Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
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Patologia Neonatale, ASST Papa Giovanni XXIII, Ospedale di Bergamo
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per corrispondenza: valentina_aba@yahoo.it
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I risultati di uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC)
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Un terzo richiamo della vaccinazione trivalente MMR (morbillo, parotite, rosolia) determina un incremento della protezione dal virus della parotite. Lo studio dei CDC, sulla popolazione colpita da un’epidemia, è pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Una nuova analisi dell’epidemia di parotite scoppiata nel 2015 all’Università dello Iowa, USA, ha portato alla conclusione che l’immunità generale contro questa malattia fosse diminuita. La conclusione è che, somministrando agli studenti una terza dose del vaccino trivalente contro morbillo parotite e rosolia (MMR), è possibile controllare meglio la situazione. Lo studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine. Lo studio Cristina Cardemil, specialista in Epidemiologia Medica e Autrice principale dello studio, e colleghi hanno indagato un focolaio epidemico costituito da 259 studenti colpiti da parotite su una popolazione totale di 20.496 studenti dell’Università dello Iowa, USA. Per cercare di impedire la diffusione dell’epidemia, a 4783 studenti era stata somministrata una terza dose di vaccino trivalente MMR, oltre alle due già ricevute da bambini. Infatti, a partire dal 2012, solo gli studenti vaccinati (almeno due dosi di MMR) potevano accedere all’Università dello Iowa. I dati hanno dimostrato che il 98,1% degli studenti aveva ricevuto le due dosi di vaccino previste. I risultati Il team di Cardemil ha scoperto che le probabilità di sviluppare la malattia erano del 1,45% tra gli studenti che avevano ricevuto due dosi del vaccino da bambini contro lo 0,67% tra quelli che avevano ricevuto la terza dose durante l’epidemia. Hanno anche stimato che se gli studenti avevano ricevuto la loro seconda dose MMR più di 13 anni prima dell’epidemia, le probabilità di sviluppare la parotite erano 9 volte maggiore, mentre il rischio di contrarre la parotite aumentava di 14 volte se la seconda somministrazione del vaccino era avvenuta da 16 a 24 anni prima dell’epidemia. Nel complesso, la terza dose di vaccino somministrata è stata associata a un rischio di malattia inferiore del 78,1% rispetto a coloro che avevano ricevuto solo le due dosi previste. Nel mondo provocano ogni anno 180mila decessi, ospedalizzazioni e disabilità
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La maggior parte degli incidenti si verificano nei Paesi a basso e medio reddito e quasi due terzi si registrano nelle regioni dell’OMS dell’Africa e del Sud-Est asiatico. In molti Paesi ad alto reddito, i tassi di mortalità da ustioni sono diminuiti e il tasso di decessi infantili da ustioni è attualmente più di 7 volte superiore nei Paesi a basso e medio reddito che nei Paesi ad alto reddito.
Leggi il Piano OMS per la prevenzione delle ustioni. Prosegue l'opera di divulgazione dell’OMS sui principali problemi di salute da affrontare a livello mondiale. La nuova scheda emanata riguarda le ustioni:
Una ustione, secondo la definizione OMS, è una lesione alla pelle o di altri tessuti organici causata principalmente da calore o da radiazioni, radioattività, elettricità, attrito o contatto con sostanze chimiche. Le ustioni termiche (calore) si verificano quando alcune o tutte le cellule della pelle o altri tessuti vengono distrutte da:
Le ustioni sono tra le principali cause degli anni di vita regolati dalla disabilità (DALY = Disability-Adjusted Life Year), persi nei Paesi a basso e medio reddito: nel 2004 quasi 11 milioni di persone in tutto il mondo sono state ustionate a tal punto da richiedere assistenza medica. Alcuni dati nei diversi Paesi
Impatto economico Nel 2000 i costi diretti per la cura dei bambini con ustioni negli Stati Uniti hanno superato i 211 milioni di dollari. In Norvegia i costi per la gestione ospedaliera delle ustioni nel 2007 ha superato i 10,5 milioni di euro. In Sudafrica si spendono annualmente circa 26 milioni di dollari per la cura di ustioni provocate da incendi provocati da cherosene (paraffina). Anche i costi indiretti come i salari perduti, la cura prolungata per le deformità, il trauma emotivo e l’impegno delle risorse familiari contribuiscono all’impatto socioeconomico. Chi è a rischio? Genere. Le femmine hanno un tasso leggermente più alto di morte per ustioni rispetto ai maschi secondo i dati più recenti. Questo è in contrasto con il normale modello dove i tassi di lesioni per vari motivi tendono a essere più elevati nei maschi rispetto alle femmine. Il rischio più elevato per le femmine è associato all’utilizzo di fuoco per la cottura (ma anche le fiamme libere utilizzate per il riscaldamento e l’illuminazione presentano rischi) e la violenza. Età. Oltre alle donne adulte, i bambini sono particolarmente vulnerabili alle ustioni. Le ustioni sono la quinta causa più comune delle lesioni infantili non fatali. Fattori regionali. Ci sono importanti differenze regionali nei tassi di ustione.
