Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Aprile 2014 - Volume XVII - numero 4

M&B Pagine Elettroniche

Striscia... la notizia

a cura di Valentina Abate
Clinica Pediatrica, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste
Indirizzo per corrispondenza: valentina_aba@yahoo.it





Viaggiare sicuri: le regole per i bimbi
Incidenti stradali tra le prime cause di trauma nei bimbi. Le regole e i consigli per proteggere i piccoli in automobile.

Sanihelp.it - Ogni anno nei Pronto Soccorso arrivano migliaia di vittime di incidenti stradali. Se i casi che riguardano i passeggeri sono particolarmente concentrati nella fascia di età 15-24 anni, frequenze non trascurabili si registrano anche per i bambini tra 0 e 9 anni. Complessivamente, secondo i dati Istat, nel 2012 sono morti 27 bambini tra 0-9 anni in seguito a incidente stradale e oltre 6000 sono stati i feriti nella stessa fascia d’età.
«Gli incidenti stradali - spiega Antonio Urbino, presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) - sono tra le cause più frequenti di mortalità e disabilità in età pediatrica. La maggior parte dei decessi nei bambini è dovuta al mancato utilizzo dei sistemi di ritenuta o al non corretto utilizzo dei seggiolini. Il mancato rispetto delle norme di sicurezza quando si viaggia in auto è spesso fonte di gravi traumi cranici, toracici e addominali che potrebbero essere evitati con semplici accorgimenti».
Bisogna prima di tutto sfatare la convinzione che in città viaggiare in auto è meno pericoloso. Oltre il 75% degli incidenti si verificano nelle strade urbane (con una mortalità che sfiora il 43% del totale). «In città non bisogna abbassare la guardia. Occorre non cedere ai capricci dei bambini che in auto vanno legati secondo le norme di legge. La posizione più pericolosa è quella del bambino in braccio al passeggero seduto a fianco del guidatore. Non è raro che questi bambini presentino gravi lesioni in seguito all’esplosione dell’airbag o nel caso di airbag disattivato perché schiacciati dai genitori stessi.

Simeup ricorda alcune regole e consigli pratici per la sicurezza quando si viaggi con bambini:
  • i bambini di altezza inferiore a un metro e mezzo debbono usare appositi dispositivi di ritenuta, conformi alle normative, che variano a seconda del peso. I dispositivi utilizzabili, obbligatori dalla nascita fino al peso limite di omologazione (36 kg), sono di due tipi: seggiolini e adattatori
  • sui veicoli privi di sistemi di ritenuta, i bambini di età fino a tre anni non possono viaggiare, mentre quelli di più di tre anni possono viaggiare su sedile anteriore o posteriore con le cinture di sicurezza solo se di statura superiore a 1,50 metri
  • il posto migliore per posizionare il seggiolino del bimbo è nel sedile posteriore centrale. I bambini possono anche essere trasportati sui sedili anteriori in senso contrario alla marcia del veicolo, sempre che siano protetti da appositi sistemi di ritenuta omologati e idonei per peso. In questo caso, l’air bag frontale va disattivato
  • anche per i brevi tragitti non tenere tra le braccia il bimbo né sul sedile anteriore né su quello posteriore perché, in caso di incidente, il corpo dell’adulto può provocare i traumi più gravi al bambino
  • non offrire al piccolo cibi pericolosi (come i lecca-lecca per esempio) che, in caso di incidente o di frenata, potrebbero causare un’ostruzione delle vie respiratorie
  • sulla cappelliera dell’auto non mettere bagagli perché, in caso di incidente o di frenata, potrebbero precipitare rovinosamente e ferire il bimbo.


Ossa più fragili per i ragazzi che passano troppo tempo davanti al computer

L'allarme viene da una ricerca norvegese che ha esaminato le abitudini di centinaia di adolescenti, misurandone poi la densità minerale ossea. L'ipotesi finale è preoccupante: più sono le ore trascorse davanti a uno schermo (attività più citata dai "sedentari" del campione) meno "forti" sono le ossa e dunque maggiori i rischi di future fratture e osteoporosi.

