Ottobre 2000 - Volume III - numero 8
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte, e
Recenti
studi epidemiologici hanno mostrato che bambini con fratelli maggiori
o inseriti precocemente in comunità hanno una minore
prevalenza di asma nelle età successive, in confronto ai
controlli. Questo rilievo è avvalorato da un probabile
meccanismo biologico, secondo il quale le infezioni dei primi anni di
vita stimolano i linfociti Th1 che sono in grado d'inibire
l'espansione dei linfociti Th2, allergene-specifici, e possono
quindi limitare lo sviluppo di malattie atopiche. Per controllare
questa ipotesi è stato condotto uno studio su 2.531 bambini,
seguiti dalla nascita a 4 anni (Nafstad P et al, Pediatrics 2000,
106, p.e. 38
I
risultati ottenuti vanno in una direzione opposta a quella attesa: i
bambini con infezioni respiratorie (infezioni respiratorie inferiori,
otite media, laringite ipoglottica nel primo anno e anche semplici
riniti nei primi 6 mesi di vita) durante la prima infanzia hanno un
maggior rischio di avere ostruzione bronchiale nei primi due anni di
vita e di presentare ancora asma a 4 anni. La conclusione è
che il rischio di asma è inversamente proporzionale alla
presenza di fratelli di maggiore età.
Se
l'esposizione al fumo passivo della madre in gravidanza ha
conseguenze sull'ossigenazione del feto, alla nascita nel sangue
del neonato nelle prime 12 ore di vita, dovrebbe essere presente un
numero di eritroblasti più elevato di quello che si ritrova
nei neonati figli di madri che non sono state esposte. Partendo da
questo presupposto sono stati studiati 55 figli di madri, che erano
state in gravidanza esposte di continuo al fumo passivo, contro 31
bambini le cui madri non erano mai state esposte al fumo di tabacco (
Dollberg
S et al., Pediatrics 2000, 106 p. e. 34). Sia il numero assoluto di
eritroblasti (357 contro 237) che le analisi di regressione per
variabili indipendenti, hanno mostrato una significativa relazione
del numero assoluto di eritroblasti con l'esposizione al fumo di
tabacco. Viene concluso che il fumo passivo in gravidanza può
avere un effetto negativo sull'ossigenazione del feto.
Negli
ultimi 10 anni le discussioni sull'utilità dello screening
neonatale per la fibrosi cistica si sono susseguite una dopo l'altra,
fra fautori e denigratori. Un nuovo modello di screening neonatale ci
viene offerto dall'esperienza in Bretagna (Francia) (Scotet V et
al., Lancet 2000, 356:789-94). Lo studio riguarda 343.756 neonati
fra i quali sono stati identificati 118 bambini con fibrosi cistica;
la ricerca è stata eseguita con il dosaggio del tripsinogeno
immunoreattivo su gocce di sangue associato, nei casi con elevato
tripsinogeno, ad un estensiva analisi genetica in grado di
identificare più del 98% degli alleli mutati nella popolazione
in esame. I rilievi ottenuti sono stati utilizzati per lo screening
prenatale delle gravidanze successive nelle famiglie interessate.
L'incidenza rilevata è stata di un caso di fibrosi cistica su
2.913 nuovi nati; tutti gli alleli mutati sono stati classificati in
36 genotipi. L'introduzione dell'analisi del DNA nel protocollo ha
ridotto la percentuale dei soggetti richiamati. Inoltre ha permesso
di identificare, negli ultimi 4 anni di studio, 237 bambini
eterozigoti per mutazioni del CFTR (con le evidenti ripercussioni sul
consiglio genetico sia per i bambini portatori che per le loro madri
in caso di nuove gravidanze). Il prezzo medio è stato di $
2,32 per bambino screenato. In seguito allo screening prenatale sono
nati 42 bambini sani e 18 gravidanze sono state interrotte. Gli
autori suggeriscono agli altri Paesi di utilizzare il loro programma.
E' stata
condotta in 148 neonati con distress respiratorio una ricerca per
valutare quale sia il farmaco più adatto per determinare la
chiusura del dotto arterioso (Van Overmeire B et al, N Engl J Med
2000, 343:674-81). E' risultato che l'ibuprofen al terzo giorno
di vita è efficace come l'indometacina nel trattamento del
dotto arterioso pervio in neonati pretermine con sindrome da distress
respiratorio; l'ibuprofen è meno facile che induca oliguria
(P=0,03).
Come si
sa la zidovudina (Z) ha un effetto tossico sui mitocondri cardiaci
negli animali e nell'uomo adulto. Qualche sospetto è sorto
anche per un possibile danno cardiaco da Z nei lattanti. Per fugare
qualsiasi timore è stato condotto uno studio su 58 lattanti,
infettati con HIV (di cui 12 esposti alla Z) e 382 senza infezione da
HIV (di cui 36 esposti alla Z): i bambini sono stati seguiti fino
all'età di 5 anni con esami ecocardiografici ogni 4-6 mesi
(Lipshultz SE et al., N Engl J Med 2000, 343:759-66). La Z non
è risultata associata con alterazioni acute o croniche della
struttura e della funzione del ventricolo sinistro nei lattanti,
esposti al farmaco nel periodo perinatale.
Tutti
sanno che accanto alla presenza delle macchie caffè e latte,
soprattutto in sede ascellare, nella diagnosi di neurofibromatosi
tipo 1, è importante anche il rilievo da parte dell'oculista
di due o più noduli di Lisch, presenti nel 74% dei pazienti.
