Aprile 2006 - Volume IX - numero 4
M&B Pagine Elettroniche
Caso Clinico Interattivo
Questa
volta il caso interattivo viene presentato in modo un po' diverso
dal solito: alle domande non seguono risposte predefinite. E' un
invito a pensare in modo compiuto e, prima di andare all'altra
pagina, a definire ipotesi cliniche e un programma di gestione.
Sarebbe
bello se ciascun lettore segnalasse i suoi dubbi, cosa ha pensato e
cosa avrebbe fatto di diverso, scrivendo a:redazione@medicoebambino.com
Una
bambina con polipnea
1 Clinica
Pediatrica, IRCCS “Burlo Garofolo”, Università di Trieste
2 Day
Hospital endocrinologico, IRCCS “Burlo Garofolo”, Università
di Trieste
3 U.O.C.
Pronto Soccorso e Primo Accoglimento, IRCSS “Burlo Garofolo”,
Trieste.
Indirizzo
per corrispondenza: margheritalondero@yahoo.it
Consultate
il “sacro libro” e…nell'ultima edizione (17th
edizione, pag 1959) del Nelson textbook of Pediatrics c'è
scritto solo che “bicarbonate therapy is rarely necessary and
may even increase the risk of hypokaliemia and cerebral edema”,
ma non sono riportate indicazioni precise su dosi e modalità.
Ma se recuperate l'edizione precedente potete leggere che l'uso
del bicarbonato è raccomandato “when the pH is 7.2 or
below. At pH 7.1-7.2, 40 mEq of HCO3-/m2, and below pH
7.1, 80 mEq of HCO3-/m2 should be infused over a period of
2 hr”(16th edizione, pag.1775).
Si prende
la di avviare l'infusione di bicarbonato di sodio (80 mEq/m2)
in 500 cc di salina ad una velocità di 10 ml/Kg/h + 20 mEq di
KCl e 0.1 U/Kg/h di insulina.
Al
termine dell'infusione si assiste ad un notevole miglioramento
dell'acidosi e ad una parziale correzione degli elettroliti (
Na+:134 mEq/l con sodiemia corretta 138.5 mEq/l, K+:
3.53 mEq/l, Cl:106 mEq/l, Mg++: 1.6 mEq/l, Ca++:
9.6 mg/dl, P+:2.3 mg/dl)
Guardate
i valori dell'emogas: pH: 7.17; pCO2: 14 mmHg; H2CO3: 4.9 mEq/l;
BE: -23
A questo
punto viene avviato un trattamento con 750 cc di SF diluita a 3/4 +
20 mEq di KP + insulina ( 5 unità di Actrapid in 500 cc )
seguito dall'infusione di una soluzione glucosata al 7.5% (quando
la glicemia ha raggiunto i 200 mg/dl) + 60 mEq/l di NaCl + 40 mEq/l
di K+ + insulina (0,1 U/Kg/h di Actrapid) alla velocità di
5 ml/Kg/h.
Questo
programma porta ad un rapido e progressivo miglioramento clinico e
laboratoristico che permette di passare alla sola terapia insulinica
sottocute più un supplemento di potassio per os (la terapia
insulinica e la correzione dell'acidosi determinano una diminuzione
del potassio sierico
dovuto al
suo rientro nel compartimento intracellulare) già a distanza
di 24 ore dall'esordio dei sintomi.
COMMENTO
Questo
caso ripropone un problema ancora aperto sulla corretta gestione
della chetoacidosi molto grave, ambito in cui mancano delle precise
linee guida). (vedi Box 2)
Quando si
è trattato di decidere se usare o meno il bicarbonato nella
nostra paziente, ricordandoci di aver letto delle indicazioni a
riguardo nelle precedenti edizioni, abbiamo sfogliato il Nelson
Textbook of Pediatrics e ci siamo sorpresi non tanto
nel vedere che l'uso del bicarbonato era indicato come “raramente
necessario”, cosa ormai consolidata, ma piuttosto sul fatto che
mancava qualsiasi indicazione su quando e come usarlo.
