Pediatri,
make-up spopola tra bimbi, è boom dermatiti. Minori come
„giocattoli in vetrina” e oggetto del marketing
Non
più bambole e peluche, ma mascara e rossetto. Sono in
aumento le bambine che in tenera età, già dai 7-8
anni, più che pensare ai giochi sono invece concentrate
sul proprio aspetto fisico, tanto da fare un uso consistente di
cosmetici e make-up, insieme a profumi di vario genere. Un
fenomeno segnalato dai pediatri, che mettono in guardia dalle
conseguenze: ''L'uso del make-up tra i bambini ha portato ad
un'impennata delle dermatiti da contatto o allergiche, facendo
registrare un +16,7% di tali patologie nella fascia di età
8-12 anni''. Ma più in generale, ha sottolineato il
presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp)
Giuseppe Mele, ''il trend da segnalare è che oggi i
bambini sono considerati sempre più come “giocattoli
in vetrina”, una spettacolarizzazione e un “accessorio”
dei desideri dei genitori''. In una società dell'apparire,
ha sottolineato Mele, ''i bambini diventano accessori viventi:
così la mamma che desidera abiti firmati e costosi, non
potendo acquistarne per sè, li compera per i figli, che
diventano una sorta di proiezione dei propri desideri, dei
mini-me''. I pediatri segnalano dunque una ''perdita di
identità'' del bambino, che oggi si comporta sempre più
come un ''piccolo adulto'' e che ''viene abituato ad apparire più
che a essere''. Allo stesso tempo, avvertono i pediatri, ''i
minori stanno diventando nuovi oggetti del marketing: se prima i
messaggi pubblicitari si rivolgevano solo indirettamente ai
piccoli, facendo leva sulle madri, ora invece i bambini diventano
mercato diretto.
L'ormone
dell'altruismo e il legame tra stress infantile e depressione
adulta
L'ossitocina
che aiuta il parto e l'allattamento adesso rivela sempre di più
la sua influenza nelle relazioni sociali.
Se da
adulti si è depressi, potrebbe dipendere da esperienze
negative e stressanti fatte quando si era bambini. Ma che legame
c'è tra lo stress infantile e la depressione adulta?
L'ossitocina. Ancora: se una persona non è ipnotizzabile e
quindi non può ricorrere a questa tecnica psicologica per
condizioni mediche che potrebbero beneficiarsene, c'è un
farmaco capace di renderla ipnotizzabile? Sì, sempre
l'ossitocina. E si può indurre le persone a essere più
generose, ad esempio nel fare donazioni in denaro ad associazioni
benefiche? Anche in questo caso la risposta è positiva:
merito dell’ossitocina.
Si
potrebbe proseguire con un lungo elenco di azioni diverse, visto
che l'ossitocina è la molecola dei legami sociali, può
modificare positivamente le capacità empatiche degli
individui e la loro modalità di rapportarsi con gli altri.
Il legame tra carenza di ossitocina e depressione adulta è
stato individuato da una ricerca, pubblicata sulla rivista Stress
da Jolanta Opacka-Juffry e Changiz Mohiyeddini dell'Università
di Londra, mentre l'azione pro-ipnotizzabilità di questo
potente neuropeptide è stata scoperta da alcuni
ricercatori dell'Università del South Wales di Sidney, in
Australia, guidati da Richard Bryant, e pubblicata in un articolo
uscito sulla rivista Psychoneuroendocrinology.
L'ossitocina
è prodotta dall'ipotalamo e viene immagazzinata nella
parte posteriore dell'ipofisi. Da lì, questo neuropeptide,
composto da nove aminoacidi, parte per distribuirsi in tutto
l'organismo per via nervosa o con la circolazione del sangue.
All'inizio del secolo scorso, quando fu scoperta, si sapeva che
era in grado di far contrarre l'utero (il termine «ossitocina»
viene dal greco antico e vuol dire «nascita veloce»),
poi si scoprì che serviva anche per facilitare
l'allattamento al seno. Negli ultimi anni ad ogni azione di
questa molecola se ne è aggiunta un'altra, con un
progressivo spostamento verso l'area psicologica e sociale.