Fattori socioeconomici Le persone che vivono nei Paesi a basso e medio reddito sono a maggior rischio di ustioni rispetto alle persone che vivono in Paesi ad alto reddito. Tuttavia, in tutti i Paesi, il rischio di ustioni è correlato allo status socioeconomico. Altri fattori di rischio Ci sono molti altri fattori di rischio per ustioni, tra cui:
In quali luoghi si verificano le ustioni Le ustioni si verificano principalmente nel luogo di lavoro e in casa. Le indagini comunitarie in Bangladesh e in Etiopia mostrano che l’80-90% delle ustioni si verificano a casa. I bambini e le donne sono di solito ustionati in cucina da liquidi caldi o fiamme o da esplosioni legate alla cottura. Per gli uomini le cause maggiori sono sul posto di lavoro a causa di incendi, scottature, bruciature chimiche ed elettriche. Prevenzione Le ustioni sono evitabili. Le strategie di prevenzione dovrebbero affrontare i rischi per le lesioni specifiche da scottature, l’istruzione per le popolazioni vulnerabili e la formazione delle comunità nel primo soccorso. Un piano efficace per la prevenzione dovrebbe essere multisettoriale, migliorare la consapevolezza, sviluppare e applicare una politica efficace, descrivere l’onere e identificare i fattori di rischio, impostare le priorità di ricerca con la promozione di interventi efficaci, fornire programmi di prevenzione delle ustioni. L’Italia non fa abbastanza per ridurre obesità infantile e consumo di alcol: indietro su obiettivi ONU
Rapporto ONU: male anche la prevalenza di fumatori e gli abusi sull'infanzia
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L’Italia non fa abbastanza per ridurre l’obesità infantile e il consumo di alcol, mentre sugli altri obiettivi di sviluppo per il 2030 indicati dalle Nazioni Unite è in generale a buon punto. Lo afferma un rapporto su 188 Paesi pubblicato da Lancet, basato sul Global Burden of Diseases del 2016. Lo studio ha analizzato i 17 obiettivi, dalla fine della povertà alla copertura universale sanitaria indicati nel 2015, assegnando un punteggio da 0 a 100 in base alla percentuale di raggiungimento. In generale il 60% dei Paesi analizzati è sulla buona strada per completare almeno un obiettivo, ma solo il 5% ha risultati sull’obesità infantile, sulla riduzione delle morti per tubercolosi e su quelle dovute al traffico. Il primo di questi tre problemi è anche quello in cui l’Italia, che complessivamente è al quattordicesimo posto, ha il voto più basso, 35 su 100, mentre diversi altri obiettivi risultano già completati con il punteggio massimo, ad esempio sulla mortalità dovuta a scarsa igiene. Altri punti dolenti sono l’utilizzo di alcol (38), la prevalenza di fumatori (43) e gli abusi sull’infanzia (44). Ai primi tre posti della classifica ci sono Singapore, Islanda e Svezia, mentre i Paesi più indietro sono Somalia, Repubblica Centrafricana e Afghanistan.
“Con questo rapporto - spiega Christopher Murray, direttore dell’Institute for Health Metrics Evaluation di Seattle e Autore principale -, le istituzioni sanitarie in ogni Paese possono distinguere le sfide di lungo termine da quelle emergenti e riorientare i programmi per raggiungere gli obiettivi”. Allarme e nuove linee guida dei pediatri
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Impennata dei casi di ipertensione tra gli adolescenti americani. Secondo gli ultimi dati, il 3,5% dei teenager ne soffre, nel 2004 erano l’1%. A lanciare l’allarme, pubblicando nuove linee guida, sono gli esperti sulla rivista Pediatrics. Le raccomandazioni - volte a istruire i medici sulla corretta diagnosi del disturbo - sono state messe a punto da una commissione, che ha rivisto 15mila tra articoli e analisi sui modi di valutazione e diagnosi della pressione alta nei ragazzi.