Passare troppo tempo seduti davanti a un computer fa diminuire la densità minerale ossea (BMD) nei ragazzi. È quanto emerso dallo studio Fit Futures presentato in questi giorni al Congresso mondiale su Osteoporosi, Osteoartrite e Malattie muscolo scheletriche in corso a Siviglia. Dalla ricerca, condotta in Norvegia, è emersa una relazione inversa tra il tempo trascorso davanti a uno schermo e la densità minerale ossea di tutti i siti scheletrici anche tenendo conto degli altri fattori che potrebbero influire su questi valori.
Movimento e calcio per le ossa - Lo scheletro cresce continuamente dalla nascita alla fine dell'adolescenza raggiungendo il picco della massa ossea - cioè il massimo della lunghezza e della forza - nell'età adulta. Oltre a fattori legati all'alimentazione, anche l'attività fisica gioca un ruolo molto importante in questo processo. Ecco perché gli esperti sono molto preoccupati delle conseguenze che uno stile di vita sedentario può avere non soltanto sul peso corporeo, provocando obesità, ma anche sulla salute ossea.
"Lo stile di vita è fondamentale per gli adolescenti perché devono costruire il loro picco di massa ossea nel quale intervengono anche gli ormoni sessuali" spiega Maria Luisa Brandi, professore ordinario di endocrinologia all'Università di Firenze e presidente della Firmo, Fondazione italiana ricerca sulle malattie dell'osso. "Conta molto il giusto introito di calcio giornaliero, purtroppo però - avverte la specialista - sappiamo da una nostra ricerca che già a partire dalla quinta elementare i ragazzi abbandonano latte e latticini privandosi così di un importante fonte di calcio".

L'altro aspetto importante negli anni dello sviluppo è proprio quello del movimento: "Gli adolescenti devono fare attività fisica costante almeno tre volte a settimana perché questi sono gli anni in cui il tessuto osseo risponde attivamente alle sollecitazioni e riesce a determinare un incremento della densità minerale ossea".
La ricerca - Lo studio norvegese ipotizza che il maggior tempo trascorso dai ragazzi davanti al computer durante i fine settimana sia associato a una diminuzione del BMD. I dati sono stati raccolti analizzando per un anno 463 ragazze e 484 ragazzi tra i 15 e i 18 anni nella regione di TromsØ, in Norvegia. La densità minerale ossea dell'anca, del collo del femore e di tutto il corpo è stata valutata con la tecnica DXA (Dual X-ray Absorptiometry) che misura appunto la massa minerale ossea. Inoltre, i ragazzi sono stati intervistati ed hanno compilato dei questionari per rispondere a domande su quanto tempo passano davanti alla televisione o al computer e quanto, invece, si dedicano ad attività fisiche nel fine settimana. L'associazione tra la BMD e il tempo trascorso al computer è stata analizzata facendo anche degli aggiustamenti per età, maturità sessuale, Indice di Massa Corporea, attività fisica svolta, fumo, consumo di alcol e di bevande gassate.
Ossa più fragili e chili in più - I ricercatori hanno visto che i ragazzi passano più tempo al computer rispetto alle ragazze con due conseguenze: il maggior tempo al computer ha provocato negli adolescenti una diminuzione della densità minerale ossea e un aumento dell'Indice di massa corporea. Al contrario, le ragazze che avevano trascorso 4-6 ore al computer avevano un BMD più alto rispetto a chi ci era stato meno di un'ora e mezza ogni giorno. "La densità minerale ossea è il più forte indice predittivo di un futuro rischio di frattura".
Come mai, invece, la sedentarietà sembra provocare meno danni sulle ragazze, quando l'osteoporosi è più frequente proprio tra le donne? "Questo risultato può essere dovuto al ruolo protettivo degli estrogeni che sono fondamentali nella fase di costruzione della massa ossea e che proprio nelle adolescenti aumentano" spiega Maria Luisa Brandi. Il ruolo strategico degli ormoni femminili è stato confermato sempre a Siviglia da un altro studio che ha analizzato i transessuali. "Si è visto che con l'utilizzo degli estrogeni in questi soggetti si verifica un immediato ed importante aumento della massa ossea".


