Maggio 2006 - Volume IX - numero 5
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Appunti di Terapia
Scomparsa
delle differenze razziali ed etniche nella vaccinazione contro la
varicella nei bambini degli Stati Uniti
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Prima
dell'introduzione del vaccino contro la varicella, nel 1996, negli
Stati Uniti si ammalavano ogni anno circa 4 milioni di soggetti con
varicella, corrispondenti grosso modo al numero dei nuovi nati in
quel Paese. A questo elevato numero di casi corrispondevano da 11.000
a 13.500 ospedalizzazioni e da 100 a 150 morti per anno. Un vaccino
vivo attenuato contro la varicella venne licenziato nel marzo 1995 e
fu presente in farmacia negli Stati Uniti nel marzo 1995. Nel luglio
1996 esso venne raccomandato come vaccinazione di routine per tutti i
nuovi nati negli Stati Uniti, in età fra i 12 e i 18 mesi di
età (una dose) e per i soggetti ancora suscettibili
adolescenti e adulti (due dosi), secondo le disposizioni dell'ACIP
(Advisory Committee for Immunization Practices). Gli Stati
Uniti furono in effetti il primo Paese a raccomandare una
vaccinazione universale contro la varicella. Al 2004 erano state
somministrate oltre 40 milioni di dosi: l'incidenza della malattia,
l'ospedalizzazione e le morti diminuirono drammaticamente in
seguito alla vaccinazione. Nella tabella 1 sono riportate le
percentuali di copertura: contro una media nazionale nel 2004
dell'87,5%, si ha nel Wyoming una copertura di solo il 79,4%,
mentre nell'Arkansas essa raggiunge il 94%. L'obiettivo per il
2010 è quello di superare il 90% di copertura: la crescita
della copertura anno dopo anno, secondo quanto risulta dai dati
forniti dal CDC di Atlanta, è stata quanto mai lenta, tanto
che l'80% è stato raggiunto solo dopo 7 anni
dall'introduzione della vaccinazione.
Tabella
I. Coperture per la vaccinazione contro la varicella negli Stati
Uniti
Viene da
domandarsi dove sia andato finire l'atteso ”effetto perverso”
che avremmo dovuto osservare per non aver raggiunto l'80% di
copertura vaccinare nei primi 7 anni di uso del vaccino.
Dal
confronto di questi dati con quanto risulta per la vaccinazione
universale contro la varicella, in Sicilia, si rimane colpiti dal
fatto che in questa Regione italiana, dopo nemmeno due anni
dall'introduzione del vaccino, si sia raggiunto un livello di
copertura media di oltre il 50%: è molto probabile che una
delle ragioni del successo sia dovuto al fatto che in Sicilia fin
dall'inizio sia stata ricercata con accanimento uno stretta
collaborazione fra i Pediatri di Famiglia e i Servizi di Sanità
Pubblica, i due bracci attivi della “tenaglia” della
vaccinazione. Purtroppo anche in Sicilia non è stata notata
un'uniformità di copertura nelle diverse province: le
coperture che osserviamo nelle province di Messina e di Catania si
trovano purtroppo molto al di sotto della media regionale. Va detto a
questo punto che uno degli obiettivi, espresso fin dall'inizio
negli Stati Uniti, è stato quello, profondamente nobile, di
ridurre di differenze razziali/etniche. Per osservare se questo
obiettivo primario è stato o meno raggiunto sono stativalutati
annualmente dal CDC (dal 1997 al 2004) (Luman ET, Ching PLYH,
Jumaan AO, Steward JF. Uptake of varicella vaccination among young
children in the Unites States: a success story in eliminating ratial
and ethnic dispariteies. Pediatrics 2006;117:999-1008):
Con la
vaccinazione l'incidenza della varicella fra i bambini da 19 a 35
mesi diminuì notevolmente, passando dal 10% del 1999 al 3% del
2004. Mentre nei primi anni della vaccinazione i bambini ispanici e
neri si trovavano a livelli più bassi di copertura in
confronto ai bianchi, dal 1998 non ci furono differenze fra i bambini
neri e i bianchi, mentre i bambini ispanici raggiunsero livelli di
copertura più alti dei bambini bianchi dal 1998 al 2001 e nel
2004. Nel 2002 vennero eliminate anche le differenze fra quelli che
vivono al di sotto dei livelli di povertà, come scomparvero le
differenze a seconda del grado di cultura delle madri. Nella maggior
parte dei casi i bambini che ricevano il vaccino contro la varicella,
venivano vaccinati nella stessa seduta con un altro vaccino (81% nel
2004): più spesso si trattava di MPR, o con minor frequenza di
vaccino contro l'Hib, contro la polio o l'epatite B. Un quadro
complessivo completamente diverso da quello esistente in alcune parti
del nostro Paese, dove la scarsa propensione alla vaccinazione contro
la varicella viene mascherata dalla dichiarazione di un sospetto, mai
dimostrato, di maggiore reattogenicità o di minore
immunogenicità in seguito alla co-somministrazione del vaccino
della varicella con uno o un altro vaccino.