Il comitato ha concluso che ben il 75% dei casi di ipertensione adolescenziale non viene accuratamente diagnosticato. Tra le cause principali dell’aumento della patologia viene indicata l’obesità. Maxi studio guidato dall’Erasmus University di Rotterdam
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Tanti antibiotici ai bambini con asma, anche quando non ce ne sarebbe bisogno. I piccoli che soffrono di questa patologia hanno maggiore possibilità di vederseli prescrivere rispetto ai coetanei, con l’amoxocillina tra i più impiegati, e un sovrautilizzo li mette a rischio di future infezioni più difficili da trattare. A evidenziarlo una ricerca guidata dall’Erasmus University di Rotterdam, i cui dati sono stati discussi allo European Respiratory Society International Congress a Milano (9-13 settembre 2017). Lo studio ha incluso un milione e mezzo di bambini del Regno Unito, di cui circa 150mila con asma e altri 375mila provenienti dai Paesi Bassi, di cui circa 30mila con asma. I ricercatori hanno confrontato i dati di prescrizione antibiotica, alla ricerca anche di differenze fra i due Paesi.
Dai risultati è emerso che i bambini con asma avevano una probabilità circa 1,6 volte maggiore di vedersi prescritti antibiotici, rispetto a quelli che non avevano la patologia. Atletica, scherma, tennis, basket e nuoto i più indicati
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Anche bambini e adolescenti affetti da malattie croniche e disabilità possono e devono fare attività fisica, esattamente come i loro coetanei: il movimento, indipendentemente dallo stato di salute, è una necessità fisiologica per i giovanissimi. Il professor Francesco Maria Manozzi, titolare di un corso di formazione per Sanità in-Formazione, medico delle Federazioni Sportive Nazionali CONI e CIP e docente universitario propone un vademecum che possa esser di aiuto per individuare l’attività fisica più adatta in base alle caratteristiche individuali del giovane e al tipo di patologia e disabilità.
L’acqua cancella le disabilità fisiche Per quanto riguarda i disabili fisici, le principali discipline sportive praticate ai fini della riabilitazione motoria sono: atletica, tiro con l’arco, scherma, tennis e tennis da tavolo, basket e nuoto. Quest’ultimo, in particolare, è largamente utilizzato come metodica riabilitativa per molte disabilità motorie e si arricchisce dell’elemento psicologico della competizione. L’acqua si sostituisce agli ausili nello svolgere una funzione di sostegno per il bambino, che potrà sperimentare nuovamente la completa libertà di movimento del proprio corpo. Sportivi e felici con la sindrome di Down Per i bambini e i ragazzi affetti da sindrome di Down l’esercizio fisico contribuisce, unitamente a una corretta alimentazione, a raggiungere e a mantenere un giusto rapporto tra il peso e la statura, riducendo il rischio di sovrappeso od obesità e la conseguente possibilità di sviluppare in futuro arteriosclerosi e conseguenti malattie cardiovascolari. Le masse muscolari allenate diventano più forti, proteggendo le articolazioni in caso di lassità legamentosa, presente a volte nella sindrome. Tra gli sport consigliati: la ginnastica, che sviluppa in modo simmetrico tutta la muscolatura corporea e aumenta l’agilità e la destrezza nei bambini; il nuoto, perché in acqua la forza di gravità è ridotta e nuotando si possono correggere le posizioni errate causa di scoliosi o altre patologie scheletriche; la pallavolo, che migliora le capacità anaerobiche, la velocità e la potenza muscolare, nonché la coordinazione motoria. Agli asmatici sconsigliate solo le attività estreme I bambini e i ragazzi asmatici non solo possono, ma devono svolgere attività sportiva, particolarmente in ambienti idonei, non inquinati e con basso indice di polveri, acari e muffa. Utili in tal senso gli ambienti “umidi” e quindi preferibili gli sport in acqua quali nuoto, pallanuoto, nuoto sincronizzato e anche subacquea. Per i diabetici sì agli sport di gruppo Lo svolgimento di un’attività fisica regolare è uno dei cardini della terapia del paziente diabetico in età evolutiva. Numerosi studi hanno dimostrato come il movimento induca un aumento dell’effetto ipoglicemizzante dell’insulina; un regolare esercizio fisico offre inoltre benefici effetti sulle condizioni generali del ragazzo diabetico e costituisce un importante momento di socializzazione, un miglioramento dell’autostima e una riduzione del peso psicologico della malattia stessa. ![]()
Pubblicato il nuovo aggiornamento dell’ISS sulla diffusione della malattia nel nostro Paese. I casi tra gli operatori sanitari sono 288, erano 275 a fine luglio. I contagi, in generale, hanno interessato nell’88% dei casi persone non vaccinate, nel 7% persone vaccinate con 1 sola dose. L’età mediana dei pazienti si assesta a 27 anni. Il numero più alto dei contagi avvenuti nel 2017 è stato registrato nel Lazio (1501).
