Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Dicembre 2007 - Volume X - numero 10

M&B Pagine Elettroniche

Pediatria per l'ospedale


Fisiopatologia della vitamina D (Seconda parte)
Giorgio Bartolozzi
Membro della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it


Gli anni passano e le conoscenze sulla vitamina D e sulle sue infinite attività aumentano di continuo. Il rachitismo vitamina D-deficiente è solo la più appariscente delle manifestazioni: oggi sappiamo che la deficienza di vitamina D nell'adulto può precipitare o aggravare l'osteopenia e l'osteoporosi, tanto da aumentare il rischio di fratture. Ma i rapporti fra vitamina D e difese anti-infettive occupano ormai un spazio notevole nella letteratura medica e pediatrica in senso stretto. Holick MF. ha rivisto del tutto di recente le conseguenze della mancanza di vitamina D in un Medical progress (Holick MF. Vitamin D deficiency. N Engl J Med 2007, 357:266-81). Rivediamo insieme con lui, gli aspetti nuovi di questa vitamina essenziale.


Azione non scheletrica della vitamina D

L'encefalo, la prostata, il seno e i tessuti del colon, come anche le cellule immuni hanno un recettore della vitamina D e rispondono all'1,25-diidrossivitamina D, la forma attiva della vitamina D. Inoltre alcune di queste cellule e tessuti esprimono l'enzima 25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi.
Direttamente o indirettamente l'1,25-diidrossivitamin D controlla più di 200 geni, inclusi i geni responsabili della regolazione della proliferazione cellulare, della differenziazione, dell'apoptosi e della angiogenesi. Essa diminuisce la proliferazione cellulare sia delle cellule normali che delle cellule cancerose e induce la loro differenziazione terminale. Un'applicazione pratica è l'uso dell'1,25-diidrossi vitamina D3 e dei suoi analoghi attivi per il trattamento della psoriasi.
L'1,25-diidrossi vitamina D è anche un potente immuno-modulatore. Monociti e macrofagi esposti a un lipopolisaccaride o al Mycobacterium tuberculosis attivano il gene del recettore della vitamina D e il gene della 25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi. L'aumentata produzione dell'1.25-diidrossi vitamina D3 porta alla sintesi della catelicidina, un peptide capace di distruggere il Mycobacterium tuberculosis come altri agenti infettivi.
Quando i livelli sierici di 25-idrossi vitamin D scendono al di sotto dei 20 ng per millilitro (50 nmole per litro) monociti e macrofagi sono inibiti a iniziare la risposta immune innata: questa constatazione può spiegare perché i neri americani, che sono spesso vitamina D deficienti, sono più soggetti a contrarre la tubercolosi in confronto ai bianchi, e tendono ad avere forme più aggressive della malattia. L'1.25-diidrossi vitamina D3 inibisce la sintesi della renina, aumenta la sintesi dell'insulina e aumenta la contrattilità miocardia (vedi Figura 2).

Figura 2. Metabolismo della 25-idrossi vitamina D a l'1.25-diidrossi vitamina D per funzioni non scheletriche.


Quando un macrofago o un monocita viene stimolato attraverso il suo toll-like recettore 2/1 (TLR2/1) da un agente infettivo, come il Mycobacterium tuberculosis o il suo polisaccaride, il segnale attiva l'espressione del recettore della vitamina D (VDR) e la 25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi (1-OHase). Un livello di 30 ng di 25-idrossivitamina (25(OH)D) per millilitro (75 nmole per litro) o livelli più alti, fornisce adeguato substrato per 1-OHase per convertire la 25(OH)D nella sua forma attiva, l'1,25-diidrossi vitamina D (1,25(OH)2D). L'1,25(OH)2D arriva al nucleo dove aumenta l'espressione della catelicidina, un peptide capace d'indurre l'immunità innata e la distruzione degli agenti infettivi, come il Mycobacterium tuberculosis. E' facile che l'1,25(OH)2D, prodotta nei monociti e nei macrofagi, sia liberata per agire localmente attivando i linfociti T che regolano la sintesi delle citochine, e attivando i B linfociti, che regolano la sintesi delle immunoglobuline. Quando il livello di 25(OH)D è intorno a 30 ng/ml, è ridotto il rischio di presentare uno dei cancri più comuni, quello del colon. Si pensa che la produzione locale di 1,25(OH)2D nel seno, nel colon, nella prostata e in altri tessuti, regoli una varietà di geni che controllano la proliferazione, inclusi i p21 e p27, e altri geni che inibiscono l'angiogenesi e inducono la differenziazione e l'apoptosi. Una volta che l'1,25(OH)2D abbia completato il suo compito di mantenere una normale proliferazione e differenziazione cellulare, essa induce l'espressione dell'enzima 25-idrossivitamin D-24 idrossilasi (24OHasi, che aumenta il catabolismo dell'1,25(OH)2D in acido calcitroico biologicamente inerte. Così l'1,25(OH)2D, prodotta localmente, non entra in circolo e non influenza il metabolismo del calcio. La ghiandola paratiroide ha un'attività 1-OHasi; la produzione locale di 1,25(OH)2D inibisce l'espressione e la sintesi dell'ormone paratiroideo. L'1,25(OH)2D prodotta nel rene entra in circolazione e può regolare verso il basso la produzione di renina nel rene e stimolare la secrezione d'insulina nelle cellule beta delle isole del pancreas.


