Settembre 2001 - Volume IV - numero 7

M&B Pagine Elettroniche

Avanzi

Novità, riflessioni, contributi e proposte,
a cura di Giorgio Bartolozzi
Il supplemento di acido folico in gravidanza non aumenta il numero degli aborti
La somministrazione periconcezionale di acido folico, da solo o in associazione con altre vitamine, riduce il rischio per la donna di avere un figlio con malformazioni del tubo neurale. Nel 1997 uno studio riscontrò un aumento del 16% nel numero degli aborti fra le donne che prendevano un preparato multivitaminico che conteneva 800 mg di acido folico (Lancet 1997, 350:513-5). In occasione di una grande campagna per la prevenzione dei difetti neurali, eseguita in Cina, con la somministrazione di preparati vitaminici in gravidanza, contenenti 400 mg di acido folico, è stata offerta la possibilità di controllare questa affermazione; nella ricerca è stato coinvolto anche il CDC di Atlanta (J. Gindler et al., Lancet 2001, 358:796-800). Dallo studio di decine di migliaia di donne e dei loro figli è stato concluso che non esiste nessuna prova che la somministrazione giornaliera di 400 mg di acido folico, sia prima che durante la gravidanza, aumenti il rischio di aborto. Una constatazione liberatoria che ci toglie un dubbio.

Helicobacter pylori e cancro dello stomaco
Già si sapeva che esiste un rapporto fra presenza di Helicobacter pylori (HP) e cancro dello stomaco; tuttavia non era stato stabilito fino a oggi un preciso rapporto numerico. Uno studio prospettico giapponese segue in media per 7,8 anni 1.526 pazienti adulti con ulcera duodenale o ulcera gastrica o iperplasia gastrica o dispepsia non ulcerosa; di questi 1.246 avevano un'infezione da HP e 280 non l'avevano (Uemura N et al., N Engl J Med 2001, 345:784-9). In 36 dei soggetti infettati con HP, si sviluppò un cancro dello stomaco, mentre nessun cancro comparve fra quelli che non erano risultati infettati con HP. Nessun cancro gastrico si sviluppò nei pazienti che avevano ulcera duodenale. Si può concludere che l'Helicobacter pylori non è sempre un buon agente infettivo.

Colorazione transitoria dei denti dopo amoxicillina-acido clavulanico
In una lettera al Pediatrics, ricercatori spagnoli (Garcil-Lopez M et al., Pediatrics 2001, 108:819) riportano la storia di 3 bambini, due di 6 anni e uno di 3, che hanno presentato una colorazione grigio-bluastra di alcuni denti dopo l'utlilizzo di amoxicillina-acido clavulanico, che si è attenuata a distanza di mesi. La colorazione è stata attribuita alla formazione di depositi sulla superficie del dente, che ha solo conseguenze cosmetiche, senza causare nessun tipo di alterazione interna del dente. Quindi un'origine senz'altro diversa e meno importante di quella che hanno le tetracicline.

Il solfato ferroso in una sola somministrazione giornaliera nella cura dell'anemia ferropriva
In generale la somministrazione del solfato ferroso nella cura dell'anemia ferropriva del bambino viene eseguita somministrando il preparato (in gocce, fialoidi o sciroppo) in 3 somministrazioni giornaliere: per le difficoltà che i genitori incontrano a volte nell'uso di farmaci da usare 3 volte al giorno per periodi di circa 8 settimane, è stato provato l'effetto sull'anemia della stessa dose in una sola somministrazione giornaliera (Zlotkin S et al. - Pediatrics 2001, 108:613-6). Sono studiati 557 bambini anemici, abitanti in Ghana, di età fra 6 e 24 mesi, con emoglobina fra 7 e 9,9 g/dL: a un gruppo di 280 vengono dati 40 mg di ferro elementare, come sale ferroso in gocce, una volta al giorno e negli altri 277 (gruppo controllo) la stessa dose giornaliera in 3 volte. Alla fine dello studio, sulla base del livello di Hb e di ferritina è stato osservato che una somministrazione giornaliera ha gli stessi effetti sull'anemia della somministrazione per 3 volte al giorno. Il risultato è stupefacente e può tornare utile per migliorare l'aderenza alla continuità della cura; merita tuttavia una conferma, prima di modificare i nostri comportamenti.

