Febbraio 2010 - Volume XIII - numero 2
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di viaggio
Festa
nazionale in Angola
Specializzando
in Pediatria, Clinica Pediatrica IRCCS “Burlo Garofolo”,
Università di Trieste
Indirizzo
per corrispondenza: contgabriele@gmail.com
Siamo al
43° giorno di vita in Angola... oggi è festa nazionale,
non per questo la morte va in ferie... e per questo motivo abbiamo
imparato a fare un saltino comunque, un “giretto” fugace
a vedere solo i più critici... dice Magda (la volontaria
pediatra che è qui da più o meno 3 anni)... ma già
lo sapevo che non sarebbe andata così. Sì perché
dipende sempre da chi fa il turno, ma normalmente il medico di banco
si fa ben poco vedere e i malnutriti, i nostri bimbi, non contano per
nessuno all’infuori di noi e qualche dottore nero (dico nero
perché è semplicemente africano e NON angolano!).
Grazie al cielo oggi è una giornata tranquilla, nel senso che
sono tutti vivi e nessuno è sparito nel procedere lento della
notte... perché la notte... nera... è morte... si muore
magari senza una diagnosi (cosa piuttosto comune), a volte senza
alcun spettatore o “accompagnatore”... la mamma
dormiva... l’infermiere anche... il medico pure... e lui si è
soffocato nel sonno, quando lo capiscono è già freddo
da ore...
Ma questa
Angola, questa piccola parte di Africa, questi 43 giorni non sono
solo questo, no!
Una cosa
è certa, questa gente, questo cielo d’Africa, questo
sole, questa terra arsa, questi occhi tristi non si lasciano
semplicemente vivere, non ti scorrono davanti solo perché il
tempo non si ferma, no, ti fanno sudare, angosciare, emozionare,
piangere, gridare, arrabbiare, commuovere, riflettere, domandare,
vergognare, condividere, pregare, comprendere, giustificare...
scappare, tornare e vivere!
Mi ero
preparato mentalmente e sentimentalmente a quanto mi sarei trovato di
fronte... ma non era sufficiente, fino a quando non ci sbatti il
naso, non impatti sulla differenza profonda che per te la vita ha un
senso e un significato e per loro no, fino a quando non capisci che
il tuo cervello è stato più o meno da sempre abituato
al confronto, all’apprendimento, all’essere stimolato,
che sei un essere umano circondato da segni di amore... fino a quando
non capisci che il tuo modello di salute, famiglia e vita è
tuo e non ha nulla a che vedere con quello a cui questa povera gente
è stata abituata, fino a quando non capisci che prima il
colonialismo e poi la guerra civile per 25 anni hanno rasato al suolo
quel poco di tradizionale (Freddy il nostro compagno di casa
Togolese, Africano lui stesso, rimane sempre allibito pensando al
fatto che qui di lingue nazionali tradizionali... africane... non c’è
l’ombra!!! hanno perso tutto il loro essere Africani... come la
foresta di Baobab che va in fiamme... per far spazio ai
grattacieli...) quel poco di tradizione che era rimasto è
stata cancellato (resistono soltanto le barbare pratiche
medico-religiose che fanno morire piuttosto che guarire) e che qui si
vive come viene, e nascere e morire è la stessa cosa, si
festeggia ugualmente... Fino a quando non digerisci questo, fino a
quando non lo fai tuo, tuo modello di vita e pensiero e
comprensione... Non puoi metterti a proporre nulla... perché
sei lontano da tutto e da tutti.
Respiro
profondo...
Si è
appena conclusa la mia settimana nera, LA MIA PRIMA SETTIMANA NERA...
durante la quale tutti i sentimenti ed emozioni provabili le ho
provate... in 36 ore sono morti 5 nostri bambini e due lunedì
pomeriggio, chiamati dalle infermiere quando una era già
fredda... e l’altra tirata fuori per i capelli da morte
imminente (cuore e respiro ASSENTI per 5 minuti)... ci è morta
comunque dopo 2 ore... Lunedì mattina iniziato con la
cronologia dei FALECIDOS (persi)... con i racconti dell’accaduto
del medico di turno... privo di commozione, freddo come fredde le sue
parole e le sue espressioni... e quella stupida risata finale sulla
“pesantezza del suo turno, inteso come lavoro” inteso
come pesantezza lavorativa e non sentimentale. Ho il cuore gonfio, le
lacrime sono lì per lì, mi alzo e me ne vado,
disgustato e tradito!
