Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
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Striscia... la notizia
1Clinica
Pediatrica, IRRCS “Burlo Garofolo”, Trieste
2Redazione
di Medico e Bambino
Indirizzo
per corrispondenza:brunoi@burlo.trieste.it;
alessandra.perco@gmail.com
![]() |
I
![]() Lo
riporta oggi l’ANSA.
È
la stima fatta attraverso un software che studia le conseguenze
delle catastrofi sulla popolazione pediatrica, sviluppato da
ricercatori dell’ospedale pediatrico di Los Angeles e della
University of Southern California. Il programma é destinato
proprio a scoprire quanti bambini rimangono coinvolti in disastri
come questo e anche per elaborare le migliori strategie di aiuto
alla popolazione pediatrica, quindi per stimare quanti e quali
medicinali servono alle piccole vittime di terremoti, uragani,
alluvioni o frane. Il disastroso terremoto di Haiti, con la scossa
più devastante, quella del 12 gennaio, che ha raggiunto
magnitudo 7,3, ha provocato, secondo i dati ufficiali diffusi dal
Governo, oltre 111 mila vittime.
Inoltre
si parla di qualcosa come 250 mila feriti e un milione di senza
tetto, scrivono gli autori del lavoro eseguito con il software
‘Pediatric Emergency Decision Support System’ (PEDSS)
– Sistema di Supporto Decisionale nelle Emergenze
Pediatriche. Secondo i ricercatori californiani i bambini sono i
più colpiti: non solo moltissimi sono rimasti orfani ma, su
un totale di 250 mila feriti, siccome il 35% della popolazione di
Haiti ha meno di 15 anni, la stima è che i bambini rimasti
coinvolti nel terremoto siano almeno 110 mila, spiega Jeffrey
Upperman, che ha contribuito a sviluppare il programma, cioé
il 44% di tutte le persone coinvolte. Dividendo per classi di età
i bambini e ragazzi da 0 a 18 anni che sono stati feriti dal
terremoto, i ricercatori stimano che i feriti sono 548 per i
neonati tra zero e il primo mese di vita; 6.027 tra un mese e un
anno; 19.725 tra uno e tre anni; 12.710 tra 4 e 5 anni; 18.403 tra
6 e 8; 18.243 tra 9 e 11; 35.419 tra 12 e 18.
Secondo
le stime di PEDSS le fratture, i traumi addominali ma anche i
disturbi d’ansia sono i problemi principali cui sono andati
incontro i bambini. Il software predice anche di quanti e quali
medicinali e altri strumenti sanitari questi bambini possono avere
bisogno in base alle ferite riportate, e può quindi essere
di aiuto per organizzare e orientare i soccorsi, concludono gli
autori del lavoro, che hanno anche creato il blog ‘Haiti
Pediatric Action Blog’ sul sito
http://think-fast-decisions.blogspot.com/ per gestire l’emergenza
pediatrica haitiana.
Dieci
persone accusate di voler 'rubare' bambini
W
![]() Greco
al classico e matematica allo scientifico. Elenco delle materie su
YouTube
R
![]() Una
escalation di severità, dunque, rispetto allo scorso anno quando
per l'ammissione all'esame di Stato era stata sufficiente la media
del sei, comprensivo del voto di comportamento. Anche quest'anno
il ministro Gelmini ha scelto il suo canale su youtube
(www.youtube.it/mariastellagelmini) per diffondere il tanto atteso
elenco (messo anche on line, come al solito, sul sito del
ministero). E adesso i circa 500.000 studenti che tra cinque mesi
dovranno affrontare l'esame conclusivo del secondo ciclo di
istruzione potranno cominciare a rimboccarsi le maniche per
approfondire lo studio delle discipline su cui verterà il secondo
scritto, in calendario per il 23 giugno. Il giorno prima si
svolgerà la prima prova, il tema di italiano uguale per tutti gli
indirizzi, e il lunedì successivo toccherà al cosiddetto
"quizzone" che anche quest'anno sarà messo a punto dalla
singole commissioni. Il ministro lo scorso gennaio aveva
annunciato l'intenzione di mettere mano a questa verifica
ipotizzando un sistema simile alla terza prova adottata alle medie
con il test Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del
sistema dell'istruzione), ma l'idea, seppur rimasta in piedi, non
si è ancora concretizzata.
È uno
studio di Peter Schwartz dell'Università di Pavia
L
![]() Poco
diffusa e qualche volta non riconosciuta dagli stessi
medici, spesso deriva da altre patologie come celiachia, disturbi
nutrizionali, paralisi muscolari e disturbi endocrini. Per
arrivare alla diagnosi è necessaria la valutazione della
densiometria ossea. Terapie: sì ai bisfosfonati, ma
con cautela. I bambini soffrono già di osteoporosi?
