Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Novembre 2019 - Volume XXII - numero 9

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La corretta gestione del catetere venoso periferico in Neonatologia

Giulia Franceschini, Giulia Talevi, Maria Somoza Gonzalez, Ilaria Bachetti, Ilaria Antognini, Sara Campomori, Rosita Barbarese, Simone Cartelletti

Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, AO “Ospedali Riuniti”, Ancona

Indirizzo per corrispondenza: giulietta--2011@libero.it

Peripheral intravenous catheter management in Neonatology

Key words: Neonatal peripheral intravenous catheter, Nurse competencies, Clinical procedure guideline

Abstract
Background - Peripheral vascular access is the most common device for intravenous therapy in newborns. Its placement is painful and potentially related to complications. An evidence-based practice adopted by specifically trained health professionals is associated with an improvement in patients’ health and organizational efficiency.
Purpose - The purpose of this study is to collect the best evidence practice results on the correct management of peripheral vascular access in Neonatology from its placement to its removal, and toward risk management direction.
Materials and Methods - An integrative review of the updated literature was conducted by consulting Medline database, Pubmed and scientific books and articles. The research that started in October 2018 and finished in March 2019 was based on MeSH and free terms and was linked through Boolean operators.
Results - A good clinical practice suggests: to consider the clinical indications of the peripheral vascular access placement as well as the duration and the type of infusional therapy carefully; to ensure a correct pain evaluation and relief; to keep an aseptic practice in every single step related to the management of peripheral vascular access and infusional sets that must be replaced when indicated; to disinfect the skin trough back and forth movement rather than circular movement, respecting time of contact and drying; to prefer transparent polyurethane medication; not to compromise the circulation of the treated limb; to check the insertion site at least every hour; to remove the peripheral vascular access when useless or when a complication occurs; and to record every single step of the procedures. A grey area of the literature is represented by the choice of the safest antiseptical product for newborns.
Conclusions - The peripheral vascular access is a semi-invasive device related to potential complications; therefore, it is necessary to build an educative system to advocate a critical and reflective clinical practice through a continual professional update.

Riassunto

Premessa - L’accesso venoso periferico è il dispositivo più utilizzato per somministrare la terapia endovenosa nel neonato; il suo posizionamento è doloroso e non esente da complicanze. L’adozione di una pratica clinica evidence-based, da parte di personale specificamente formato, è correlata a esiti positivi sulla salute del paziente e sull’organizzazione.
Obiettivo - L’obiettivo dello studio è sintetizzare i risultati delle principali evidenze sulla corretta gestione dell’accesso venoso periferico in Neonatologia, dal posizionamento fino alla rimozione, nell’ottica della gestione del rischio.
Materiali e metodi - È stata condotta una revisione narrativa della letteratura tramite la banca dati Medline, attraverso Pubmed, e la consultazione di testi e articoli scientifici. Sono state selezionate evidenze scientifiche intra- ed extraeuropee aggiornate e rilevanti per la pratica clinica. La ricerca, iniziata a ottobre 2018 e terminata a marzo 2019, ha previsto l’utilizzo di termini MeSH, termini liberi e degli specifici operatori booleani.
Risultati - Le norme di buona pratica clinica suggeriscono di: considerare attentamente le indicazioni al posizionamento del dispositivo, valutando anticipatamente la durata e la tipologia della terapia infusiva; assicurare una corretta gestione del dolore; rispettare l’asepsi in tutte le fasi relative alla gestione del dispositivo e delle linee infusionali, da sostituire rispettando le tempistiche appropriate; preferire l’antisepsi con movimento “a bande” a quello circolare, rispettando tempi di contatto e asciugatura; prediligere la medicazione in poliuretano trasparente; non compromettere la circolazione dell’arto interessato; controllare frequentemente il sito di inserzione (attraverso medicazioni che permettano di confermare il corretto funzionamento del dispositivo); rimuovere l’accesso venoso quanto prima e al primo segno di complicanze; registrare le fasi relative alla gestione del dispositivo. Un’area grigia della letteratura è rappresentata dalla scelta dell’antisettico più sicuro nel neonato.
Conclusioni - L’accesso venoso periferico è un dispositivo semi-invasivo, associato a potenziali complicanze; è pertanto necessario costruire un sistema educativo che sostenga una pratica professionale critica e riflessiva, tramite il continuo aggiornamento da parte del personale direttamente coinvolto.

