LA FORMAZIONE DELLO SPECIALIZZANDO IN PEDIATRIA PRESSO GLI AMBULATORI DEI PEDIATRI DI FAMIGLIA

FORMAZIONE DELLO SPECIALIZZANDO PRESSO I PdF.
lunedì, 27 Settembre 2010, ore 12:00
Molti potrebbero arrivare alla saggezza se non avessero la presunzione di esserci già arrivati (Seneca).

Siamo il gruppo di pediatri di famiglia di Trieste che ha partecipato all'esperienza di tutoraggio degli Specializzandi in Pediatria dell'Università di Trieste e siamo rimasti stupiti e delusi nel leggere l'articolo del dott. Tornese "La formazione dello specializzando in pediatria presso gli ambulatori dei pediatri di famiglia", pubblicato sul numero di giugno di Medico e Bambino (2010;29:371-8), soprattutto dopo aver letto il bellissimo articolo dell' esperienza fatta dai colleghi di Palermo.
La nostra adesione volontaria a partecipare al progetto della SSP (Scuola di Specialità in Pediatria) è nata in un contesto informale e non istituzionalizzato.
Con il passare del tempo, tuttavia, abbiamo sentito l'esigenza di affinare le nostre competenze come tutor e per tale motivo abbiamo sollecitato il Ceformed (Centro Regionale per l'Aggiornamento) a permetterci di svolgere un'esperienza formativa, che si è realizzata con un corso residenziale di tre giorni, alla fine del quale avevamo preparato una scheda di valutazione che sarebbe dovuta servire alla verifica dell'apprendimento dello specializzando; ma tale scheda non è mai stata presa in considerazione. Ritornando all'articolo in questione, desideriamo segnalare quanto segue:
1) Il questionario proposto nello studio è stato fatto senza il nostro coinvolgimento, nonostante alla fine dell'articolo sia stato pubblicato il nostro nome.
2) La metodologia utilizzata nel lavoro è del tutto inadeguata per il piccolo campione considerato, ma soprattutto per la scelta di un gruppo di controllo non adeguato (per anni di esperienza lavorativa, autonomia di lavoro, finalità e motivazioni).
In particolare, vogliamo segnalare che nel gruppo di soggetti sottoposti a tutoraggio sono inclusi 2 pre-specializzandi e specializzandi del 1°, 2° e 3° anno della Scuola, mentre nel gruppo di controllo specializzandi del 3°, 4° e 5° anno, quindi con maggiore indipendenza, autonomia ed esperienza. Questo bias di selezione rende il confronto tra i due gruppi non appropriato. Ci sembra quindi che le conclusioni del lavoro pubblicato non possano essere considerate valide e che bisognava usare maggiore cautela nella loro esposizione.
3) La valutazione del nostro operato professionale (uso inadeguato di antibiotici e cortisone, isolamento culturale, ripetitività del lavoro…) ci è sembrata non aderente alla realtà, considerando anche che sono stati inclusi nel lavoro tutor di formazione diversa e che lavorano in realtà diverse (non conosciamo infatti i dottori Mayer e Simeone). Il dato delle contraddizioni tra quanto appreso in ospedale e quanto visto in ambulatorio ci sembra comunque interessante, ma non adeguatamente valutato e sviluppato.
4) Siamo sconcertati dalle drastiche conclusioni a cui giunge l'articolo sulla perdita di interesse per la pediatria di base da parte degli specializzandi, che non ci sembra siano giustificate dai risultati esposti e che, ribadiamo, derivano da una ricerca con un importante bias nella selezione dei soggetti di controllo.
Secondo noi la pediatria è una sola: ospedaliera, specialistica, territoriale… ed è oltremodo inopportuno fare dei confronti tra le sue varie espressioni professionali.
La formazione del pediatra non può che essere molteplice nelle sue esperienze lavorative.
È ovvio e auspicabile che i giovani specializzandi vogliano e debbano restare a farsi le ossa in ospedale per caricarsi di quell'esperienza e di quelle competenze che poi sarebbe altrettanto auspicabile riversassero, divenuti "grandi", nei Pronti Soccorsi e negli ambulatori di famiglia, accogliendo tutte le ansie e le problematiche dei genitori, sapendo riconoscere tra 1000 banalità le poche cose gravi e meritevoli di cure. Tutti noi abbiamo fatto con fierezza questo percorso e siamo convinti di sapere, di volere, di poter trasmettere con dignità ai giovani specializzandi alcuni insegnamenti utili alla loro professione futura.
Sebbene profondamente amareggiati per il modo in cui questo studio è stato concepito e condotto, riteniamo ci possa essere ancora la possibilità di continuare quest'esperienza, recuperando le cose che finora hanno gratificato, si pensa, ambedue le parti: le riunioni mensili con il Direttore della Clinica sui casi complessi è una di queste, e di ciò Gli siamo molto grati. Per contro, riteniamo necessaria un'impostazione più rigorosa e organizzata del nostro lavoro e, non ultimo, un reciproco rispetto. Solo così potremo in futuro utilizzare concordemente i dati emersi da questo percorso intrapreso con entusiasmo e, per la prima volta, assieme.

Antonio Clemente, Giuliana Gaeta, Maria Grazia Pizzul, Daniela Rosenwirth, Raffaella Servello, Marina Spaccini, Mauro Stradi, Marina Trevisan
Pediatri di famiglia, Trieste
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