Oggi
è indicata come la molecola del benessere, perché
aumenta il senso di fiducia in se stessi, migliora la capacità
di stringere legami sociali e di comportarsi in maniera corretta
e altruista. «L'ossitocina gioca un ruolo centrale nella
modulazione dell'ansia» dicono Waguih William IsHak della
Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles e i suoi
collaboratori, autori di una revisione su questa straordinaria
molecola, pubblicata sul Journal of affective disorders.
«Esercita quest’azione attraverso specifici recettori
per l'ossitocina che sono stati trovati nell'amigdala, struttura
fondamentale nel percorso neurologico che media la paura, la
fiducia e il riconoscimento sociale». Il livello circolante
nel sangue di questa sostanza aumenta dopo stimoli positivi e
piacevoli, come il calore, il tocco di un altro essere umano,
l'esposizione a odori gradevoli e alla musica. L'ossitocina
inoltre è più elevata nel sangue delle persone che
sono inserite in una buona rete sociale, rispetto a chi è
invece isolato. Rappresenta una fondamentale base biochimica
dell'attaccamento tra madri e figli.
La
somministrazione di questo ormone come farmaco ha una serie di
azioni favorevoli, come la riduzione del livello di pressione
arteriosa, che prosegue per giorni anche dopo una sola
somministrazione, la riduzione del desiderio di assumere sale,
l'abbassamento del tono simpatico-adrenergico, che è
aumentato invece dallo stress. Ma come tutti i farmaci molto
attivi, anche l'ossitocina può avere sia importanti
effetti collaterali, sia effetti inaspettati e negativi, a
seconda della disposizione delle persone che la assumono.
Prescrizioni
pediatriche, basterebbero 20 farmaci essenziali
Sono
circa una ventina i farmaci che coprono il 75% della prescrizione
pediatrica, eppure i pediatri di famiglia lombardi, ogni anno,
prescrivono più di 600 principi attivi. Lo sostiene
un'indagine condotta dall'Istituto di ricerche farmacologiche
Mario Negri, nell'ambito di un progetto nato in collaborazione
con il Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef) e
l'Associazione culturale pediatri (Acp) che mira alla
realizzazione di un Prontuario di farmaci essenziali in ambito
pediatrico. L'idea è «dare vita a un prontuario
di farmaci da ritenere essenziali in campo pediatrico e di
mettere in atto un progetto formativo volto a modificare
abitudini prescrittive non conformi ai suggerimenti della
letteratura». L'indagine, condotta in Lombardia, ha
spiegato Bonati, ha rilevato che «in un anno sono stati
prescritti 625 principi attivi. Ma valutando i farmaci
maggiormente condivisi tra i pediatri, si è visto che solo
22 erano prescritti da oltre il 75% dei pediatri. Troppi anche
rispetto al panorama internazionale, in Gran Bretagna, per
esempio, considerando tutti gli ambiti pediatrici, cure primarie
e ospedaliere, in un anno vengono prescritti 320 principi attivi,
vale a dire la metà». Nonostante, quanto indicato
dalle linee guida nazionali e internazionali, si conferma, un
elevato impiego di farmaci molto simili tra loro per
struttura e meccanismo d'azione. È dimostrato che
l'intensificazione dei percorsi di formazione dei pediatri di
famiglia sulla valutazione dell'appropriatezza delle cure, unita
a campagne di informazione ai genitori affinché riducano
le richieste immotivate di prescrizioni, contribuisce ad un uso
più razionale dei farmaci e porta a un'importante
riduzione della spesa».
Balbuzie,
non facciamo sentire bimbo troppo osservato
Gli
esperti: concentriamoci su ciò che dice, non su
come lo dice
La
ripetizione di sillabe o parole intere, il prolungamento di
alcuni suoni, le pause. E poi, in alcuni casi, dei veri e propri
spasmi prima di parlare, sintomo di uno sforzo comunicativo
visibile attraverso la tensione dei muscoli. E' in questi modi, a
volte combinati tra loro, che si esprime la balbuzie. Questa
patologia colpisce un milione di italiani, 250mila dei quali
bambini, e si presenta in genere in un'età compresa tra i
due e i cinque anni, anche se nella maggior parte delle famiglie
il problema non viene identificato prima dell'età scolare.
