Febbraio 2014 - Volume XXXIII - numero 2

Medico e Bambino


Lettere

Comunicato ONSP: gli Specializzandi in Pediatria dicono no alla riduzione del corso di studi
La Sanità delle regioni verrà abolita? Ovvero la riforma del Titolo V della Costituzione
Dalla prevenzione davvero precoce alla cura dell’obesità in età evolutiva
Un ricordo

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Comunicato ONSP: gli Specializzandi in Pediatria dicono no alla riduzione del corso di studi; La Sanità delle regioni verrà abolita? Ovvero la riforma del Titolo V della Costituzione; Dalla prevenzione davvero precoce alla cura dell’obesità in età evolutiva; Un ricordo
Medico e Bambino 2014;33(2):84-85 https://www.medicoebambino.com/?id=1402_84.pdf


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Ancora sull’obesita'. Neuroni specchio: empatia o antipatia?
Gent dottor Marchetti,
la ringrazio per il suo commento. Da anni l’OMS, come peraltro Medico e Bambino, allertano i sanitari sull’epidemia obesità, la sua persistenza e l’importanza di una cura precoce. Ma, nonostante l’efficacia delle cure, ribadita anche dalle ultime revisioni1, i pediatri di famiglia tentennano, chiedono formazione, stentano ad avviare un percorso autonomo e rimandano agli specialisti: fallimento generale! Le parole da lei citate del prof. Panizon del 2005 aprono il mio corso, ma non vorrei che risuonassero...nel deserto: un inutile rimprovero! Continuo a domandarmi perché questo rifiuto a prendersi cura solo di questa malattia. Tempo e soldi... sono solo scuse! I pediatri di libera scelta hanno accettato sfide ben superiori e per nulla.

Un anno fa avevo citato l’articolo provocatorio della dott.ssa Baur, che attribuisce questo rifiuto/fallimento all’Obesity Resistence Syndrome2: un insieme di pregiudizi che impediscono ai professionisti di pensare l’obesità come una patologia cronica e di prendersene cura, senza aspettarsi la guarigione, come il neurologo con l’epilessia.

L’empatia è requisito indispensabile di una relazione di cura efficace. Purtroppo sappiamo che essa è in riduzione col progredire della formazione dei professionisti, mentre i pazienti hanno bisogno di una relazione empatica per accettare un percorso basato sulla loro motivazione, autostima e autoefficacia3,4. I media d’altronde stigmatizzano pervasivamente l’obeso al punto che già un bambino di 5 anni preferirebbe un amico normopeso, e persino uno disabile, piuttosto che un amico obeso!5 Anche fra i medici di qualunque peso e sesso esiste un forte stigma pervasivo, conscio e non, verso le persone obese, che non si attenua neppure se l’obesità è secondaria, e i bambini sono più stigmatizzati degli adulti6,7.

La scoperta dei neuroni specchio, struttura biologica che permette la relazione empatica, forse ci può aiutare a capire meglio il problema dell’empatia o della sua assenza (ANTIPATIA?) dei medici delle cure primarie verso questa patologia8,9. Si può pensare che lo stigma mediatico, che dipinge le persone con obesità come diverse e inaccettabili riduca l’attività dei neuroni specchio, anche dei sanitari. Come evidenziato da studi recentissimi di risonanza magnetica funzionale essi sparano meno davanti al dolore della persona obesa10. Possiamo forse parlare di derisione imitativa mediatica, come per la violenza11? Sappiamo che l’attività dei neuroni specchio è finalizzata al risultato. Nelle mamme l’ascolto empatico prepara l’azione in risposta al bisogno del bambino: se c’è una barriera che lo ostacola i neuroni specchio scaricano meno12. Quindi non solo lo stigma pervasivo, ma anche l’attesa di guarigione, inadeguata in una patologia cronica, può ridurre l’empatia13.

Gli obesi sono particolarmente sensibili allo stigma, cui sono cronicamente sottoposti, avrebbero bisogno di conferme precise, che non saranno derisi: il Canadian Obesity Network consiglia di chiedere al paziente il permesso prima di parlare del suo peso14!

È fondamentale, quindi, ridurre lo stigma, che aumenta la cortisolemia da stress, facilitando l’aumento del peso o la ripresa dopo terapia15. Tutti gli Autori auspicano che la formazione e l’uso di strumenti adeguati di approccio, come il colloquio di motivazione16-19, possano ridurre lo stigma sul peso e favorire un buona relazione empatica, ma ancora non ci sono studi che dicano come realizzare tutto ciò. All’estero il colloquio di motivazione è conosciuto da 1/5 dei professionisti delle cure primarie20, ma non è così in Italia.

I nostri medici, che dopo gli studi accademici hanno a fatica recuperato l’empatia clinica con le famiglie, indispensabile nel loro lavoro di tutti i giorni, sono giustamente spaventati al pensiero di rimetterla in crisi occupandosi di obesità e aspettano un approccio che la salvaguardi.



Bibliografia

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  8. Iacoboni M I neuroni specchio. Bollani Boringhieri Editore 2011:206-9.
  9. Sabin JA, Marini M, Nosek BA. Implicit and explicit anti-fat bias among a large sample of medical doctors by BMI, race/ethnicity and gender. PLoS One. 2012;7:e48448.
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  11. Robertson LA, McAnally HM, Hancox RJ. Childhood and adolescent television viewing and antisocial behavior in early adulthood. Pediatrics. 2013;131:439-46.
  12. Rizzolatti G1, Luppino G. The cortical motor system. Neuron. 2001;31:889-901.
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  17. Resnicow K, Davis R, Rollnick S. Motivational interviewing for pediatric obesity: Conceptual issues and evidence review. J Am Diet Assoc. 2006;106:2024-33.
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    Rita Tanas
    Pediatra Endocrinologo di Ferrara
    luned�, 10 Marzo 2014, ore 15:52