Certamente
ci sono troppo pochi studi (in particolare pediatrici) prospettici
randomizzati (7,12-15) sull'uso
dei bicarbonati nella chetoacidosi diabetica, soprattutto per valori
di pH pari o inferiori a 6.9, e quindi mancano delle precise linee
guida a riguardo.
Il più
citato (12) riguarda 21 pazienti
adulti affetti da chetoacidosi diabetica severa (pH iniziale compreso
fra 6.9 e 7.14) e suddivisi in due gruppi: a 10 di questi è
stato somministrato bicarbonato di sodio dall'inizio, mentre i
rimanenti 11 hanno rappresentato il gruppo di controllo. Il restante
trattamento, attuato in base al protocollo è stato identico,
in modo che l'unica variabile fosse rappresentata dalla
somministrazione di bicarbonato. Sono quindi state valutate eventuali
differenze nella diminuzione dei livelli di glucosio e corpi
chetonici e nell'aumento del pH e dei livelli di bicarbonato nel
sangue e nel liquor in entrambi i gruppi e non sono state evidenziate
differenze statisticamente significative nella correzione di questi
parametri nel gruppo trattato rispetto a quello di controllo.
Peraltro nel gruppo trattato non si sono avute complicanze o
peggioramenti. Tuttavia anche in questo studio mancano i dati
relativi a pazienti con pH inferiore a 6.9.
Gli altri
studi sono concordi nel dire di non aver riscontrato effetti benefici
nell'utilizzo del bicarbonato.(13,14,15)
Al di là
di queste evidenze però non ci sono dati certi sufficienti per
escludere che l'uso del bicarbonato in casi particolarmente severi,
possa trovare un utile spazio. Di fatto lo stesso Nelson riporta
nell'ultima edizione “it may be rarely necessary” mentre
nelle precedenti ne indicava un uso di gran lunga maggiore. Non siamo
peraltro riusciti a trovare lavori controllati recenti usciti tra le
due ultime edizioni che giustificassero questo cambio sostanziale di
approccio (da notare comunque che gli autori del capitolo sulla
chetoacidosi nelle due edizioni sono diversi).
In
conclusione riteniamo che nell'attesa che ulteriori studi vengano
condotti sia ragionevole non essere troppo rigidi e che vi sia spazio
per la somministrazione di bicarbonato in quei rari casi di
gravissima chetoacidosi che non risponde alla terapia reidratante e
insulinica con ulteriore peggioramento clinico e laboratoristico per
evitare le gravi complicanze cardiovascolari, metaboliche,
respiratorie e cerebrali che questa condizione
determina.(16,17,18,19)
Il
successo del trattamento della chetoacidosi diabetica dipende
dalla adeguata correzione dello stato di disidratazione,
dell'iperglicemia, della chetoacidosi e del deficit
elettrolitico.
Il
primo obiettivo è quello di espandere il volume
extracellulare e ristabilire un'adeguata per fusione renale.
Questo si può ottenere con l'infusione di salina
isotonica ad una velocità di 10-20 mL/Kg all'ora (in
mezz'ora in caso di shock), durante la prima ora. Dopo la
prima ora di sola reidratazione, non appena usciti dalla fase di
shock, si avvia infusione di insulina a basse dosi (0,1 U/kg/h)
Nelle
tre ore successive si procede con l'infusione di 7ml/kg/h di
SF diluita a 3/4 per evitare il sovraccarico di sodio. Inoltre,
non appena il paziente ha iniziato ad urinare e il livello del
potassio scende sotto i 4,5 mEq/l, è raccomandata
l'infusione di 40 mEq/l di questo elettrolita (20 mEq/l sotto
forma di potassio fosfato e 20 mEq/l sotto forma di cloruro di
potassio)(1) per mantenere una concentrazione sierica compresa
fra 4 e 5 mEq/l.
