Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Aprile 2010 - Volume XIII - numero 4

M&B Pagine Elettroniche

Casi indimenticabili

Ha gli occhi gonfi, ma non per una notte insonne
Massimo Ronconi
Pediatra di famiglia, Castelgomberto (Vicenza)

Caso clinico
Questa è una strana brutta storia, direbbe Carlo Lucarelli di Blu Notte. Se fosse una storia ambientata in Marocco sarebbe scritta in arabo, e non ci capiremmo nulla. E invece, no. È una storia di virosi ripetute, sospette allergie, e tanta incomunicabilità. Si svolge nell’Alto Vicentino del profondo Veneto, tra veneti che parlano la stessa lingua,... ma… non si capiscono ugualmente. I genitori sono di basso livello socio-culturale, poco affidabili, diffidenti, si perdono facilmente in discorsi futili e divagano dalle cose veramente importanti e forse anche dalla normalità. Il loro figlio unico, Luca (nome di fantasia), è un bambino che inizia a frequentare il mio studio dall’età di circa un anno; nell’anamnesi famigliare c’è positività per frequenti tonsilliti infantili paterne; il piccolo è di costituzione gracile, tende ad ammalarsi spesso, specie da quando frequenta precocemente l’asilo nido. Le principali patologie presentate nel tempo (il bambino ha ora raggiunto l’età di 3 anni e ½) sono virosi delle alte vie respiratorie e dell’apparato gastroenterico, reazioni cutanee orticarioidi scatenate per lo più da abusi di alimenti incongrui, trattate con dieta e antistaminico al bisogno, e numerose faringotonsilliti (12 in 2 anni), trattate per lo più con amoxicillina.

Mi appresto a chiedere l’esecuzione di visita allergologica e prick test ma i genitori, sfuggenti, non provvedono tempestivamente a effettuarla; eseguo un test SBEGA che risulta negativo (la coltura del tampone faringeo per streptococco risulterà nel tempo sempre negativa), un timpanogramma risulta di tipo B bilateralmente. Richiedo una valutazione otorinolaringoiatrica che dà esito interlocutorio: tonsille extraveliche, e vengono prescritti dal medesimo specialista: emocromo, VES, PCR, ASLO, Ab anti-DNAsi B, tampone faringeo, terapia immunostimolante. Nel frattempo si ripetono visite in studio e comunicazioni telefoniche con i genitori che mantengono un atteggiamento scostante, elusivo, diffidente, ma finalmente riferiscono al telefono un saltuario gonfiore palpebrale che non avevo mai notato nel corso delle visite precedenti. Mi insospettisco e a questo punto raccomando l’esecuzione degli esami ematochimici già prescritti, ma la madre vi si oppone asserendo che devono essere eseguiti dopo 15 giorni dalla fine della terapia antibiotica prescritta dall’otorinolaringoiatra.

Cinque giorni dopo mi viene comunicato che il piccolo Luca, durante il week-end, è stato ricoverato in ospedale per edemi palpebrali, incremento ponderale di circa 1 kg, contrazione della diuresi; gli esami ematochimici e il decorso clinico depongono per la diagnosi di sindrome nefrosica. Luca viene quindi posto in terapia con deltacortene, ranitidina, dieta iposodica e controllo giornaliero di peso, PA, e dello stick urine; controlli clinici e della proteinuria delle 24 ore. Luca, nel frattempo, riprende la frequenza al nido e ricomincia ad ammalarsi spesso: la situazione adenotonsillare si fa sempre più compromessa e finalmente Luca viene rivalutato da un altro specialista ORL che raccomanda tonsillectomia. Dopo circa otto mesi dalla prima degenza ospedaliera, Luca viene nuovamente ricoverato in altro ospedale, per edemi e proteinuria. Dagli accertamenti eseguiti sarebbe esclusa una sindrome nefrosica secondaria e confermata la diagnosi di sindrome nefrosica idiopatica cortico-sensibile a distanza di circa 5 mesi dalla fine della terapia dell’esordio. La terapia prescritta prevede: prosecuzione di steroidi secondo protocollo, diuretico, profilassi con amoxicillina - acido clavulanico, intervento di tonsillectomia, monitoraggio periodico di peso corporeo e stick urinario.

Considerazioni
La sindrome nefrosica (SN) è caratterizzata da proteinuria, ipoproteinemia (ipoalbuminemia), edema e iperlipemia. Nonostante la sindrome nefrosica sia una tra le patologie renali più comuni dell’infanzia, la sua prevalenza è modesta, circa 2 nuovi casi ogni anno su 100.000 bambini. Per questo motivo, è normale che i pediatri e i medici di famiglia vedano pochi bambini con SN nel corso della loro attività. L’ipotesi eziopatogenetica più probabile è quella di un disturbo dell’immunità cellulo-mediata (linfociti T) con liberazione di alcune sostanze dette linfochine, che provocherebbero un’alterazione della permeabilità della membrana basale del glomerulo che non sarebbe più in grado di trattenere le proteine plasmatiche. La sindrome nefrosica idiopatica è più comune nei maschi che nelle femmine (2:1) e appare con più frequenza tra i 2 e i 6 anni di età. Nel bambino la forma più comune è la sindrome nefrosica a lesioni minime, la cui frequenza diminuisce con l’aumentare dell’età. Nella maggior parte dei casi questa forma ha una evoluzione benigna, anche se spesso protratta nel tempo. Cause rare di SN sono le forme secondarie a malattie infettive (batteriche, virali o protozoarie), a malattie sistemiche (lupus eritematoso sistemico, sindrome di Schönlein-Henoch) a reazioni immuni (farmaci, antigeni ambientali) o a forme eredo-familiari (sindrome di Alport).

Conclusioni
Il caso è indimenticabile per i seguenti motivi:
- la sindrome nefrosica è certamente nota a tutti, ma, nella pratica ambulatoriale, di riscontro molto meno frequente rispetto alle più comuni reazioni orticarioidi con edemi al volto o diffusi, o alle congiuntiviti, con le quali può essere inizialmente confusa;
- la buona comunicazione dei sintomi e segni di malattia da parte dei genitori è fondamentale per una corretta interpretazione degli stessi da parte del pediatra;
- in questo caso, infatti, la semplice esecuzione di uno stick urine avrebbe potuto confermare un sospetto di malattia che si sarebbe più tempestivamente insinuato nella mente del medico se ci fosse stata da parte dei genitori un migliore capacità di esposizione della malattia e una più franca compliance con il proprio curante.


Bibliografia
1. Nelson. Trattato di Pediatria, XV ed., 1997.
2. Doucet A, Favre G, Deschênes G. Molecular mechanism of edema formation in nephrotic syndrome: therapeutic implication. Pediatr Nephrol 2007;22:1983-90.
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4. Hodson EM, Knight JF, Willis NS, Craig JC. Corticosteroid therapy for nephrotic syndrome in children. Arch Dis Child 2000;83:45-51.
5. Yang JY. Considerations in clinical diagnosis, treatment and research of nephrotic syndrome. Chin J Pediatr 2000;38:280-1.

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M. Ronconi. Ha gli occhi gonfi, ma non per una notte insonne. Medico e Bambino pagine elettroniche 2010;13(4) https://www.medicoebambino.com/?id=IND1004_10.html