Premessa

L’accesso venoso periferico si attua con un catetere la cui parte terminale si localizza in un vaso tributario della vena cava superiore o inferiore1. Si esegue allo scopo di garantire un accesso venoso a breve termine, che permetta la somministrazione di: farmaci, mezzi di contrasto o radiologici, liquidi, sangue e derivati2. L’inserimento del catetere venoso periferico (CVP) è la procedura più frequentemente eseguita in ospedale a livello internazionale3: in ambito neonatale il CVP è il dispositivo più utilizzato per somministrare la terapia endovenosa4. È una procedura semi-invasiva, responsabile dell’insorgenza di complicanze nel 35-50% dei casi5. Pertanto va effettuata da personale specificamente formato6. I dati internazionali su prevalenza e gestione di questi presidi non sono molti7, tuttavia sembra che le criticità siano sottostimate5. Una gestione dei presidi in linea con evidenze scientifiche aggiornate è correlata a una riduzione delle complicanze, a un miglioramento dell’outcome del paziente8 e dell’efficienza organizzativa9.

Obiettivo

L’obiettivo della revisione è sintetizzare i risultati delle principali evidenze in letteratura sulla corretta gestione dei presidi venosi periferici in Neonatologia: vengono analizzate le indicazioni al suo utilizzo, la fase di posizionamento del presidio, di ispezione del sito di inserzione e dello stato della medicazione, la gestione delle linee infusive e la fase di registrazione nella documentazione clinica.

Materiali e metodi

È stata condotta una revisione narrativa della letteratura nel periodo compreso tra ottobre 2018 e marzo 2019. L’analisi dello stato dell’arte inerente al tema si è avvalsa del reperimento di evidenze scientifiche aggiornate. È stata condotta a partire principalmente dalla consultazione della banca dati elettronica di Medline, attraverso Pubmed: questa si è avvalsa dell’utilizzo di termini MeSH e termini liberi, tra cui “neonatal peripheral intravenous catheter”, “nurse competency”, “clinical procedure guideline”, combinati mediante gli specifici operatori booleani. Sono state inclusi nello studio articoli scientifici (alcuni analizzate in full-text, altri in abstract), linee guida nazionali e internazionali ed evidence report. Nel complesso sono state consultate 33 fonti bibliografiche.

Risultati

I risultati esposti derivano principalmente da linee guida aggiornate, che vengono presentate a partire dal livello di prova e dalla forza della raccomandazione, emanate da organismi governativi intra- ed extraeuropei. Nelle Tabelle I e II viene riportato, come esempio, lo schema di classificazione formulato dall’Istituto internazionale Agency for Healthcare Research and Quality (AHCPR). Le linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico che rappresentano gli standard di una pratica basata sulle evidenze. A partire da queste, è possibile delineare un modus operandi evidence-based10.

SCHEMA DI ATTRIBUZIONE DEL LIVELLO DI EVIDENZE PROPOSTO DALL’AHCPR
Ia Evidenza ottenuta da meta-analisi di studi clinici randomizzati controllati (RCT)
Ib Evidenza ottenuta da almeno un RCT
IIa Evidenza ottenuta da almeno uno studio di coorte ben disegnato senza randomizzazione
IIb Evidenza ottenuta da almeno un altro studio quasi-sperimentale ben disegnato
III Evidenza ottenuta da studi descrittivi non sperimentali ben disegnati, come studi comparativi, di correlazioni e di casi
IV Evidenza ottenuta da rapporti di commissione di esperti o opinioni e/o esperienze cliniche di persone autorevoli
Tabella I