In Italia 5.000 casi di tubercolosi l’anno, “non dobbiamo abbassare la guardia”

In Italia l’incidenza della tubercolosi resta invariata, ma aumentano le forme farmaco-resistenti. Nel nostro Paese il numero dei casi notificati ogni anno oscilla tra i 4 mila e i 5 mila, ma il problema della farmacoresistenza e’ cresciuto negli ultimi anni. I pediatri dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, in occasione della "Giornata mondiale della lotta alla tubercolosi", lanciano un appello a non abbassare la guardia. “L’incidenza della malattia è molto bassa – spiega Alberto Villani, responsabile Pediatria generale e Malattie infettive del Bambino Gesù, ma dal punto di vista della resistenza ai farmaci siamo saliti di un gradino: nel 2006 i casi resistenti alla terapia, sia tra gli adulti che tra i bambini, erano 129 e di questi 28 multiresistenti (cioè resistenti ai due dei più potenti farmaci antitubercolari), invece nel 2011 siamo arrivati a 390 resistenti di cui 81 multiresistenti. È vero che si tratta di numeri ‘piccoli’, ma sono in forte crescita”. ”Con le resistenze alcuni tra i farmaci più comunemente utilizzati finora perdono di gran lunga efficacia. Inoltre, prima si riteneva vi fosse un unico microbatterio, un solo germe da affrontare. Adesso, invece, sappiamo che ce ne sono diversi e possiamo identificarli grazie alle nuove tecnologie. “Tra 3 oppure 5 anni di queste forme multiresistenti ne avremo ancora di piu’ ed ecco perche’ non dobbiamo abbassare la soglia dell’attenzione. Nella Tbc tradizionale, in caso di adeguato trattamento abbiamo una guarigione che riguarda il 95 e il 99% dei casi, ma nelle forme multiresistenti le statistiche scendono addirittura al 50%”.


Allattamento e indagini radiologiche con mezzi di contrasto. Le Raccomandazioni del ministero

Molti professionisti suggeriscono alla donna di interrompere l’allattamento per un certo periodo di tempo (anche 48 ore), ma gli esperti precisano: “Solo se l’indagine è stata eseguita con gadopentetato dimeglumina, gadodiamide o gadoversetamide”.
IL DOCUMENTO


La neomamma non ha bisogno di sospendere temporaneamente l’allattamento e di gettare il latte spremuto dopo un’indagine radiologica con mezzo di contrasto. “Fra tutti i mezzi di contrasto solo quelli a base di gadolinio della categoria ‘ad alto rischio di fibrosi sistemica nefrogenica’ (gadopentetato dimeglumina, gadodiamide e gadoversetamide) vanno prudenzialmente evitati”.
È questa, in sintesi, la posizione della Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM), della Società Italiana di Pediatria (SIP), della Società Italiana di Neonatologia (SIN) e del Tavolo Tecnico Operativo Interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al Seno del Ministero della Salute.

Il messaggio è contenuto nella nuova Raccomandazione sull’uso dei mezzi di contrasto nella donna che allatta.
“È ben noto – si legge nel documento - che l’allattamento rappresenta un importante investimento per la salute materno-infantile, oltre ad avere positivi effetti a livello socio-sanitario ed economico. Le ragioni per controindicare l’allattamento o per sospenderlo devono quindi essere ben motivate per rinunciare permanentemente o transitoriamente a questi benefici, anche in considerazione del fatto che questi si manifestano secondo un rapporto proporzionale rispetto all’esclusività ed alla durata dell’allattamento stesso”.
Un problema particolare è rappresentato dalla necessità da parte della donna che allatta di sottoporsi ad indagini radiologiche con mezzi di contrasto. “Molti professionisti d’area sanitaria suggeriscono di interrompere l’allattamento per un certo periodo di tempo (anche fino a 48 h), gettando via il latte spremuto”. Ma il gruppo di lavoro Sirm, Sip, Sin e Ministero della Salute sottolinea, sulla base della revisione della letteratura disponibile sulla sicurezza per il bambino in seguito alla somministrazione di mezzi di contrasto in corso di indagini radiologiche alla madre che allatta, che “questa misura può essere riservata ai casi in cui l’indagine radiologica sia stata eseguita con gadopentetato dimeglumina, gadodiamide o gadoversetamide. In tutti gli altri casi, e quindi nella maggioranza dei casi, il bambino allattato può riprendere da subito i pasti al seno”.