La preoccupazione a quel punto può essere tanta,
soprattutto se il piccolo, a scuola come a casa, tende a
chiudersi in se stesso o a far parlare mamma e papà al suo
posto per non essere preso in giro: ecco quindi che bisogna il
più possibile relativizzare il problema (pur senza
sottovalutarlo) e non far sentire il bambino un ''osservato
speciale''. ''Evitiamo di terminare le frasi al suo posto e
cerchiamo di non attirare l'attenzione sul suo modo di parlare
non efficace, quando parla concentriamoci più su quello
che dice che su come lo dice''. E' utile poi, in un approccio
ormai multidisciplinare alla balbuzie, rivolgersi a un
logopedista, che aiuterà il piccolo a parlare meglio, e
magari anche a uno psicologo o a uno psicoterapeuta che si
occuperanno invece delle problematiche legate all'emotività.
Fondamentale, in ogni caso, è aiutare il bambino a uscire
da quella che Giovanni Muscarà, fondatore
dell'International Stuttering Centre con sedi a Roma e
Londra ed ex balbuziente, definisce ''zona di comfort''.
''Bisogna fargli fare proprio ciò che gli viene più
difficile, come rivolgersi agli altri per chiedere informazioni o
andare al mercato''. Infine, per i piccoli balbuzienti c'è
il mondo della scuola da affrontare, il rientro tra i banchi in
particolare può essere un momento molto traumatico che gli
adulti in primo luogo devono imparare a gestire. Per questo il
centro ha realizzato un decalogo dedicato anche agli insegnanti:
tra le regole quella di aspettarsi dallo studente balbuziente lo
stesso rendimento degli altri e non dirgli mai ''stai calmo'' o
''rallenta'', educare tutta la classe all'ascolto e dare
l'esempio nella comunicazione.
No
energy-drink a bimbi, troppa caffeina
Idratazione
fondamentale, 8 regole del “saper bere”
No
agli energy-drink, le cosiddette bevande energetiche, ai bambini:
il contenuto in caffeina è infatti troppo alto. Lo stop
arriva dai pediatri che, in occasione del VI Congresso nazionale
della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) in programma a
Genova dal 27 al 29 settembre, hanno presentato un manifesto con
le “8 Regole del saper bere”. Per ricordare ai
genitori come una giusta idratazione sia fondamentale per la
salute dei bambini. Ecco i consigli degli specialisti:
1.
IDRATAZIONE: E' importante che i bambini assumano giornalmente
un'adeguata quantità di liquidi che permetta di ottenere e
mantenere un ottimale livello di idratazione. 2. ACQUA:
L'acqua è l'alimento ideale per l'idratazione del
bambino. 3. BEVANDE: Altre bevande possono concorrere
all'idratazione del bambino veicolando al contempo nutrienti a
contenuto calorico (succhi di frutta, bevande zuccherate, latte).
Il contenuto calorico ed in nutrienti di queste bevande deve
armonizzarsi con le calorie ed i nutrienti assunti con il cibo
nel corso della giornata per evitare eccessi. 4. ETICHETTE:
Leggere sempre l'etichetta. L'etichetta riporta la composizione e
il contenuto calorico della bevanda e aiuta i genitori ad un
acquisto consapevole. 5. CONSUMO MODERATO: Proibire al bambino
il consumo di tutte le bevande analcoliche diverse dall'acqua non
e' giustificato. Necessario invece educare con pazienza alla
scelta delle bevande piu' indicate e a un consumo moderato. 6.
SOVRAPPESO: Oggi i bambini si muovono poco e spesso sono
sovrappeso. Le bevande, come tutti gli altri alimenti, concorrono
all'apporto di nutrienti e calorie: il loro consumo deve essere
quindi proporzionato ai reali fabbisogni del bambino, legati al
suo dispendio energetico. 7. DOLCIFICANTI: L'assunzione di
bevande contenenti dolcificanti (edulcoranti) ha una motivazione
specifica nel bambino con diabete e, in casi selezionati, come
coadiuvante nel trattamento dell'obesita'. 8. ENERGY DRINK:
Gli ''Energy Drink'' non sono raccomandati per i bambini per il
loro elevato contenuto in caffeina.