SCHEMA DI ATTRIBUZIONE DELLA FORZA DI RACCOMANDAZIONI PROPOSTO DALL’AHCPR
A
(livelli di evidenza Ia, Ib)
Evidenza ottenuta da meta-analisi di studi clinici randomizzati controllati (RCT)
B
(livelli di evidenza IIa, IIb, III)
Evidenza ottenuta da almeno un RCT
C
(livello di evidenza IV)
Evidenza ottenuta da almeno uno studio di coorte ben disegnato senza randomizzazione
Tabella II


1. Indicazioni preliminari
Le evidenze scientifiche relative alla valutazione delle indicazioni al posizionamento del CVP, applicabili anche in ambito neonatologico, suggeriscono di limitare il posizionamento del CVP a quando strettamente necessario11, valutando vie di somministrazione alternative (IA)11,12: non somministrare per via periferica infusioni con osmolarità non maggiore di 600 mOsm, pH 9, farmaci vescicanti e irritanti13 e terapie che si prolungano per più di 5-7 giorni (II)14. Il suo posizionamento va effettuato rispettando la tecnica asettica (IB)12,14, nel tempo più prossimo possibile alla somministrazione della terapia, procedendo al reperimento del vaso in senso centripeto e gestendo correttamente il dolore2. In caso di difficile reperimento dell’accesso vascolare, è necessario valutare metodi alternativi (posizionamento eco-guidato) evitando un numero di tentativi superiori a 3 per operatore12; se è necessario ricorrere a più di un CVP, le raccomandazioni indicano di posizionarli possibilmente lontani l’uno dall’altro, assicurandosi che le medicazioni siano separate2.
La necessità di mantenere in situ il presidio va valutata e documentata quotidianamente11; studi dimostrano che le complicanze aumentano proporzionalmente al tempo di permanenza del catetere15. L’eventuale rimozione a le osservazioni sulle condizioni del sito vanno registrate2,11. Gli operatori coinvolti sono tenuti ad aggiornare costantemente le proprie conoscenze16,17.

2. Gestione del dolore
Nei neonati dovrebbero essere utilizzate appropriate tecniche di gestione del dolore2,18 come suzione non nutritiva e utilizzo del saccarosio al 12%, 0,2-0,3 ml per os nel pretermine e 1-2 ml nel neonato a termine o latte materno, 2 minuti prima della procedura19,20; contenimento; ambiente termicamente neutro e ben illuminato (proteggendo l’esposizione diretta degli occhi del neonato). L’efficacia e la sicurezza di pomate anestetiche nei neonati, specialmente pretermine, e per applicazioni ripetute, non sono supportate da evidenze scientifiche21. Nel caso in cui le condizioni cliniche del paziente lo consentano, è consigliato il posizionamento del catetere con il bambino sulle braccia del genitore6. La valutazione del dolore del neonato va effettuata con opportune scale di valutazione (PIPP-R)22.

3. Posizionamento dell’accesso venoso periferico
3.1 Criteri di selezione della vena
a) Considerare preliminarmente le indicazioni al posizionamento del CVP, la situazione clinica del neonato, la posizione, la lunghezza della vena e la sua condizione (ispezione visiva e palpazione), la presenza di fenomeni di vasocostrizione periferica (che rendono difficoltosa la manovra), di patrimonio venoso scarso e di disturbi emorragici.
b) Scegliere: la vena distale più appropriata e più grande, lontana da arterie e nervi.
c) Evitare: vene sclerotiche, trombizzate o precedentemente interessate dal posizionamento di dispositivi intravascolari, aree con elevato grasso sottocutaneo, siti con infusioni endovenose in corso e problemi di circolazione; siti potenzialmente oggetto di cateterismo centrale a inserimento periferico o monitoraggio arterioso; aree con segni di infezione, lividi, fratture e movimento limitato.

La Tabella III riassume vantaggi e svantaggi relativi alle vene reperibili18.

