Giugno 2012 - Volume XV - numero 6

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Appunti di Terapia

Gestione del neonato con sospetta o certa sepsi batterica a esordio precoce
Vitalia Murgia
Pediatra di famiglia, Mogliano Veneto (Treviso)
Indirizzo per corrispondenza: vitalia.murgia@tin.it

La sepsi neonatale a esordio precoce compare clinicamente entro 6 h dalla nascita nel > 50% dei casi; la grande maggioranza si manifesta entro le 72 h di vita; la sepsi neonatale a esordio tardivo generalmente si presenta dopo 4 giorni dalla nascita.
La sepsi neonatale a esordio precoce è una delle più comuni cause di mortalità neonatale, in particolare nei bambini pretermine e la diagnosi di “sospetta sepsi” è una delle più frequenti nelle TIN. Pertanto è apprezzabile lo sforzo fatto da Polin e dal COMMITTEE ON FETUS AND NEWBORN dell’American Academy of Pediatrics di definire un approccio pratico e, ove possibile, evidence based alla gestione dei neonati con diagnosi sospetta o certa di sepsi neonatale a esordio precoce1.

Gli Autori ricordano innanzitutto come i segni e sintomi della sespi non siano specifici e come sindromi infiammatorie di origine non infettiva possano manifestarsi con una sintomatologia che mima quella della sepsi neonatale. I neonatologi si trovano a dover affrontare tre aspetti rilevanti:
  • Identificare e iniziare velocemente la terapia antibiotica nei neonati che hanno un’alta probabilità di avere una sepsi;
  • Distinguere neonati apparentemente sani ma ad “alto rischio” dai neonati che hanno segni clinici ma non richiedono trattamento;
  • Interrompere la terapia antibiotica una volta che la diagnosi di sepsi può essere considerata improbabile.
I maggiori fattori di rischio per la sepsi neonatale a esordio precoce sono:
  1. la nascita pretermine
  2. la colonizzazione materna con lo streptococco di gruppo B (GBS)
  3. la rottura delle membrane > 18 ore
  4. segni e sintomi materni di infezione intra-amniotica.
Il percorso proposto da Colin e colleghi prende in esame innanzitutto i test diagnostici per identificare la sepsi, prosegue con il trattamento e la prevenzione e si conclude con alcuni scenari clinici particolari.


TEST DIAGNOSTICI PER IDENTIFICARE LA SEPSI NEONATALE AD ESORDIO PRECOCE

Esami che permettono di identificare i bambini che hanno alta probabilità di avere una sepsi neonatale ad esordio precoce

Emocoltura: è indicato eseguire una singola emocoltura con una quantità di non meno di 1.0 ml in un unico flacone pediatrico. La divisione del campione in due flaconi sembra ridurre la sensibilità del test. È stato infatti dimostrato che un prelievo di soli 0.5 ml può non permettere di intercettare basse cariche batteriche; inoltre il 25% dei neonati con sepsi ha una batteriemia con un basso numero di colonie ( 4 CFU ml). Il rischio di contaminazione è maggiore se si fa il prelievo dalla vena ombelicale.

Rachicentesi: va fatta a tutti i neonati con una emocoltura positiva, a quelli con esami ematologici che fanno fortemente sospettare una sepsi e a quelli che peggiorano in trattamento antibiotico. La rachicentesi può essere rinviata fino a stabilizzazione delle condizioni cliniche nei neonati in condizioni critiche in cui si teme che la procedura possa determinare complicanze respiratorie o vascolari. Nei lattanti a termine e pretermine affetti da meningite nel liquido cerebro spinale si trovano concentrazioni più elevate di proteine e più basse di glucosio. Una bassa concentrazione di glucosio nel liquido cerebro spinale è la variabile a maggiore specificità per la diagnosi di meningite. Più controverso il valore da attribuire alla conta leucocitaria.

Esami che permettono di escludere che il neonato abbia una sepsi ad esordio precoce (scarso valore predittivo positivo ma buono o elevato valore predittivo negativo)

Conta periferica totale e differenziale dei leucociti: sono poco utili nella diagnosi di sepsi a esordio precoce e hanno scarso valore predittivo positivo. Il valore dei neutrofili è più utile per escludere la diagnosi di meningite che per confermarla. La neutropenia sarebbe un miglior indicatore di sepsi nel neonato ed ha maggior specificità della neutrofilia. Secondo uno studio citato dagli Autori si può parlare di neutropenia nei neonati pretermine tardivi con valori <1800/mm3 alla nascita e <7800/mm3 a 12-24 ore dalla nascita; altri studi, svolti a differenti livelli di altitudine riportano valori differenti. Un altro lavoro riporta il picco fisiologico dei neutrofili a 6-8 ore dalla nascita. La conta assoluta dei neutrofili immaturi segue un pattern simile e ha il picco intorno alle 12 ore di vita.

