Settembre 2008 - Volume XI - numero 7
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Una doppia colestasi in famiglia
Clinica
Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
S.
e G. sono due gemellini di 14 mesi, nati pre-termine e di
basso peso, che conosciamo verso il sesto mese di vita. La loro
storia inizia però prima, già a 2 mesi di vita,
quando vengono ricoverati presso un ospedale periferico, in
seguito a un episodio di gastroenterite. In quell'occasione
viene riscontrata in entrambi una iper-transaminasemia (AST: 851
U/l e 299 U/l, ALT: 470 U/l e 402 U/l) e un aumento delle γGT
(941 U/l e 1223 U/l) con CPK e bilirubina nella norma. In prima
battuta vengono escluse una causa infettiva (negativa la ricerca
per virus epatotropi maggiori e minori) e autoimmune (negativi
gli SMA, LKM1, ANA ed ANCA) e i due gemellini vengono dimessi con
l'ipotesi di epatite virale in gastroenterite. Purtroppo però
ai controlli successivi, prescritti dal pediatra, mentre i valori
della bilirubina risultano sempre nella norma, i livelli di
transaminasi e di γGT sembrano proprio non volersi abbassare!
Giungono
a noi all'età di 6 mesi: crescita ottima, non itterici,
senza epatosplenomegalia, insomma due bambini allegri e vivaci…
anche troppo! Nonostante il grande desiderio dei genitori di
veder normalizzati i valori di transaminasi, gli esami, ahimè,
mostrano ancora AST, ALT e γGT moderatamente elevate (AST x 4,
ALT x 5, γGT x 4) e la diagnosi resta ancora tutta da definire.
La
storia di G. e S. ci offre quindi l'occasione di
ripensare alle possibili cause di epatopatia colestatica in età
pediatrica; considerando che le possibili eziologie virale e
autoimmune erano state già escluse in precedenza, abbiamo
escluso un ipotiroidismo, un Morbo di Wilson (peraltro poco
probabile, data l'età) e una malattia metabolica.
Inoltre, valorizzando la presenza delle stesse alterazioni nei
due gemelli, abbiamo pensato che alla base di tutto doveva
esserci una causa genetica.
Nell'ipotesi
di una fibrosi cistica, pur in assenza di grassi nelle feci,
abbiamo eseguito il test del sudore che è risultato nella
norma; nel sospetto invece di un'epatite colestatica da deficit
di α-1-antitripsina abbiamo eseguito l'elettroforesi proteica
che ha mostrato un ridotto picco α, e il dosaggio dell'α-1-antitripsina, che è risultata ampiamente al di sotto del
range di normalità (31,5 mg/dl con valori normali compresi
tra 92-200 mg/dl).
L'esame
genetico ci ha permesso di confermare la diagnosi, identificando
in entrambi i gemellini il genotipo PIZZ in omozigosi.
E a
questo punto cosa abbiamo fatto? Nulla… se non il follow-up nel
tempo e la terapia con acido ursodesossicolico per migliorare la
colestasi. Ai successivi controlli i valori delle transaminasi e
delle γGT in entrambi i gemellini sono risultati in progressiva
riduzione.
Perché
indimenticabile?
Perché
ci ha dato l'occasione di “rivedere” le cause di
ipertransaminasemia nel lattante e di approfondire le nostre
conoscenze su una patologia che solitamente ci fa pensare
automaticamente all'adulto e al polmone e che invece
rappresenta la malattia metabolica responsabile della maggior
parte dei trapianti di fegato in età pediatrica.
Perché
non dobbiamo dimenticare il deficit di α-1-antitripsina tra le
cause di epatite colestatica nei primi mesi di vita, ricordando
sempre di controllare il picco α all'elettroforesi delle
proteine, esame che spesso facciamo di routine ma che in alcuni
casi, come in questo, può essere di grande aiuto.
Perché
non è poi così frequente trovare due gemelli
affetti…
Qualche
nota di approfondimento
Il
deficit di α-1-antitripsina (AAT) è una patologia
autosomica recessiva relativamente frequente, forse
sottodiagnosticata; la sua reale incidenza non è nota e in
letteratura vengono riportati valori stimati che variano da 1:500
a 1:5000 a seconda della regione geografica.