VANTAGGI E SVANTAGGI RELATIVI ALLE VENE REPERIBILI
Sede Vantaggi Svantaggi
Vene dell’avambraccio:
- Vena cefalica
- Vena basilica
- Vene di grande portata
- Facilmente reperibili
La vena basilica si trova più vicino a nervi e arterie
Vene metacarpali nella rete venosa dorsale - Vene di prima scelta per il posizionamento del CVP nel neonato
- Ideali per terapia a lungo termine
- Splintate da ossa metacarpali
Vicine ad articolazioni del polso e della mano
Vena cubitale mediana in fossa antecubitale Ben supportata dal tessuto sottocutaneo - Difficile da localizzare in neonati con elevato grasso sottocutaneo
- La flessione del braccio può interferire con il flusso di infusione
Arco venoso dorsale e plesso venoso del piede:
- Grande vena safena
- Piccola vena safena
- Ben visibili
- Prontamente accessibili
- Avanzamento più difficoltoso della cannula
- Vicine ad articolazioni
Tabella III. Da voce bibliografica 18, modificata.


3.2 Preparazione del materiale
Nella procedura di inserimento del CVP vanno accuratamente adottate le precauzioni atte a prevenire le infezioni2,12,14. Il materiale necessario all’incannulazione periferica è costituito da: carrello pulito e disinfettato, garze sterili, guanti monouso e dispositivi di protezione individuale (DPI), antisettico, ago-cannula, deflussore, prolunga e rubinetto 3 vie, soluzione fisiologica e siringa, medicazione in poliuretano trasparente, medicazione sterile da applicare se il tentativo fallisce, e presidio antidecubito2.

Scelta del catetere
Il cateterismo venoso periferico può essere effettuato mediante l’ago-cannula o, in casi selezionati, con l’ago a farfalla (butterfly)23,24. L’ago-cannula garantisce stabilità dell’accesso venoso e possibilità di uso discontinuo; protegge da complicanze infettive e/o trombotiche ed è biocompatibile. I cateteri in Teflon o poliuretano sono stati associati a un minore rischio infettivo rispetto ai cateteri in polivinile; la permanenza in situ è prevista per massimo 96 ore, in assenza di infezione, infiammazione o flebite, quando è indicata la rimozione immediata. La corretta dimensione del catetere è importante per prevenire danni al vaso. L’ago a farfalla (butterfly) è in acciaio e dotato di alette in plastica. Deve essere prontamente rimosso alla fine dell’infusione e riservato ai casi in cui il reperimento dell’accesso venoso sia particolarmente difficile.
La misura del diametro esterno di un catetere è espressa in french (FR), quella del diametro interno in gauge (G), mentre la lunghezza del catetere è espressa in centimetri13. È indicato selezionare il dispositivo del calibro più piccolo possibile rispetto al calibro della vena. Gli aghi-cannula più comunemente utilizzati nel neonato sono quelli da 24 G25.

3.3 Procedura
Il reperimento di un accesso venoso periferico deve essere effettuata da 2 operatori, così da garantire il rispetto dell’asepsi e garantire al neonato un giusto contenimento, utile per ridurre lo stress da procedura e il dolore2 (Tabella IV).