Rapporto IT: una singola determinazione del rapporto tra neutrofili immaturi e conta totale neutrofili (rapporto I/T ) ha un bassissimo valore predittivo positivo (∼ 25%) ma ha un elevatissimo valore predittivo negativo (99%). Il rapporto I/T può essere elevato nel 25%-50% dei neonati non infettati.
Il momento in cui si effettua la conta dei bianchi è di fondamentale importanza. È più probabile rilevare alterazioni con conte fatte a 6-12 ore dalla nascita, perché si dà il tempo alla risposta infiammatoria di instaurarsi. Pertanto se si decide di iniziare la terapia antibiotica subito dopo la nascita è meglio attendere 6-12, dopo la nascita, per effettuare le conte totali e differenziali.

Mediatori della fase acuta
Solo la PCR e la procalcitonina sono stati studiati in lavori di sufficiente numerosità del campione. La sensibilità della PCR è bassa alla nascita ma aumenta drammaticamente se viene dosata a 6-12 ore dalla nascita. 2 valori normali di PCR (determinazioni a 8-24 dalla nascita e dopo 24 ore, esclusi i valori alla nascita) hanno un valore predittivo negativo del 99,7%. Se la PCR rimane normale in maniera stabile è molto improbabile che ci si trovi in presenza di una sepsi. Non ci sono evidenze che raccomandino la ripetizione sequenziale del dosaggio della PCR.
Il picco fisiologico della procalcitonina si verifica entro le prime 24 ore di vita e un aumento può essere determinato anche da condizioni non infettive. La concentrazione di procalcitonina è lievemente più sensibile della PCR ma meno specifica. Nei soggetti adulti ricoverati in Unità di terapia intensiva pare essere di aiuto per un utilizzo più razionale degli antibiotici.

Sistemi di score: tutte le combinazioni di test ematologici usate hanno dimostrato di avere uno scarso valore predittivo positivo.
Hanno dimostrato di avere un buon valore predittivo negativo (>99%) gli score per lo screening della sepsi che comprendono i valori dei neutrofili e indici di flogosi (in genere PCR). Potrebbero, pertanto, essere di aiuto nel decidere quali tra i neonati ad alto rischio” di avere sepsi non hanno bisogno della terapia antibiotica o possono interrompere un trattamento già avviato.


Esami che aiutano poco a far diagnosi di sepsi ad esordio precoce

Piastrine: sono un indicatore tardivo di sepsi, poco sensibili e poco specifiche.

Non è raccomandato eseguire di routine: urinocoltura, colture di campioni prelevati dall’ascella, dall’inguine e dal canale auricolare, la coltura dell’aspirato gastrico o tracheale. Hanno poca utilità predittiva positiva e negativa.

TRATTAMENTO DELLA SEPSI NEONATALE AD ESORDIO PRECOCE

Nella sepsi neonatale ad esordio precoce, negli Stati Uniti, i patogeni più comuni sono il GBS e l’Escherichia coli. Gli Autori consigliano come trattamento iniziale una combinazione di ampicillina e un aminoglicoside (generalmente gentamicina). Questa combinazione di antibiotici ha un’azione sinergica nei confronti del GBS e della Listeria monocytogenes. Una cefalosporina di terza generazione potrebbe rappresentare un’alternativa agli aminoglicosidici; tuttavia, numerosi studi hanno dimostrato che quando il cefotaxime viene usato routinariamente per la terapia della sepsi neonatale ad esordio precoce si sviluppa rapidamente resistenza batterica e che l’uso estensivo e prolungato delle cefalosporine di terza generazione è un fattore di rischio per infezioni invasive da candida.
Il ceftriaxone è controindicato nei neonati perché lega fortemente le proteine e potrebbe sostituirsi alla bilirubina causando kernicterus.

