Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Novembre 2006 - Volume IX - numero 9

M&B Pagine Elettroniche

Occhio all'evidenza... Tanti anni fa


Il test del sale a Norimberga nel 1835: l'invenzione dello Studio Randomizzato in doppio cieco
Daniele Radzik
UO di Pediatria Ospedale San Giacomo Castelfranco Veneto (TV)
Indirizzo per corrispondenza: dradzik@tiscali.it

Gruppi di controllo, randomizzazione, cecità, placebo...sono termini entrati nell'uso comune, utilizzati negli studi clinici di questi ultimi decenni per valutare l'efficacia di un intervento. Ma non molti sanno che, all'inizio, questi metodi venivano applicati soprattutto per dirimere le controversie fra la medicina ufficiale e le nuove “scienze alternative”: uno dei primi “esperimenti” fu condotto nel 1835 dalla “società degli amanti della verità” con lo scopo di verificare l'attendibilità di un trattamento omeopatico…

All'inizio del 1800 l'omeopatia aveva guadagnato considerevole fiducia fra le classi sociali più agiate del Regno di Baviera. In una delle sue città più importanti, Norimberga (vediFigura a lato), Karl Preu e Johann Jacob Reuter si erano serviti di questa pratica per curare alcuni membri delle famiglie dell'alta aristocrazia.



Nel 1834 Friedrich Wilhelm von Hoven, il più alto ufficiale sanitario in carica, direttore del locale ospedale, irritato dalla crescente popolarità raggiunta dai seguaci di Samuel Hahnemann (vedi Figura a lato), pubblicò una feroce critica contro l'omeopatia, accusandola di essere priva di fondamento scientifico: i rimedi usati, secondo il suo giudizio, non erano realmente delle medicine e i benefici decantati semplice frutto di creduloneria. Von Hoven non si limitò solo a gettare discredito su questa pratica alternativa, ma pretese a gran forza di sperimentarla, attraverso un confronto obiettivo, condotto da esperti imparziali: se il trattamento omeopatico si fosse dimostrato inefficace avrebbe chiesto al governo l'adozione di misure drastiche per proteggere la vita dei pazienti!
Nel 1835, Karl Preu era ormai morto e Johann Jacob Reuter era il solo medico che praticava l'omeopatia in città. Egli reagì agli attacchi violenti di von Hoven difendendo coraggiosamente la nuova “scienza”, affermando che non solo i bambini, ma persino le bestie erano state curate in questo modo con successo. Basandosi poi su esperimenti codificati anni prima dallo stesso Hahnemann sfidò il rivale a provare su se stesso gli effetti di una diluizione C30 di sale.
“Con un rapporto di 10:1 chiunque, sentenziò Reuter, avrebbe provato sensazioni straordinarie: e questo era niente al confronto di quello che si sarebbe potuto ottenere in un organismo malato”. A sorpresa i suoi oppositori accettarono la sfida! In principio vari farmacisti e medici allopatici condussero dei test individuali, poi si decise di realizzare un vero e proprio trial su larga scala.
Chiunque fosse interessato venne invitato a partecipare ad una riunione, che si sarebbe tenuta in una delle caratteristiche taverne della città: era stato calcolato che per rendere credibile l'esperimento avrebbero dovuto partecipare almeno 50 persone. Quel giorno se ne presentarono più di 120. Il disegno dello studio venne spiegato in dettaglio di fronte a tutti: poi si prepararono 100 flaconi numerati, divisi in due lotti da 50, scelti a sorte; i flaconi del primo lotto erano stati riempiti con acqua di neve distillata, quelli del secondo con sale comune in diluizione omeopatica C30, disciolto in acqua distillata di neve e preparato secondo le raccomandazioni di Reuter: un grano di sale dissolto in 100 gocce di acqua di neve distillata, con la soluzione risultante diluita 29 volte con un rapporto 1:100.