INSERIMENTO DEL CATETERE VENOSO PERIFERICO
Fasi Motivazione scientifica
1 Controllare la corretta associazione al neonato Garantisce che la procedura sia effettuata al paziente corretto
2 Spiegare la procedura ai genitori se presenti; coinvolgerli il più possibile Il coinvolgere i genitori li rende partecipi nel creare il massimo comfort per il neonato
3 Preparare il materiale necessario Permette un’ottimale organizzazione del tempo e dell’esecuzione della procedura
4 Posizionare l’incubatrice a un’altezza comoda e garantire una illuminazione corretta, proteggendo il neonato dall’esposizione alla luce diretta Garantisce il massimo comfort per neonato e operatore
5 Effettuare il lavaggio antisettico delle mani Riduce il rischio di trasmissione dei microrganismi
6 Predisporre il campo di lavoro rispettando l’asepsi (tecnica no-touch); aprire e disporre il materiale, riempire il deflussore con la soluzione prescritta Garantisce l’asepsi; velocizza l’esecuzione della procedura
7 Identificare la vena e il punto di inserzione idonei Permette di ridurre i tempi di inserimento del catetere
8 Posizionare il paziente in base alla sede dell’accesso venoso Facilita l’esecuzione della tecnica
9 Garantire il comfort del neonato Facilita la manovra e garantisce un maggior controllo del dolore
10 Favorire il riempimento della vena, palparla per valutarne l’elasticità; scegliere la vena adatta Promuove la scelta della vena più indicata
11 Preparare il saccarosio e somministrarlo, ove indicato Garantisce un maggiore controllo del dolore
12 Eseguire il lavaggio antisettico delle mani Riduce il rischio di trasmissione dei microrganismi
13 Indossare i DPI e guanti puliti piuttosto che sterili, utilizzando la tecnica no-touch Riduce il rischio di trasmissione dei microrganismi
14 Evitare il laccio emostatico: preferire il riempimento manuale della vena Compromette una adeguato flusso arterioso all’arto e crea discomfort
15 Disinfettare il sito di inserzione con un batuffolo imbevuto di antisettico, con movimenti “a bande”, senza ripassare; rispettare i tempi di contatto Riduce la carica microbica cutanea
16 Smaltire correttamente i rifiuti derivanti dall’antisepsi Garantisce la sicurezza della procedura
17 Lasciare asciugare e non toccare il sito Permette all’antisettico di abbattere adeguatamente la carica microbica
18 Inserire la cannula nel sito selezionato, con un’angolazione di circa 10-30 gradi e la smussatura dell’ago rivolta verso l’alto Riduce la mobilità della vena e il disagio durante l’inserzione
19 Al ritorno venoso ridurre l’inclinazione e continuare l’inserimento per altri 2 mm circa (il ritorno venoso, nei neonati molto piccoli o con patrimonio venoso scarso, non è sempre presente o si manifesta dopo qualche secondo) Riduce il rischio di pungere la parte posteriore della vena
20 Iniziare a rimuovere l’introduttore e inserire la cannula Il mandrino serve solo per pungere la vena
21 Posizionare una garza sterile al di sotto dell’accesso venoso Il sangue che refluisce dalla vena incannulata viene così assorbito; la sterilità della garze riduce il rischio di ingresso nel catetere di microrganismi
22 Applicare una leggera pressione e rimuovere completamente l’introduttore; eliminare l’introduttore nei rifiuti taglienti Il mandrino serve solo per pungere la vena; essendo un tagliente va eliminato immediatamente nell’agobox
23 Connettere la prolunga e somministrare un flush di soluzione fisiologica allo 0,9% Permette di iniziare l’infusione e di verificare l’efficacia del catetere
24 Rimuovere ogni traccia di contaminazione ematica prima di confezionare la medicazione Garantisce una medicazione pulita e ben adesa
25 Posizionare un presidio antidecubito sterile Evita/riduce il rischio di lesioni da decubito
26 Ancorare l’accesso insieme al collega, mediante la medicazione in poliuretano trasparente Previene la dislocazione accidentale del catetere e permette di controllarne visivamente il sito di inserzione
27 Rimuovere i guanti ed effettuare l’igiene antisettica delle mani Riduce la carica microbica cutanea
28 Avviare l’infusione, controllando che non vi sia infiltrazione Il monitoraggio del sito di inserzione permette di verificare la dispersione dell’infusione nei tessuti, la presenza di edema ed ematomi
29 Valutare la necessità di applicare un presidio di immobilizzazione, lasciando che aderisca all’arto senza esercitare pressione, permettendo una buona visione del sito di inserzione e delle estremità Riduce il rischio di dislocamento dell’accesso venoso, senza compromettere un adeguato monitoraggio del sito di infusione
30 Garantire il comfort del paziente Garantisce una gestione ottimale del dolore
31 Smaltire i rifiuti Riduce il rischio di punture accidentali
32 Effettuare l’igiene antisettica delle mani Riduce la potenziale trasmissione di microrganismi
Tabella IV. Da voce bibliografica 2, modificata.