Ritorno,
la riunione è ancora in corso, la direttrice sembra veramente
arrabbiata oggi, mai vista così. Mi guarda, ci incrociamo la
vista più volte, mi ammicca un sorriso, anche il dottore
Kalumè (del Congo), anche la dottora Lorna (di Panama), e
Angelina; con “Gina” mi trovo veramente bene, è
sulla nostra stessa linea d’onda (per 1/3 angolana, 1/3 cubana
e 1/3 italiana perché sposata con Michele... lo Chef
amministrativo, con il quale si è creato un rapporto
meraviglioso, che deve ancora dare il meglio di sé... mas vai
dar!). Il problema era mio, non riuscivo a giustificare l’accaduto,
con nessuno di qui, con nessuno di casa, nemmeno con me stesso. Ho
provato una nausea tale che mi facevano vomitare tutti, pure il
vedermi al lavoro.... “Devi porti un limite, non puoi pensare
di farti carico di tutto, devi porti un limite” frase che mi
dicevo da solo, che mi dicevano tutti e che mi faceva ancor più
nausea.
Perché
questi bambini li dovreste vedere... arrivano che sembrano
assolutamente morti che camminano, certi fa persino male solo
guardarli, perché ti chiedi come si può sopravvivere a
tutto questo, con madri che ti chiedi come siano ancora in vita
mangiate dall’HIV, divorate piano piano... in vita quel tanto
che permette a noi di riacquistare la speranza per poter rimediare...
e sul più bello, quando il cucciolo finalmente riassapora il
piacere di vivere... muore la mamma... e per lui è finita!
Respiro
profondo...

Qui a un
certo punto qualcosa cambia, quel piccolo mucchietto di ossa con gli
occhi che riflettono l’ombra di morire... sarà perché
riusciamo a trasmetterli attenzioni, amore, coccole e le stesse mamme
capiscono che devono tornare a essere mamme (forse quelle mamma che
nemmeno le loro mamme sono mai state), beh quel mucchietto di ossa,
quel teschio che ti guarda con occhi grandi e smarriti... prende una
forma nuova, inizia a fissarti senza piangere, ti prende un dito
quando tu stendi la mano, ammicca, ti cerca con lo sguardo, di stende
le braccia o ti corre incontro quando arrivi in stanza. Non potete
immaginare quante volte si è già ripresentato lo stesso
copione... e grazie al cielo... così torno in pace con il
mondo!
Manca
lo spinning...
Sì
qua lo stress mi resta dentro, non c’è possibilità
di scaricare la tensione, l’insoddisfazione, la rabbia... una
rabbia che è così forte che devo letteralmente
andarmene via perché altrimenti mi scendono lacrimoni o peggio
ancora metto la mani addosso a qualcuno... “altro che
Zoglia”...
Tuttavia
ho trovato una via di fuga... torno in pace con me stesso e con
questa parte di Mondo e con questa gente, tutta (infermieri, madri,
medici...) la notte.
Torno in
ospedale, la sera dopo cena, e parlo con loro, racconto delle storie,
le stimolo a farle loro... mamme... papà... zie... zii...
nonne... le nostre favole più o meno tradotte fantasticando,
un po’ di teatro... ho imparato a fare la pizza e il dolce... e
con loro tutte condivido un pezzettino... poi me li abbraccio e
abbraccio anche loro, le madri, perché se non lo fanno con i
loro figli sarà forse perché... perché hanno
dimenticato o non l’hanno mai saputo quanto importante è
il calore di un abbraccio... e intanto le tengo sveglie, e loro danno
questo benedetto latte.