Purtroppo, sì. Un concetto strano per tante mamme, che
vedono i primi anni di vita come l’immagine della salute.
Fra l’altro, spiega il prof. Giuseppe Saggese, direttore
della Clinica Pediatrica all’Azienda
Ospedaliero-Universitaria Pisana e già Presidente della
Società Italiana di Pediatria, non è nemmeno
quantizzabile la sua incidenza proprio perché, soprattutto
nelle fasi iniziali, non dà alcun disturbo. È molto
spesso la conseguenza di altre malattie come l’artrite
reumatoide, le leucemie, le affezioni tumorali. La terapie di oggi
hanno allungato infatti il decorso di vita in questi pazienti e
quindi si indaga anche sul versante del metabolismo dello
scheletro.
Sottovalutata
e trascurata - La frequenza dell’osteoporosi in età
evolutiva non è nota con esattezza, probabilmente perché
questa condizione non viene sufficientemente diagnosticata per le
scarse conoscenze culturali da parte dei medici, per la difficoltà
di eseguire accertamenti strumentali adeguati e per il fatto che
la malattia può rimanere asintomatica per lungo tempo.
Conseguenza
di altre malattie - Nella maggioranza dei casi l’osteoporosi
si sviluppa come conseguenza di altre patologie o condizioni di
fondo. In questi casi si parla di osteoporosi secondaria, ad
esempio da scarso uso (in particolare si può sviluppare in
bambini con paralisi muscolare), malassorbimento cronico, disturbi
nutrizionali, alterazioni endocrine ecc. La celiachia, in
particolare, ha diversi volti. Non più la tradizionale
diarrea cronica, bensì un ritardo di crescita isolato un
ritardo dello sviluppo puberale, un’anemia. Ma la celiachia
può manifestarsi solo con osteoporosi per il ridotto
assorbimento di vitamina D e calcio. Esistono comunque anche forme
di osteoporosi cosiddette primarie, più rare, rappresentate
essenzialmente da forme genetiche, come ad esempio l’osteogenesi
imperfetta. Quando è lecito il sospetto - Il pediatra deve
sospettare una condizione di osteoporosi in presenza di fratture
ricorrenti (spontanee o conseguenti a traumi modesti), di dolori
ossei (in particolare a livello della colonna vertebrale) e di
deformità invalidanti esiti di fratture precedenti.
Ulteriori
accertamenti - Per la diagnosi è necessaria
l’esecuzione di esami ematici e di accertamenti strumentali,
in particolare la misurazione dei valori della densità
minerale ossea per mezzo della “densitometria ossea”.
L’interpretazione delle indagini densitometriche deve essere
affidata a personale con esperienza nella gestione
dell’osteoporosi del bambino in quanto i valori di
riferimento nel bambino sono completamente diversi da quelli
dell’adulto. Deficit di calcio e vitamina D - Una volta
diagnostica, l’osteoporosi deve essere opportunamente
trattata. Il primo approccio, nelle forme secondarie, è
quello di trattare adeguatamente la patologia di base che ha
portato all’instaurarsi dell’osteoporosi. È
importante, inoltre, correggere gli eventuali deficit di calcio
e/o di vitamina D. A questo punto, se necessario, è
possibile avvalersi dell’utilizzo di farmaci specifici per
la cura dell’osteoporosi. Bifosfonati,ok….ma - In
questi ultimi anni è stata acquisita una certa esperienza
nell’utilizzo dei bisfosfonati, farmaci che agiscono
inibendo i processi di riassorbimento osseo. I bisfosfonati devono
essere utilizzati con molta prudenza e solo in casi accuratamente
selezionati; la loro somministrazione deve sempre essere
effettuata sotto stretto controllo medico. La diagnosi e la
terapia dell’osteoporosi del bambino, pertanto, deve essere
affidata a centri dalla provata esperienza nella gestione delle
malattie del metabolismo osseo del bambino
Dato
riportato in un seminario.
Chi
assiste una persona in stato vegetativo ha un'aspettativa di vita
di 7 anni inferiore alla media', afferma un medico fiorentino. Il
medico, direttore di una unità operativa di riabilitazione
neurologica, ha citato i dati di uno studio italiano nel corso di
un seminario sulla fine della vita.
Proposto
prezzo sociale per raggiungere anche altre fasce
U
![]() La
gestione della pandemia: c’è bisogno di più
trasparenza?