Latitudine, deficienza di vitamina D e malattie croniche

Cancro
Le persone che vivono ad alte altitudini hanno un aumentato rischio di linfoma di Hodgkin e di cancro del colon, del pancreas, della prostata, delle ovaie, del seno e in altri organi, rispetto alle popolazioni che vivono ad altitudini più basse. Studi prospettici e retrospettivi indicano che i livelli di 25-idrossi vitamina D al di sotto dei 20 ng per millilitro (50 nmole per litro) si associano a un aumento del 30-50% di rischio d'incidenza di cancro del colon, della prostata, del seno, insieme a un'alta mortalità per questi cancri. Un'analisi su 32.826 soggetti mostrò che l'odds ratio per il cancro del colon era inversamente associata ai livelli sierici mediani di 25-idrossi vitamina D.
Uno studio prospettico dell'introiti di vitamina D e del rischio di cancro del colon nel 1954 mostrò una relazione diretta: rischio relativo di 1 quando l'introito di vitamina D era da 6 a 94 UI al giorno e rischio relativo di 0,53 (quindi protettivo) quando l'assunzione era di 233-652 UI al giorno. In un altro studio si è osservato, in presenza di una concentrazione di 25-idrossi vitamina D inferiore a 12 ng/ml (30 nmole per litro), un aumento del rischio del cancro del colon, in un periodo di controllo di 8 anni.
In uno studio in uomini con cancro della prostata, la malattia si sviluppò 3-5 anni dopo negli uomini che lavoravano all'aperto in confronto a quelli che lavoravano in ambienti chiusi.

In 980 donne le assunzioni più alte di vitamina D si correlavano con un rischio inferiore del 50% di cancro del seno.
Bambini e giovani adulti che si esponevano maggiormente alla luce del sole avevano una riduzione del 40% di linfoma non Hodgkin e un ridotto rischio di morte per melanoma maligno, in confronto a quelli che si esponevano meno al sole (N.B. ricordo che studi recenti hanno dimostrato un'elevata incidenza di melanoma maligno in soggetti che in precedenza avevano subito delle estese ustioni solari: probabilmente il troppo poco fa altrettanto male del troppo).
L'enigma in questo caso è il seguente: poiché il rene regola strettamente la produzione di 1.25-diidrossi vitamina D, perché i livelli sierici non aumentano in risposta a un'aumentata esposizione alla luce del sole o a un aumentato introito di vitamina D? D'altra parte in uno stato di insufficiente apporto di vitamina D, i livelli di 1.25-diidrossi vitamina D sono spesso normali o anche elevati. La facile spiegazione è che il colon, la prostata, il seno e altri tessuti manifestano l'enzima 25-idrossivitamina D-1α-idrossilasi e producono 1,25-diidrossi vitamina D localmente per controllare i geni che aiutano a prevenire cancri, frenando la proliferazione cellulare e la differenziazione. E' stato suggerito che se una cellula diviene maligna, l'1.25-diidrossi vitamina D può indurre apoptosi e previene l'angiogenesi, riducendo la possibilità per le cellule maligne di sopravvivere. Una volta che l'1,25-diidrossi vitamina D abbia completato queste funzioni, essa inizia la propria distruzione, stimolando il gene CYP24 a produrre acido calcitroico inattivo. Ciò garantisce che l'1,25-diidrossi vitamin D non entra nella circolazione e non influenza quindi il metabolismo del calcio. E' questa una plausibile spiegazione del perché l'aumentata esposizione al sole e ad alti livelli di 25-idrossivitamina D si associ a un diminuito rischio di patologia tumorale.