Allarme
ingestione pile per i bimbi
Un
nuovo allarme per i genitori: attenzione alle pile a disco perché
la loro ingestione da parte di bimbi anche molto piccoli è
particolarmente pericolosa. Gli effetti gravi si possono
verificare già dopo due ore, ma il maggiore problema è
dovuto al fatto che inizialmente il piccolo può anche non
presentare sintomi particolari che consentano di individuare il
problema. A spiegarlo è la Società italiana di
pediatria preventiva e sociale (Sipps), riunita in congresso
a Caserta. Il 92% dei casi fatali e il 56% dei casi con gravi
complicanze avvengono in bambini molto piccoli e in assenza di
testimoni. I sintomi precoci che devono far sospettare
l’ingestione di una batteria sono: inappetenza, rigurgiti,
salivazione eccessiva, vomito, dolore toracico o addominale. E
poi difficoltà a deglutire, riduzione dell’appetito,
rifiuto del cibo e tosse o soffocamento durante assunzione di
liquidi o solidi. Il principale sintomo, purtroppo tardivo, è
invece rappresentato dall’emorragia gastrica. Per prevenire
gli incidenti, la Sipps consiglia ai genitori di conservare le
pile, incluse quelle scariche, fuori della vista e della portata
del bambino, non lasciandole sui comodini, in tasca o in borsa.
Un’altra importante forma di prevenzione, spiegano i
pediatri, dovrebbe essere messa in pratica dalle aziende
produttrici: dotare di un dispositivo di sicurezza a prova di
bambino tutti gli utensili a uso domestico e l’imballaggio
delle pile.
Talidomide,
50 anni dopo l'azienda si scusa. Provocò malformazioni a
20mila bambini
L'amministratore
delegato della Grunenthal, Harald Stock, ha detto che la sua
azienda è "molto dispiaciuta" per il silenzio
mantenuto sulla vicenda. Il farmaco venne venduto tra la fine
degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 alle donne incinte per
calmare il malessere e la nausea
LONDRA
- Cinquant'anni di silenzio per le vittime del Talidomide, un
farmaco contro la nausea in gravidanza, che causò la
nascita di 20mila bambini con malformazioni. Oggi, ormai più
che cinquantenni, quei disabili hanno ricevuto le scuse per i
danni provocati dal medicinale. L'amministratore delegato della
Grunenthal, Harald Stock, ha detto a Stolberg, in Germania, dove
ha sede la ditta, che la sua azienda è "molto
dispiaciuta" per il silenzio mantenuto sulla scottante
vicenda. La tragedia. Il farmaco venne venduto tra la fine
degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta alle donne
incinte per calmare il malessere e la nausea mattutina causate
dalla gravidanza. Fu un dramma di portata mondiale: il medicinale
fu infatti commercializzato in quasi 50 Paesi. Il Talidomide fu
approvato in Germania nel 1954, ma i primi effetti avversi furono
direttamente ricollegati al farmaco solo cinque anni più
tardi e il ritiro avvenne solo nel 1961, dopo che aveva provocato
migliaia di vittime. Le stime parlano di 20mila bambini nati con
malformazioni, ma non tutti riuscirono a sopravvivere. "Chiediamo
perdono per il fatto che, in quasi 50 anni, non abbiamo trovato
un modo per parlarvi, da essere umano a essere umano" Negli
anni Settanta la compagnia ha pagato risarcimenti finanziari ai
bambini nati tra il 1957 e l'inizio degli anni Sessanta con
gravissime malformazioni dopo che le loro madri avevano assunto
il farmaco Talidomide. Le reazioni. Per l'associazione delle
vittime in Germania le scuse sono troppo poco e sono arrivate
troppo tardi. "Una scusa del genere non ci aiuta a gestire
la nostra vita quotidiana, abbiamo bisogno di altro", ha
detto Ilonka Stebritz, portavoce dell'Associazione per le
vittime. L'accordo raggiunto in Germania negli anni Settanta ha
portato alla creazione di un fondo di 150 milioni di euro per
circa 3mila vittime tedesche, ma secondo Stebritz, visto che le
aspettative di vita normali sono di circa 85 anni, la somma non è
sufficiente. In molti altri Paesi le vittime aspettano ancora di
ottenere un risarcimento da Gruenenthal o dai distributori del
farmaco. I casi in Italia. Scuse accettate, anche se non
senza polemiche, da parte dell'associazione che riunisce le
vittime in Italia. "Le scuse sono sempre importanti anche se
a 50 anni di distanza - afferma Vincenzo Tomasso, presidente
dell'Associazione Thalidomidici Italiani Inoltre le vittime
italiane, così come quelle di molti altri Paesi, non hanno
ricevuto un centesimo dalla Grunenthal". "In Italia -
conclude Tomasso, le vittime ancora in vita del farmaco sono
circa 300. In tutto saranno state circa 6-700, ma molti sono
morti proprio a causa del Talidomide. Solo negli ultimi anni
siamo riusciti a vederci riconosciuto un indennizzo da parte
dello Stato, visto che anche le aziende italiane a cui è
stato venduto il brevetto sono fallite o scomparse".