Il gruppo di lavoro quindi spiega: “Se la madre viene sottoposta ad indagine radiologica (TAC, RMN) con mezzo di contrasto (in particolare gli agenti di contrasto iodati e quelli a base di gadolinio) l’allattamento al seno è sicuro per il bambino allattato di qualunque età gestazionale. Fra tutti i mezzi di contrasto solo quelli a base di gadolinio della categoria ‘ad alto rischio di fibrosi sistemica nefrogenica’ (gadopentetato dimeglumina, gadodiamide e gadoversetamide) vanno prudenzialmente evitati”.
I professionisti del campo sanitario, dunque, “sulla base delle più recenti evidenze scientifiche , possono dare messaggi chiari e coerenti sulla documentata sicurezza d’uso dei mezzi di contrasto in corso di allattamento al seno”.


L'obesità si legge nella saliva, è la carenza di un gene a decuplicare il rischio
I risultati di uno studio internazionale pubblicato su Nature Genetics. Ogni copia in meno mancante di amilasi aumenta le possibilità di essere sovrappeso.

È nella saliva la chiave per 'leggere' il rischio di obesità e per cercare nuovi e più efficaci trattamenti. Una riduzione dell'amilasi salivare, gene implicato nella digestione degli zuccheri complessi, favorisce infatti il forte sovrappeso: le persone che hanno un numero di copie minore di questo gene e poco enzima d'amilasi nel sangue, hanno un rischio moltiplicato per 10. Non solo. Ogni copia di amilasi salivare in meno aumenta del 20% il rischio obesità. Sono i risultati di uno studio internazionale - Cnrs/Institut Pasteur di Lille/Imperial College London) - coordinato dal francese Philippe Froguel e pubblicato su Nature Genetics.
La quantità dei geni e dei relativi enzimi è stata anche studiata in rapporto all'indice di massa corporea e all'obesità complessivamente in 6.200 soggetti. Gli studiosi hanno scoperto così che la carenza del gene in questione è associata in modo diretto con l'aumento dell'indice di massa corporea e il sovrappeso.

Le persone più 'ricche' di amilasi salivare hanno un vantaggio nutrizionale. Dall'inizio dell'agricoltura, 10.000 anni, fa il numero di copie del gene "AMY1" dell'enzima salivare, situato sul cromosoma1, ha determinato, secondo i ricercatori, un vantaggio nella selezione naturale. Non è ancora chiaro, però, perchè la carenza di amilasi favorisca l'obesità. Due le ipotesi dei ricercatori. La prima è che la masticazione degli alimenti e la loro digestione parziale nella bocca, potrebbe avere un effetto ormonale con un senso di sazietà minore per chi ha meno amilasi.
La seconda ipotesi è che la cattiva digestione degli amidi potrebbe modificare la flora intestinale e anche contribuire indirettamente allo sviluppo dell'obesità favorendo altre patologie: le persone che hanno poca amilasi salivare hanno anche una glicemia esageratamente elevata quando mangiano amidi. I risultati dello studio aprono la strada ad una migliore conoscenza della predisposizione genetica all'obesità e alla possibilità di terapie che tengano conto della digestione degli alimenti e dell'effetto sulla flora intestinale.


L’ospedale che trasforma le paure dei bambini in splendide avventure

A New York esiste un ospedale molto particolare. È noto in tutto il mondo come l’ospedale più amato dai bambini. Sembra molto strana tale definizione, dato che i piccoli sono spesso molto restii a frequentare medici ed ambulatori, ma in questo caso è tutto molto diverso. Stiamo parlando del Presbyterian Morgan Stanley di New York, un'avveniristica struttura capace di conciliare cure e divertimento, per tutti i bambini della grande mela e non solo.
Una delle stanze maggiormente apprezzate della struttura, è certamente la sala-Tac, “ambientata” in un vero e proprio vascello ricco di colori e dettagli quali il timone, pappagalli disegnati, onde e pirati. La stanza della riabilitazione invece, permette ai piccoli di navigare nello spazio, tra pianeti, navicelle spaziali, astronavi, e stelle. Un’idea davvero geniale che aiuta i pazienti più giovani a vivere con più serenità le visite in ospedale, un ambiente solitamente freddo e sterile anche nell’arredamento, che incute terrore con le sue sterminate distese di pareti bianche.
Gli stessi medici ed infermieri della struttura, hanno infatti notato una netta diminuzione dei casi di bambini impauriti ed in lacrime per una Tac od altri trattamenti. Gli americani sono come spesso accade, un passo avanti, ma perchè non copiare questa idea che appare davvero molto interessante?