Un caso di colera in Germania
Un uomo di 36 anni, di origine nigeriana, residente in Germania, si ammala acutamente il 12 luglio 2001, con diarrea acquosa e vomito (Eurosulveillance 2001, 5, n.36). Viene ricoverato all'Ospedale di Berlino il 14 luglio per la prosecuzione dei sintomi, aggravati dalla disidratazione, dalle modificazione degli elettroliti e da un'insufficienza renale acuta, senza febbre. Al paziente vennero dati liquidi ed elettroliti, senza antibiotici. Egli guarì presto e i suoi reni ripresero a funzionare. Dalle sue feci il 17 luglio venne isolato il Vibrio cholerae (sierotipo O1, biotipo Inaba, fenotipo El Tor). Egli venne dimesso il 25 luglio con la coltura dalle feci negativa. Il paziente era tornato, dopo un periodo di vacanza, dalla Nigeria il 30 giugno; 4 ore prima dell'inizio dei sintomi egli aveva mangiato del pesce che era stato portato in aeroplano dalla Nigeria, da un amico, il giorno precedente. Il paziente aveva preparato lui stesso il pesce, bollendolo in acqua ed era stata la sola persona a mangiarlo. Poiché il colera ha un tempo d'incubazione da poche ore a tre giorni, viene concluso che egli aveva preso il colera mangiando quel pesce. Poiché il pesce era stato bollito, bisogna pensare che il vibrione sia stato acquisito durante la preparazione del pasto. Fortunatamente nessun altro caso di colera è stato riscontrato fra gli amici e i contatti del soggetto a Berlino, né nella sua famiglia in Nigeria.

Dinamicità dei tipi di pneumococco nelle malattie invasive
LoStreptococcus pneumoniae è un'importante causa di morbilità e di mortalità nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo, soprattutto fra i bambini dei primi anni e fra le persone anziane: la meningite acuta, la batteriemia e la polmonite sono gli eventi clinici più comuni. In Svezia, sulla base di 1.136 isolamenti di pneumococchi da soggetti con malattie invasive, fra il 1987 e il 1997 è stato notato che sono aumentati in maniera molto evidente gli isolamenti dei sierotipi 1 e 14, il primo di 10 volte e il secondo di 4 volte; ambedue i ceppi sono risultati penicillino-sensibili (Normark BH et al., J Infect Dis 2001, 184:861-9). Questi risultati documentano la capacità di cloni di pneumococchi penicillino-sensibili di emergere e diffondere rapidamente fra la popolazione di un Paese. Poichè questi ceppi non sono inclusi nel vaccino coniugato eptavalente oggi in commercio, gli autori sottolineano che questo rilievo è particolarmente preoccupante e rende necessario un continuo monitoraggio delle malattie invasive da pneumococco per sorprendere la comparsa di ceppi invasivi, in modo tale da poter assicurare che la copertura vaccinale rimanga sufficiente nelle singole regioni.

Le risposte immunologiche al vaccino del morbillo in età inferiore all'anno
I potenziali ostacoli all'immunizzazione dei lattanti contro il morbillo dipende da due fattori: l'immaturità del sistema immune e la presenza di anticorpi passivi di origine materna. Per ricercare questi parametri sono stati studiati lattanti di 6 mesi (93 soggetti), di 9 (77 soggetti) e di 12 mesi (78 soggetti), dopo vaccinazione contro MPR (Gans H et al., J Infect Dis 2001, 184:817-26). Nei confronti dell'immunità cellulo-mediata, compresa la memoria immunologica delle cellule T, non ci furono differenze legate all'età, né alla presenza di anticorpi passivi. Invece nei bambini di 6 mesi la risposta anticorpale (anticorpi neutralizzanti) al vaccino del morbillo risultò diminuita, anche in assenza di anticorpi passivi di origine materna. Nei lattanti, in età di 9 mesi, viene confermato l'effetto negativo degli anticorpi passivi, anche se a basso titolo: quando vennero vaccinati bambini in assenza di anticorpi passivi, la loro risposta in anticorpi fu uguale a quella dei bambini di 1 anno. Da tutto questo deriva la necessità di somministrare la prima dose di MPR dopo il compimento del primo anno di vita; nel caso si renda necessaria una somministrazione precoce (6 mesi) è importante una seconda dose a 13-15 mesi.