Ma nella neurofibromatosi tipo 1, l'occhio può presentare
con una certa frequenza anche altre alterazioni. Uno studio
giapponese, eseguito in bambini e adulti, a questo proposito, ha
messo in evidenza a carico della coroide alcune specifiche
alterazioni (Yasunari T et al., Lancet 2000, 356:988-92): sono
state rilevate alterazioni a macchie lucenti all'esame del fondo
con infrarossi, corrispondenti alle aree ipofluorescenti viste con
gli angiogrammi con indocianina-verde. Queste lesioni sono
probabilmente a carico della coroide; la loro alta frequenza (100%
dei casi) suggerisce che la coroide è una delle strutture più
comunemente colpite nella neurofibromatosi tipi 1. La ricerca di
queste lesioni si dimostra essenziale per la diagnosi nei casi
parziali, di difficile riconoscimento.
Alterazioni
del metabolismo dei carboidrati e dei grassi dopo molti anni dal
trapianto di midollo osseo
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pazienti, che erano stati trapiantati di midollo osseo da 3 a 18 anni
prima, sono stati studiati nei confronti del metabolismo degli
zuccheri e dei grassi (Taskinen M et al., Lancet 2000,
356:993-7). Il 52% di essi aveva un'insulino-resistenza,
manifestatasi in 6 come intolleranza al glucosio e in 4 come diabete
tipo 2. Nel 34% all'iperinsulinemia si associava
ipertrigliceridemia. In uno si sviluppò una leucemia. La
frequenza dell'insulino-resistenza aumentò con il passare
degli anni. Sulla base di questi rilievi gli autori suggeriscono
l'utilità di controlli metabolici a distanza dal trapianto
di midollo osseo.
La
mortalità infantile in USA nei nati da donne nere è il
doppio di quella che è presente fra i nati da donne bianche.
Ora veniamo a sapere che fra le donne nere il numero dei nati
pretermine da parto singolo è doppio in confronto a quello che
avviene fra le donne bianche (CDC, MMWR 2000, 837-40);
confrontando i dati del 1997 con quelli del 1990 risulta che
complessivamente il numero dei nati pretermine è aumentato fra
le donne bianche, mentre è parallelamente diminuito quello dei
nati da donne nere; il rapporto neri/bianchi è passato da 2,4
a 1,9. Questa distanza ancora troppo elevata non è stata
attribuita a una singola causa, ma sono stati tirati in ballo fattori
biologici, psico-sociali, sociali, economici e ambientali.
Ricordiamoci che, per quanto riguarda la mortalità infantile,
un fenomeno del genere è presente anche per alcune regioni
italiane, per cui un bambino che nasca in una regione ha il doppio di
probabilità di morire nel primo anno di vita in confronto a
uno che nasce in un'altra regione: la nostra “anomalia” è
che ambedue questi bambini sono nati sempre da donne bianche, per cui
la ricerca della cause, se qualcuno volesse darsi la pena di
ricercarle, sarebbe ovviamente ristretta.
La
sclerosi multipla (SM), una volta chiamata sclerosi a placche, è
una malattia cronica infiammatoria demielinizzante del sistema
nervoso, che colpisce più spesso i soggetti di sesso femminile
in età fra i 20 e i 40 anni. L'interferon-b si è
dimostrato efficace nel trattamento di pazienti con SM ormai
stabilizzata, riducendo la progressione della malattia e la gravità
delle lesioni. Poco si sapeva sull'efficacia di questo trattamento
nelle fasi iniziali della SM, quando ancora le lesioni
demielinizzanti hanno una ridotta estensione. Ebbene, iniziando il
trattamento, randomizzato, in doppio cieco, contro placebo, con
interferon-b-1a, al momento della prima lesione sono stati ottenuti
benefici risultati in un gruppo di 193 pazienti, con dosi di 30 mg
una volta alla settimana per via intramuscolare (Jacobs LD et al,
N Engl J Med 2000, 343:898-904). Con l'interferon-b-1a, durante
3 anni di controllo a distanza, la probabilità comulativa di
sviluppare una SM, clinicamente manifesta, è
significativamente più bassa nel gruppo trattato che nei
controlli, che avevano ricevuto il placebo (P=0,002). I pazienti
trattati avevano una relativa riduzione nel volume delle lesioni
cerebrali (P<0,001) e un numero inferiore di nuove lesioni
(P<0,001).
Nonostante
i notevoli miglioramenti nei servizi di terapia intensiva neonatale,
che hanno portato a un abbassamento pronunziato nella letalità
dei nati con peso estremamente basso, più del 68% dei
sopravvissuti, nati prima della 25° settimana di gestazione,
hanno deficit di sviluppo neuro-motorio (deficit motori, ritardo
globale di sviluppo, difficoltà nella parola e nel linguaggio,
dislessia, disordini dell'attenzione con iperattività e
altro). Con l'uso della RM è stato misurato il volume
cerebrale, l'area di superficie corticale e la complessità
delle pieghe della corteccia cerebrale nei nati pretermine con peso
molto basso (Ajayi-Obe M et al., Lancet 2000, 356:1162-3). E'
risultato, dall'esame di 14 nati molto prima del termine, che a
38-42 settimane di età gestazionale essi avevano una minore
superficie dell'area corticale e una minor complessità delle
pieghe della corteccia (p< 0,0148 e p< 0,0002 rispettivamente).
Poiché questi deficit acquisiti durante i periodi critici
dello sviluppo cerebrale possono essere permanenti, questi risultati
offrono un substrato neurologico alle alterazioni cognitive che così
di frequente incontriamo in questi gravi pretermine.
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