Aprile 2014 - Volume XXXIII - numero 4

Medico e Bambino


Articolo speciale

Interventi precoci per lo sviluppo del bambino:
razionale, evidenze, buone pratiche

Giorgio Tamburlini

Centro per la Salute del Bambino - onlus, Trieste

Indirizzo per corrispondenza: tamburlini@csbonlus.org

Early interventions for child development:
rationale, evidence and best practices

Key words: Child development, Early years, Early interventions

The rationale for early interventions aimed at supporting child development is five-folded: the particular plasticity of the developing brain, the early development of competences depending on adult/child interactions, the long term effect of early experiences, the greater effects on disadvantaged children and consequently the reduction of sociocultural gaps, the high social and economic return of investment in the early years. Although optimal child development should be the aim of whole-of-government policies and civil society commitment, the health sector may play a crucial role in contributing to child development through a series of evidence based approaches and best practices that can be implemented by services as well as by individual health professionals. In spite of some excellent local experiences and ongoing programmes, Italy as a whole is lagging behind most other European countries with respect to ECD investments. Stronger commitments in this area should be seen as crucial for the future of our children as well as for the social and economic development of the country.

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G. Tamburlini
Interventi precoci per lo sviluppo del bambino:; razionale, evidenze, buone pratiche
Medico e Bambino 2014;33(4):232-239 https://www.medicoebambino.com/?id=1404_232.pdf


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Interventi precoci per lo sviluppo del bambino
Ho letto con molta attenzione e molto interesse l’articolo di Giorgio Tamburlini “Interventi precoci per lo sviluppo del bambino”, pubblicato su Medico e Bambino di aprile 2014. I primi anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo neurologico, psicologico e sociale del bambino e tale sviluppo dipende non solo dal patrimonio genetico ma anche dal sostegno che i grandi offrono al bambino durante tutte fasi del suo arco di vita, soprattutto nei primi tre anni di vita. Nell’articolo si da molto rilievo al ruolo dei genitori, dei servizi e degli operatori sanitari includendo tra questi anche i pediatri di famiglia. Si da molto poco rilievo invece al percorso formativo ed educativo che un adulto che diventa genitore deve seguire affinché diventi competente nel favorire lo sviluppo cognitivo, affettivo, relazionale e sociale del proprio figlio. In altri termini, il genitore non diventa genitore dall’oggi al domani ma per diventare adulti e genitori occorre un “processo di formazione” che inizia fin dalle prime epoche di vita. I genitori prima di diventare genitori sono anch’essi prima bambini, poi ragazzi, poi adolescenti e poi adulti, attraverso un passaggio non solo biologico ma anche formativo, educativo, pedagogico e culturale. Diventare adulto e genitore oggi significa poter rispondere in maniera precisa alle seguenti domande: Chi sono? Quali sono i miei principi e mie valori? Che lavoro faccio? Sostengo economicamente e psicologicamente la mia famiglia? Che relazioni ho con gli altri? Come incido nella vita politica del mio Paese? La maturità è preceduta dall’adolescenza e gli adolescenti di oggi vivono con profonda tensione il proprio presente e non hanno una visione chiara del loro futuro. L’adulto che diventa genitore è stato a sua volta figlio, studente, appartenente ed un gruppo di pari. Ma che padre e che madre ha avuto il genitore di oggi? Molto verosimilmente un padre debole, un padre con connotati più materni che paterni, più affettivi che normativi; e una madre che non ha costruito una “base sicura”, debole, indifferente o iperprotettiva E poi abbiamo sullo sfondo la società, caratterizzata da poca attenzione per il bambino in termini di asili nido, di ospitalità di strade e di piazze, con una riduzione del gioco all’aperto con gli altri bambini, parte essenziale della crescita e della maturazione sociale. Prevale oggi invece una maggiore esposizione ai media (videogiochi, film, televisione internet ecc.) che in molti casi hanno sostituito la famiglia e la scuola nella costruzione di valori e di modelli di riferimento con una accettazione acritica di modelli comportamentali e stili di vita caratterizzati da atteggiamenti consumistici, scarso rendimento scolastico, scarsa capacità di organizzare il tempo libero, scarso sviluppo della fantasia, scarso accostamento alla lettura, scarsa interazione con i coetanei, limitato sviluppo del pensiero astratto ed impoverimento del linguaggio. Tamburlini inoltre non da spazio alla Scuola. La Scuola deve adottare un “progetto permanente e non temporaneo di educazione alla salute” (Giampaolo De Luca in “Una pediatria per la società che cambia”, Ed tecniche nuove, 2007) con una costante e strutturata collaborazione con le Aziende Sanitarie Locali e con il coinvolgimento attivo dei ragazzi per la conoscenza dei concetti di salute, dell’importanza dell’allattamento al seno, “degli interventi precoci per lo sviluppo del bambino”, dei principi e dei valori su cui deve costruire il suo mondo personale e sociale.
Il pediatra potrebbe essere collocato in questo contesto, il suo coinvolgimento potrebbe costituire un “completamento dell’orario di lavoro per quei pediatri che hanno pochi assistiti in carico” (De Luca). Gli interventi a “sostegno del reddito” servono a poco se non si sostiene lo sviluppo psicosociale e culturale del cittadino, così come servono a poco “il counseling preconcezionale, le cure prenatali e perinatali, la preparazione al ruolo genitoriale, le visite domiciliari, le associazioni dei genitori” (Tamburlini) se il tutto non è preceduto da un imponente programma di costruzione della figura del genitore che deve iniziare precocemente e che deve avere alla base un profondo cambiamento della visione della persona, della società e del mondo. Pretendiamo che una mamma allatti al seno dopo aver seguito un corso pre-parto se alle spalle non ha una “cultura dell’allattamento al seno”? Pretendiamo che la mamma legga un libro al proprio figlio se prima di diventare mamma non ha mai letto un libro. Pretendiamo che un papà sia un punto di riferimento del proprio figlio se egli stesso non ha mai avuto punti di riferimento e non ha quindi chiaro e definito il significato della parola padre? Se ha passato tutta la sua adolescenza e giovinezza, prima di diventare papà, su Facebook o a inviare e ricevere SMS? Tutto questo mio discorso è pura utopia? Forse sì. Anzi, sì. Ma anche le utopie hanno prodotto dei cambiamenti. È tutta questione di tempo e di buona volontà.

Angelo Spataro
Pediatra di famiglia, Palermo
venerd�, 11 Luglio 2014, ore 12:21