Vai al bollettino settimanale Salgono a 4328 i casi di morbillo in Italia dall’inizio dell’anno, 159 dei quali registrati ad agosto 2017. Decessi, invece, fermi a 3 dall’inizio dell’anno a oggi. A renderlo noto è il bollettino settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità riferito alla settimana dal 21 al 27 agosto 2017. Rispetto al bollettino divulgato il 1° agosto 2017, riferito alla settimana dal 24 al 30 luglio, si registrano 13 nuovi casi tra gli operatori sanitari (288 da inizio anno). I contagi, in generale, hanno interessato nell’88% dei casi persone non vaccinate, nel 7% persone vaccinate con 1 sola dose. Considerato tutto l’anno, il numero più alto dei contagi registrato nel Lazio (1501 casi nell’ultimo bollettino rispetto ai 1533 di fine luglio), seguito da Lombardia (735 rispetto ai 665 di fine luglio) e Piemonte (607 contro i 603 di un mese fa). L’età mediana dei pazienti si assesta a 27 anni. ![]() ![]()
Un team di medici slovacchi ha ideato uno speciale paio di occhiali che, lavorando sulla realtà virtuale, aiuterebbe la funzionalità dell’occhio pigro. A oggi con questo metodo sono stati trattati circa 300 pazienti.
Curare l’occhio pigro potrebbe essere un gioco da ragazzi, nel vero senso della parola. Un gruppo di medici della Clinica UVEA di Martin, in Slovacchia, avrebbero infatti ideato degli occhiali per la realtà virtuale e un videogioco in grado di riattivare la funzionalità dell’occhio pigro. “I pazienti indossano occhiali per la realtà virtuale che mostrano due diverse immagini per occhio e cominciano a giocare con un videogioco, navigando con una nave spaziale o giocando a basket”. “Per giocare bisogna usare entrambi gli occhi e forzare l’occhio pigro aiuta a migliorarne la funzionalità”. Il trattamento standard prevede l’utilizzo di una benda oculare da applicare sull’occhio ‘sano’ o sfocarne la visione con l’atropina. Ma si tratta di una tecnica che funziona meglio quando l’occhio pigro viene diagnosticato precocemente. Peccato che normalmente il problema venga individuato a sei o sette anni, quando i bambini entrano a scuola, e allora potrebbe essere troppo tardi. Finora, presso la Clinica slovacca sono stati trattati circa 300 pazienti con ambliopia dal 2015 e il team è stato il primo al mondo a pubblicare i risultati in una sperimentazione clinica, a giugno, sulla rivista BMC Ophthalmology. Al momento, però, la terapia è abbastanza costosa. “C’è bisogno di un buon computer, con un paio di occhiali per realtà virtuale, strumentazione che sarà sicuramente più accessibile in futuro, quando le persone potranno acquistarla e applicare questo trattamento a casa”. L’occhio pigro è stato per lungo tempo considerato un problema senza possibilità di trattamento. Si verifica nei pazienti il cui cervello smette di utilizzare i dati provenienti dall’occhio che vede meno chiaramente per utilizzare solo quelli derivanti dall’occhio sano. In genere, le persone che soffrono di occhi pigro non hanno la visione tridimensionale. ![]()
I tassi di mortalità a livello globale continuano a scendere, in modo particolare fra i bambini sotto i cinque anni. Tuttavia, all’allungamento della speranza di vita non corrisponde ancora un analogo allungamento degli anni di vita liberi da malattie e disabilità. I tassi di mortalità a livello globale continuano a diminuire in tutti i gruppi di età. A questa dinamica hanno contribuito notevolmente, soprattutto a partire dal 2006, i progressi compiuti per ridurre i tassi di mortalità di alcune delle malattie, e in particolare quelli dovuti a infezioni respiratorie, diarrea, nascite pretermine, HIV/AIDS e malaria, che sono diminuiti complessivamente del 30% in un solo decennio. I più grandi progressi sono stati ottenuti soprattutto nella fascia di età fino ai 5 anni, dove per la prima volta i decessi sono scesi sotto i 5 milioni: nel 1970 erano 16,4 milioni, nel 1990 11 milioni, e nel 2006 7,5 milioni. A riferirlo sulle pagine di The Lancet è il Global Burden of Disease Study 2016 (GBD) realizzato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) - una fondazione finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation e dallo Stato di Washington - con il contributo di oltre 2500 collaboratori di 130 Paesi. Il rapporto indica che l’aspettativa di vita media globale alla