Aprile 2011 - Volume XIV - numero 4

M&B Pagine Elettroniche

Casi indimenticabili

Sarà stato qualcosa che ha mangiato...
Rosanna Meneghetti
UO Pediatria, Ospedale Boldrini, Thiene (Vicenza)

Quando ho visto Renato nel mio nuovo ambulatorio non sapevo di averlo già incontrato prima. Tendenzialmente le mie sono tutte prime visite: ho iniziato da qualche mese l’ambulatorio allergologico e solo da qualche mese prima a lavorare nel mio nuovo ospedale, per la prima volta come specialista.
Renato viene portato per una classica dermatite atopica in fase di miglioramento. È ottobre e non sono presenti lesioni attive, ma solo esiti ipocromici post-infiammatori. D’altra parte il piccolo è giustamente in terapia con un cortisonico topico.
Di non comune c’è il terrore della madre nei confronti dell’allergia al latte: quando mi parla della dermatite del figlio si percepisce nettamente che lei la reputa una diretta conseguenza dell’allergia alimentare. Di fatto questa idea dev’essere stata per forza indotta dai colleghi che mi hanno preceduta. Al piccolo, infatti, proprio a seguito della comparsa della dermatite, era stato prescritto da subito un multi-RAST alimenti; non aveva mai presentato reazioni immediate da cibi, ma visto le positività (anche modeste) a latte, uovo, nocciola e mela, era stato subito posto a dieta priva di questi alimenti. Ovviamente la dieta non è servita e non è stata neppure spiegata la terapia topica della dermatite, al contrario, varie altre visite eseguite da vari specialisti allergologi (ogni volta diversi!) hanno rinforzato il messaggio ripetendo le prove allergologiche (in questo caso i prick test) e confermando la dieta.

Adesso Renato ha 3 anni e, nonostante i suoi prick continuino a essere positivi, uovo e latte sono stati parzialmente reintrodotti nella dieta (assume derivati dell’uovo ma anche frittata; assume piccole quantità di formaggio, ma mai il latte in quanto tale).
Per la madre, comunque, il piccolo continua a essere gravemente allergico (anche se nel frattempo ha continuato a non presentare alcun sintomo di reattività immediata). È così ossessionata da questa allergia che io non riesco neppure a parlare della terapia topica. D’altra parte come spiegarle che di fatto la dermatite dipende da un difetto di barriera dato dalla carenza di filaggrina e non ha un’eziologia allergica? Forse non è neppure il caso. Per questo la assecondo un po’ cercando di insistere sulla necessità di reintrodurre il latte tramite un test di scatenamento.

La mamma però  si allarma nel sentir parlare di test di scatenamento (seppure nella realtà è certamente più sicuro dei suoi tentativi domestici). “Si figuri -mi dice- che qualche mese fa, Renato è stato anche ricoverato da voi per una grave reazione allergica: si era gonfiato tutto e si era riempito di chiazze rosse. Inoltre aveva iniziato a zoppicare e non voleva più camminare. Anche gli altri specialisti mi hanno detto che si tratta di una cosa assai strana e di continuare a evitare il latte”. E così facendo tira fuori la nostra lettera di dimissione.
Quando finalmente vedo la lettera, mi torna esattamente in mente di averlo già visto durante il ricovero. Erano i miei primi giorni di lavoro e il piccolo presentava lesioni cutanee purpuriche e palpabili a componente emorragica associate a edema perioculare e delle estremità, più petecchie al cavo orale. Viste le ottime condizioni generali del piccolo, disturbato solo da lievi mialgie e artralgie, era stata posta la diagnosi di edema emorragico acuto del lattante. Infatti nel giro di uno-due giorni le lesioni si erano attenuate spontaneamente per poi recedere completamente. Gli esami ovviamente avevano dimostrato solo lieve aumento di VES e PCR, piastrinosi e aumento del dimertest. Tutti gli altri esami erano nella norma. Eravamo stati molto fieri di noi stessi per la diagnosi (visto la rarità del quadro) e ricordo certissimamente di aver spiegato alla madre che si trattava di una vasculite leucocitoclastica benigna: la genesi allergologica era stata esclusa.

Ciononostante, i genitori avevano capito (o avevano voluto capire) il contrario e avevano fatto un po’ di dottor-shopping per accertarsi della cosa.
Come ho fatto io, con la mia faccia giovane, a convincere i genitori sulla certezza della nostra primitiva diagnosi? Semplice, ricorrendo alla “bibbia”: ho aperto il Nelson sul capitolo delle vasculiti e, subito sotto la descrizione della porpora di Schönlein-Henoch, ho mostrato loro l’immagine precisa delle lesioni che aveva presentato il loro figlio. Ho ribadito quindi l’estraneità dell’allergia al latte sulla genesi di questo raro ma ben definito quadro clinico.
Questo caso rimane per me indimenticabile perché ancora una volta ho potuto constatare come tutte le lesioni dermatologiche vengano in prima istanza attribuite a reazioni a cibi, in particolare all’allergia, e di come sia difficile togliere questa idea dalla testa delle persone.

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R. Meneghetti. Sarà stato qualcosa che ha mangiato.... Medico e Bambino pagine elettroniche 2011;14(4) https://www.medicoebambino.com/?id=IND1104_10.html