Settembre 1999 - Volume II - numero 7

M&B Pagine Elettroniche

Avanzi

Novità, riflessioni, contributi e proposte,
a cura di Giorgio Bartolozzi

TNF e fistole addominali della m. Di Crohn
Sugli effetti favorevoli, nella malattia di Crohn, degli anticorpi monoclonali contro il fattore di necrosi tumorale (Infliximab) si è già parlato nelle Pagine elettroniche di M&B (Appunti di terapia, febbraio 1999). Come è noto, nella malattia di Crohn (MC) le fistole entero-cutanee rappresentano una grave complicazione, molto difficile da trattare. In una ricerca su 94 pazienti (tutti adulti) con fistole di questo tipo da oltre 3 mesi, è stato impiegato l'Infliximab, secondo questo schema: 31 pazienti sono stati trattati con placebo, 31 con 5 mg di Infliximab per chilo di peso e 32 con Infliximab alla dose di 10 mg/kg. Il farmaco è stato somministrato per via endovenosa al punto 0, dopo 2 e 6 settimane (N Engl J Med 340, 1398-405, 1999). Il 68% dei pazienti che ricevevano 5 mg/kg e il 56% di quelli che ricevevano 10 mg/kg hanno risposto al trattamento, contro il 26% dei gruppo placebo (p=0,002 e 0,02 rispettivamente). In particolare il 55% di quelli trattati con 5 mg/kg e il 38% di quelli trattati con 10 mg/kg hanno presentato una chiusura completa di tutte le fistole, contro il 13% dei pazienti del gruppo placebo (p=0,001 e 0,04 rispettivamente). In media le fistole si sono chiuse entro 3 mesi. I sintomi collaterali, attribuibili al trattamento, sono stati la cefalea, gli ascessi, le infezioni delle vie aeree superiori e la stanchezza. Viene concluso che l'infliximab è utile nel trattamento delle fistole in pazienti con malattia di Crohn, anche con il dosaggio più basso.

Th1/Th2 : atopia e asma, basso peso alla nascita, diabete TB
Alla ricerca di un nuovo più efficace vaccino contro i rotavirus, risulta di grande interesse valutare quale sia l'efficacia conferita dall'infezione naturale. Approfittando di un'esperienza condotta per lo studio di un vaccino, sono state valutate l'immunità e l'efficacia protettiva di una prima infezione da rotavirus G3 (J Infect Dis 178, 1562-6, 1998). Dall'esame di 391 soggetti, che costituivano il gruppo controllo, è stato calcolato che l'efficacia di un episodio iniziale, dovuto al sierotipo G3, è stata del 91%, nei confronti della prevenzione di un successivo episodio dovuto allo stesso sierotipo.
Ancora elementi a conferma dell'importanza dell'equilibrio linfociti Th1 e Th2. Si pensa che il diabete tipo 1 sia mediato dai linfociti T helper 1 (Th1), mentre l'asma e le altre malattie atopiche siano caratterizzate da una preminente risposta Th2. In un recente studio europeo è stato osservato che il rischio di asma è significativamente diminuito nei bambini con diabete tipo-1 e viceversa (Lancet 353, 1850, 1999): quando è stato tenuto conto delle crisi di respiro fischiante nei probandi, nei loro fratelli e nei controlli è risultato che solo il 27% dei bambini con diabete mellito tipo-1 ne aveva sofferto, contro il 42% dei fratelli e il 51% dei controlli. Queste osservazioni offrono una semplice dimostrazione clinica dell'importanza potenziale dell'equilibrio fra risposta Th1 e Th2, nel mediare l'evoluzione clinica nelle due malattie croniche più comuni dell'infanzia. Gli autori sostengono che una deviazione della risposta immune da Th1 a Th2 può essere considerata come una via promettente per la prevenzione del diabete.
Molti studi recenti indicano che le infezioni da micobatteri e da virus possono ridurre i livelli di IgE o sopprimere l'atopia, inducendo le rispose di tipo Th1. Le reazioni, tipo ipersensibilità ritardata, come la reazione intradermo alla tubercolina, riflettono una risposta tipo 1, mentre la produzione di IgE riflette una risposta Th-2. Una risposta Th-2 può essere soppressa da una risposta Th-1 ? La risposta a questa domanda scaturisce da un'esperienza condotta in soggetti con tubercolosi malattia, prima e dopo il trattamento antitubercolare (Lancet 353, 2030-2, 1999). E' stato osservato che la malattia da Mycobacterium tuberculosis ha una prevalente risposta di tipo IgE; ma la concentrazione di IgE diminuisce dopo un trattamento efficace della tbc: da un livello medio di IgE di 457 kU/L si passa a 175 kU/L. Viene ritenuto che questa diminuzione sia dovuta a un aumento della risposta di tipo Th-1, capace di sopprimere la risposta di tipo Th-2.