Utili
o dannosi? La battaglia dei vaccini che sta dividendo giudici e
pediatri
Effetti
collaterali sui bimbi, primi risarcimenti decisi dai tribunali.
Il ministero della Salute li difende: ci opporremo in giudizio.
Le famiglie: diteci cosa fare
Due
sentenze di tribunale, in primavera e in estate inoltrata, hanno
scosso il mondo della pediatria: c'è una relazione tra i
vaccini obbligatori, somministrati ai nostri figli, e l'autismo.
Lo hanno detto due giudici, a Rimini e a Torino, e nel secondo
caso la Corte d'appello ha deciso un risarcimento da primato: 1,8
miliardi. Il maxi risarcimento è stato ammesso per una
ragazza di 29 anni da ventiquattro in coma vegetativo dopo una
vaccinazione obbligatoria (antidifterica-tetanica) fatta da
bambina. Qui c'era l'aggravante: l'appello ha riconosciuto
l'errore di un medico che si era rifiutato di dare un cortisone
alle prime manifestazioni di crisi.
Queste
sentenze, basate su perizie di clinici specialisti e medici
legali, sono diventate fonte di preoccupazione per le famiglie.
"Con ragionevole probabilità scientifica", si
legge nelle motivazioni del Tribunale di Rimini, "la
malattia è correlata alla somministrazione del trivalente
presso la Asl di Riccione". Un'associazione di consumatori
come il Codacons ha chiesto di abolire "i vaccini inutili,
risparmieremmo 114 milioni". Gruppi assicurativi hanno fatto
marketing spinto sui casi diventati pubblici: "Autismo da
vaccino", dice una pubblicità, "i giudici lo
riconoscono dal 2009, hai diritto a una pensione a vita".
Ecco,
in questi giorni si è riaperto un dibattito mai sopito: i
vaccini quanto servono e quanto sono pericolosi? Perché
sono obbligatori da noi e in Francia e nel resto d'Europa solo
consigliati. Associazioni di genitori che hanno conosciuto
disgrazie cliniche dopo una vaccinazione, il Comilva per esempio,
stanno portando su internet contro-studi. Novemila pediatri
organizzati in strutture riconosciute, allora, hanno deciso di
rispondere: "I vaccini sono sicuri, questo è un gioco
al massacro". Li ha affiancati il ministero della
Salute, che ha fatto depositare opposizione alla sentenza di
Rimini e si appresta a ricorrere in Cassazione anche per quella
di Torino. La Società italiana di pediatria afferma con
forza che non esiste alcun nesso tra l'autismo e i vaccini
ricordando che "questa cattiva letteratura medica" si
fonda su un articolo pubblicato 14 anni fa (e poi smentito) dalla
rivista Lancet a proposito di alcuni studi di Andrew Wakefield,
radiato dal mondo della medicina britannica. Sullo spinoso
argomento i pediatri hanno scelto la strada del convincimento
scientifico porta a porta, computer a computer. E hanno inviato
sul sito della Sip il direttore scientifico della comunicazione,
Alberto Eugenio Tozzi, per farlo rispondere a quesiti semplici e
carichi di perplessità. Tozzi ha ammesso che certezze in
ogni campo medico non ce ne sono, "ma non conosciamo ancora
un modo diverso dalla vaccinazione della popolazione per
prevenire la circolazione delle infezioni". Ecco, "la
cosa complicata da spiegare è che la probabilità di
avere una malattia prevenibile e una complicanza grave è
molto maggiore di quella di avere un effetto collaterale grave
associato a una vaccinazione". L'effetto collaterale, sì,
può esserci, anche se è raro. Ma il rischio di
contrarre morbillo e pertosse se non ti vaccini, di rischiare
encefaliti e sordità, è più alto. Troppi
antidoti insieme? "È conveniente e aiuta la vita dei
genitori". Un neuropsichiatra infantile come il professor
Gabriel Levi ora afferma: "In rari casi il vaccino può
aumentare la vulnerabilità neurologica, ma non significa
che determini l'autismo". Franco Antonello, papà di
Andrea, un ragazzo autistico dall'età di due anni dopo
aver fatto il trivalente, ha scritto un libro sulla storia sua e
del figlio. "Se ti abbraccio non aver paura", è
il titolo.
