivamente in 8 e 1 pazienti. HFNC ha rappresentato la seconda linea di intervento, dopo l’O2 a basso flusso, in 4 bambini. La nCPAP è stata impiegata come secondo e terzo supporto in 9 e 4 bambini rispettivamente. In 8 (57%) bambini è stata eseguita una radiografia del torace e 3 (21%) hanno ricevuto terapia antibiotica. Due pazienti sono stati trattati con broncodilatatori per via inalatoria e uno con corticosteroide per os. La nutrizione è stata supportata per via enterale (sondino nasogastrico) in due pazienti, negli altri è stata mantenuta l’alimentazione frazionata al biberon per raggiungimento di un quoziente di idratazione dell’80% o proseguito l’allattamento al seno.
L’ Acute Bronchiolitis Severity Scale (ABSS) - impiegato per valutare la gravità della bronchiolite acuta e indicare l’opportunità di un supporto respiratorio più intensivo - è risultato sempre ≥ 10 in tutti i bambini nei quali è stata poi utilizzata la nCPAP28. In 12 bambini su 14 questo è avvenuto dopo un periodo di trattamento con HFNC variabile tra 4 e 68 ore. Un paziente è transitato alla nCPAP dopo 41 ore di O2 convenzionale e un altro ha iniziato la nCPAP come primo supporto in una situazione di insufficienza respiratoria ipercapnica (pH 7,21, pCO2 74 mmHg) e di importante distress respiratorio (ABSS=11).
La durata mediana del trattamento con nCPAP è stata di 47,5 ore (range 5-160 ore). Undici pazienti (79%) sono stati dimessi dalla Pediatria dopo progressivo svezzamento dalla nCPAP e miglioramento del quadro respiratorio, con un ricovero durato mediamente 7 giorni (range 5-12 giorni). Nonostante l’impiego della nCPAP, in 3 bambini (21%) - di cui due con fattori di rischio per bronchiolite grave- è stato necessario il successivo trasferimento in TIP per la scarsa risposta al trattamento e/o per il peggioramento del distress respiratorio dopo 1, 2 e 4 giorni di trattamento rispettivamente. In due di loro il supporto respiratorio è proseguito con CPAP in ambiente intensivistico mentre per il terzo (con cardiopatia congenita emodinamicamente significativa) è stato necessario ricorrere al supporto respiratorio invasivo con ossido nitrico inalatorio (iNO) e successivamente alla circolazione extracorporea (ECMO).