Grande cura venne poi posta per evitare qualsiasi contaminazione con medicinali allopatici. Due farmacisti disponibili si erano presi alcuni giorni liberi con lo scopo di organizzare il test: si fecero anche un bagno (era un lusso per quei tempi) e si procurarono delle nuove scale di misurazione per pesare con precisione i preparati.
Venne stilata una lista sigillata che indicava il numero dei flaconi con e senza il sale diluito; le fiale furono consegnate a “una commissione”, che ne distribuì 47 a coloro che avevano dichiarato la propria disponibilità a partecipare. I nomi dei partecipanti e il numero dei flaconi che ciascuno aveva ricevuto vennero trascritti in una seconda lista. Altri 7 flaconi numerati furono distribuiti successivamente, dopo l'incontro, da uno dei membri della commissione. Tutti assunsero il preparato assegnato.
Tre settimane dopo, durante una seconda riunione, venne richiesto ai partecipanti di riferire se avessero provato qualcosa di particolare dopo l'ingestione del contenuto del flacone. Coloro che non poterono partecipare alla riunione vennero invitati a inviare per iscritto questa informazione. Si riuscì in questo modo ad ottenere 50 risposte su 54 partecipanti. Coloro che avevano sperimentato qualcosa di non usuale descrissero i propri sintomi, come richiesto dal protocollo.
Infine vennero aperte le buste sigillate per vedere chi aveva ricevuto l'acqua e chi la diluizione omeopatica e si confrontarono i risultati: soltanto 8 dei 50 partecipanti provarono sensazioni particolari: 5 di loro avevano ricevuto la diluizione con il sale, 3 l'acqua. Si dimostrò in tal modo che la maggior parte di coloro che avevano ricevuto il sale “omeopatico” diluito non avevano sperimentato alcun effetto. Gli investigatori conclusero in questo modo che Reuter si era sbagliato.

Considerando l'esperimento in chiave moderna, questi sono stati i suoi punti di forza:

  1. il disegno dello studio (protocollo) era stato predisposto nei minimi particolari e i suoi dettagli resi pubblici anticipatamente.
  2. il numero dei partecipanti era relativamente ampio così che le differenze fra i due gruppi sarebbero risultate significative se Reuter avesse avuto ragione.
  3. l'assegnazione in ciascun gruppo era apparentemente perfettamente randomizzato.
  4. venne utilizzato un gruppo che riceveva solo placebo.
  5. lo studio venne condotto in doppio cieco: né i partecipanti né coloro che avevano organizzato lo studio, distribuito i flaconi e documentato gli effetti, avevano alcuna idea di quale flacone contenesse la diluizione omeopatica o la semplice acqua.
  6. ogni irregolarità fu registrata: ad esempio si annotò che alcuni flaconi erano stati distribuiti successivamente al primo incontro nella taverna.


Gli organizzatore conclusero che i cambiamenti che si sarebbero dovuti manifestare con il trattamento omeopatico erano solo frutto di immaginazione, se non di frode. Anche se la randomizzazione e la doppia cecità erano state condotte alla “perfezione” non si può escludere, in verità, che un importante “bias” potrebbe aver influenzato il risultato di questo studio: la maggior parte dei partecipanti era contraria all'omeopatia e se qualcuno avesse voluto gettare discredito su di essa sarebbe bastato affermare in ogni caso di non aver “provato” nulla di particolare, non importa quale flacone fosse capitato. Così facendo i risultati sarebbero stati comunque negativi per il povero Reuter. Soltanto se i partecipanti fossero stati convinti all'inizio che la sostanza avrebbe potuto avere un qualche effetto, si sarebbe potuto superare questo problema e il doppio cieco” funzionare. Al di là del valore relativo, l'importanza di questo “trial” sta nell'essere stato condotto cercando di evitare rigorosamente qualsiasi cosa che avrebbe permesso ai partecipanti e agli investigatori di indovinare quale trattamento era stato somministrato.
Per chi desidera continuare il viaggio nella storia della medicina si consiglia la navigazione nel sito web: www.jameslindlibrary.org.

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D. Radzik. Il test del sale a Norimberga nel 1835: l'invenzione dello Studio Randomizzato in doppio cieco. Medico e Bambino pagine elettroniche 2006;9(9) https://www.medicoebambino.com/_test_sale_Norimberga_studio_randomizzato_doppio_cieco