Acidi grassi trans e atopia
Il desiderio di scoprire le cause che nell'ultimo decennio hanno portato a un aumento della prevalenza dell'asma e delle allergie nei nostri bambini, è talmente forte che vengono seguite innumerevoli vie. Una delle più recenti osservazioni tira in ballo i grassi nella dieta (Lancet 353, 20341-2, 1999): l'assunzione di alcuni acidi grassi polinsaturi, particolarmente n-3 e n-6, era stata già da tempo associata allo sviluppo di malattie atopiche. Tuttavia non si sapeva ancora niente sulla configurazione di questi acidi grassi, cioè se fosse prevalentemente di tipo cis o trans. Gli acidi grassi trans si trovano prevalentemente nel latte e nei latticini, nel grasso degli animali ruminanti e nei grassi vegetali idrogenati, come le margarine. In uno studio, che ha coinvolto 155 centri europei è risultato che esiste un'associazione positiva fra introiti di acidi grassi trans e prevalenza dei sintomi di asma, di rino-congiuntivite allergica e di dermatite atopica. In parallelo non è stata mai riscontrata un'associazione fra introiti di acidi grassi monoinsaturi (acido oleico per esempio) o polinsaturi in configurazione cis. La prevalenza di malattie atopiche dopo assunzione di acidi grassi trans è stata collegata al fatto che queste sostanze sono i precursori delle prostaglandine e dei leucotrieni, la cui sintesi è maggiore dopo l'introduzione di grassi vegetali idrogenati (margarine) che di grassi animali.

La diagnosi di pertosse è difficile
Nel corso di una riaccensione epidemica negli anni 1992-3 vennero esaminati 8.235 bambini di 88 scuole materne e 14 scuole elementari della città di Quebec, in Canada (Clin Infect Dis 28, 840-6, 1999) per determinare la capacità dei medici a porre diagnosi di pertosse. Solo il 12-14% dei bambini con pertosse fu diagnosticato dai medici (soprattutto "general practitioner", ma anche pediatri). La bassa incidenza della malattia nei 15 anni precedenti l'epidemia, suggerisce che la maggioranza dei medici pratici avesse ormai poca esperienza con la pertosse, per cui può non aver preso in considerazione questa diagnosi o essere rimasta incerta sull'esatto riconoscimento. D'altra parte, dato che la copertura vaccinale fra questi bambini era molto alta, i medici  avranno probabilmente sovrastimato l'efficacia del vaccino, ritenendo erroneamente che la pertosse non sia possibile in un bambino vaccinato, anche se egli presenti i segni tipici della malattia. La descrizione di questa situazione ricorda da vicino quanto sta avvenendo in molte parti d'Italia, dove però si ammalano i bambini di 8 o più anni, quelli  sfuggiti alla vaccinazione negli anni in cui era disponibile solo il vaccino a cellule intere. I bambini vaccinati regolarmente  col vaccino acellulare nel nostro Paese non sembrano ammalarsi, almeno di forme conclamate. Va ricordato d'altra parte che nel Progetto pertosse italiano e svedese (1992-3) fu usato un vaccino a cellule intere, proprio di produzione canadese, che dimostrò una scarsissima efficacia (intorno al 40%): a parte la difficoltà incontrata dai medici canadesi per la diagnosi di pertosse, non potrebbe anche darsi che il vaccino usato abbia funzionato poco, per cui erano presenti forme di lieve entità di difficile riconoscimento ?

