Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Settembre 2008 - Volume XI - numero 7

M&B Pagine Elettroniche

Appunti di Terapia

Vaccino contro l’epatite A versus immunoglobuline per la profilassi postesposizione
Giorgio Bartolozzi
Membro della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it



Il virus dell'epatite A è responsabile di un'infiammazione acuta del fegato; esso si trasmette per via feco-orale e la malattia ha un'incubazione di 15-50 giorni (periodo medio 28 giorni), nettamente più breve di quello dell'epatite B.
Si presenta spesso al medico pratico (pediatra di famiglia o medico di medicina generale o medico addetto alla Sanità pubblica) la necessità di prevenire la diffusione intrafamiliare, o comunque ambientale, dell'infezione, mediante la prevenzione post-esposizione, cioè la necessità d'impedire che si ammalino di epatite A i conviventi di un soggetto con questa malattia. Poiché la diffusione del virus nelle feci precede di 7-15 giorni la comparsa della malattia, è necessario usare provvedimenti efficaci, il prima possibile dopo la diagnosi; il ricorso alle comuni norme igieniche è sempre utile, ma quando iniziano i sintomi della malattia capita spesso che l'eliminazione del virus con le feci prima si attenua e poi cessa del tutto.

Quale provvedimento prendere per la profilassi postesposizione ?
Purtroppo non disponiamo ancora di farmaci contro il virus dell'epatite. Le altre armi a disposizione sono due:
  • Le immunoglobuline correnti del commercio, sostenute da tutta la letteratura anglosassone e
  • Il vaccino contro l'epatite A, la cui efficacia venne dimostrata per la prima volta da infettivologi napoletani, in una fondamentale ricerca, comparsa sul Lancet nel 1999 (Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T et al. Efficacy of hepastitis A vaccine in porevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999, 353:1136-9).
La critica che venne fatta alla ricerca di Sagliocca si basava sulla mancanza, durante lo studio, di un gruppo trattato con le immunoglobuline, mentre era presente un gruppo di controllo. Questa critica e il conseguente mancato riconoscimento dell'efficacia preventiva della vaccinazione HAV, ha arrestato il progresso della prevenzione dell'epatite A per un decennio: essa è stata ripetuta in ogni occasione, sui testi sacri e ripetutamente sul Red Book.
Per noi italiani, alle prese abbastanza spesso con la necessità di prevenire l'infezione fra i conviventi o fra i compagni all'asilo nido e alla scuola materna, la pubblicazione di Sagliocca trovò immediatamente una larga applicazione e in molte pubblicazioni (ricordo solo quella di Bonanni sulle comunità infantili in Toscana) vennero presentate altre prove sull'efficacia del vaccino HAV nella prevenzione post-esposizione.
Oggi, finalmente, dopo 8 anni dalla pubblicazione di Sagliocca, arriva una pubblicazione dell'Università del Michigan che conferma lo studio italiano: Victor JC, Montgo AS, Surdina TY et al. Hepatitis A vaccine versus immune globulin for postexposure prophylaxis. N Engl J Med 2007, 357:1685-94).
Fino al 2007 il vaccino contro l'epatite A, somministrato come prevenzione post-esposizione, effettivamente non era stato mai confrontato direttamente con le immunoglobuline, che tutti riconoscono come altamente efficace nella prevenzione, quando somministrate entro due settimane dall'esposizione al virus. La ricerca si svolge nella città di Almaty in Kazakhstan dove il virus dell'epatite A (HAV) ha un'endemicità intermedia. I casi indice vennero identificati attraverso una sorveglianza di media entità. Venne definito come caso indice il primo caso sintomatico, confermato dal laboratorio, in una famiglia o in un centro di accoglienza giornaliera nei precedenti 60 giorni.
La ricerca è stata randomizzata, in doppio cieco, con controllo attivo, allo scopo di confrontare l'efficacia del vaccino epatite A con quella delle immunoglobuline nel pervenire l'epatite A sintomatica, confermata dal laboratorio, quando somministrate entro 14 giorni dall'esposizione con il caso indice di epatite A,. Il periodo di esposizione è stata conteggiato a partire dall'inizio dei primi sintomi nel paziente indice.

Risultati della ricerca
Di 4524 contatti, 1414 (31%) risultarono suscettibili al virus dell'epatite A e 1090 furono ritenuti eleggibili per l'analisi per protocollo. Di questi:
  • 568 ricevettero il vaccino epatite A e
  • 522 ricevettero le immunoglobuline
Nella maggior parte dei casi si trattava di bambini (età media 12 anni) e nella maggior parte la profilassi venne eseguita nella seconda settimana dopo l'esposizione (intervallo medio 10 giorni). Un'infezione sintomatica da virus dell'epatite A fu confermata in 25 contatti riceventi il vaccino (4,4%) e in 17 che ricevettero le immunoglobuline (3,3%) (rischio relativo 1,35; intervallo di confidenza 95% da 0,70 a 2,67).