Torno a
casa e mi metto a sedere nel “giardino” di sabbia di
fronte alla nostra casa e guardo il cielo... e la notte c’è
una brezza... fresca quel giusto da aver la pelle d’oca... e mi
chiedo da dove venga questo vento, quanta strada abbia fatto, che
profumi porti con sé rubati all’insaputa di quali
villaggi o navi galleggianti nell’oceano... chissà se
porta qualcosa di Recife...
Che luna
signori. Il cielo è cielo, le stelle sono tante e luminose...
ma che costellazioni... e il carro dov’è? e la luna??
chi ha girato lo schermo??? che fa questa luna, è girata, mi
sorride.
Quanto
importante è un sorriso e un po’ di musica.
Può
essere la giornata più cupa e triste, ma quando un cucciolo mi
sorride... ah, prende tutta un’altra piega. Non dico che i
nostri bimbi non siano belli, dolci, sorridenti e profumati... ma
questi sembrano esserlo ancora di più! C’è un
calore umano, che quando TORNA A GALLA... cavolo è pazzesco,
SCOTTA! per non dire che BRUCIA!
Non
riesco a rimanere impassibile, mi rimescola tutto dentro.
Mi fa
tornare in pace con il mondo!
Abbiamo
legato molto, soprattutto con quei casi disperati che nessuno sa
come... morti arrivati e che davi per morto il giorno seguente, che
si sono ripresi e che cantano assieme alla mamma o al papà e
assieme a me “ci son due coccodrilli e un orangotango”
tradotta in portoghese e con animazione... devo dire grazie a mamma e
papà che sono riusciti, nonostante la mia opposizione e
chiusura iniziale, a rendermi “adattabile” alle
situazioni. Il nostro è un reparto di disperazione, ma
facciamo il possibile perché non manchi mai il sorriso, la
battuta, sulla mia condizione di calvizie ormai c’è una
telenovela. La visita è sempre uno scherzare, perché si
sono abituati a rispondere alle domande routinarie, sapendo quando
rispondere sì e quando no... e allora inframmezzo qualche
altra domanda oltre a “ha diarrea”... “a tosse”...
“ha vomitato”... chiedo se ha orecchie, occhi, se io ho
testa... e se io ho capelli... così capiamo se è
connesso o meno il cervello nel rispondere.
Ho
imparato ad alzare la voce in pubblico... a fare la voce grossa... a
essere cinico... a essere diretto senza giri di parole... ad alzare
le spalle e scrollarmi di dosso responsabilità che non mi
appartengono... a fare interventi manuali senza anestesia, a
comunicare diagnosi di HIV positive... a riferire della perdida del
cucciolo alla mamma o al papà.
MA....
Cosa non ho ancora imparato è sopportare sono le mosche...
madonna che roba, qui gli camminano sulla faccia, sulla bocca,
nell’occhio (sì, NELL’occhio) nel naso e nessuno
si scompone... non hanno la forza... mi è stato spiegato, non
hanno la forza di gridare la fame che hanno... figurati se sprecano
energie a cacciar via milioni di mosche...
Che
esperienza: POSITIVA!
Si,
positiva sotto tutti i punti di vista, anche quelli BUI, quelli
INCOMPRESI, quelli che HO NASCOSTO SOTTO LA SABBIA...
Mi è
stato chiesto perché... PER ME!
Certo che
sono venuto per me!
Per
l’umanità che qui incontri dopotutto: umanità al
100%, quando riemerge non ci sono finzioni. Mamme che condividono il
pranzo, padri che lavano la roba, dicevo madri o padri che lavano la
roba anche per gli altri... piene di feci... vomito o pipì...
quando esce, c’è un rapporto umano incredibile.
Sono
sull’amaca di Magda che scrivo questa email... l’Amaca,
“a REDE” Zanin... che mi fa sentire insieme a te ancora
in Brasile, il Nostro Brasile!
Qui ci
sono molte più difficoltà e certe insormontabili... ma
le gioie semplici... sono immensamente grandi!
Beijos...
da un privilegiato!
Gabri
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