Inefficacia della cisapride: l'allegro rigurgitatore
Il reflusso gastro-esofageo (RGE) è un'evenienza frequentissima nei lattanti dei primi mesi: fortunatamente nella maggior parte dei casi, esso non causa malattia. Solo in una piccola parte dei bambini esso può dare esofagite, aspirazione polmonare, problemi alimentari e, ancor più di rado, insufficienza a crescere. Nonostante l'evidente benignità, il RGE determina ansietà nei genitori, per cui il pediatra è obbligato a tenerne conto: egli ispessisce i cibi, modifica la posizione del lattante, usa antiacidi, procinetici e farmaci che sopprimono l'acidità. Qualche dubbio sull'utilità della cisapride nella cura del RGE non complicato era già sorta nel passato, ma ora questo punto di vista è stato avvalorato da uno studio in doppio cieco (J Pediatr 134, 287-92 e 262-4, 1999). 95 pazienti in età inferiore ai 36 mesi, con RGE, sono stati suddivisi in due gruppi per uno studio in doppio cieco: uno riceveva il placebo e l'altro 0,2mg/kg per 4 volte al giorno di cisapride. La cisapride non ha modificato i sintomi dei bambini con RGE non complicato; l'unica modificazione ha riguardato il tempo di esposizione dell'esofago all'acidità. Viene proposta la denominazione di “allegro rigurgitatore”.

Vomito ciclico ed emicrania
Per molti pediatri italiani, il vomito ciclico fa parte della sindrome periodica, un quadro clinico caratterizzato anche da cinetosi,  dolori notturni agli arti inferiori e, infine, dall'emicrania. Gli studiosi statunitensi lo stanno scoprendo solo oggi (morbo celiaco docet). Dall'esame di 214 bambini con la sindrome del vomito ciclico è risultato che nell'82% di essi la sindrome del vomito ciclico era collegata all'emicrania, sia in base alla storia familiare, che in base al quadro clinico, che è evoluto in emicrania (J Pediatr 134, 533-5, 567-72, 1999). Molto spesso è risultata evidente l'associazione con il dolore addominale e con la risposta ai farmaci anti-emicrania. 

GH nella sindrome di Turner
L'insufficienza crescere e quindi la bassa statura dei pazienti con sindrome di Turner rappresentano uno dei principali aspetti della malattia. Fino a una decina di anni fa queste pazienti erano trattate con oxandrolone o con steroidi a basso dosaggio. Più di recente è stato visto che l'ormone della crescita (GH) migliora la velocità di crescita e, si sperava, l'altezza finale. Oggi, a distanza di 10-13 anni dall'inizio del trattamento, è possibile esprimere un giudizio definitivo (Arch Dis Child 80, 36-41e 221-5, 1999). Dallo studio di 485 soggetti trattati è risultato che se il trattamento (30-42 IU/metro quadro, in 6-7 iniezioni per settimana di GH, associato a basse dosi di estrogeni) veniva iniziato prima della pubertà, l'altezza finale aumentava di 5 cm o più di quella aspettata. L'altezza finale è risultata correlata con la durata del trattamento, con la dose totale ricevuta e con la risposta che è stata ottenuta nel primo anno di trattamento. La suddivisione della dose giornaliera in due parti non è risultata importante ai fini dell'altezza finale raggiunta.

Alloicoccus otitis e OME
Tutti sappiamo che i germi in causa nell'otite media acuta sono loStreptococcus pneumoniae, lo Streptococcus pyogenes,Haemophilus influenzae e la Moraxella catarrhalis, ma che in oltre la metà dei casi, pur essendo presenti i segni della flogosi, non vengono isolati batteri. In questi casi sono stati spesso ritrovati virus di tipo diverso, ma rimane ancora una buona fetta di otiti medie acute, senza l'identificazione di un agente infettivo responsabile. In 12 casi di otite media cronica con versamento (OME), che, come sappiamo, fa seguito a un'otite media acuta, più o meno sintomatica, oltre alle culture classiche, sono state usate le più moderne tecniche di estrazione del DNA, di amplificazione con la PCR e di analisi della popolazione batterica (Lancet 354, 386-9, 1999). In 6 dei 12 campioni è stato ritrovato un batterio gram positivo (l'Alloiococcus otitis), che non era stato isolato con la cultura: spesso questo agente era presente insieme ad altri batteri. Ma chi è l'Alloiococcus otitis ? Si tratta di batterio a-emolitico, che si riteneva responsabile di qualche raro caso di meningite purulenta, ma niente di più. Per concludere: i pazienti sono pochi, l'Alloiococcus otitis è ancora un batterio poco conosciuto, la sua ricerca con le sofisticate tecniche usate dagli autori è difficile e complicata: tutti questi fattori rendono indispensabile di allargare la casistica prima di essere sicuri che un nuovo agente infettivo debba essere preso in considerazione nelle otiti medie acute e in quelle croniche con versamento.

