Dicembre 2020 - Volume XXIII - numero 10

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Alla conquista della sindrome di West

Sara Rosati, Serena Di Marco, Margherita Valiani, Alice Bonuccelli, Diego Peroni

Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Pisa

Indirizzo per corrispondenza: saraliz@tin.it

Descriviamo il caso di due lattanti di 7 e 5 mesi, arrivate alla nostra attenzione per l’insorgenza di spasmi in flessione e regressione psico-motoria.
Nel primo caso era stato sospettato un reflusso gastro-esofageo, trattato con terapia sintomatica senza significativo miglioramento.
Nel secondo caso, la bambina presenta familiarità per sindrome di West, diagnosticata a 5 mesi nella mamma e trattata con ormone adrenocorticotropo (ACTH) senza sequele neuro-psicologiche.
In entrambi i casi la registrazione video-EEG ha identificato un pattern ipsaritmico e ha permesso la conferma della diagnosi di sindrome di West. Non si sono rilevate cause secondarie sottostanti lo sviluppo della sindrome (RM encefalo negativa), confermando l’eziologia criptogenetica.
Le due bambine sono state entrambe trattate con ACTH, con progressiva riduzione della sintomatologia e miglioramento del quadro EEG.
Il follow-up neurologico (tutt’ora in corso presso il nostro ambulatorio di Neurologia pediatrica) ha mostrato scomparsa degli spasmi e una graduale ripresa delle normali tappe dello sviluppo evolutivo.

La sindrome di West, caratterizzata dalla triade spasmi flessori o estensori coinvolgenti arti e testa/collo, ipsaritmia al tracciato EEG e ritardo nello sviluppo psicomotorio, esordisce tipicamente nel primo anno di vita con picco tra i 4 e i 7 mesi. Seppure il quadro clinico sia tipico, studi recenti mostrano come spesso ci sia un ritardo diagnostico per mancato riconoscimento da parte del pediatra.
Le forme criptogenetiche sono quelle per cui è previsto un miglior esito neurologico, rispetto alle forme sintomatiche in cui più spesso può persistere un ritardo psicomotorio.
La terapia con ACTH è considerata quella di prima scelta, seppur non sia ancora standardizzata per dosi e durata e spesso non venga instaurata prontamente.
L’utilizzo dell’ACTH si associa a miglioramento della sintomatologia con riduzione del numero delle crisi e sembra essere associato anche a un miglior esito in termini di sviluppo psicomotorio e cognitivo a lungo termine.
La sindrome di West deve essere prima di tutto sospettata in presenza di una clinica suggestiva, quindi va impostata prima possibile la terapia con ACTH: questo atteggiamento permetterà al nostro piccolo paziente di poter raggiungere un adeguato livello di sviluppo neurologico e di conseguenza una migliore qualità di vita.

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