Durata del trattamento
  • Batteriemia senza segni evidenti di infezione focale: va trattata generalmente per 10 giorni.
  • Meningite da GBS non complicata: va trattata per almeno 14 giorni (altre infezioni focali da GBS come encefalite, endocardite, osteomielite, endocardite, ecc. vanno trattate per periodi più lunghi).
  • Meningite da Gram - : va trattata per almeno 21 giorni o per 14 dopo aver ottenuto una coltura negativa. Deve essere trattata con cefotaxime e un aminoglicoside almeno fino a quando non sia disponibile l’antibiogramma.
  • Durata della terapia antibiotica di neonati con emocoltura negativa: risulta essere controversa. Molte donne ricevono terapie antibiotiche durante il travaglio di parto per prevenire l’infezione precoce da GBS o per la gestione di infezione intra-amniotica o della rottura prematura pre-termine delle membrane (PPROM) ed in questo caso le emocolture postnatali possono essere falsamente negative. Nel decidere la durata della terapia in neonati con emocoltura negativa occorre prendere in considerazione sia il decorso clinico sia i rischi associati a terapie antibiotiche protratte nel tempo. L’emocoltura negativa e la terapia antibiotica superiore a 5 giorni in neonati con sospetta sepsi ad esordio precoce potrebbero essere associate a enterocolite necrotizzante e morte. La possibilità di questa associazione è supportata da più di un lavoro.

STRATEGIE PREVENTIVE
L’unico intervento efficace per prevenire la sepsi neonatale ad esordio precoce è la somministrazione iv durante il parto di antibiotici contro l’infezione da GBS. Una profilassi adeguata può essere fatta con la penicillina (antibiotico di scelta), l’ampicillina o cefazolina somministrate nelle 4 ore prima del parto. Nelle partorienti allergiche alla penicillina la cefazolina è il farmaco di scelta. Non si usa più l’eritromicina per i livelli elevati di resistenza del GBS nei confronti di questo farmaco.
La profilassi antibiotica è indicata nei seguenti casi:
  • Culture antenatali o test molecolari che confermano infezione da GBS all’ammissione in ospedale (tranne donne sottoposte a cesareo).
  • Donne di cui non si conosce il livello di colonizzazione con gestazione < 37 settimane, rotture delle membrane >18 ore o temperatura >38°.
  • Batteriuria per GBS durante la gravidanza in corso.
  • Precedente figlio con infezione invasiva da GBS.

Gli Autori delineano infine 3 diversi scenari clinici di cui tracciano anche l’algoritmo decisionale e per i quali si rimanda all’articolo originale che è scaricabile liberamente dal sito di Pediatrics (vedi citazione e link in calce alla pagina).
In conclusione Polin e il commettee ci ricordano che la diagnosi e la gestione della sepsi neonatale precoce si basano su principi scientifici modificabili grazie “alle competenze e all’esperienza” del neonatologo e sintetizzano le loro raccomandazioni in 7 punti chiave:
  1. La sepsi neonatale è la causa maggiore di morbilità e mortalità.
  2. La gran parte dei test diagnostici per identificare la sepsi precoce (escluse l’emocoltura e l’esame del liquido cefalo-rachidiano) sono utili solo per escludere che sia in atto una sepsi ma non per identificare i neonati probabilmente infetti.
  3. Se si usa un unico flacone pediatrico di raccolta è necessario prelevare 1 ml di sangue prima di iniziare la terapia antibiotica.
  4. Le culture da aree superficiali del corpo, l’aspirato gastrico e l’urinocoltura non hanno alcun valore per la diagnosi di sepsi neonatale ad esordio precoce.
  5. La rachicentesi non è necessaria in tutti i neonati in cui si sospetta una sepsi, soprattutto in quelli in buone condizioni generali. Va fatta però: a tutti i neonati con segni di sepsi (se possono essere sottoposti alla procedura), a quelli con emocoltura positiva, a quelli in cui si può sospettare una batteriemia sulla base dei dati di laboratorio e a quelli che non rispondono in maniera adeguata alla terapia antibiotica instaurata.
  6. Il trattamento ottimale è rappresentato da antibiotici a largo spettro (ampicillina e aminoglicoside). Appena il patogeno viene identificato si dovrebbe utilizzare antibiotici mirati a minor spettro d’azione.
  7. La terapia antibiotica va interrotta dopo le 48 ore nelle situazioni cliniche in cui la probabilità di sepsi è bassa.

Bibliografia di riferimento

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V. Murgia. Gestione del neonato con sospetta o certa sepsi batterica a esordio precoce. Medico e Bambino pagine elettroniche 2012;15(6) https://www.medicoebambino.com/?id=AP1206_10.html