Settembre 2008 - Volume XI - numero 7
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Appunti di Terapia
Vaccino contro l’epatite A versus immunoglobuline per la profilassi postesposizione
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Il virus
dell'epatite A è responsabile di un'infiammazione acuta
del fegato; esso si trasmette per via feco-orale e la malattia ha
un'incubazione di 15-50 giorni (periodo medio 28 giorni),
nettamente più breve di quello dell'epatite B.
Si
presenta spesso al medico pratico (pediatra di famiglia o medico di
medicina generale o medico addetto alla Sanità pubblica) la
necessità di prevenire la diffusione intrafamiliare, o
comunque ambientale, dell'infezione, mediante la prevenzione
post-esposizione, cioè la necessità d'impedire
che si ammalino di epatite A i conviventi di un soggetto con questa
malattia. Poiché la diffusione del virus nelle feci precede di
7-15 giorni la comparsa della malattia, è necessario usare
provvedimenti efficaci, il prima possibile dopo la diagnosi; il
ricorso alle comuni norme igieniche è sempre utile, ma quando
iniziano i sintomi della malattia capita spesso che l'eliminazione
del virus con le feci prima si attenua e poi cessa del tutto.
Quale
provvedimento prendere per la profilassi postesposizione ?
Purtroppo
non disponiamo ancora di farmaci contro il virus dell'epatite. Le
altre armi a disposizione sono due:
- Le immunoglobuline correnti del commercio, sostenute da tutta la letteratura anglosassone e
- Il vaccino contro l'epatite A, la cui efficacia venne dimostrata per la prima volta da infettivologi napoletani, in una fondamentale ricerca, comparsa sul Lancet nel 1999 (Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T et al. Efficacy of hepastitis A vaccine in porevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999, 353:1136-9).
La
critica che venne fatta alla ricerca di Sagliocca si basava sulla
mancanza, durante lo studio, di un gruppo trattato con le
immunoglobuline, mentre era presente un gruppo di controllo. Questa
critica e il conseguente mancato riconoscimento dell'efficacia
preventiva della vaccinazione HAV, ha arrestato il progresso della
prevenzione dell'epatite A per un decennio: essa è stata
ripetuta in ogni occasione, sui testi sacri e ripetutamente sul Red
Book.
Per noi
italiani, alle prese abbastanza spesso con la necessità di
prevenire l'infezione fra i conviventi o fra i compagni all'asilo
nido e alla scuola materna, la pubblicazione di Sagliocca trovò
immediatamente una larga applicazione e in molte pubblicazioni
(ricordo solo quella di Bonanni sulle comunità infantili in
Toscana) vennero presentate altre prove sull'efficacia del vaccino
HAV nella prevenzione post-esposizione.
Oggi,
finalmente, dopo 8 anni dalla pubblicazione di Sagliocca, arriva una
pubblicazione dell'Università del Michigan che conferma lo
studio italiano: Victor JC, Montgo AS, Surdina TY et al. Hepatitis
A vaccine versus immune globulin for postexposure prophylaxis.
N Engl J Med 2007, 357:1685-94).
Fino al
2007 il vaccino contro l'epatite A, somministrato come prevenzione
post-esposizione, effettivamente non era stato mai confrontato
direttamente con le immunoglobuline, che tutti riconoscono come
altamente efficace nella prevenzione, quando somministrate entro due
settimane dall'esposizione al virus. La ricerca si svolge nella
città di Almaty in Kazakhstan dove il virus dell'epatite A
(HAV) ha un'endemicità intermedia. I casi indice vennero
identificati attraverso una sorveglianza di media entità.
Venne definito come caso indice il primo caso sintomatico, confermato
dal laboratorio, in una famiglia o in un centro di accoglienza
giornaliera nei precedenti 60 giorni.
La
ricerca è stata randomizzata, in doppio cieco, con controllo
attivo, allo scopo di confrontare l'efficacia del vaccino epatite A
con quella delle immunoglobuline nel pervenire l'epatite A
sintomatica, confermata dal laboratorio, quando somministrate entro
14 giorni dall'esposizione con il caso indice di epatite A,. Il
periodo di esposizione è stata conteggiato a partire
dall'inizio dei primi sintomi nel paziente indice.
Risultati
della ricerca
Di 4524
contatti, 1414 (31%) risultarono suscettibili al virus dell'epatite
A e 1090 furono ritenuti eleggibili per l'analisi per
protocollo. Di questi:
- 568 ricevettero il vaccino epatite A e
- 522 ricevettero le immunoglobuline
Nella
maggior parte dei casi si trattava di bambini (età media 12
anni) e nella maggior parte la profilassi venne eseguita nella
seconda settimana dopo l'esposizione (intervallo medio 10 giorni).