L'α-1-antitripsina, glicoproteina sintetizzata principalmente dalle
cellule epatiche, ha l'azione di proteggere i tessuti dalle
proteasi leucocitarie (elastasi, catepsina e tripsina) rilasciate
in corso di processi flogistici.
Esistono
diverse varianti genotipiche della malattia; la forma più
spesso sintomatica è l'omozigosi PiZZ, l'unica che si
associa a epatopatia nel bambino e che può determinare
l'insorgenza precoce di enfisema polmonare nel giovane adulto.
Gli
individui omozigoti PiZZ hanno livelli sierici di α-1-antitripsina del 10-15% la norma; l'α-1-antitripsina prodotta da questi
soggetti, pur essendo funzionalmente attiva, presenta una ridotta
capacità specifica di inibire le elastasi e un difetto
della secrezione che ne comporta l'accumulo negli epatociti. I
meccanismi patogenetici del danno dovuto alla carenza di
α-1-antitripsina sono diversi a seconda dell'organo interessato:
l'insorgenza di malattia del fegato dipende dal fatto che la
variante mutata dell'α-1-antitripsina va incontro a un
riarrangiamento molecolare con formazione di polimeri resistenti
ai processi di degradazione che, accumulandosi negli epatociti,
provocano la morte cellulare e a lungo andare la cirrosi. Il
danno polmonare, invece, si verifica per il mancato equilibrio
tra proteasi e inibitori delle proteasi, con conseguente
insufficiente inattivazione dell'attività elastasica.
Il
deficit di α-1-antitripsina può essere diagnosticato nei primi mesi
di vita per un ittero colestatico persistente oppure,
successivamente, per una malattia epatica cronica, ma il più
delle volte viene sospettato in seguito a un reperto occasionale
di ipertransaminasemia. Circa il 10% dei neonati PiZZ svilupperà,
nei primi sei mesi di vita, una sindrome colestatica con prurito,
ipercolesterolemia e paucità dei dotti intraepatici
all'esame istologico; di questi, un terzo svilupperà una
malattia epatica severa con alterazioni della sintesi epatica
(diatesi emorragica, ascite, difficoltà alimentari, scarsa
crescita), un terzo andrà incontro a morte a causa
dell'epatopatia, e il restante terzo normalizzerà gli
indici di funzionalità epatica nei primi anni di vita.
Il
52-60% degli neonati omozigoti PiZZ presenterà
un'ipertransaminasemia isolata tra i 3 e i 6 mesi di vita, ma
solo il 12% manterrà le stesse alterazioni a 18 anni di
vita. L'insufficienza epatica fulminante si osserva invece
raramente nella prima infanzia. Fattori prognostici negativi
sono: l'ittero persistente per più di 6 settimane,
l'epatomegalia persistente per più di sei mesi, il sesso
femminile e la presenza di importanti alterazioni istologiche
all'esordio. Gli adulti omozigoti PiZZ hanno un rischio
significativamente più elevato rispetto alla popolazione
generale di andare incontro a cirrosi e a epatocarcinoma.
La
malattia polmonare non si manifesta prima dell'età
adulta; la glomerulonefrite è descritta in rari casi
sempre associata alla malattia epatica; la vasculite e la
panniculite sono descritte solo in soggetti adulti.
Quindi…
quando dobbiamo pensare al deficit di α-1-antitripsina? E in particolare,
quando deve pensarci anche il pediatra?
Per
confermare la diagnosi, oltre all'elettroforesi proteica,
saranno necessarie il dosaggio dell'α-1-antitripsina e l'analisi
genetica.
La
terapia più importante consiste nella prevenzione dal fumo
di sigaretta, in quanto le sigarette accelerano la distruzione
polmonare associata a tale patologia. La malattia epatica trova
al momento attuale, come unica possibilità terapeutica, il
trapianto di fegato. Sono attualmente in studio sostanze che,
inibendo la polimerizzazione delle varianti di α-1-antitripsina
all'interno del reticolo endoplasmatico o facilitandone la
secrezione dagli epatociti, potrebbero in futuro aprire nuove
prospettive nella prevenzione o cura della malattia epatica.
Bibliografia
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