Fumo materno e malattie dell'orecchio medio
Già si sapeva che esistono stretti legami fra il fumo della madre in gravidanza e la successiva morbilità del figlio; si dubitava che esistessero anche legami con le malattie dell'orecchio medio, ma non ne eravamo completamente sicuri e tanto meno ne conoscevamo l'estensione. Dall'Australia ci giunge la notizia che questo rapporto esiste e che è relativamente frequente (Pediatrics 104, p. e16, 1999). Per questo studio sono state coinvolte 8.556 donne durante la gravidanza; i loro figli vennero controllati fino all'età di 5 anni. Le infezioni acute dell'orecchio si dimostrarono associate al fumo in gravidanza, ma quello che è maggiormente dimostrativo è che questo rapporto è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate: quando sono fumate da 1 a 9 sigarette il rischio è aumentato di 1,6 volte, quando sono fumate da 10 a 19 sigarette il rischio passa a 2,6 e quando sono fumate più di 20 sigarette per giorno il rischio sale ancora fino al 3,3. Questa associazione sono indipendente da ogni altro fattore di rischio: dal fumo della madre durante i primi anni di vita del bambino, dall'età e dal sesso del bambino, dall'allattamento al seno, dall'età della madre, dall'educazione della madre, dall'impiego della madre e del padre quando il bambino ha 5 anni, dallo stato socioeconomico della famiglia, dalla frequenza all'asilo nido e alla scuola materna e dal numero di fratelli o di bambini che sono presenti nella famiglia. Il fumo della madre in gravidanza contribuisce quindi alla morbilità del bambino e fornisce un'altra forte ragione perché le donne vengano incoraggiate a non fumare durante la gravidanza.

Procubito e SIDS: perché ?
Che la posizione prona sia collegata a un aumento del rischio della sindrome della morte improvvisa (SIDS) è ormai nozione comune a tutti: ne è stata data notizia su tutti i mezzi d'informazione. Ma perché questa posizione aumenta il rischio ? La risposta è difficile e fino a oggi non erano state proposte spiegazioni convincenti. Ne arriva una nuova, che ha tutte le probabilità di essere quella buona, dall'Australia, il Paese che per primo collegò la posizione prona nel sonno alla SIDS,  (Pediatrics 104, 263-9, 1999).Gli autori sostengono che il meccanismo più importante e potenzialmente letale è l'attivazione del chemoriflesso laringeo: questo riflesso è attivato dalla stimolazione diretta da parte dei liquidi della mucosa laringea esso porta a una complessa serie di risposte, fra le quali l'apnea e la bradicardia. Il riflesso è in rapporto con l'età ed è tipico del lattante. L'ipotesi degli autori è che i meccanismi protettivi della pervietà delle vie aeree (la deglutizione e il risveglio), che proteggono il laringe dalla stimolazione, diminuiscano in posizione prona, in confronto a quanto avviene in posizione supina. Questa ipotesi affascinante è stata dimostrata in 10 lattanti, nati a termine, che sono stati reclutati col consenso dei genitori e del comitato etico: in questi sono state fatte 164 introduzioni di 0,4 mL di acqua nell'oro-faringe. Con questa tecnica sono state evocate risposte protettive nel 95% delle volte come deglutizione e nel 54% delle volte come risveglio. E' stata riscontrata una significativa riduzione di questi meccanismi protettivi quando il lattante era in posizione prona in confronto a quando era in posizione supina. Questa dimostrazione nella sua semplicità ricorda un po' l'uovo di Colombo.