Infatti
il trattamento della chetoacidosi è associato ad una
rapida diminuzione del potassio sierico, dovuta principalmente
al suo rientro nel compartimento intracellulare dovuto alla
correzione dell'acidosi e alla terapia insulinica.
Per
prevenire una rapida diminuzione della glicemia e il possibile
sviluppo di un'ipoglicemia, quando il livello di glucosio
plasmatico raggiunge i 200 mg/dl è opportuno proseguire
la reidratazione con soluzione glucosata al 5% tamponata con 1U
di insulina ogni 4 gr di glucosio.
I
pazienti con pH inferiore a 7.3, shock e riduzione del livello
di coscienza dovrebbero essere trasferiti in un reparto di
terapia intensiva. (2)
|
Il
ruolo dei bicarbonati nella gestione della chetoacidosi
diabetica rimane molto discusso.
I
dati della letteratura dimostrano che generalmente nella
chetoacidosi la sola reidratazione associata alla terapia
insulinica permette di bloccare la sintesi dei corpi chetonici e
di favorire il metabolismo della quota in eccesso. E'inoltre
risaputo che la terapia con alcali può addirittura essere
pericolosa per quattro motivi principali(2):
(1) l'alcalosi, spostando a sinistra la curva di dissociazione
dell'ossigeno, può diminuire il rilascio di ossigeno ai
tessuti e predisporre così all'acidosi lattica; (2)
l'alcalosi accelera l'entrata del potassio dentro alle
cellule e può così produrre ipocaliemia; (3) la
somministrazione di bicarbonato in dosi pari a quelle calcolate
sulla base del deficit può essere eccessiva e provocare
un'alcalosi, e, cosa più importante, (4) il bicarbonato
può provocare un peggioramento dell'acidosi cerebrale;
infatti si combina con l'H+ e si dissocia in CO2 e H20. Mentre
il bicarbonato attraversa lentamente la barriera
ematoencefalica, la CO2 diffonde liberamente, esacerbando
l'acidosi e provocando una depressione cerebrale.(3,4,5,6)
La
letteratura(7,8,9,10) riporta
però anche che un'acidosi severa, con un pH inferiore a
7.1, supera le capacità di compenso dell'organismo.
E'
nota una formula(11) che
permette di calcolare quale dovrebbe essere il valore atteso di
pCO2 in corso di acidosi metabolica: pCO2= (1,5 x HCO3-) +8 ±
5
.
Questa formula ci dice entro che range ci aspetteremmo di
trovare la pCO2 come effetto dell'incremento della
ventilazione alveolare che accompagna la chetoacidosi. Un valore
rilevato superiore a quello misurato rivela che la capacità
di compenso da parte dell'organismo si è esaurita,
mentre un valore di pCO2 inferiore a quello atteso indica la
presenza di un disordine misto, ovvero di un'alcalosi
respiratoria da “ipercorrezione” che si sovrappone
all'acidosi di base.(11)
Ad
esempio, nel nostro caso, all'inizio la bambina aveva un valore
di bicarbonato pari a 2,8 mEq/l, quindi in base alla formula:
(1,5 x 2.8) +8 ± 5= 12,2 ± 5, ci saremmo
aspettati di trovare un valore di pCO2 compreso fra 7,2 e 17,2
in caso di compenso da parte del centro del respiro. Infatti in
quel momento il valore di pCO2 era di 12,3, ovvero la bambina
stava compensando adeguatamente
(Nonostante
in base alla formula la bambina stesse compensando nel momento
in cui è stato utilizzato il bicarbonato, si è
deciso di valorizzare l'evidente peggioramento delle
condizioni cliniche e di “trasgredire la regola”)
L'acidosi
severa peraltro può produrre ipotensione tramite un
meccanismo di vasodilatazione periferica, compromette la
funzionalità cardiaca e può contribuire a
determinare resistenza all'insulina e giustificherebbe quindi
l'uso del bicarbonato.
|
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