Un'infezione sintomatica da virus dell'epatite A fu confermata in
25 contatti riceventi il vaccino (4,4%) e in 17 che ricevettero le
immunoglobuline (3,3%) (rischio relativo 1,35; intervallo di
confidenza 95% da 0,70 a 2,67).
Tabella
1. Risultati nei riceventi il vaccino contro l'epatite A e i
riceventi le immunoglobuline.

Questi
risultati dimostrano che il vaccino contro l'epatite A e le
immunoglobuline forniscono buona protezione dopo l'esposizione.
L'incidenza dei casi secondari lievemente più bassa fra i
soggetti che hanno ricevuto le immunoglobuline può indicare,
dicono gli autori, una modesta differenza di efficacia; ma a parte
questo il vaccino ha molti altri vantaggi:
- Conferisce una protezione di lunga durata, invece di soli 3 mesi come dopo l'uso delle immunoglobuline
- Il volume richiesto per la somministrazione delle immunoglobuline può essere tanto grande da determinare dolore alla somministrazione
- La disponibilità delle imunoglobuline è limitata
- Il contenuto in anticorpi anti-HAV sta riducendosi negli ultimi anni, grazie alla minor diffusione del virus nelle popolazioni
- Il prezzo delle immunoglobuline si avvicina a quello del vaccino
- Esiste sempre il rischio teorico d'infezione nella somministrazione di un derivato del sangue
- Almeno in Italia non sono quasi più reperibili la immunoglobuline standard, da usare per via intramuscolare, mentre sono sempre più diffuse le Ig da usare per via venosa, che ovviamente hanno un prezzo superiore.
Inoltre
in molti Paesi viene indicato il vaccino contro l'HAV nella
prevenzione post-esposizione (Paesi Europei, fra i quali l'Italia e
il Canada), tanto è vero che in molti Paesi le immunoglobuline
non si trovano più in commercio.
Le
recenti indicazioni dell'ACIP
Nello
stesso mese di ottobre 200,7 a conferma di questo cambiamento nel
modo di pensare del mondo scientifico americano nei confronti del
vaccino epatite A nella prevenzione post-esposizione, è
comparsa una Raccomandazione dell'ACIP (CDC. Prevention of
hepatitis A after exposure to hepatitis a virus in international
travelkers. Update recommendations of the Advisotruy Committee on
Immunization Practice (ACP). MMWR 2008, 56:1080-4): già
l'ACIP aveva raccomandato la vaccinazione per i bambini e i
soggetti ad aumentato rischio di epatite A, come i viaggiatori in
aree iperendemiche, i soggetti che fanno uso di droghe per via venosa
e gli uomini che fanno sesso con uomini (CDC, 2006).
Nella
recente pubblicazione alle persone che sono state di recente esposte
all'HAV e che in precedenza non erano state vaccinate contro
l'epatite A, viene raccomandato che siano sottoposte a una dose di
vaccino epatite A o immunoglobuline (0,02 l/kg), il più presto
possibile. In particolare:
- Per i soggetti “sani” da 12 mesi a 40 anni, una singola dose di vaccino HAV, in quantità adeguata all'età
- Per le persone > 40 anni sono da preferire le Ig, ma il vaccino può essere usato se non si trovano le immunoglobuline
- Nei bambini di età inferiore ai 12 mesi, nelle persone immuno-compromesse, nelle persone che hanno malattie croniche di fegato e in quelle nelle quali il vaccino sia controindicato, vanno usate le immunoglobuline.
- Per i viaggiatori internazionali “sani” è indicato il vaccino o le immunoglobuline prima della partenza. Tuttavia il vaccino epatite A alla dose appropriata è da preferire alle immunoglobuline. La prima dose deve essere somministrata non appena sia preso in considerazione il viaggio.
- Per i viaggiatori più anziani, per gli immunocomnpromessi e per quelli con malattie croniche di fegato o con altre malattie croniche, meno di 2 settimane prima della partenza debbono ricevere la dose iniziale di vaccino e insieme le immunoglobuline (0,02 ml/kg)
- I viaggiatori di meno di un anno di età e quelli che sono allergici al vaccino debbono ricevere una dose singola di immunoglobuline (0,02 ml/kg), che offrono protezione per 3 mesi.
Nella
pubblicazione viene fatto riferimento all'esperienza con il vaccino
HA in Canada e nel Regno Unito. Non viene ricordato nel testo il
lavoro di Sagliocca del 1999, che tuttavia viene citato come secondo
fra le 10 voci bibliografiche.
Una
vittoria italiana e un riconoscimento tardivo. Una storia non nuova
che mi fa pensare alla scoperta del telefono da parte di Meucci, solo
di recente riconosciuto ufficialmente negli Stati Uniti, dopo quasi
un secolo di false dichiarazioni. Ma non conviene stare a discettare
su chi sia stato il primo, il secondo o il terzo a fare una scoperta
scientifica; l'importante è che la scoperta venga
riconosciuta, come importante per la salute della popolazione
mondiale.
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