Antisepsi
Nella preparazione e nella gestione del dispositivo intravascolare periferico è importante garantire l’asepsi. La corretta preparazione del sito di inserzione non può prescindere dalle buone norme di pratica clinica14,23,25-28. L’igiene antisettica delle mani va eseguita prima e dopo l’inserimento, la sostituzione e la medicazione di un catetere intravascolare (IB)14,23. La cute pulita va disinfettata con un antisettico appropriato prima dell’inserimento del catetere e della sostituzione della medicazione23,25; la soluzione a base di clorexidina alcolica < 0,5% o in soluzione acquosa al 2% è indicata come il prodotto più efficace per prevenire infezioni; in questo caso è infatti sufficiente una singola applicazione, nel volume appropriato, immediatamente prima della procedura e in conformità alle raccomandazioni dell’azienda produttrice (IB). In caso di sensibilità alla clorexidina, utilizzare alcol isopropilico al 70% (IA). Nessuna raccomandazione può essere fatta in merito alla sicurezza e all’efficacia della clorexidina nei neonati. In USA la Food and Drug Administration raccomanda di utilizzare con cautela i prodotti a base di clorexidina nei bambini con meno di due mesi, e che una simile raccomandazione è stata recentemente emessa anche dall’AIFA. Per minimizzare il rischio di danni da clorexidina, si raccomanda di utilizzare la quantità minima possibile e di evitare l’accumulo locale di clorexidina, con accortezza di lavare con soluzione fisiologica sterile dopo contatto e di far evapore la zona disinfettata. Ciò può essere ottenuto al meglio utilizzando applicatori che consentono di usare dosi note di antisettico29-31.
È fondamentale rispettare i tempi di contatto ed evaporazione dell’antisettico utilizzato (IB): 30 secondi per la clorexidina 2% (15 secondi per contatto e 15 secondi per evaporazione); la soluzione alcolica al 70% asciuga molto rapidamente. L’applicazione dell’antisettico non va mai preceduto dall’utilizzo di solventi organici sulla cute (IA)14,23,26-28. L’antisepsi effettuata con movimento “a bande” avanti e indietro sul sito di inserzione e poi perifericamente è stata associata a outcome migliori rispetto all’antisepsi circolare27,28.

4. Confezionamento della medicazione
L’applicazione della medicazione va effettuata indossando guanti puliti o sterili (IC), assicurando la compatibilità dei materiali utilizzati (IB). È bene sostituirla se si inumidisce, si stacca o se visibilmente sporca, con tecnica asettica (IB), osservando il sito di inserzione e garantendo una buona visibilità delle estremità14,16,23. Nel neonato è possibile valutare l’impiego di piccole stecche, ponendo attenzione a non compromettere il circolo. È importante non applicare medicazioni nuove su quelle preesistenti e ridurre al minimo l’utilizzo di cerotti a contatto con la pelle. Una volta effettuata la medicazione, applicare un’etichetta con data, orario, iniziali dell’operatore32.
Se i pazienti presentano segni/sintomi di infezione, rimuovere la medicazione, per consentire un esame approfondito della sede. In caso contrario, non va rinnovata regolarmente ma in concomitanza con il riposizionamento del CVP. Relativamente alla tipologia di medicazione, è da preferire l’utilizzo del poliuretano trasparente (IA), che consente di ispezionare facilmente il sito di inserzione e impedisce la dislocazione della cannula. Il suo ruolo nell’insorgenza delle flebiti e colonizzazione del catetere è da definire (II). La medicazione con garza e cerotto è consentita se il paziente sanguina o suda abbondantemente, in caso di lesioni cutanee e secrezioni, rinnovandola dopo 24-48 ore (II)14,23.

5. Cura, mantenimento e rimozione del catetere venoso periferico
Le norme di buona pratica clinica2 suggeriscono di monitorare accuratamente il sito di inserzione assicurandosi del corretto posizionamento del presidio e dell’integrità della medicazione. Il monitoraggio del sito di inserzione si avvale di strumenti validati (come le scale di valutazione Visual infusion phlebitis e Extravasation score), tramite i quali valutare precocemente eventuali complicanze. Va effettuato ogni ora, al momento della somministrazione della terapia, del cambio di infusione e ogni 15 minuti in caso di farmaci irritanti. Una cannula non necessaria e/o con segni di complicanze va prontamente rimossa, rispettando l’asepsi, e riposizionata solo se clinicamente indicato. La manovra di rimozione deve avvenire lentamente ed essere seguita da una pressione esercitata in modo fermo, senza massaggiare, controllando l’integrità della cannula rimossa; il sito di inserzione va poi monitorato per almeno 48 ore, per valutare insorgenza di complicanze.

