Marzo 2007 - Volume X - numero 3
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
L'insostenibile
pesantezza dell'esserci
UO
di Pediatria, San Daniele del Friuli, Udine
Indirizzo
per corrispondenza: bruno.sacher@ass4.sanita.fvg.it
Sono
cinque anni che li vedo: J., il fratello maggiore e i genitori.
Dopo circa mezz'ora il mio studio è saturo di mille
afrori; spero sempre che sia l'ultima volta o almeno fra 6 mesi.
Tutto
cominciò con alcune lesioni sul dorso del piede sinistro
(ulcerette con crosta e alone iperemico), dolore ai piedi con
difficoltà alla deambulazione. Piedi violacei, gelidi, che
appena vengono sfiorati la bambina urla (era ancora bambina, aveva
12 anni; ora ne ha 17 e arriva con un bel trucco pesante!); i
piedi sono cavi, che più cavi di così non si può;
le gambe ipotrofiche. Nient'altro di importante. Quella volta ci
siamo buttati su una diagnosi, subito smentita: neurite da Herpes
zoster!...Smentita, perché dopo 2-3 mesi ritorna con il
medesimo problema. E le visite si susseguiranno in questi anni con
frequenza di 4-5 all'anno. Dapprima comincia con le lesioni sui
piedi (ultimamente non vengono più segnalate), poi vengono
i dolori che interessano i piedi e le gambe.
Sono
descritti come trafitture, urenti, non riesce a mettere le calze
(arriva scalza anche in gennaio); talvolta i dolori interessano
anche altre sedi: la schiena, gli arti superiori. Questa
sintomatologia dolorosa dura circa una decina di giorni, non
risponde ai vari farmaci provati. È un dolore che le
impedisce di dormire; ha perso due anni di scuola. Nei periodi di
dolore la ragazza non vuole venire in ospedale, rifiuta ogni
contatto, la mamma chiama più volte per chiedere cosa fare
e il medico non sa cosa rispondere..
In
questi cinque anni sono stati fatti molti esami (più di
quelli che potreste immaginare) risultati tutti nella norma,
fuorché:
1. un
modesto ma evidente aumento delle proteine del liquor
cerebrospinale (125 mg/dl)
2.
l'elettromiografia che evidenzia una neuropatia periferica di
tipo demielinizzante.
RMN
del Sistema Nervoso, EEG, dosaggi di vitamine, enzimi...tutto
nella norma.
Le
ipotesi su cui abbiamo ragionato di più sono state
essenzialmente due:
a.
Malattia di Charcot Marie Tooth (CMT)
b.
Polineuropatia cronica idiopatica (in soldoni una Guillain Barrè
cronica).
L'indagine
genetica ha escluso la malattia di CMT; mentre per la seconda
ipotesi la diagnosi era essenzialmente clinica, più volte
proposta da un collega neurologo; questi proponeva come terapia
l'infusione di gammaglobuline. La terapia proposta non veniva
mai fatta vista la periodicità dei sintomi e la risoluzione
spontanea degli stessi. In questi anni sono stati interpellati
almeno 5 neurologi (anche dell'adulto) e almeno una decina di
altri colleghi, sia di area pediatrica che no.
Ripetutamente
ho cercato di offrire il caso a qualche collega più
competente di me, di inviarla ad un centro di riferimento
adeguato. La famiglia (è una famiglia con un target basso,
ma molto unita e combattiva al punto di disarmare i servizi
sociali e il medico di famiglia) non vuole andare in giro e si
affida alle mie cure, sopportando di buon grado la mia
incompetenza. D'altro canto i vari referenti contattati, in
vario modo hanno declinato la loro disponibilità. E così
si va avanti per cinque anni.
Qualche
mese fa sfogliando il NEJM, nei casi clinici trovo questo
titolo “A woman with numbness and weakness of the feet and
legs” .(June15,2006;354:2584). Non è un caso
pediatrico però i sintomi mi suggeriscono qualcosa e leggo
la storia. Mi sembra di vedere la storia futura di questa
ragazza..
e la
diagnosi...?
è
una malattia di Charcot Marie Tooth tipo 2 con mutazione del gene
MPZ. E così rileggendo la risposta del nostro genetista
scopro che era stata esclusa la CMT tipo 1 e basta; di CMT ci sono
decine di tipi sia sul versante clinico che genetico e per una
gran parte di queste l'indagine genetica non è ancora
commercializzata.
E così
prendo una decisione: chiudo il caso con questa diagnosi
(esclusivamente clinica) e parto da qua. Contatto la
neuropsichiatria e l'anestesista per un approccio al dolore e
la...sicura depressione sottostante. Prenderò contatti con
il centro più competente per avere una conferma
diagnostica. E non credo che mi scrollerò di dosso questa
famiglia.
Penso
che una storia di 5 anni non si possa dimenticare e questo è
già sufficiente per rendere indimenticabile il caso.
Però
forse due insegnamenti possono emergere:
1.
l'esame particolare, non routinario come può essere
l'indagine genetica, o quello raro (come la zinchemia in un
altro nostro caso) richiedono una cura e una attenzione
particolari. Non è sufficiente leggere la risposta, magari
andando subito alle conclusioni (“quindi la ricerca è
negativa per malattia di Charcot Marie Tooth tipo 1A”) quando la
parte descrittiva non è molto comprensibile. C'è
un prima e un dopo da fare con cura e attenzione (contattare il
tecnico, sapere cosa si fa, sapere leggere la risposta...).
2.
Inoltre, penso che questa storia dal titolo pretenziosamente
ironico possa darci anche questo suggerimento: ogni medico ha i
suoi pazienti difficili, le sue famiglie difficili; spesso è
molto faticoso portare avanti i problemi senza evidenti
prospettive di risoluzione (malattie rare, tumori, cromosomopatie,
disabili...), però fa parte dei nostri compiti, anzi
prioritario rispetto a tanta medicina di lusso o di compiacenza.
Importante
è esserci.
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