Allarme pediatri: “I bambini assumono troppi zuccheri, rischiano epidemia dolce”

Secondo uno studio condotto dal Prof. Gianvincenzo Zuccotti il 90% dei bambini italiani assume più zucchero di quello raccomandato. E già a partire dal 1° anno di vita il consumo è ai livelli massimi consentiti. Si rischia di creare una generazione di potenziali obesi, diabetici e pazienti odontoiatrici. La Top 5 dei comportamenti sbagliati più comuni delle mamme italiane.

La chiamano “epidemia” dolce è quella che sta dilagando fra i bambini italiani. Bambini che al 90% assume più zucchero di quello raccomandato e che già a partire dal primo anno di età consuma un livello di zuccheri altissimo. Questo significa che si rischia di creare una generazione di potenziali obesi, diabetici e pazienti odontoiatrici. Secondo quanto riporta lo studio Nutrintake, condotto dal Prof. Gianvincenzo Zuccotti (Direttore Clinica Pediatrica L. Sacco di Milano, Università degli Studi di Milano) e realizzato su un campione di oltre 400 bambini italiani dai 6 ai 36 mesi, in Italia 9 bambini su 10 già prima dell'anno di età consumano tanto zucchero nella dieta quotidiana.
“Forse non tutti sanno che la preferenza per il gusto dolce è innata e contribuisce a influenzare le preferenze alimentari per tutta la vita. Gli zuccheri sono fondamentali per la crescita e il sostentamento quotidiano; la nostra dieta ha già a disposizione tanti alimenti naturalmente dolci che aiutano ad assecondare il gusto dei nostri bambini senza forzature e predispongono ad abitudini salutari Spesso però tendiamo ad addolcire eccessivamente gli alimenti e a preferire cibi ricchi di zuccheri; questi errori, se diventano abitudini nella dieta dei bambini, possono influenzare negativamente la loro salute futura. Infatti se il bambino dovesse acquisire una preferenza spiccata per gli alimenti più dolci potrebbe nel tempo avere un maggior rischio di obesità, carie dentaria e patologie cardiovascolari”.
I numeri di questi rischi sono confermati anche dall'ultima ricerca del Center for Disease Control and Prevention di Atlanta, pubblicata di recente sulla rivista scientifica JAMA, che dimostrano in maniera ancora più forte la correlazione tra eccesso di zuccheri e comparsa di patologie cardiovascolari gravi.
“È bene ricordare – continua Maffeis – che gli zuccheri sono di due tipi: zuccheri semplici, tipicamente il cucchiaino di saccarosio che aggiungiamo, e zuccheri complessi, prevalentemente amidi; entrambi fanno parte dei carboidrati. Gli zuccheri semplici rilasciano energia immediata mentre quelli complessi danno energia con gradualità; è soprattutto con gli zuccheri semplici, aggiunti agli alimenti, che tendiamo ad eccedere per i nostri bambini. Se pensiamo che in natura non esistono carboidrati a rilascio immediato, ci rendiamo conto di quanto possa essere opportuno limitare l’aggiunta di zucchero; anche la frutta, naturalmente dolce, fornisce in realtà un complesso di zuccheri ‘buoni’ che portano con sé altre importanti sostanze quali fibre, vitamine, minerali ecc… con un valore nutritivo ben superiore a quello fornito dal solo fruttosio in essa contenuto”.
Maffeis ha stilato una Top 5 delle “dolci debolezze” più comuni che riscontra quotidianamente nelle mamme italiane. Questo, spiega, per aiutare le famiglie a ricercare e correggere gli errori nelle loro abitudini alimentari.
  • Al 1° posto: Una "dolce" concessione come premio per un comportamento corretto è l'abitudine più comune nelle famiglie italiane, radicata nella nostra tradizione educativa. Un comportamento apparentemente innocuo ma in realtà diseducativo.
  • Al 2° posto: Adattare la dieta del bambino a quella della famiglia, dopo il primo anno di età. Si crede infatti che il bambino sia un "piccolo adulto" e non abbia più bisogno di un'alimentazione specifica. In questo è importantissimo il ruolo educativo dei pediatri verso la famiglia che, in occasione dell’arrivo di un bebè, può impostare nuove e salutari abitudini per tutti. Adattarsi alle esigenze alimentari del bambino può significare infatti un sano ritorno ai gusti genuini e ad una "limitazione" dagli zuccheri.
  • Al 3° posto: Aggiungere lo zucchero come soluzione per accentuare il sapore di alimenti che, secondo il proprio gusto adulto, si pensa non siano apprezzati dal bambino. Spesso i genitori tendono ad aggiungere lo zucchero alla frutta, ad intingere il ciuccio nello zucchero o nel miele per farlo accettare dal piccolo. Con importanti conseguenze sul processo di dentizione, sulla futura insorgenza di carie e sullo sviluppo del gusto.
  • Al 4° posto: Sottovalutare l’impatto della nutrizione sul benessere futuro dei nostri bambini. Una corretta educazione al gusto caratterizzerà le sue scelte anche da adulto, lo abituerà meglio ai sapori autentici, ad una dieta sana ed equilibrata contribuendo così ad una vita più sana.
  • Al 5° posto: Leggere poco attentamente le etichette. È importante scegliere prodotti specifici per le differenti fasi di crescita del bambino, prestando attenzione che sull'etichetta sia specificata la quantità e il tipo di zuccheri presenti; meglio scegliere, ad esempio nel caso degli omogeneizzati, quelli in cui gli zuccheri provengano solo dalla frutta.