nascita oggi è di 75,3 anni per le donne e di 69,8 anni per gli uomini. Il Giappone ha la più alta speranza di vita per entrambi i sessi (83,9) e la più elevata per le donne (86,9), ma fra la popolazione maschile il record passa a Singapore (81,3). Con un’aspettativa di vita di 84,6 anni per le donne e 79,9 per i maschi, anche l’Italia si colloca nel gruppo di testa, al di sopra della media dei Paesi ad alto reddito (rispettivamente 83,5 3 e 78,3 anni). Il Paese che ha invece l’aspettativa di vita più bassa è la Repubblica Centrafricana (50,2 anni). Il rapporto segnala anche che molti Paesi - e in particolare Etiopia, Maldive, Nepal, Niger, Portogallo e Perù - hanno visto incrementi della speranza di vita che vanno ben al di là di quanto ci si sarebbe attesi sulla base della dinamica di sviluppo del Paese, e che sarebbe importante studiare più attentamente le politiche sanitarie di successo messe in atto per cercare di trasferirle ad altre Nazioni in difficoltà. Cause di morte e disabilità Nel complesso, le morti da malattie infettive sono diminuite, con l’eccezione della dengue che nel 2016 ha causato 37.800 morti, con un vistoso aumento (81,8%) rispetto al 2006, e della tubercolosi resistente ai farmaci, con 10.900 morti e un aumento del 67,6% sempre rispetto al 2006. ll 72,3% di tutte le morti è dovuto però a malattie non trasmissibili, fra le quali primeggia - con l’eccezione dei Paesi a più basso reddito - l’infarto, con un aumento del 19% a livello mondiale dal 2006 (in Italia +10,5%). Un forte aumento (+31,1 sul 2006) si è riscontrato anche nelle morti da diabete (in Italia +12,8%), il cui numero assoluto - 1,43 milioni - ha superato quello di tubercolosi (1,21 milioni) e malaria (719.500). Secondo il Global Burden of Disease Study, dal 2006 a oggi, il numero di decessi legati a conflitti e terrorismo è aumentato del 143%. Malgrado una diminuzione complessiva delle morti per suicidio (-3% sul 2006), il numero dei suicidi rimane estremamente elevato (817mila) e mostra un aumento del ricorso ad armi da fuoco, secondo un trend analogo anche nei decessi dovuti ad aggressioni interpersonali (globalmente 390mila). È invece in drammatico aumento il numero di decessi da conflitti e terrorismo, che ha raggiunto le 150.500 unità (+143% sul 2006), in gran parte a causa dei conflitti in Nord Africa e Medio Oriente. Purtroppo alla diminuzione dei tassi di mortalità rispetto al 1990 per la maggior parte delle cause non ha corrisposto un analogo declino degli anni vissuti liberi da disabilità. Per molte importanti cause di disabilità, i tassi sono rimasti stabili, mentre per altre, come il diabete, sono aumentati. Il maggiore aumento dei tassi di disabilità ha interessato la fascia di età fra i 40 e i 69 anni, ed è legato a patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, e in particolare a discopatie alle vertebre lombari e cervicali (prima causa di disabilità in Italia), patologie sensoriali come la perdita dell’udito o la cecità (seconda causa in Italia), emicrania, depressione, disturbi d’ansia e anemia da carenza di ferro. Le principali cause di disabilità grave sono però ictus, broncopneumopatie ostruttive, diabete e cadute. Le prime tre di queste, osservano gli estensori del rapporto, sono legate in misura significativa agli stili di vita, e in particolare al fumo e alla dieta. Alzheimer e altre demenze legate all’età mostrano una significativa tendenza all’aumento, la cui incidenza in Giappone e in Italia è addirittura raddoppiata rispetto alle aspettative di dieci anni fa. Se si sommano gli anni persi rispetto alla vita media per morte prematura e quelli passati in condizioni di disabilità, in Italia l’Alzheimer si trova al terzo posto di questa triste classifica, subito dopo lombalgie e infarto. “Dato che le popolazioni stanno invecchiando e la prevalenza di malattie disabilitanti aumenta notevolmente con l’età - ha commentato Christopher Murray, direttore dell’IHME - i Sistemi sanitari dovranno affrontare una crescente domanda di servizi generalmente più costosi degli interventi che hanno permesso una diminuzione della mortalità nell’infanzia o in età adulta.” ![]()
Sulla scia dell’allarme dell’OMS, la Società Italiana di Neonatologia interviene sul tema, durante il XXIII Congresso Nazionale (Milano, 25-28 settembre 2017).
