Maggio 2025 - Volume XXVIII - numero 5
M&B Pagine Elettroniche
I Poster degli specializzandi
Alla ricerca della Salmonella
1Scuola di Specializzazione in Pediatria, “Alma Mater Studiorum” Università di Bologna
2Reparto di Malattie Infettive, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna
3UO Pediatria, Ospedale Maggiore di Bologna
Indirizzo per corrispondenza: giulia2095@gmail.com
Introduzione
La febbre tifoide o tifo è causata dal batterio Salmonella enterica sierovariante typhi (Salmonella typhi). L’uomo è l’unico vettore della malattia che, se non trattata in tempo, ha un tasso di mortalità superiore al 10%1. La malattia acuta è caratterizzata da febbre prolungata, cefalea, nausea, astenia, talvolta diarrea, ma i sintomi sono spesso aspecifici. Il contagio è favorito da condizioni igienico-sanitarie scarse. Si stima che ogni anno in tutto il mondo si verifichino 9 milioni di casi e 110.000 decessi correlati al tifo2. Una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo sono quindi fondamentali nonostante gli esami di laboratorio non siano sempre dirimenti. Il gold standard diagnostico è costituito dall’isolamento colturale (sangue, feci ecc) di S. typhi, se pur la diagnostica sierologica (reazione di Widal-Wright) possa essere utile anche se con sensibilità e specificità subottimali3.
Caso clinico
Ragazzina di 12 anni giunta al nostro Pronto Soccorso con un quadro di febbre da poco meno di 2 settimane nonostante terapia con amoxicillina/acido clavulanico da 5 giorni, associata a diarrea e disidratazione, di rientro da un soggiorno in Pakistan di 2 mesi. Alla visita appariva febbrile (TC 39 °C), tachicardica (FC 160 bpm) e astenica. L’esame obiettivo ha messo in luce dolorabilità alla palpazione profonda dell’addome associata a mucosite del cavo orale e cheilite. Ricoverata, dopo esami ematici di approfondimento ed emocolture, è stata sottoposta a terapia antibiotica empirica endovenosa con ceftriaxone. Gli esami ematici hanno mostrato neutrofilia, ipertransaminasemia, diselettrolitemia e aumentati indici di flogosi (GB 8,69 103/mmc, Hb 10,2 g/dl, N 71,1 %, PLT 159 103/mmc, Na 127 mmol/l, K 2,9 mmol/l, AST/ALT 191/113 U/l, PCR 13,94 mg/dl, PCT 2,7 ng/ml), mentre l’imaging eseguito (Rx torace, ecografia dell’addome ed ecocardiogramma) è risultato negativo. Nel sospetto di febbre tifoide sono state avviate coprocolture (giorno 10 di febbre), effettuata siero-reazione di Widal-Wright (giorno 11 di febbre), così come inviati al laboratorio campioni fecali per la ricerca di virus e parassiti.
Considerato il sospetto clinico per febbre tifoide e la multiresistenza di S.typhi in Pakistan, la terapia antibiotica è stata modificata sostituendo ceftriaxone con meropenem endovena, con progressivo miglioramento clinico-laboratoristico e defervescenza a partire dalla sesta giornata di terapia.
Per la persistente negatività delle emocolture e coprocolture, pur in presenza di una clinica caratteristica per febbre tifoide, è stato eseguito film-array su feci risultato positivo per S. typhi che, contestualmente alla positività per gli anticorpi anti H e O (1/320) alla reazione di Widal-Wright, hanno definitivamente confermato la diagnosi. La terapia antibiotica è stata sospesa dopo 72 ore dall’ultimo picco febbrile per un totale di 9 giorni.
Conclusioni
La negatività delle emocolture, negative nel 30-50% dei casi4, così come delle coprocolture, negative nel 60-70% dei casi5, non esclude a priori una diagnosi di tifo. Tale pattern microbiologico può essere spiegabile con l’acquisizione dei campioni nel II settenario di malattia, nel quale le emocolture risultano positive solo in circa la metà dei casi e le coprocolture risultano usualmente negative (nelle forme non trattate si positivizzano classicamente al III settenario)6. Dunque, in presenza di un forte sospetto clinico, bisogna effettuare altri approfondimenti diagnostici, come la siero-reazione di Widal-Wright e il film-array su feci (se disponibile). Il Pakistan è un paese ad alto tasso di XDR (Extensively Drug-Resistant) S. typhi con multi-resistenza antibiotica e per tale motivo, nel nostro caso, si è ritenuto opportuno iniziare il meropenem7,8. È noto che il beneficio clinico della terapia antibiotica possa osservarsi solo dopo 3-5 giorni di trattamento e talvolta la defervescenza si osserva solo dopo 4-6 giorni6. Una risposta tardiva alla terapia antibiotica può essere attesa e la mancata defervescenza dopo 2-3 giorni di trattamento antibiotico non deve indurre a cambiare molecola. La terapia dovrebbe essere proseguita per un totale di 10-14 giorni9.
Bibliografia
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