Bimbi in ospedale, un vademecum per i genitori
Dieci consigli su come affrontare al meglio il ricovero

Stare sempre con lui, fargli tenere con sé il suo giocattolo preferito, non farlo ricoverare in reparti per adulti: sono queste alcune delle indicazioni per i genitori contenute nel vademecum elaborato dall'associazione Amici del Bambino malato onlus per il ricovero del bambino in ospedale e che verrà presentato in occasione della Milano City Marathon 2014, cui la onlus partecipa.
''Quando ci si trova davanti alla necessità di ricoverare il proprio bambino , spesso i genitori vengono assaliti da ansie e paure che trasmettono, inevitabilmente, ai loro figli. E' importante che siano ben preparati''. Il primo consiglio è di parlare serenamente al bambino, spiegandogli con parole adatte alla sua età i motivi del ricovero, rassicurandolo sui medici che si prenderanno cura di lui. Poi ricordarsi che il bambino in ospedale ha il diritto di avere accanto a sé sempre la mamma o il papà o un sostituto da loro delegato. Bisogna poi informarsi prima sull'organizzazione del reparto dove sarà ricoverato il bambino, perchè spesso gli ospedali mettono a disposizione dei genitori eventuali supporti per favorire la loro permanenza.
L'altro consiglio è di lasciare al bambino in ospedale i suoi giocattoli o libri preferiti, da consentire, se le condizioni cliniche lo consentono, di fargli avere libero accesso ad aree di gioco e studio adatte alla sua età. I genitori poi devono sapere che hanno il diritto di essere informati e coinvolti nelle decisioni relative al trattamento medico e assicurarsi che il bambino non sia ricoverato in reparti per adulti. Quando si confrontano con il medico o informano parenti o altri visitatori, non parlare mai della malattia in presenza del bambino, soprattutto nei casi più gravi.


OMS: il 50% della popolazione mondiale a rischio malattie da insetti

Oltre la metà della popolazione mondiale è a rischio di contrarre malattie come malaria, dengue, bilharziosi, tripasomiasi, febbre gialla, encefalite giapponese o filiariosi, che ogni anno provocano più di un miliardo di casi e 1 milione di decessi. A questo tipo di minaccia, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha deciso di dedicare il prossimo World Health Day che si celebrerà il 7 aprile. Zanzare, mosche, zecche e insetti possono essere una minaccia per la salute sia a casa che in viaggio. Si tratta di organismi viventi che possono trasmettere malattie infettive tra gli uomini o dagli animali all’uomo. Questo tipo di malattie rappresentano il 17% di tutte quelle infettive. Più di 2,5 miliardi di persone in oltre 100 paesi sono a rischio di dengue, mentre la malaria ogni anno uccide oltre 600mila persone l’anno, molte delle quali bambini sottoi 5 anni. Altre malattie, come tripanosomiasi americana o malattia di Chagas, leishmaniosi e bilharziosi o ‘febbre lumaca’ colpiscono centinaia di milioni di persone nel mondo. La globalizzazione dei viaggi e dei commerci, un’urbanizzazione disorganizzata e il cambiamento climatico, spiega l’Oms, hanno influito in modo significativo negli ultimi anni sulla trasmissione di queste malattie, che stanno emergendo anche in paesi dove prima erano assenti. I cambiamenti nelle praticole agricole, dovuti alle variazioni delle temperature e delle piogge, influiscono anche sulla trasmissione di queste infezioni. Per molte di queste malattie l’Oms ha iniziato programmi di controllo usando farmaci donati e lavorando sull’accesso all’acqua e la sua purificazione.