Questo
è il titolo dell’audizione che si tenuta il 26
gennaio scorso presso l’Assemblea Parlamentare del Consiglio
Europeo (PACE), organizzata dal Committee on Social, Health and
Family Affairs. L’audizione è la risposta alla
mozione di Wolfang Wodarg – ex Presidente della Commissione
Sanità del Parlamento europeo – che ha chiesto
un’indagine sulla gestione della pandemia da parte dell’OMS
e sul ruolo dell’industria del farmaco nelle decisioni
prese. Sul sito del Parlamento Europeo si può trovare tutta
la documentazione dell’evento: dal video dell’udienza
e della conferenza stampa, alla sintesi scritta delle relazioni di
Wodarg, Fukuda (OMS), Hessel (European Vaccine Manufacturers),
Keil (Professore dell’Università di Münster,
Germania). La discussione, molto vivace, ha coinvolto i
parlamentari di vari paesi europei e ha messo in luce una diffusa
perplessità sui motivi del cambiamento della definizione
della pandemia - che ha abbassato drasticamente la soglia della
massima allerta mondiale - e sull’eventuale influenza
dell’industria del farmaco. Tra le tante criticità
sollevate, ci sono anche i conflitti di interesse degli esperti
delle commissioni dei più alti livelli decisionali. Paul
Flynn (parlamentare del Regno Unito) produrrà un resoconto
della giornata per il Parlamento Europeo che valuterà se
procedere con un’indagine ad hoc. Si tratta di un evento di
particolare interesse, da seguire con attenzione.
Nel
sito del Parlamento Europeo è presente la documentazione
dell’audizione.
http://quaderniacpnews.blogspot.com/2010/02/la-gestione-della-pandemia-ce-bisogno.html
Record
di parti chirurgici nel nostro Paese: cesaree quattro nascite su
dieci, un tasso quasi doppio rispetto al resto dell'Europa. Le
cause? Disinformazione tra le donne, medici "pigri" e
denaro facile...
Nel
nostro Paese il ricorso alla parto con taglio cesareo ha raggiunto
livelli allarmanti. Non che sia una novità, già nel
'94, infatti, l'Italia era il secondo paese del mondo, dopo il
Brasile, per numero di intervernti. Ma la situazione, anziché
migliorare, è peggiorata: il rapporto "Osservasalute"
rileva che la cifra è in continuo aumento, si è
passati dall'11% del 1980 al 38,3% del 2008, quando il valore
individuato dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità come
limite a garanzia del massimo beneficio per la salute di mamme e
bambini è del 15% e la media europea si attesta intorno al
20-25%.
Come se non bastasse, ecco un'altro dato sospetto: si registra una spiccata variabilità su base interregionale, con percentuali tendenzialmente più basse nell'Italia settentrionale e più alte nel Sud, probabile indizio, afferma l'Istituto Superiore della Sanità, di "comportamenti clinico-assistenziali non appropriati". Indizi che vengono rafforzati se si considera che le percentuali più elevate di cesarei vengono registrate nelle case di cura private "convenzionate" rispetto agli ospedali pubblici e nelle strutture che assistono un basso numero di parti annui. Sulla base di queste considerazioni ci si chiede perché in Italia si faccia così frequentemente ricorso al parto cesareo. Le risposte sono molteplici, imputabili a diversi fattori. Si
comincia con la gravidanza, che nel Belpaese, rispetto al
resto d'Europa viene fortemente medicalizzata fin dall'inizio
della gestazione, per numero di ecografie e consultazioni mediche.
A ciò si aggiunge, sovente, una scarsa consapevolezza da
parte delle donne, dovuta a una diffusa a disinformazione sul
valore dell'esperienza del parto naturale, spesso offuscata dalla
paura del dolore. Le lacune 'culturali' delle gestanti si
estendono all'idea che il cesareo sia più sicuro per la
salute della mamma e del neonato rispetto al parto vaginale; una
credenza da sfatare se si considera in realtà che non
esiste prova alcuna che l'intervento, in assenza di situazioni
cliniche che ne giustifichino l’esecuzione, sia più
raccomandabile. Anzi. Un altro fattore responsabile dell'aumento
di interventi è da imputarsi, in alcuni casi, alla scarsa
disponibilità del medico ad assumersi la responsabilità
di seguire un travaglio naturale, che può durare svariate
ore, rispetto alla "tempestiva praticità" offerta
dal bisturi (un cesareo si risolve in 20 minuti circa). Last but
not least si incontrano motivi economici e malcostume. Il parto
cesareo, infatti, fa lievitare i costi del sistema sanitario. Come
si legge su Giornalettismo: "Mediamente un parto cesareo
costa quasi il doppio di un parto naturale. 5.000 euro e più,
contro i 2.800-3.000 euro di un parto naturale. Quindi, più
parti cesarei si traduce in più costi per il nostro
Servizio sanitario. Ma, allo stesso tempo, vuol dire anche più
introiti per le strutture private “convenzionate”.