Tabella 1. Risultati nei riceventi il vaccino contro l'epatite A e i riceventi le immunoglobuline.

Questi risultati dimostrano che il vaccino contro l'epatite A e le immunoglobuline forniscono buona protezione dopo l'esposizione. L'incidenza dei casi secondari lievemente più bassa fra i soggetti che hanno ricevuto le immunoglobuline può indicare, dicono gli autori, una modesta differenza di efficacia; ma a parte questo il vaccino ha molti altri vantaggi:
  • Conferisce una protezione di lunga durata, invece di soli 3 mesi come dopo l'uso delle immunoglobuline
  • Il volume richiesto per la somministrazione delle immunoglobuline può essere tanto grande da determinare dolore alla somministrazione
  • La disponibilità delle imunoglobuline è limitata
  • Il contenuto in anticorpi anti-HAV sta riducendosi negli ultimi anni, grazie alla minor diffusione del virus nelle popolazioni
  • Il prezzo delle immunoglobuline si avvicina a quello del vaccino
  • Esiste sempre il rischio teorico d'infezione nella somministrazione di un derivato del sangue
  • Almeno in Italia non sono quasi più reperibili la immunoglobuline standard, da usare per via intramuscolare, mentre sono sempre più diffuse le Ig da usare per via venosa, che ovviamente hanno un prezzo superiore.
Inoltre in molti Paesi viene indicato il vaccino contro l'HAV nella prevenzione post-esposizione (Paesi Europei, fra i quali l'Italia e il Canada), tanto è vero che in molti Paesi le immunoglobuline non si trovano più in commercio.

Le recenti indicazioni dell'ACIP
Nello stesso mese di ottobre 200,7 a conferma di questo cambiamento nel modo di pensare del mondo scientifico americano nei confronti del vaccino epatite A nella prevenzione post-esposizione, è comparsa una Raccomandazione dell'ACIP (CDC. Prevention of hepatitis A after exposure to hepatitis a virus in international travelkers. Update recommendations of the Advisotruy Committee on Immunization Practice (ACP). MMWR 2008, 56:1080-4): già l'ACIP aveva raccomandato la vaccinazione per i bambini e i soggetti ad aumentato rischio di epatite A, come i viaggiatori in aree iperendemiche, i soggetti che fanno uso di droghe per via venosa e gli uomini che fanno sesso con uomini (CDC, 2006).
Nella recente pubblicazione alle persone che sono state di recente esposte all'HAV e che in precedenza non erano state vaccinate contro l'epatite A, viene raccomandato che siano sottoposte a una dose di vaccino epatite A o immunoglobuline (0,02 l/kg), il più presto possibile. In particolare:
  1. Per i soggetti “sani” da 12 mesi a 40 anni, una singola dose di vaccino HAV, in quantità adeguata all'età
  2. Per le persone > 40 anni sono da preferire le Ig, ma il vaccino può essere usato se non si trovano le immunoglobuline
  3. Nei bambini di età inferiore ai 12 mesi, nelle persone immuno-compromesse, nelle persone che hanno malattie croniche di fegato e in quelle nelle quali il vaccino sia controindicato, vanno usate le immunoglobuline.
  4. Per i viaggiatori internazionali “sani” è indicato il vaccino o le immunoglobuline prima della partenza. Tuttavia il vaccino epatite A alla dose appropriata è da preferire alle immunoglobuline. La prima dose deve essere somministrata non appena sia preso in considerazione il viaggio.
  5. Per i viaggiatori più anziani, per gli immunocomnpromessi e per quelli con malattie croniche di fegato o con altre malattie croniche, meno di 2 settimane prima della partenza debbono ricevere la dose iniziale di vaccino e insieme le immunoglobuline (0,02 ml/kg)
  6. I viaggiatori di meno di un anno di età e quelli che sono allergici al vaccino debbono ricevere una dose singola di immunoglobuline (0,02 ml/kg), che offrono protezione per 3 mesi.
Nella pubblicazione viene fatto riferimento all'esperienza con il vaccino HA in Canada e nel Regno Unito. Non viene ricordato nel testo il lavoro di Sagliocca del 1999, che tuttavia viene citato come secondo fra le 10 voci bibliografiche.
Una vittoria italiana e un riconoscimento tardivo. Una storia non nuova che mi fa pensare alla scoperta del telefono da parte di Meucci, solo di recente riconosciuto ufficialmente negli Stati Uniti, dopo quasi un secolo di false dichiarazioni. Ma non conviene stare a discettare su chi sia stato il primo, il secondo o il terzo a fare una scoperta scientifica; l'importante è che la scoperta venga riconosciuta, come importante per la salute della popolazione mondiale.

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G. Bartolozzi. Vaccino contro l’epatite A versus immunoglobuline per la profilassi postesposizione . Medico e Bambino pagine elettroniche 2008;11(7) https://www.medicoebambino.com/?id=AP0807_30.html