Difficoltà del linguaggio per i piccoli che passano troppo tempo sul passeggino

Attenzione a tenere i bimbi troppo nel passeggino o nel seggiolino auto: questa abitudine potrebbe limitare il loro sviluppo fisico e del linguaggio. Spesso i bambini hanno il passeggino rivolto verso avanti, con mamma o papà alle loro spalle, e questo potrebbe compromettere le interazioni, provocando difficoltà nel linguaggio. A tutto ciò si aggiungono limitazioni di tipo fisico, provocate dall’impossibilità di muoversi ed esplorare liberamente il mondo. ”È evidente che il piccolo se ha il passeggino che guarda in avanti rischia di non interagire molto con la mamma, ma in questo modo può avere stimoli maggiori dall’ambiente che lo circonda tuttavia stando in quella posizione a lungo rischia di non vedere, toccare e muoversi in un contesto tridimensionale: il bimbo ha bisogno infatti di sperimentare la consistenza degli oggetti, la loro distanza e il loro odore, di giocare in compagnia di fratellini o sorelline e dei coetanei. Il passeggino non va inteso come un posto in cui il bimbo deve soggiornare, soprattutto quando è cresciuto tenercelo a lungo è una pessima abitudine questo induce il piccolo a una scarsa autonomia ed è poco fisiologico anche per la postura: il bambino infatti si sentirà costretto in uno spazio troppo delimitato per le sue esigenze, rischiando di assumere posizioni errate del corpo” spiega Marcello Lanari, direttore dell’unità operativa complessa di pediatria e neonatologia dell’ospedale di Imola.


Ictus cerebrale Urbino (Simeup): “Riguarda anche i bambini, fondamentali i Protocolli per gestione urgenza”

L’ictus cerebrale costituisce una causa di morte anche in età pediatrica. Eppure per anni è stata una patologia poco conosciuta e riferita tipicamente al mondo dell’adulto. Se ne è discusso al 10° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza Pediatrica. Presentati i percorsi ad oggi attuati in Italia e delineate le progettualità future.

Ictus celebrale: attenzione anche ai bambini. Lo stroke può essere dovuto a un’occlusione improvvisa, dovuta a un embolo o trombo, di un’arteria o di una vena, oppure alla rottura di un vaso sanguigno. Quanto all’assistenza, “non ci sono sempre comportamenti omogenei nell’approccio diagnostico-terapeutico allo stroke in età pediatrica - spiega Antonio Urbino, Presidente Nazionale della SIMEUP -. La gestione in urgenza deve iniziare dai sintomi e l’infarto cerebrale va sempre sospettato in caso di sintomatologia neurologica acuta insorta senza preavviso, di fronte ad un’alterazione della coscienza o ad una prima crisi epilettica”. Nella maggior parte dei casi (circa l’85%), l’ictus è provocato da ischemia (infarto cerebrale). Le emorragie rappresentano il restante 15% circa e si distinguono in emorragie cerebrali che incidono per il 10% di tutti gli ictus, ed emorragie subaracnoidee che riguardano il 5% dei casi.
“Difficilmente la diagnosi per distinguere tra ictus ischemico ed emorragico può essere eseguita attraverso i soli dati clinici-anamnestici, ecco perché il supporto della tecnica per mezzo delle indagini strumentali eseguite con la tomografia assiale computerizzata (TAC) o con la risonanza magnetica nucleare (RMN) si rivela fondamentale. Ma altrettanto fondamentale è saper riconoscere i sintomi di un ictus da parte di personale formato in modo da intervenire tempestivamente. Per questo uno strumento fondamentale è costituito dai Protocolli in Pediatria d’Urgenza”.
I fattori di rischio dell’infarto cerebrale in età pediatrica differiscono significativamente da quelli dell’adulto, nel quale sono soprattutto legati alla malattia aterosclerotica e cardioembolica. Sono stati individuati nel bambino oltre 100 fra fattori di rischio e cause di stroke; i più frequenti sono le cardiopatie, le vasculopatie, i disordini ematologici e le infezioni (es. varicella). “Nella gestione dello stroke in età pediatirca è fondamentale fare rete, ovvero realizzare una sinergia ospedale-territorio e sensibilizzare tutti gli attori variamente coinvolti nella presa in carico del paziente. Occorre omogenizzare i comportamenti e in tal senso il Registro Italiano Trombosi Infantili (RITI) è uno strumento indispensabile. L’auspicio è che tale registri vengano realizzati anche a carattere regionale e vengano tra loro collegati. In questo percorso di condivisione, proprio in emergenza/urgenza in particolare, - conclude il Presidente nazionale della SIMEUP - anche la presenza di Protocolli aggiornati multidisciplinari in cui il pediatra d’urgenza è il punto focale, sia per cultura sia per competenza, diviene quanto mai fondamentale”.