Studio
Usa mette in dubbio convinzioni su figure parentali
Avere
due figure genitoriali distinte per sesso non è indispensabile
per la famiglia. Lo afferma uno studio Usa. Lo studio ha esaminato
le ricerche in letteratura sulle famiglie formate da un solo
genitore o da due dello stesso sesso. 'La convinzione che un
bambino abbia bisogno di un genitore maschio e di una femmina
-spiega una ricercatrice- è adottata acriticamente, ma non ci
sono evidenze che il sesso dei genitori sia significativo per lo
sviluppo psicologico'.
Q
![]() I
ricercatori olandesi dell’University Medical Center di
Groningen coordinati da Agna A. Bartels-Velthuis hanno preso in
esame 3870 alunni di scuole elementari della loro città:
più del 9% ha riferito di aver sentito “voci che
nessun altro può sentire” almeno una volta nell’anno
precedente, ma solo il 15% di questi bambini ha ammesso che questa
esperienza ha causato sofferenza, e solo il 19% ha dichiarato che
le allucinazioni uditive hanno interferito con i normali pensieri.
“Queste voci, queste allucinazioni uditive, sembrano avere
un impatto minimo sulla vita quotidiana dei bambini”, spiega
la Bartels-Velthuis, “e i genitori non devono preoccuparsi
molto: nella maggior parte dei casi il fenomeno scomparirà
dopo poco tempo. Il mio suggerimento è: rassicurate i
vostri figli, osservateli da vicino ma non allarmatevi”.
Avere allucinazioni uditive è un segnale di elevato rischio
di schizofrenia in età adulta, ma nell’infanzia non è
così: la grande maggioranza di chi soffre di allucinazioni
uditive durante l’infanzia infatti non sviluppa una
patologia mentale col passare degli anni.
Fonte:
The British Journal of Psychiatry 2010; 196:41-46 doi:
10.1192/bjp.bp.109.065953
I
![]() Gli studiosi hanno condotto la ricerca su 7.871 bambini, intervistati a 7-8 anni e, poi, a 15-16, fra i quali erano presenti 87 ambidestri. Al termine dell`esperimento è emerso che questi ultimi mostravano maggiori probabilità di soffrire, rispetto agli altri, di problemi comportamentali, scolastici e del linguaggio sia durante l`infanzia che nel corso dell`adolescenza. "Lo
studio - spiega Alina Rodriguez, ricercatrice dell`Imperial
College London - suggerisce che alcuni bambini in grado di
utilizzare entrambe le mani in modo indifferente avrebbero
maggiori difficoltà in ambito scolastico e comportamentale.
La spiegazione potrebbe essere ricercata in alcune differenze
cerebrali, ma occorrono ulteriori ricerche per approfondirne la
conoscenza".
Diminuiscono
le infezioni da cibo in Europa ma il loro numero rimane ancora
troppo elevato: oltre 5.300 casi segnalati. Colpite 45.000
persone, con 32 morti. Nel 35% dei casi si è trattato di
salmonella. Le fonti di epidemia più frequenti sono state le
uova, uova (23%), seguite da carne di maiale (10%). In Italia la
salmonellosi è al primo posto anche se la frequenza è in netto
calo: 5,4 casi per 100.000 abitanti.
|
Questa
rubrica si propone di fornire notizie di interesse sanitario generale
e brevi aggiornamenti dalla letteratura pediatrica “maggiore".
Lo scopo è che il lettore abbia la sensazione di sfogliare un
giornale scegliendo i titoli che più lo interessano: nessuna
pretesa pertanto di sistematicità e di commento che va oltre
il breve riassunto di quelli che sono i principali risultati e le
possibili implicazioni pratiche o di ricerca. Si parla di opinioni di
giornalisti, novità dalla letteratura, e come tali vanno
lette: la storia ci insegna che ogni commento, ogni ultima novità,
non va considerata una verità assoluta né applicata
l’indomani, ma va presa come un aggiornamento da far maturare
nel cassetto attendendo le conferme e i cambiamenti di opinione che
solo il tempo e l’esperienza possono fornire. Questa premessa è
anche un invito ai lettori a essere parte attiva della rubrica. Vi
chiediamo di suggerirci articoli/news/pubblicazioni che avete avuto
modo di leggere e che ritenete meritevoli di segnalazione (scrivete a
brunoi@burlo.trieste.it;
alessandra.perco@gmail.com.
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