Invaginazione intestinale e vaccinazione contro i rotavirus
Ormai sembrava che la vaccinazione contro i rotavirus, nonostante alcune remore iniziali, fosse entrata a vele spiegate fra le vaccinazioni consigliate nei bambini. In USA il 31 agosto 1998 un vaccino antirotavirus tetravalente (RotaShield, della Wyeth Laboratories) è entrato in commercio per la vaccinazione nel primo anno di vita. L'Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) e l'Accademia Americana di Pediatria, insieme all'Accademia Americana dei Medici di Famiglia avevano raccomandato l'uso di routine per il vaccino contro i rotavirus nei lattanti sani. Ma fra il primo settembre 1998 e il 7 luglio 1999, 15 casi d'invaginazione intestinale (InvI) sono comparsi fra i bambini che erano stati vaccinati con questa nuova preparazione, per cui è stato consigliato di sospendere la vaccinazione. I casi sono stati segnalati all'Adverse Event Reporting System (VAERS), un sistema di sorveglianza passivo, sostenuto dalla Food and Drug Administration; a questo sistema VAERS, grossolano quanto si vuole, ma tempestivo e fortemente informativo, vengono notificati tutti gli eventi avversi ai farmaci, e quindi anche ai vaccini, che Aziende farmaceutiche, personale addetto all'assistenza, ma anche i soggetti vaccinati e le loro famiglie, possano rilevare. In 13 su 15 (87%) l'InvI si sviluppò dopo la prima delle 3 dosi di vaccino e in 12 (80%) i sintomi si svilupparono entro una settimana da una qualsiasi delle dosi di vaccino contro i rotavirus. 8 dei 15 pazienti richiesero un intervento chirurgico e a uno venne eseguita una resezione di 18 cm dell'ileo distale e del colon prossimale. Tutti i bambini guarirono. L'età media di questi 15 bambini fu di 3 mesi (limiti da 2 a 11 mesi). Delle 15 notificazioni, 14 avvennero spontaneamente (è qui la forza del VAERS !) e una fu identificata attraverso la sorveglianza dopo l'entrata in commercio (MMWR 48, 577-81, 1999).
 L'incidenza dell'ospedalizzazione per InvI fra i bambini non vaccinati in età inferiore ai 12 mesi fu di 51 casi su 100.000 bambini/anno: è interessante rilevare che nella InvI, diciamo spontanea, l'età media è di 7 mesi (da 5 a 9 mesi), un'età più avanzata di qualche mese in confronto a quanto avviene nella II post-vaccinazione. Si pensa che siano state somministrate 1,5 milioni di dosi di vaccino. L'incidenza della InvI fra i soggetti vaccinati è stata calcolata in 125 casi/100.000 lattanti per anno.
 La cosa più grave è che già negli studi, prima di concedere la licenza dell'entrata in commercio del vaccino, si erano già verificati 5 casi di InvI su 10.054 soggetti vaccinati, contro un solo caso nel 4.633 controlli: una differenza che, per la limitatezza dei numeri, è risultata non statisticamente significativa. Sulla base di questi rilievi fu permessa infatti l'immissione in commercio del vaccino e l'InvI venne compresa fra le reazioni contrarie potenziali, ricordate sulla scheda informativa. L'ACIP (MMWR, 48, n. RR-2, 1999) ne aveva comunque raccomandato la sorveglianza, dopo l'entrata in commercio. In un giudizio generale sull'incidenza della InvI nei vaccinati contro i rotavirus si afferma che con molta probabilità il numero dei casi coinvolti è molto superiore a quelli effettivamente notificati.
 Quali provvedimenti sono stati presi in USA ?
 Per prima cosa è stata organizzata una completa ricerca in molti Stati degli USA, per stabilire la reale entità dell'associazione. Il CDC (Centers for Diseases Control and Prevention ) di Atlanta raccomanda per ora di posticipare la somministrazione del vaccino, nei bambini che avrebbero dovuto riceverlo prima del novembre 1999, inclusi quelli che ne avevano già iniziata la serie. I genitori e chi ha cura della salute dei bambini che hanno di recente ricevuto il vaccino, debbono immediatamente entrare in contatto con i propri medici curanti se il bambino sviluppi i sintomi caratteristici della InvI. Una diagnosi precoce può aumentare infatti la probabilità che l'InvI possa essere trattata con successo senza ricorrere alla chirurgia.
Fortunatamente questa volta i bambini italiani sono fuori della burrasca e così la Sanità italiana. Per una volta di più attendere e vedere quale sia l'esperienza di altri Paesi nell'applicazione di un nuovo farmaco, ha conseguenze favorevoli per la salute della popolazione in generale. Questa volta il passo falso è stato compiuto dalla Sanità pubblica USA e i Paesi europei ne sono rimasti fuori. E' proprio il contrario di quanto è avvenuto con la talidomide, quando ben 5.000 bambini europei furono colpiti dalla grave sindrome, mentre gli USA riuscirono a starne fuori, grazie allora Ministro della Sanità USA, una dottoressa che amava andare con i piedi di piombo.