6. Cura e mantenimento dell’infusione
I set infusivi permettono, insieme all’accesso venoso, la somministrazione della terapia; la loro corretta gestione, sulla base delle seguenti norme di buona pratica clinica2,16,23,32,33, è quindi fondamentale33. I set infusionali non vanno sostituiti più frequentemente che a intervalli di 96 ore, a meno che non sia sospettata o documentata una infezione associata a catetere (IA). Se le linee infusive sono utilizzate per somministrare sangue o prodotti del sangue, queste vanno sostituite dopo 6 ore dall’inizio dell’infusione; in caso di somministrazione di emulsioni lipidiche, i set infusionali vanno sostituite entro 24 ore dall’inizio dell’infusione (IB) (per alcuni farmaci occorre seguire le indicazioni dell’azienda produttrice rispetto ai tempi di sostituzione dei set). I vari sistemi utilizzati per l’infusione devono essere tra loro compatibili nel punto di connessione per ridurre il rischio di perdite e il numero di lumi/rubinetti va limitato a quello strettamente necessario. I lumi vanno disinfettati al momento della manipolazione, con clorexidina al 2% in soluzione alcolica. Prima e dopo la somministrazione di farmaci ed emocomponenti, occorre eseguire il flushing con soluzione fisiologica.

7. Registrazione
È necessario registrare i seguenti dati2: data, ora e sito di inserzione; nome dell’operatore che ha posizionato l’accesso venoso; sito di repere, regione dell’incannulamento; numero di tentativi; dimensioni del catetere; tipo di medicazione; tolleranza della procedura; monitoraggio del sito; data, ora e ragione della rimozione del dispositivo; complicanze rilevate e interventi assistenziali implementati.

Discussione

L’accesso venoso periferico è un presidio il cui posizionamento e gestione non è esente da potenziali complicanze. I rischi associati a tale pratica assistenziale sono prevenibili a partire da una corretta pratica clinica. A tal riguardo, le evidenze suggeriscono di: posizionarlo quando necessario e rimuoverlo non appena possibile (immediatamente all’insorgenza di complicanze); selezionare accuratamente il sito di repere; garantire la massima asepsi; prevenire la percezione del dolore, così da rendere la procedura più agevole; monitorare frequentemente il sito di inserzione; rispettare delle tempistiche di sostituzione delle linee infusionali; garantire la tracciabilità di quanto effettuato. Le aree grigie della letteratura sono relative al tipo di antisettico da utilizzare e all’applicazione di pomate anestetiche nei neonati (non sussistono dati sufficienti relativi alla sicurezza correlata). Dalla revisione della letteratura emerge come elemento innovativo l’antisepsi “a bande” come metodo da preferire a quella circolare, evitando di irritare la pelle, procedendo delicatamente29.
Una pratica assistenziale basata su prove di efficacia concorre alla riduzione dei rischi potenziali: le linee guida stesse raccomandano un aggiornamento costante. Il principale limite dello studio è che la revisione è tradizionale, non sistematica e non riguarda la rilevazione e gestione delle complicanze associate al CVP.

Conclusioni

L’accesso venoso periferico viene frequentemente posizionato in ambito neonatologico, sia su neonati con problematiche mediche che chirurgiche; spesso costituisce un requisito preliminare per procedure invasive e interventi chirurgici. Essendo parte integrante del processo di cura, è fondamentale che venga posizionato e gestito secondo evidenze scientifiche: le linee guida infatti contribuiscono ad assicurare un’assistenza di qualità, nel rispetto dell’efficienza.

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G. Franceschini, G. Talevi, M. Somoza Gonzalez, I. Bachetti, I. Antognini, S. Campomori, R. Barbarese, S. Cartelletti. La corretta gestione del catetere venoso periferico in Neonatologia. Medico e Bambino pagine elettroniche 2019;22(9):211-218 https://www.medicoebambino.com/_