Discussione

Negli anni successivi alla pandemia di SARS-CoV-2, le epidemie di bronchiolite sono state caratterizzate da un’anticipazione della consueta diffusione autunno-invernale e da un incremento degli accessi nei dipartimenti di emergenza-urgenza e dei ricoveri nei reparti di Pediatria29. Le ragioni di questo anomalo decorso epidemico sono verosimilmente da ricondurre alla sostanziale scomparsa delle cause virali della bronchiolite durante il periodo delle misure restrittive indotte dal Covid-19 e a quello che è stato definito come il “debito immunologico” contratto da almeno due annate di neonati che erano state risparmiate dalla maggior parte delle virosi respiratorie30-32. L’allarme, più volte ribadito dagli organi di informazione e dalle Società Scientifiche, riguardo al possibile incremento dei ricoveri per bronchiolite nelle TIP, ci ha indotto ad ampliare l’esperienza iniziata già nell’autunno-inverno 2021-22 di utilizzo della nCPAP nel reparto di Pediatria Generale21,33,34.
L’approccio al supporto respiratorio nel corso del ricovero è stato flessibile e guidato dall’evoluzione della situazione clinica. La somministrazione di O2 a basso flusso e l’impiego di HFNC hanno rappresentato il primo livello di intervento nella grande maggioranza dei casi (93%). Come ribadito in letteratura, la somministrazione di O2 è riconosciuta come il cardine del trattamento della bronchiolite, con elevato livello di qualità e forza delle evidenze disponibili1-5. L’uso dell’O2 con cannule nasali o mascherina è il presidio più diffuso e utilizzato sia in PS che nei reparti di Pediatria9. Più recentemente, ha guadagnato spazio nella consuetudine terapeutica di molti reparti di degenza l’uso dell’HFNC, che offre nelle bronchioliti di grado medio-grave la possibilità di somministrare O2 riscaldato e umidificato a flussi più elevati esercitando - anche ad aria ambiente - una modesta pressione positiva utile a mantenere la pervietà delle prime vie aeree, ad aumentare il wash-out della CO2 e a ridurre il distress respiratorio. Nella nostra esperienza, la maggior parte dei pazienti che hanno richiesto il supporto con nCPAP sono stati prima trattati con le HFNC. In entrambe le situazioni il passaggio all’HFNC era stato deciso per l’insoddisfacente correzione dell’ipossiemia con O2 convenzionale e per il progressivo peggioramento del distress respiratorio. Nonostante il sempre più diffuso impiego nella bronchiolite, il ruolo definitivo dell’HFNC è ancora discusso in letteratura, con particolare riguardo all’efficacia nel ridurre i tempi di somministrazione dell’O2 e la durata della degenza e alla capacità di prevenire il peggioramento clinico e il possibile ricorso alla terapia intensiva15,35-41. Allo stato attuale delle conoscenze, l’HFNC dovrebbe essere riservata ai casi di fallimento della terapia convenzionale con O21.
Prima dell’avvio di questa esperienza, i pazienti candidati al supporto con CPAP dovevano essere necessariamente trasferiti presso la TIP di riferimento. Adottando questa modalità operativa, l’uso della nCPAP in reparto ha consentito, nei due anni considerati, di evitare circa l’80% dei trasferimenti in TIP per bronchiolite. Non abbiamo osservato il verificarsi di complicanze respiratorie acute e i tre trasferimenti sono avvenuti sempre con assistenza rianimatoria in condizioni di stabilità dei pazienti. Va comunque ricordato che possibili eventi avversi della ventilazione non invasiva sono le lesioni cutanee nella sede di applicazione del sistema, l’intolleranza alla ventilazione e la distensione addominale42-44. L’esperienza di un singolo centro segnala il verificarsi di un caso di pneumotorace su 17 bambini trattati con CPAP45.
La CPAP è sempre più frequentemente utilizzata nel supporto al paziente con bronchiolite da moderata a grave dopo il fallimento dell’ossigenoterapia convenzionale e dell’HFNC1. La pressione generata dalla CPAP riduce le resistenze respiratorie e previene lo sviluppo di atelettasie polmonari rappresentando, nei fatti, un incremento del supporto respiratorio nei confronti dell’HFNC. Tuttavia, i vantaggi clinici della CPAP rispetto all’HFNC sono ancora oggi oggetto di valutazione in attesa di evidenze più definitive17,22-24,46. La decisione di intraprendere un supporto non invasivo con CPAP coincide, nella maggior parte delle situazioni organizzative, con il trasferimento del bambino in una TIP per la maggiore consuetudine del personale con le apparecchiature per il sostegno respiratorio, il più agevole monitoraggio strumentale e la più favorevole dotazione organico-assistenziale1,9. Nondimeno, la crescente dimestichezza dei reparti di Pediatria con le apparecchiature per la CPAP - sviluppatasi anche grazie all’esperienza nelle Neonatologie subintensive - e la progressiva evoluzione delle tecnologie, hanno consentito l’emergere delle prime segnalazioni di impiego al di fuori degli ambienti intensivistici22. Già nel 2017, un’indagine condotta in 97 ospedali di Inghilterra e Galles, segnalava un ampio utilizzo della CPAP nei reparti di pediatria (56,9%) degli ospedali generali, mentre nelle strutture di terzo livello la CPAP era ancora impiegata preferenzialmente nelle unità di Terapia Intensiva pediatrica21. Uno studio spagnolo riporta l’impiego della CPAP in un’unità di Pediatria addestrata all’impiego dell’apparecchiatura e con un rapporto infermiere-paziente di 1 a 6: nel 56% dei casi il trattamento con CPAP era avviato e completato in reparto, mentre nel 44% si rendeva necessario il successivo trasferimento in TIP22. Il ridotto ricorso ai posti-letto della TIP per la ventilazione non invasiva dei bambini con bronchiolite appariva di evidente vantaggio organizzativo, ferme restando la necessità di formazione del personale della Pediatria e l’indispensabile disponibilità della TIP a farsi carico dei fallimenti terapeutici in vista di un ulteriore incremento del supporto respiratorio. D’altra parte occorre considerare che il sempre più diffuso impiego dell’HFNC e della CPAP nella bronchiolite rischierebbe di aggravare la pressione sulle Terapie Intensive laddove esse restassero l’unica soluzione organizzativa in grado di utilizzare questo tipo di supporto respiratoriO24. Inoltre, l’impegno economico richiesto dal trattamento di una bronchiolite è stato valutato del 60% superiore nei reparti di Terapia Intensiva rispetto a quelli di Pediatria19.
In conclusione i nostri dati, ancorché retrospettivi e su casistica limitata, suggeriscono che il supporto respiratorio nella bronchiolite può essere utilmente condotto, fino all’impiego della CPAP, in un reparto di pediatria generale con l’obiettivo di “proteggere” la TIP da una quota significativa di ricoveri destinati ad un supporto respiratorio non invasivo e di risparmiare al bambino e alla sua famiglia l’esperienza del ricovero in ambiente intensivisticO26. Questa possibilità potrebbe risultare ulteriormente vantaggiosa nelle situazioni organizzative analoghe alla nostra, nelle quali la TIP di riferimento fosse situata in struttura ospedaliera relativamente distante con necessità, in ogni caso, di trasferimento medicalizzato in condizioni di adeguata sicurezza. Fondamentali a nostro avviso restano la formazione e l’aggiornamento periodico del personale, l’attento monitoraggio del paziente e il costante collegamento con il reparto di Terapia Intensiva.

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Aricò MO, Wrona D, Lavezzo G, Stella M, Valletta E. Trattare la bronchiolite con nCPAP nelle Pediatrie per “proteggere” le Terapie Intensive pediatriche?. Medico e Bambino 2023;26(10):e201-e208 DOI: https://doi.org/10.53126/MEBXXVIN201