Dopo 6 ore di messaggi mani in tilt per la Whatsappite

Nuovi prodotti hi-tech entrano nel paniere dell'Istat e anche nuove malattie nei dizionari medici. A notificare l'ultima è addirittura la rivista Lancet che ha dedicato spazio a quanto accaduto ad una dottoressa di 34 anni. La donna alla 27esima settimana di gravidanza era al lavoro durante la vigilia di Natale nel reparto di emergenza del suo ospedale. Il giorno dopo ha risposto per circa sei ore di fila ai messagg ricevuti attraverso WhatsApp. Il lavorio di dita e polsi per evadere tutti quei messaggi su uno smartphone di 130 grammi ha mandato in tilt le mani. La donna è tornata nel suo stesso ospedale con il polso dolente e ha ricevuto una originale e inedita diagnosi di Whatsappite.La Whatsappite è il risultato di una tendinite, una infiammazione dei tendini del pollice. Le tenosinoviti, infiammazioni che coinvolgono la guaina dei tendini dei muscoli flessori della mano, sono sempre più diffuse grazie alla tecnologia: i movimenti ripetitivi provocano infiammazioni che coinvolgono tutta l'articolazione, con un incremento di disturbi come il dito a scatto o il tunnel carpale.


Salute: cecità ai colori più diffusa tra i bimbi caucasici

Fra i bambini in età pre-scolare, la cecità ai colori ha la sua più alta prevalenza (1 su venti) tra i maschi caucasici. Si tratta del primo grande studio condotto su un campione multietnico che ha riguardato le quattro più grandi etnie. Inoltre, i ricercatori del Department of Ophthalmology presso la University of Southern California (USC) Keck School of Medicine hanno scoperto che la cecità ai colori, anche detto deficit nella visione dei colori, riguarda a livelli più bassi i maschi afro-americani e, in generale, nella fascia d'età 3-6 anni le bambine hanno una minor prevalenza di questo disturbo, rispetto ai bambini. Lo studio è stato pubblicato su Ophthalmology, rivista della American Academy of Ophthalmology. Nonostante il nome, la cecità ai colori non è un tipo di cecità ma si esprime attraverso l’incapacità a vedere accuratamente i colori. La più comune forma di questo disturbo, il daltonismo, è causata da una mutazione genetica che impedisce di vedere correttamente il rosso o il verde.


OMS: successo della campagna di vaccinazione, il Sud-est asiatico libero dalla polio

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato oggi che le regioni del Sud-Est asiatico sono ormai libere dalla poliomielite, una malattia acuta, virale e altamente contagiosa che si diffonde soprattutto fra i bambini sotto i cinque anni.
La certificazione dell’Oms è considerata un “traguardo storico” nella lotta globale per estirpare questo virus mortale e arriva pochi mesi dopo la sconfitta ufficiale della malattia in India, che negli ultimi tre anni non ha registrato alcun caso di polio.
Altri paesi come lo Sri Lanka, le Maldive e il Bhutan sono immuni dal virus da oltre 15 anni. L’annuncio dell’Oms significa che l’80% del mondo è libero dalla malattia, nonostante questa sia ancora endemica in Afghanistan, Pakistan e Nigeria, riporta la Bbc. L’Oms si è posta come obiettivo lo sradicamento totale della polio entro il 2018.

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