Anche se
questa pubblicazione è rivolta unicamente allo studio nel
tempo della copertura vaccinale, va ricordato che a una elevata
copertura si è associata costantemente una riduzione nel
numero dei casi di varicella, una ridotta ospedalizzazione e una
minor letalità per varicella.
Anche se
il fenomeno dell'”effetto perverso” non è stato
riscontrato dopo 7 anni dall'introduzione della vaccinazione, con
coperture al di sotto dell'80%, è molto probabile che dopo
15-20 anni o forse più, effettivamente sia possibile, se la
copertura non supera l'80%, uno spostamento dell'età di
comparsa della varicella dai 4-6 anni di vita all'adolescenza e al
giovane adulto, quando la malattia si accompagna a una maggior
frequenza di complicanze gravi, come la polmonite e l'encefalite.
Tuttavia, la sicurezza che al massimo fra un anno potremo disporre di
un vaccino quadrivalente, MPRV, ci dice quanto sia poco produttivo
stare a discutere, al momento attuale, su un fenomeno che possiamo
considerare assolutamente superato in un prossimo futuro. Già
oggi, con l'applicazione in ogni parte d'Italia del Piano
Nazionale per l'eliminazione del morbillo e della rosolia congenita
è stata mediamente superata la copertura dell'85% e di
sicuro alla fine del piano sarà possibile aver raggiunto il
“fatidico” 90%. Infatti la somministrazione con un'unica
iniezione dei 4 vaccini MPRV ci assicura che la vaccinazione della
varicella, a quel momento, godrà dell'impegno che è
stato giustamente profuso per il morbillo.
Contemporaneamente
cadrà il contenzioso riguardante il numero delle dosi; al
solito la somministrazione del vaccino contro la varicella unitamente
al vaccino contro il morbillo, permetterà di attuare un doppia
somministrazione di ambedue i vaccini, risolvendo in modo definitivo
qualsiasi discussione sulla necessità di una o due dosi per la
varicella.
Il punto
sul quale conviene invece concentrare la nostra attenzione è
quello della distanza di tempo fra la prima dose e la seconda dose di
MPRV: bisogna trovare un compromesso fra il mese, attualmente
indicato fra la prima e la seconda dose del vaccino contro la
varicella, e i 5 anni che attualmente vengono previsti, come distanza
fra la prima e la seconda dose di MPR. In letteratura sono stati
riportati tempi diversi: Shinefeld (Shinefield H, et al, Pediatr
Infect Dis J 2005;24:665-9; Shinefield H et al. Pediatr
Infect Dis J 2005;24:670-5) per esempio, ha stabilito una
distanza di 9 mesi fra la prima e la seconda dose, ma fino a oggi le
pubblicazioni in proposito sono troppo poche per essere in grado di
scegliere il calendario più opportuno. Qualunque sia la strada
che verrà intrapresa in futuro, al momento attuale è
possibile affermare con sicurezza che il vaccino contro la varicella
ha ottenuto negli Stati Uniti un successo, che è andato al di
là delle aspettative. Il successo della vaccinazione contro la
varicella nell'eliminare le differenze razziali e culturali è
incoraggiante e deve essere studiato più approfonditamente.
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