Malattie autoimmuni, osteoartriti e diabete
La vita a elevate altitudini aumenta il rischio di diabete tipo 1, sclerosi multipla e malattia di Crohn. Vivendo al di sotto dei 35 gradi di latitudine, per i primi 10 anni di vita, si riduce il rischio di sclerosi multipla di circa il 50%. Fra le donne e gli uomini bianchi, il rischio di sclerosi multipla si riduce del 41% per ogni aumento di 20 ng/ml di 25-idrossivitamina D, al di sopra di circa 24 ng/ml (60 nmole per litro) (odds ratio 0,59; IC 95%:0.36- 0.97; P = 0,04). Donne che ingerivano più di 400 UI di vitamina D al giorno hanno una riduzione del 42% del rischio di sviluppare sclerosi multipla. Osservazioni simili sono state fatte per l'artrite reumatoide e l'osteoartrite.
Molti studi suggeriscono che la somministrazioni di un supplemento di vitamina D ai bambini riduce il rischio del diabete tipo 1. Aumentando gli introiti di vitamina D durante la gravidanza, si riduce lo sviluppo degli anticorpi anti-insule nei figli. In Finlandia in 10.366 bambini, che ricevevano 2000 UI di vitamina D al giorno durante il primo anno di vita e seguiti per 31 anni, è stato notata una riduzione del rischio di diabete tipo 1 di circa l'80% (RR: 0,22; IC 95%:0,05-0,89). Fra bambini con deficienza di vitamina D, il rischio è aumentato di circa il 200% (RR: 3; IC 95%:1-9). In un altro studio la deficienza di vitamina D aumentò la resistenza all'insulina, diminuì la produzione d'insulina e si associò a sindrome metabolica. In un altro studio ancora, la combinazione di assunzione giornaliera di 1200 mg di calcio e di 800 UI di vitamina D abbassò il rischio di diabete tipo due del 33% (rischio relativo di 0,67; IC 95%:0,29-0,90), in confronto a un introito giornaliero di meno di 600 mg di calcio e di 400 UI di vitamina D.

Malattie cardiovascolari
La vita a più alte latitudini aumenta il rischio di ipertensione e di malattie cardiovascolari. In uno studio in pazienti con ipertensione, che vengono esposti a raggi ultravioletti B tre volte alla settimana, per 3 mesi, i livelli di 25-idrossi-vitamina D aumentano di circa il 180%, e la pressione arteriosa (sia sistolica che diastolica) diminuisce (di 6 mm di Hg). La mancanza di vitamina D si associa a insufficienza cardiaca congestizia e ad aumento dei livelli ematici dei fattori dell'infiammazione, inclusa la proteina C reattiva e l'interleuchina 10.

Mancanza di vitamina D e altre malattie

Schizofrenia e depressione
La deficienza di vitamina è stata collegata con un'aumentata incidenza di schizofrenia e depressione. Mantenere una sufficiente quantità di vitamina D in utero e durante la prima parte della vita, per soddisfare l'attività trascrizionale dei recettori della vitamina D nel cervello, può essere importante per lo sviluppo del cervello, come per mantenere una buona funzione mentale più tardi nella vita.

Funzione polmonare e wheezing
Uomini e donne con livelli di 25-idrossivitamina D al di sopra dei 35 ng/mL (87 nmole per litro) hanno un aumento di 176 mL di FEV1 (volume espiratorio forzato). Bambini di donne viventi all'interno delle città con una deficienza di vitamina durante la gravidanza, sono ad aumentato rischio di wheezing.

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G. Bartolozzi. Fisiopatologia della vitamina D (Seconda parte). Medico e Bambino pagine elettroniche 2007;10(10) https://www.medicoebambino.com/_vitamina_D_diidrossi_colon_cancro_prostata_sintesi_diabete