Lo pneumococco resistente ai fluorochinoloni
Il fenomeno della ridotta sensibilità e della resistenza alla penicillina e agli altri b-lattamici, da parte dello pneumococco (P) è ormai conosciuto da tutti: è fortunatamente un fenomeno che sfiora appena l'Italia, ma che in alcuni Paesi assume dimensioni allarmati. In questi Paesi, per la cura della malattie gravi da Streptococcus pneumoniae, si è ricorsi ad altri antibiotici: in Canada i fluorochinoloni sono stati i farmaci più usati a questo scopo. Ma "non c'è rosa senza spine": sono passati solo alcuni anni e già sono comparsi ceppi di P resistenti. Dal 1988 al 1997, quando la loro prescrizione è passata da 0,8 a 5,5 per soggetto, l'incidenza della resistenza è passata da 0 all'1,7% nel 1997 e nel 1998 (p<0,01). Anche se la prescrizione dei fluorochinoloni è abbastanza rara in pediatria (salvo che nella cura della fibrosi cistica), il fenomeno resistenza è talmente importante, che la sua comparsa verso qualche antibiotico, è sempre di grande interesse per tutti. "Quando suona la campana, suona anche per te".

Vitamina A, malaria e broncopneumodisplasia
Da anni si sa che la somministrazione di un supplemento di vitamina A in bambini africani riduce nettamente l'incidenza della letalità per morbillo. Ma la deficienza di micronutrienti può ostacolare l'insorgenza e lo sviluppo dell'immunità e quindi il decorso di altre malattie importanti, come la malaria: fra i micronutrienti più spesso ridotti in concentrazione fra questi bambini, la vitamina A assume un ruolo fondamentale, in quanto essa è essenziale per lo sviluppo di una funzione immune normale. A 520 bambini Papua della Nuova Guinea è stato offerto un supplemento di vitamina A (200.000 U per bocca, ogni 3 mesi nei bambini in età superiore all'anno e 100.000 ogni 3 mesi per i più piccini) per anni. Sulla base dei risultati ottenuti appare evidente che la supplementazione di vitamina A può essere una strategia di basso costo per ridurre la morbilità da Plasmodium falciparum fra i bambini dei primi anni. La spesa in Italia, calcolando un 50% di riduzione sul prezzo di farmacia, sarebbe di lire 2.000 per anno per bambino.
Un supplemento di vitamina A può ridurre il rischio di malattia polmonare cronica e di sepsi nei nati con peso molto basso (NPMB); d'altra parte questi neonati (con peso <1.000 g) hanno basse concentrazioni di vitamina A nel plasma e nei tessuti. E' stato osservato che la somministrazione di 5.000 UI di vitamina A 3 volte alla settimana, per 4 settimane, in uno studio multicentrico su 807 NPMB correggeva i reperti biochimici di deficit di vitamina A e diminuiva leggermente il rischio di malattia polmonare cronica (N Engl J Med 340, 1962-8, 1999).

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G. Bartolozzi. Vomito ciclico ed emicrania
GH nella sindrome di Turner
Alloicoccus otitis e OME
Fumo materno e malattie dell'orecchio medio
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Invaginazione intestinale e vaccinazione contro i rotavirus
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Inefficacia della cisapride: l'allegro rigurgitatore
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GH nella sindrome di Turner
Alloicoccus otitis e OME
Fumo materno e malattie dell'orecchio medio
Procubito e SIDS: perché ?
Invaginazione intestinale e vaccinazione contro i rotavirus
Lo pneumococco resistente ai fluorochinoloni
Vitamina A, malaria e broncopneumodisplasia. Medico e Bambino pagine elettroniche 1999;2(7) https://www.medicoebambino.com/?id=AV9907_10.html