La cura della nefropatia diabetica
Tre pubblicazioni, a cura di ricercatori diversi (in una ha collaborato anche il nefrologo italiano Giuseppe Remuzzi di Bergamo), concludono tutte che con l'uso di antagonisti del recettore per l'angiotensina è possibile ottenere buoni risultati nel trattamento della nefropatia da diabete tipo 2. In due ricerche è stato usato l'irbesartan (Lewis EJ et al - N Engl J Med 2001, 345: 851-60; Parving HH et al N Engl J Med 2001, 345:870-8) e nel terzo il losartan (Brenner BM et al., N Engl J Med 2001, 345:861-9). I soggetti complessivamente studiati sono 3.818: i farmaci non solo agiscono sul livello pressorio, ma dimostrano indipendentemente un effetto protettivo sul rene, con riduzione della microalbuminuria.

L'uso di eritromicina nel neonato aumenta il rischio di stenosi ipertrofica del piloro
Quando all'inizio del 2000 comparve sulla Pagina gialla (Honein Ma et al., Lancet 1999, 354, 2101-5) la descrizione di casi di stenosi ipertrofica del piloro (SPI) in 7 bambini, che avevano ricevuto eritromicina come profilassi della pertosse, si manifestò fra alcuni pediatri un sentimento d'incredulità. A distanza di meno di due anni l'associazione è stata confermata (Mahon BE et al., J Pediatr 2001, 139, 380-4). Su 14.876 lattanti, 43 (0,29%) svilupparono SIP; quelli che avevano ricevuto eritromicina per via generale presentarono un'aumentata incidenza di SIP, soprattutto quando il trattamento venne eseguito nelle prime due settimane di vita (il rischio relativo fu di 10.51). L'uso dell'eritromicina per via oftalmica, come trattamento della congiuntivite neonatale, invece non aumentò il rischio di SIP. L'uso di eritromicina nelle madri entro 10 settimane dal parto è possibile che si associ a un aumentato rischio, ma i dati raccolti non si sono dimostrati sufficienti per esprimere un giudizio preciso. Tutto questo significa che l'uso dell'eritromicina nel neonati non deve essere proscritto in modo assoluto, tuttavia il suo impiego deve essere prudente: viene ritenuto necessario avvertire i genitori del rischio e vanno loro descritti i segni della SIP.

Un nuovo lassativo: polietilenglicol 3350
La costipazione riguarda almeno il 3% dei bambini che giugono al pediatra di famiglia e il 25% delle visite di un Servizio di gastroenterologia pediatrica. La costipazione nel bambino può essere definita come l'emissione di feci in meno di 3 giorni per settimana, con passaggio, doloroso, di feci dure o in seguito a ritenzione volontaria. La cura si basa su consigli dietetici e comportamentali e sull'uso di vari lassativi e ammorbidenti delle feci. A 24 bambini con costipazione cronica viene somministrato polietilen glicol (PEG) in polvere alla dose di 1 g/kg al giorno in succo di frutta o in acqua, in due dosi giornaliere (Pashankar DS, Bishop WP, J Pediatr 2001, 139:428-32), per 8 settimane. IL PEG agisce come un agente osmotico che aumenta il contenuto di acqua nelle feci. Il farmaco è risultato palatabile, efficace e privo di effetti collaterali. A differenza del lattulosio il PEG non determina fermentazioni da parte della flora batterica del colon e non causa produzione di gas o di acidi, per cui non si accompagna a dolori addominali o a irritazione perianali. Con il PEG la frequenza settimanale delle feci passò da 2,3 per settimana a 16,9; le feci risultarono anche meno consistenti. Il prodotto non è in commercio in Italia; in USA è in commercio sotto il nome di Miralax.

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G. Bartolozzi. Un caso di colera in Germania
Dinamicità dei tipi di pneumococco nelle malattie invasive
Le risposte immunologiche al vaccino del morbillo in età inferiore all'anno
La cura della nefropatia diabetica
L'uso di eritromicina nel neonato aumenta il rischio di stenosi ipertrofica del piloro
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Helicobacter pylori e cancro dello stomaco
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Il solfato ferroso in una sola somministrazione giornaliera nella cura dell'anemia ferropriva
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Le risposte immunologiche al vaccino del morbillo in età inferiore all'anno
La cura della nefropatia diabetica
L'uso di eritromicina nel neonato aumenta il rischio di stenosi ipertrofica del piloro
Un nuovo lassativo: polietilenglicol 3350. Medico e Bambino pagine elettroniche 2001;4(7) https://www.medicoebambino.com/?id=AV0107_20.html