Una recente analisi dell’OMS mostra la grave mancanza di nuovi antibiotici per combattere la crescente minaccia della resistenza antimicrobica, classificando le infezioni antibiotico-resistenti come la più grande minaccia per la salute. Nel mondo ogni anno si verificano 700mila decessi causati da microrganismi multiresistenti (Hampton, 2015). Si stima che dal 2050 i decessi saranno 10 milioni all’anno, superando anche quelli per neoplasie (8 milioni all’anno circa) (fonte: The Review on Antimicrobial Resistance, O’Neill; Hampton, 2015). Anticipando più di un anno fa l’allarme lanciato dall’OMS nei giorni scorsi, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) considera la sempre più frequente presenza di batteri multiresistenti un pericolo estremamente grave per i piccoli pazienti, che deve essere affrontato su due fronti: l’impegno delle case farmaceutiche nell’attività di ricerca e il rafforzamento della prevenzione, soprattutto attraverso un uso responsabile degli antibiotici. L’Italia è tra i Paesi più a rischio perché è tra quelli dove c’è un eccessivo uso di antibiotici, con conseguente aumento di batteri multiresistenti. La scelta di prescrivere o non prescrivere gli antibiotici da parte del pediatra può essere a volte molto difficile. In generale si può dire che se da un lato è vero che è necessario e urgente ridurre l’uso inappropriato di antibiotici, e l’ideale sarebbe poter sempre iniziare un trattamento antibiotico sulla base di esami colturali, a volte, quando i dati clinici e di laboratorio lo richiedono, deve essere messa in atto una terapia empirica. “È necessario innanzitutto che l’utilizzo degli antibiotici venga attentamente valutato in modo da evitare una eccessiva prescrizione e un uso, a volte, non corretto, con conseguente aumento di microrganismi multiresistenti. – afferma la Società Italiana di Neonatologia. – Specialmente negli ospedali dovrebbero essere attuate tutte le strategie preventive per ridurre il rischio infettivo, con particolare attenzione al lavaggio delle mani e all’utilizzo di programmi di antibiotic stewardship”. Tali “superbatteri”, come sono stati battezzati, possono diffondersi molto rapidamente da ospedale a ospedale e diventano resistenti agli antibiotici in tempi brevi. Su 4 milioni di decessi in epoca neonatale che avvengono ogni anno nel mondo, circa 1,4-1,5 milioni sono causati da patologie infettive spesso causate da microrganismi multiresistenti. Tra questi sono sempre più frequenti le segnalazioni di casi di tubercolosi da Mycobacterium tubercolosis resistente ai farmaci finora utilizzati e questo tipo di tubercolosi provoca 250mila decessi ogni anno nel mondo. In Italia, i casi di TBC sono 3769 (dati 2015); nello stesso anno i casi registrati di tubercolosi resistente ai farmaci sono stati 81 (dati Ministero della Salute e ISS). Per far fronte al problema delle antibiotico-resistenze, per la SIN occorre innanzitutto il riconoscimento dello stesso da parte degli organi di controllo e dei governi. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha già confermato questa emergenza come una priorità di sanità pubblica, inserendola nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018. In secondo luogo bisogna avviare partnership tra pubblico e privato per la scoperta di nuovi antibiotici. Terzo aspetto è la prevenzione delle infezioni con misure igieniche adeguate e l’utilizzo di programmi di antibiotic stewardship. |
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