Farmaci
oppioidi usati solo in 1% casi
Il
dolore tra i bambini spesso non è trattato. Lo afferma il
presidente della Federazione medici pediatri, Giuseppe Mele. Da
un'indagine su 642 pediatri è tuttavia emerso che secondo
il 63,5% degli specialisti 'bisogna sempre credere ad un bimbo
che dice di avere dolore'. Il 31,3% dei pediatri non ritiene però
utile trattare il dolore prima di aver formulato una diagnosi. I
farmaci piu' utilizzati sono a base di paracetamolo (83%). Gli
oppioidi sono usati solo nell'1% dei casi.
Catene
Fast-Food: „accendono” l'area dell'appetito
La
pubblicità dei fast food ha l'effetto di un vero e proprio
“lavaggio del cervello”, soprattutto dei più
giovani. Secondo uno studio dell'università del Kansas,
basta infatti la vista del logo delle principali catene di fast
food per “accendere” l'area del cervello legata
all'appetito e alla ricompensa, al punto che uno stesso cibo in
una confezione “anonima” viene apprezzato meno. La
ricerca è stata condotta eseguendo una risonanza al
cervello su diversi ragazzi.
Germania,
intossicati 4.000 bambini
Sotto
accusa il cibo delle mense scolastiche. Tre i ragazzini
ricoverati. I medici sospettano un contagio da norovirus
In
Germania negli ultimi giorni almeno 4mila bambini, in quattro
differenti Laender, sono rimasti intossicati verosimilmente dal
cibo fornito dalle mense scolastiche, e accusano i sintomi di una
gastroenterite. Tre di loro sono stati ricoverati. Lo ha reso
noto il responsabile per la Salute della città-Stato di
Berlino, citando l'istituto Robert Koch. Stando a quanto si è
appreso finora, le mense delle scuole e degli asili frequentati
dai bambini intossicati erano rifornite dalla stessa ditta.
Secondo il ministro per le Politiche sociali della Sassonia - uno
dei Laender coinvolti oltre alla Turingia, Berlino e al
Brandeburgo - si sospetta un contagio da norovirus.
Rinnovato
stop sigarette elettroniche a minori 16 anni
Balduzzi,
nuova ordinanza per 6 mesi in attesa studio Iss
Il
ministro della Salute Renato Balduzzi ha firmato una nuova
ordinanza che rinnova il divieto di vendita ai minori di 16 anni
di sigarette elettroniche con presenza di nicotina. Il divieto di
vendita vale per 6 mesi, in attesa della consegna di uno studio
sul tema che il ministro ha chiesto all'Istituto Superiore di
Sanità il 26 settembre.
IL
divieto era già stato previsto da un'ordinanza
ministeriale dell'agosto 2011. "Considerato che non si può
escludere l'esistenza di un rischio che i sistemi elettronici
inducano la dipendenza da nicotina nei soggetti minori ai quali
questi articoli sono liberamente venduti", e che mancano "le
conoscenze relativamente alla maggior parte dei sistemi
elettronici in questione - recitava l'ordinanza dello scorso anno
- è vietata la vendita a soggetti minori di anni 16 di
sigarette elettroniche con presenza di nicotina".
L'ordinanza aveva efficacia per 12 mesi a partire dal giorno
successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta, il 6 ottobre 2011. |