Marzo 2010 - Volume XIII - numero 3
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Germania
Dirigente
Medico di Pediatria, ASL8, Cagliari
Germania
ha 16 anni, Nishoara un’età indefinibile, i due
bambini, Raoul e Gita, una settimana di differenza.
Raoul
è biondo, roseo, gli occhi azzurri, ancora i segni di
un’emorragia sottocongiuntivale (era grande sa, ho fatto
molta fatica a tirarlo fuori, cerca di farmi capire…).
Gita
è piccolo, pallido, itterico.
Germania
nel suo stentato italiano mi dice che sono madre e figlia, la
madre ha 33 anni, lei 16. Entrambe sono orgogliose del proprio
piccolo e, secondo la loro tradizione, per farli crescere bene
devono mangiare molto cibo (per due), condito con abbondante
aglio e cipolla, e devono bere molta birra per fare molto latte.
Ma
Germania latte non ne ha, e il piccolo non cresce, anzi da quando
è stato dimesso dal punto nascita continua a calare.
Mentre Raoul ignaro di tutto e felice, dorme, Gita comincia a
piangere in mia presenza, un pianto che è un lamento sino
a quando Nishoara gli porge il suo seno che succhia voracemente.
Dopo un attimo di stupore, cosa dire? Integrazione con latte
artificiale, peraltro già prescritto in ospedale, igiene e
norme…? Mi sento inadeguata nelle mie certezze e nelle mie
regole.
Tornano
dopo una settimana, anche il piccolo Gita è cresciuto,
merito del latte della nonna. Ma anche di quello della mamma che
finalmente ha cominciato ad arrivare, perché lei ha
insistito nell’allattamento al seno, nella certezza e
serenità che tanto se non bastava il suo c’era
quello della sua mamma. Oggi Raoul, sempre bellissimo, ha un
piccolo sfogo, la nonna dice che gli è venuto da quando
l’allatta anche Germania…
Giusto,
sbagliato?
Mia
madre mi raccontava sempre che tra lei e sua zia piccola c’erano
tre mesi di differenza, e nella Sardegna tradizionale la
solidarietà femminile dava sempre una “mamma di
latte” a chi per ragioni fisiche o biologiche ne era
sprovvisto.
Ho
visto diverse altre volte questo nucleo familiare, i bambini
stanno crescendo, le mamme sono serene nei loro piccoli
battibecchi, e io come operatrice sanitaria, ma anche come donna
penso sempre di più che noi non dobbiamo giudicare, ma
sostenere e comprendere. |
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